L’incidenza delle neoplasie maligne raggiunge il picco massimo dopo i 50 anni d’età. Tuttavia ogni anno il tumore maligno viene diagnosticato a molti pazienti giovani ed in età riproduttiva.
Il cancro e le terapie messe in atto per combatterlo compromettono la fertilità dei pazienti, danneggiando in modo a volte irreversibile le cellule della linea germinale.
Grazie alla prevenzione, alla diagnosi precoce ed alla ricerca la sopravvivenza a lungo termine di questi pazienti è migliorata moltissimo ed un’attenzione sempre crescente deve essere posta sulla qualità di vita di coloro che hanno sconfitto questa malattia.
Per questo è importante prevedere il problema della preservazione delle fertilità nelle primissime fasi del percorso oncologico: si stima che il 30-50% delle donne giovani affette da neoplasia non venga correttamente informata ed indirizzata prima di iniziare la chemioterapia.
Vediamo insieme, a seconda che si tratti di uomini o donne, le diverse alternative per preservare la fertilità in caso di una patologia oncologica:
ALTERNATIVE PER l’UOMO
ALTERNATIVE PER LA DONNA
Come i centri PMA regionali si adeguano al previsto aumento di richieste. Mentre i centri PMA di molte regioni migliorano le attrezzature per omologa, eterologa e crioconservazione, le coppie chiedono più ascolto da parte dei medici durante i consulti.
Centri PMA regionali
Secondo una recente indagine, soltanto un terzo delle coppie che si rivolge ai centri di PMA regionali chiede un secondo consulto. E, anche tra le coppie che decidono di continuare il percorso di consulto di PMA, poco meno della metà va avanti dopo il fallimento di un primo tentativo. Il successo della PMA, invece, è cumulativo, cioè aumenta con più tentativi. Il fattore decisivo perché le coppie proseguano il percorso PMA sembra essere l’ascolto dei bisogni delle coppie e la disponibilità da parte dei medici a condividere le scelte e non a imporle.
L’assenza di ascolto dei bisogni delle coppie coincide infatti con un’ovvia diminuzione del passaggio di informazioni utili per quella specifica coppia e con la tendenza a imporre le scelte, invece che arrivare a una soluzione condivisa tra medico e coppia sul percorso PMA più adatto.
A fronte di questo dato, ci sono invece le novità positive dai Centri di PMA regionali italiani, che si stanno attrezzando per fare fronte non solo all’atteso aumento delle richieste di fecondazione omologa, ma anche di fecondazione eterologa, ma anche a quelle di diagnosi preimpianto per le coppie fertili, portatrici sane di malattie genetiche e, infine, alle esigenze di corretta crioconservazione dei gameti nel caso in cui uno degli aspiranti genitori debba affrontare una chemioterapia.
Dopo la presentazione del Piano nazionale Fertilità del Ministero della Salute, molte Regioni hanno iniziato ad adeguarsi a un previsto aumento degli accessi. In Friuli Venezia Giulia, il 2016 vedrà l’apertura a Sacile di un reparto dedicato alla PMA, con impianto per la crioconservazione dei gameti.
Toscana. Centri PMA regionali.
La Toscana intanto si propone come Regione modello per la PMA in Italia, grazie soprattutto al Centro PMA di Cortona, che porterà a compimento 32 procedure di fecondazione eterologa entro giugno, dopo le prime 25 effettuate con successo a partire da gennaio 2015. Ottime anche le percentuali di successo delle procedure di fecondazione assistita omologa, con tremila accessi dal 2010 a oggi, e 1.171 gravidanze ottenute.
Sicilia. Centri PMA regionali.
In Sicilia, l’Ospedale Cannizzaro di Catania è il primo Centro PMA pubblico dell’Isola: ha appena provveduto ad adeguare l’impianto di crioconservazione dei gameti per la preservazione della fertilità anche nei pazienti oncologici e si candida come centro di riferimento in Regione, per l’esecuzione di omologa ed eterologa, prevedendo di soddisfare circa duemila richieste all’anno.
