Qual è la differenza tra PGD (Diagnosi genetica pre-impianto) e PGS (Screening genetico pre-impianto)?
Prima di trasferire gli embrioni nell’utero della paziente, essi vengono analizzati sia dal punto di vista morfologico che di crescita. Alcuni centri, effettuano inoltre un’analisi del loro corredo genetico mediante le tecniche di diagnosi genetica preimpianto (PGD). Tale diagnosi fornisce quindi un ulteriore criterio di scelta degli embrioni idonei all’ottenimento di una gravidanza. Chiaramente, ogni coppia che si affida alla procreazione medicalmente assistita spera di riuscire ad avere dei figli sani. A volte però vi è il rischio di trasmettere alla prole un difetto genetico di cui uno dei due genitori o entrambi sono affetti. La diagnosi genetica preimpianto consente di esaminare il corredo genetico dell’embrione ancor prima della gravidanza in maniera tale da permettere, in un ciclo di fecondazione in vitro, il transfer preferenziale degli embrioni geneticamente normali. Vi sono due tecniche di diagnosi preimpianto: la PGS (screening genetico preimpianto) e la PGD (diagnosi genetica preimpianto).
La PGS analizza il corredo cromosomico dell’embrione nella sua interezza valutando alterazioni di numero o di struttura dei cromosomi, ed è quindi particolarmente indicata nei casi di età materna avanzata (>38 anni), abortività ricorrente e ripetuti fallimenti di impianto.
La PGD è indicata nel caso in cui uno od entrambi i futuri genitori siano portatori o affetti da un disordine genetico causato dalla mancanza o mutazione in un unico gene (malattia monogenica), come la beta talassemia, la fibrosi cistica o l’emofilia. Quindi si va a ricercare quella specifica alterazione.
L’indagine genetica viene fatta su uno o più blastomeri prelevati dall’embrione allo stadio di 6/8 cellule (a circa 72 ore dal momento della fecondazione), o allo stadio di blastocisti (a circa 120 ore dalla fecondazione). L’analisi si realizza con più metodi – FISH (ibridazione fluorescente in situ), ACGH (ibridazione genomica comparativa su microarray), PCR (reazione a catena della polimerasi) e il risultato viene elaborato in circa 48 ore. L’embrione non risulta danneggiato, pertanto continua nel suo sviluppo. In base ai risultati ottenuti, il biologo seleziona gli embrioni più adatti per il trasferimento in cavità uterina nel caso di diagnosi a 72 ore, nel caso invece di diagnosi a blastocisti queste vengono congelate in attesa dei risultati e trasferite in un ciclo successivo.
Dott.ssa Stefania Luppi
Se l’attività svolta è eccessiva, sport e fertilità maschile possono generare un cortocircuito
Che fare attività fisica e praticare uno sport faccia bene alla salute dell’organismo è ormai una regola generale piuttosto consolidata. Tutta la comunità scientifica è d’accordo nell’affermare questo: l’esercizio fisico svolto con regolarità previene moltissime malattie, a cominciare da quelle cardiovascolari – solo per citarne alcune -, oltre a far bene alla linea.
Occorre, però, prestare attenzione al tipo di sport che si sceglie di svolgere e al livello d’intensità dell’attività fisica: è stato infatti scoperto che tra sport e fertilità maschile esiste un legame dagli effetti molto negativi. Il riferimento specifico, stando alle recenti ricerche, è a tutte le attività sportive che producono un forte impatto fisico sui genitali maschili.
Sport e fertilità maschile: sotto accusa gli sport con forte impatto meccanico sui genitali maschili
Sotto la lente d’ingrandimento di questo pericoloso binomio sport e fertilità maschile, ci sono sport come: equitazione, ciclismo, aplinismo, atletica leggera, maratona, attività subacquea e alcune attività in palestra. Il comune denominatore di questi sport – secondo quanto spiegano gli esperti – è che essi vanno a ridurre l’afflusso di sangue ai genitali comprimendo direttamente la zona perineale. Altro elemento che unisce tutte queste discipline sportive, oltre all’azione meccanica esercitata, è che spesso chi li pratica, per migliorare le proprie prestazioni, ricorre all’uso di anabolizzanti. Come in tutte le cose è l’eccesso a far innalzare il rischio che sport e fertilità maschile possano entrare in cortocircuito e produrre un danno all’apparato genitale dell’uomo che si traduce in incapacità di fecondare.
Ad ampliare il problema della fertilità maschile concorrono poi altri fattori come le infezioni trasmesse per via sessuale come la Clamidia e il papilloma virus, causate da un uso scorretto della contraccezione o da una scarsa igiene intima.
Sport e fertilità maschile: i pericoli derivano dagli eccessi
Il rapporto tra sport e fertilità maschile compromessa è quindi dovuto all’iperallenamento, all’eccesso, come dicevamo. Che cosa accade nel corpo umano quando viene svolta un’attività fisica esagerata e magari si sono anche assunti anabolizzanti? Si danneggia l’equilibrio ormonale e viene a modificarsi la produzione di testosterone. In più, peggiora la libido e la quantità e la qualità del liquido seminale ne risentono. Alla lunga questa condizione genera infertilità.
