Mese: Ottobre 2018

Per ottimizzare i risultati della fecondazione assistita è necessario che gli approcci siano adattati ad ogni singolo caso di infertilità. Questo è il concetto chiave che è scaturito da un Convegno tenutosi il 14 settembre 2018 presso il Palazzo della Salute di Padova, in occasione del quale i massimi esperti italiani nel settore della fecondazione assistita si sono riuniti per discutere e fare lo stato dell’arte sulle procedure di procreazione medicalmente assistita. L’obiettivo di questo Convegno era anche quello di far incontrare i “sommi Maestri” della fecondazione assistita con i giovani medici e i ricercatori a cui spetterà il compito futuro di proseguire i progressi in questo settore della medicina.

Nella prima sessione del Convegno si è parlato del problema dell’infertilità dovuto all’endometriosi, una patologia cronica complessa caratterizzata dalla presenza anomala del tessuto che riveste normalmente la parete dell’utero (chiamato endometrio) in altri organi al di fuori dell’utero stesso, cioè nelle ovaie, nell’intestino e nella vagina; patologia che è responsabile di infertilità nel 30-40% dei casi. Il ruolo dell’endometriosi come causa di infertilità è stato oggetto di trattazione da parte di Edgardo Somigliana, Professore di Ginecologia dell’Università di Milano, il quale ha descritto i principali sintomi e le possibili soluzioni per curare la patologia. Al suo intervento è seguita una discussione moderata da Carlo Bulletti, Professore di Ginecologia dell’Università di Bologna, in cui si sono approfonditi i migliori approcci da applicare nel casi di infertilità associata ad endometriosi; per esempio, in alcuni casi può essere opportuno prendere in considerazione una stimolazione ovarica, con raccolta degli ovociti, prima di effettuare l’intervento previsto per risolvere l’endometriosi, per poi effettuare successivamente una FIVET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer), ossia una fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione così formatosi nell’utero della donna. In altri casi si può invece eseguire prima l’intervento e poi tentare il concepimento inizialmente per via naturale e, in caso d’insuccesso, con la fecondazione assistita. Dalla discussione è stata sottolineata l’importanza di porre attenzione alle specifiche caratteristiche di ciascun caso, in particolare l’età della donna e l’intensità dei sintomi provocati dall’endometriosi.

Molto interessanti sono state le sessioni successive. In una, moderata da Mario Mignini Renzini – ginecologo e responsabile del Centro di Medicina della Riproduzione di Monza – si è dibattuto sulla scelta tra tecnica FIVET e iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI) a seconda dei diversi profili di infertilità della coppia (ndr: si ricorda che la ICSI è una tecnica di riproduzione assistita che permette di fecondare un ovulo mediante una microiniezione al suo interno di un unico spermatozoo); argomenti dibattuti sono stati anche il trasferimento dell’embrione in 3a e 5a giornata e la crioconservazione degli ovociti. Caratterizzante è stata la puntualizzazione di Alberto Revelli, Professore di Ginecologia dell’Università di Torino, la quale ha ricordato quanto non sia rilevante la figura che parla con la coppia – medico o embriologo che sia -, ma lo sia invece la capacità d’interagire empaticamente nel modo corretto con la coppia, ascoltando ciò che i protagonisti della coppia hanno da dire e cercando di entrare in sintonia con loro.
Una sessione di discussione è stata dedicata anche alla diagnosi e alla cura della infertilità maschile. Nell’intervento di Francesco Lombardo, Specialista in Endocrinologia e Andrologia, il Professore ha passato in rassegna i trattamenti che vengono proposti per l’infertilità maschile, partendo da quelli non supportati dalle evidenze scientifiche adeguate fino alle cure ormonali, ricordando tra l’altro che il nostro Paese è quello col tasso più basso di natalità. Nel corso della sessione è stato ribadito che tra le varie tecniche di fecondazione assistita oggi disponibili vanno scelte quelle più adeguate a ciascuna coppia e tali da aumentare in modo significativo le probabilità di successo.

