Mese: Ottobre 2015

Il 2015 della PMA eterologa in Italia si chiude con un bilancio di luci e ombre. Quali i traguardi raggiunti e quali ostacoli ancora da superare

Bilancio 2015 per la PMA eterologa in Italia: un anno di luci e ombre. Il 2014 si era infatti chiuso con la cancellazione del divieto alla fecondazione eterologa anche per il nostro paese. Ma soltanto nel maggio 2015 si è raggiunto un altro fondamentale traguardo. La svolta viene dalla Consulta, che abolisce il divieto di accesso alla PMA eterologa (e alla diagnosi preimpianto) per le coppie che, pur fertili, non possono sperare in una gravidanza senza rischi, perché portatrici sane di malattie genetiche.

Sempre a maggio 2015, il ministro Beatrice Lorenzin annuncia il via a un Piano nazionale fertilità, che prevede il coinvolgimento di tutte le figure sanitarie, dal medico di medicina generale (primo referente per le coppie con problemi di fertilità), agli ospedali, dove si dovrà accedere a Unità dedicate per l’inquadramento e la diagnosi di infertilità. Anche il farmacista sarà coinvolto, con corsi di aggiornamento specifici in tema di PMA, omologa ed eterologa. A partire dal 2016, infine, ogni 7 maggio sarà celebrato in Italia il Fertilty Day.

Luglio vede l’entrata in vigore delle linee-guida 2015, che regolamentano l’accesso alla PMA, omologa ed eterologa, nel nostro paese, alla luce delle novità che hanno totalmente modificato l’impianto iniziale della Legge 40. Nelle linee-guida si precisa che anche la PMA eterologa entra a far parte dei Lea (Livelli essenziali di assistenza).

Inoltre si precisa il dettaglio richiesto della cartella clinica da compilare per ciascuna coppia, compresa una valutazione del rapporto rischi/benefici per l’aspirante madre e per il feto. Vengono ammesse alla PMA anche le coppie sierodiscordanti, in cui uno dei due partner sia portatore di un virus (Hiv, HBv, HCv). In agosto, esce il regolamento della Conferenza Stato-Regioni per la donazione di gameti.

Infine, a metà novembre, la Consulta fa cadere anche l’ultimo divieto presente nel testo originale della Legge 40/2004 sulla PMA: quello che impediva la diagnosi pre-impianto, se è finalizzata a evitare l’impianto di embrioni affetti da gravi malattie trasmissibili, che sono peraltro quelle previste dalla legge 194 sull’IVG, l’interruzione volontaria di gravidanza («quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna»).

Non tutto il quadro è così roseo. I Centri regionali cercano di adeguarsi ai non pochi cambiamenti, soprattutto per fare fronte alle richieste di PMA eterologa e all’allestimento di laboratori per la crioconservazione, ma le difficoltà non sono poche. A iniziare dall’assenza di donatrici di gameti (soprattutto femminili), che costringono a rivolgersi a banche oltre i confini italiani, a pagamento.

Dopo l’estate, ecco emergere il maggiore ostacolo all’eterologa in Italia. La scarsità di fondi regionali, che apre la forbice tra Regioni che “possono” (molte delle quali al Centro-Nord, Toscana in primis) e quelle che dicono “no” al rimborso della PMA eterologa: in prima fila Puglia, Sicilia e Campania. Spicca poi il caso anomalo della Regione Lombardia, che con delibera regionale si era opposta fin dall’inizio del 2015 al rimborso per la PMA eterologa, ma solo per incassare una sconfessione della Consulta e, più recentemente, del Tar lombardo. L’anno si chiude in attesa di sviluppi.

 

 

 

La fecondazione assistita omologa ed eterologa non è rimborsata in tutte le Regioni.
Ecco la situazione attuale e i possibili sviluppi circa i rimborsi sulla fecondazione assistita

Mancano fondi regionali per far fronte alle richieste di rimborso per le prestazioni pubbliche di fecondazione assistita, sia omologa, sia eterologa.
Caduti tutti i divieti presenti nella stesura originale della Legge 40/2004 sulla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), è oggi la Sanità delle Regioni a ritrovarsi spiazzata, perché senza fondi per far fronte alle richieste di rimborso per la fecondazione assistita.
Quindi corre ai ripari decidendo di far pagare le prestazioni alle coppie che chiedono di affrontare un percorso di fecondazione assistita.

La nuova spaccatura italiana, che sembra aver innescato una reazione a catena, non divide però così nettamente il Nord dal Sud, anche se le Regioni meridionali sono le prime ad aver deciso per il non rimborso delle prestazioni pubbliche, o convenzionate, di fecondazione assistita.
E così si assiste a paradossi come quello siciliano: là dove da poche settimane la Regione aveva stabilito le quote di rimborso anche per la fecondazione assistita eterologa, oggi la stessa Regione sembra decisa a dire “basta”.

Altro caso anomalo quello della Regione Puglia, dove si fa però notare che i rimborsi previsti per la fecondazione assistita, sia omologa (qualunque sia la tecnica di scelta), sia eterologa, sono ben più alti, rispetto per esempio a quanto avviene in Toscana: addirittura cinque volte di più. Un dato che certamente ha pesato nella decisione di bloccare i rimborsi per la fecondazione assistita nella regione Puglia. [seodiv]

Campania e Calabria si allineano al gruppo dei “non rimborsanti”, mentre altre Regioni, come la Lombardia, decidono di mantenere la gratuità delle prestazioni per la sola fecondazione assistita omologa.
Del resto, proprio la Lombardia aveva deciso, nel settembre 2014, di non rimborsare la fecondazione assistita eterologa; decisione bocciata nell’aprile del 2015 dalla Consulta e, ora, di fatto, riportata in auge.

I costi medi per una fecondazione assistita eterologa, com’è noto, variano da circa 1.500 a circa 4.000 euro per prestazione. Con le liste d’attesa immediatamente createsi dopo le più recenti modifiche alla Legge 40/2004, queste nuove prese di posizione incentiveranno una ben nota pratica italiana: la migrazione interna, verso Regioni ritenute più “accoglienti”.

Ma la sorpresa sarà amara: Lombardia a parte, in cui il rimborso per la PMA eterologa sembra oggi negato a tutti (lombardi e fuori Regione), anche gli assessorati alla Sanità delle altre Regioni si sono mobilitati e sollecitano i Centri pubblici PMA a richiedere una dichiarazione di rimborsabilità delle prestazioni di fecondazione assistita, rilasciata dalla Regione di provenienza.
In assenza della certificazione, la PMA, omologa o eterologa, verrà erogata a pagamento. [/seodiv]