Informazione al pubblico, formazione di medici e farmacisti, creazione di Unità ospedaliere dedicate per combattere la denatalità che affligge l’Italia
Il Piano Nazionale per la Fertilità, presentato a fine maggio dal Ministro Beatrice Lorenzin, arriva al momento giusto. Istituito il “Fertility Day”, che dal 2016 sarà celebrato ogni 7 maggio, ecco il bilancio della situazione italiana. L’opinione pubblica non sembra essere sufficientemente informata e soprattutto interessata ai dati di denatalità del nostro paese (1,39 figli per donna) né alle cause. I motivi appaiono riconducibili in gran parte al ritardo con cui le coppie cercano una gravidanza: le oggettive difficoltà di gestione di una famiglia mononucleare, in cui entrambi i genitori lavorano, hanno di fatto spostato in avanti di una decina di anni l’età media del primo concepimento.
Ed è questo un punto cruciale: spesso il consulto del medico, per le coppie che non riescono a procreare, viene chiesto tardi, quando le possibilità di correggere alcune patologie che ostacolano il concepimento sono ridotte al minimo. Le difficoltà, è stato confermato, sono equamente ripartite tra cause femminili e maschili, con un residuo 20% di origine mista. Senza contare che proprio l’età è di per sé un fattore sfavorevole, che incide negativamente sia sulla quantità, sia sulla qualità dei gameti femminili e maschili.
Ecco perché, in Italia, si stima oggi che una coppia su cinque (il 20%) abbia problemi di fertilità. Nel Piano Fertilità, infatti, è prevista prima di tutto la creazione di Unità ospedaliere dedicate a “Medicina e chirurgia della Fertilità”, che avranno anche il compito di tutelare la fertilità dei pazienti oncologici. In prima linea saranno però i Consultori e i medici di famiglia, che dovranno essere aggiornati e formati per ascoltare e indirizzare correttamente le coppie. Infine, saranno coinvolti con corsi dedicati anche i farmacisti.
Per le coppie che si troveranno ad affrontare un percorso di PMA, va ricordato che la Legge 40, non è più quella redatta nel 2004. A metà maggio è caduto l’ultimo ostacolo, che prevedeva il divieto di fecondazione eterologa e diagnosi preimpianto alle coppie fertili, ma portatrici di malattie genetiche. Nel caso della PMA eterologa, ora si tratta di adeguare i Centri, soprattutto pubblici, a fare fronte alle richieste, garantendo la disponibilità di ovociti, seme maschile e di diagnosi pre-impianto necessarie. Finora, sono i Centri privati convenzionati, che fanno riferimento al Cecos (Centri Studio e Conservazione Ovociti e Sperma Umani) a dichiarare di essere tutti pronti, grazie anche all’acquisto di gameti, soprattutto femminili, da banche estere.
Com’è noto, è proprio la disponibilità di ovociti a essere irta di ostacoli, perché l’iter è piuttosto complesso, a iniziare dai limiti di età stabiliti e che pongono la “forbice” delle donatrici tra 20 e 35 anni. Ma i passi successivi, che implicano sia iperstimolazione ovarica, sia il recupero degli ovociti con un intervento da effettuare in regime di sedazione, non sono abbastanza noti a livello di opinione pubblica e spesso scoraggiano molte giovani volontarie, che arrivano ai Centri PMA senza un’adeguata informazione. Anche su questo fronte, il Piano Nazionale Fertilità dovrà prevedere campagne informative mirate per le potenziali donatrici nazionali.
Non solo: un ulteriore nodo da sciogliere riguarda l’istituzione e la gestione di un Registro Nazionale dei Donatori. Infatti, per ora, i dati dei donatori (sia per la PMA omologa, sia per quella eterologa) vengono richiesti dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) e non sono, com’è previsto, affidati in esclusiva ai Centri PMA, pubblici o privati convenzionati. L’Avvocato Filomena Gallo che, per contro dell’Associazione Coscioni di cui è Segretario, ha da sempre seguito le vicende della Legge 40/2004, sottolinea: «Il CNT sta richiedendo, ai Centri PMA, dati sensibili quali il Codice Fiscale in chiaro dei donatori, oppure altri elementi relativi ai neonati, che non assicurano, come dovrebbe essere, il loro totale anonimato. Inoltre affidare il Registro al CNT comporta oneri aggiuntivi, che non ci sono lasciando ai PMA tutte le competenze».