Particolarmente interessante è stata la sessione in cui si è discussa la personalizzazione della cura nella procedura di stimolazione ovarica, un tema attualmente molto sentito. A tal proposito preziosi contributi al dibattito sono stati dati da Carlo Alviggi – Professore di Ginecologia e Responsabile del Centro di Sterilità ed Infertilità di Coppia dell’Università Federico II di Napoli nonché massimo esperto di adattamento dei protocolli di stimolazione ovarica sulla base delle caratteristiche specifiche della donna -, oltre che da Eleonora Porcu, Professoressa di Ginecologia e Responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita dell’Università di Bologna, la quale ha preso in esame tutti i punti chiave in grado di ottimizzare la stimolazione ovarica e arrivare al concepimento di un bambino sano.

Infine, l’intervento di Fulvio Zullo, Professore di Ginecologia dell’Università di Catanzaro, ha affrontato l’interazione tra embrione e tessuto dell’utero (endometrio), un aspetto cruciale per il conseguimento di una gravidanza sia per via naturale che con le tecniche di fecondazione assistita. A tal proposito gli esperti al Convegno hanno preso in esame i parametri in grado di indicare il grado di ricettività dell’endometrio nei confronti dell’embrione e discusso tutti gli approcci che possono migliorare l’interazione tra embrione ed endometrio.

Fonte
http://www.mondomedicina.it/feeds/all/icsi

 

 

Le taumaturgiche potenzialità delle cellule staminali non smettono di sorprendere: ora una scoperta giapponese mette in luce che è possibile sfruttare le loro proprietà totipotenti per produrre in laboratorio gli ovociti e, un giorno, forse anche gli spermatozoi per curare i problemi di infertilità.

Questo è lo straordinario risultato di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Science di un gruppo di ricercatori dell’Università di Kyoto che, utilizzando le cellule staminali, sono riusciti ad ottenere in laboratorio le cellule germinali precursori degli ovociti femminili, chiamate oogoni; e secondo gli scienziati questa tecnica potrà essere testata per produrre in vitro anche gli spermatozoi.

La produzione di oogoni è avvenuta dopo avere coltivato a lungo le cellule staminali pluripotenti umane, prelevate dal sangue, in una sorta di “ovaio artificiale” realizzato ad hoc in laboratorio con cellule ovariche prelevate da embrioni di topo e che fungeva quindi come una specie di “culla ovarica”. Dopo 4 mesi d’incubazione in questo ovaio artificiale le cellule staminali umane hanno iniziato a trasformarsi e a mostrare le caratteristiche cellulari e genetiche tipiche degli ovociti nei vari stadi della crescita, dando origine appunto agli oogoni, ossia ai precursori degli ovociti.

La possibilità di “creare” oogoni partendo dalle cellule staminali adulte umane apre nuove prospettive nella cura dell’infertilità. La tecnica rimane ancora complessa e richiede ulteriori approfondimenti e ricerche. Innanzitutto bisognerà verificare che gli oogoni si sviluppino effettivamente poi in ovociti di qualità e dotati di capacità riproduttiva; poi occorrerà dimostrare che con questa tecnica non si introducano modificazioni genetiche tali da avere poi conseguenze negative sulla salute degli eventuali embrioni ottenuti in questo modo.

Ma se la tecnica si dimostrerà realizzabile, affidabile e sicura dal punto di vista biologico essa è destinata a trovare applicazione per tutti quei casi di coppie infertili che oggi devono ricorrere alla donazione di gameti (ovociti e spermatozoi). Basti pensare che in Italia sono migliaia le coppie che soffrono d’infertilità perché non hanno più a disposizione gameti utili alla riproduzione. Si tratta per lo più di pazienti con tumori che hanno perso la fertilità a causa della tossicità delle terapie antitumorali anche sulle cellule riproduttive; oppure anche di donne che volontariamente posticipano il momento del concepimento per raggiungere una stabilità emotiva, professionale ed economica, trovandosi poi dai 40 anni in su a fare i conti con un problema di infertilità che sancisce la fine della loro capacità riproduttiva.

La scoperta di questo studio giapponese rappresenta pertanto un’altra “pietra miliare” nei progressi della medicina riproduttiva e apre la porta ad una promettente sperimentazione futura che potrebbe portare alla produzione di ovociti maturi (e forse anche di spermatozoi) per la fecondazione in vitro partendo da cellule staminali pluripotenti adulte generate da cellule dal sangue.

Fonte
Adnkronos. Scacco all’infertilità con le staminali.