Giorno: 20 Dicembre 2012

Dopo il simposio “Reproductive Health – Patient Summit” di Osaka, organizzato dall’azienda farmaceutica Ferring e di cui abbiamo discusso in questo articolo, si torna a parlare della tutela del paziente durante il percorso della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e delle iniziative messe in atto per rendere i centri specializzati in fertilità più consapevoli dell’impatto emotivo che tale percorso ha sulle coppie.

Lo studio, che durerà tre anni ed è realizzato in collaborazione con l’azienda farmaceutica Ferring e le associazioni Cittadinanzattiva ed Hera O.n.l.u.s., coinvolge ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma e cinque centri dislocati in tutta Italia.
La ricerca ha come obiettivi quello di ottenere conoscenze utili alla prevenzione del drop-out tra le coppie che si rivolgono ai Centri di Procreazione Medicalmente Assistita (ovvero coppie che lasciano il centro, e plausibilmente il progetto di concepire con PMA) e quello pianificare un modello di comunicazione tra il centro e le coppie in modo da instaurare un rapporto basato sulla fiducia e sull’assistenza, anche psicologica.
A questo proposito chiediamo un parere alla Dottoressa Laura Volpini, coinvolta in prima persona nel progetto.

Dottoressa Volpini, La ringrazio per aver accettato di essere intervistata. Come sappiamo il percorso della fecondazione assistita è spesso, per una coppia, lungo e molto impegnativo dal punto di vista emotivo e psicologico. In base alle sue ricerche ci può dire quante sono le coppie che abbandonano questo percorso e per quali motivi?

Statisticamente le coppie che interrompono il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita sono circa il 40%.
Una parte di queste abbandona dietro consiglio medico. Un’altra decide di interrompere il percorso di PMA dopo numerosi tentativi, che hanno dato esito negativo: la coppia arriva alla consapevolezza che, purtroppo, bisogna trovare altre strade, come quella della fecondazione eterologa (la fecondazione eterologa è la procreazione assistita con donazione di ovociti o spermatozoi, attualmente vietata in Italia dalla Legge 40 NdRedazione).
Una delle cause del drop out è sicuramente la difficoltà a livello emotivo e psicologico della coppia ad affrontare lo stress di ripetuti risultati negativi. E’ molto raro che le coppie abbandonino già dal primo tentativo non andato a buon fine: tendenzialmente è dal terzo tentativo che si registra la percentuale più alta di abbandoni.
La PMA impatta in maniera significativa sia a livello individuale – soprattutto sulla donna, che deve seguire scrupolosamente le indicazioni del medico – sia a livello della coppia, che può uscire da questo percorso più o meno consolidata.

Lo studio che state conducendo analizza tutti gli step che vengono fatti da una coppia che intraprende il progetto di concepire con PMA e si pone come obiettivo quello di analizzare il rapporto tra la coppia e tutti i soggetti coinvolti, dalla segretaria, che prende il primo appuntamento al ginecologo, al biologo.

Sulla base delle testimonianze raccolte tra il personale delle cliniche, quali sono le principali criticità nel rapporto con i pazienti?

Una delle criticità più rilevanti è sicuramente il reperimento delle informazioni: le coppie hanno la necessità di raccogliere più informazioni possibili, ad esempio inerenti alle linee guida che devono seguire, le conseguenze dei trattamenti e la probabilità di successo degli stessi.
Le informazioni vengono chieste, in particolare, al personale ausiliario, che spesso è interpellato per avere delucidazioni su quanto detto dal medico durante la visita.
Altra fonte di informazione molto importante è lo psicologo, che ha avuto una formazione professionale specifica nell’ambito della fecondazione assistita. Lo psicologo può chiarire le informazioni e, allo stesso tempo, tranquillizzare le coppie, che, magari, vivono nell’ansia perché non hanno compreso appieno quello che è stato detto durante la visita o perché si trovano davanti a complicazioni che non avevano previsto.

Durante il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) quanto può essere importante un sostegno psicologico professionale per una coppia?

La figura dello psicologo è prevista dalla Legge 40; è molto importante che lo psicologo abbia una formazione specifica e che sia parte integrante del team della fecondazione assistita.
La consulenza di uno psicologo, in questi casi, si muove principalmente su due livelli: prima di tutto quello di umanizzare il processo della PMA, tenendo conto sia dell’aspetto psicologico sia del percorso che ha portato una coppia ha intraprendere il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita. L’assistenza dello psicologo è molto preziosa per cementare l’unità e il sostegno reciproco all’interno della coppia e per evitare che degli attriti mettano in pericolo l’equilibrio della stessa durante il percorso della PMA.
La consulenza di uno psicologo, in secondo luogo, è efficace se dovessero insorgere delle criticità. Lo centri pmapsicologo può, ad esempio, aiutare la coppia a considerare realisticamente i problemi non previsti e a prendere delle decisioni, magari difficili, in maniera consapevole.
La presenza dello psicologo è fondamentale, infine, quando si devono comunicare delle notizie negative. E’ importante che la coppia abbia costruito un rapporto di fiducia con lo psicologo durante tutto il processo di fecondazione assistita, in modo da poter contare su un valido aiuto professionale in caso di notizie non buone.

Parallelamente al sostegno di uno psicologo, specializzato in PMA, quanto può incidere la preparazione del personale medico nella gestione del rapporto con il paziente?

La sensibilizzazione alla comunicazione efficace da parte delle figure professionali è sicuramente uno dei capi saldi su cui è necessario lavorare. La sensibilità personale, in molti casi, non è sufficiente per garantire la comunicazione di una notizia, magari negativa, in maniera adeguata. Nei cinque centri, che stanno partecipando alla nostra ricerca, sono emerse due esigenze: quella di avere dei percorsi formativi rivolti al personale della clinica per adottare delle strategie comunicative efficaci e quella di un processo di supervisione, che permette di analizzare i vari casi di successo o insuccesso comunicativo tra la clinica e le coppie.
La preparazione del personale della clinica, dal punto di vista psicologico e comunicativo, è importante nello scenario che si sta configurando, ovvero di una presenza non stabile dello psicologo a tutti gli INCONTRI.

La ricerca che sta conducendo insieme al team di professionisti dell’Università La Sapienza non è ancora conclusa, ma quale consiglio si sentirebbe di dare alle coppie che ha intrapreso un percorso di fecondazione assistita o che hanno intenzione di rivolgersi a un centro per la fertilità?

Dalla mia esperienza ho potuto constatare che molte delle coppie, che si rivolgono ai centri PMA, sono già in possesso di molte informazioni. Spesso però queste informazioni sono state raccolte su internet, su forum e community di utenti che hanno condiviso la loro esperienza e che sovente danno dei consigli anche di carattere medico.
Consiglio alle coppie che hanno intrapreso il percorso della PMA o che hanno intenzione di rivolgersi a una clinica di fidarsi solo delle informazioni reperite presso fonti accreditate.
Per facilitare il reperimento delle informazioni, è importante migliorare la comunicazione tra le cliniche di PMA e i ginecologi di prima consultazione, in modo che sappiano indirizzare le coppie prima ancora che queste si rivolgano a un centro specializzato.
Mi sento, infine, di dare un consiglio a tutte le donne in età fertile: la prevenzione è fondamentale per evitare l’infertilità. Purtroppo in Italia mancano iniziative per promuovere la prevenzione dell’infertilità nella donna, ma con controlli adeguati, fatti nel corso degli anni e non solo quando la donna decide di avere un figlio, si possono prevenire molti problemi, anche gravi.