Resta comunque una questione molto dibattuta e controversa quella del legame tra sport e fertilità maschile. Come spesso avviene, la risposta ai dubbi risiede nella cosiddetta “via di mezzo”: un’attività fisica moderata ma costante, secondo quanto abbiamo già in parte detto, non può che avere effetti benefici per l’organismo. Infatti, oltre a evitare accumuli di grasso e sovrappeso, migliora il funzionamento di tutto l’apparato cardiovascolare, regolando il flusso di sangue in tutte le arterie, comprese quelle del pene. È questo il motivo per cui, negli uomini meno sedentari, si riscontra un aumento della motilità degli spermatozoi.
Quale e’ la tecnica migliore per la crioconservazione di ovociti ed embrioni?
La crioconservazione di gameti maschili e femminili ed embrioni è ormai diventata di fondamentale importanza nell’ambito delle procedure di Procreazione Medicalmente Assistita per far fronte alle numerose problematiche che possono presentarsi durante il trattamento dell’infertilità di coppia.
In seguito al prelievo degli ovociti è possibile conservare mediante congelamento gli ovociti maturi prodotti in soprannumero che non verranno utilizzati per la successiva fecondazione in vitro.
Secondo quanto disposto dall’articolo 14 della legge n.40/2004, la crioconservazione degli embrioni è possibile
nel caso in cui si presentino impedimenti imprevisti al trasferimento degli embrioni originati in laboratorio
per limitare i rischi associati alla comparsa di gravidanze gemellari e alla ripetizione di cicli di stimolazione ovarica.
Solitamente gli embrioni vengono congelati al 2-3° giorno dopo la fecondazione, quando si trovano allo stadio di 4-8 cellule, o quando si trovano allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dopo la fecondazione).
Nella maggior parte dei laboratori di embriologia il congelamento degli ovociti e degli embrioni avviene mediante la tecnica di “vitrificazione” che ad oggi è quella che dà i migliori risultati rispetto alla tecnica tradizionalmente impiegata del “congelamento lento”, in quanto offre una maggior efficacia in termini di sopravvivenza degli embrioni e di tasso di impianto, il che significa miglior tasso di gravidanza. A differenza del congelamento classico, la vitrificazione raffredda in maniera estremamente rapida le cellule ad una velocitá di piú di 15.000 °C al minuto, in modo da evitare la formazione di cristalli di ghiaccio che danneggerebbero le strutture interne. Essa prevede l’immersione diretta di ovociti o embrioni in azoto liquido (gas atmosferico che, liquefatto, raggiunge la temperatura di 196 °C sotto lo zero) e l’utilizzo di elevate concentrazioni di sostanze che proteggono dai danni cellulari in minimi volumi. Gli embrioni e gli ovociti possono così restare in azoto liquido fino al loro successivo utilizzo.
Dott.ssa Stefania Luppi
Tra le prime cause d’infertilità femminile quest’infezione molto insidiosa che provoca seri danni alle tube
A rendere necessario il ricorso a tecniche di fecondazione medicalmente assistita (Pma) concorrono moti fattori. Vi si accede dopo aver ricevuto una diagnosi d’infertilità che viene posta dopo un anno e mezzo o due anni di rapporti sessuali che non hanno portato al concepimento.
Le cause d’infertilità femminile sono molte, una su tutte è un’infezione molto insidiosa: la Clamidia. La Clamidia è tra le prime cause d’infertilità femminile. Si tratta di una malattia sessualmente trasmissibile che colpisce prevalentemente il sesso femminile ed è determinata da un batterio, Chlamydia trachomatis, che colpisce l’apparato urogenitale. I sintomi più tipici sono le secrezioni vaginali abbondanti e i dolori addominali. Poiché per la diagnosi la Chlamydia richiede un terreno di coltura particolare, è necessario fare un tampone endocervicale specifico e/o la ricerca nel sangue degli anticorpi antichlamydia. Questo germe causa una risposta immunitaria distruttiva nei confronti dei tessuti genitali infettati ed è particolarmente lesivo nei confronti delle tube.
Tra le cause d’infertilità femminile, la malattia infiammatoria pelvica
Se l’infezione è intensa può estendersi dalle tube al piccolo bacino provocando la cosiddetta “malattia infiammatoria pelvica” (PID), un’infiammazione estesa e dolorosa che colpisce circa il 40% delle donne con infezione tubarica da Chlamydia.
Inoltre, come conseguenza di un’infezione da Chlamydia, può verificarsi l’occlusione di una o di entrambe le tube di Falloppio, motivo per cui il concepimento per via naturale diventa estremamente difficile e, purtroppo, se riuscisse a verificarsi, spessissimo si traduce in una gravidanza extrauterina. Va infatti senz’altro inserita tra le cause d’infertilità femminile l’occlusione tubarica di entrambe le tube che fa sì che il concepimento naturale sia impossibile. È allora assolutamente indispensabile ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Risulta, quindi, del tutto chiaro perché solo con una la corretta prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili come la Clamidia è possibile proteggere la donna in questo importante aspetto della fertilità.
Che cosa si intende per fecondazione eterologa?
Per fecondazione eterologa si intende una tecnica di procreazione medicalmente assistita con l’utilizzo di ovociti o seme di donatore. La legge 40del 2004 che regola in Italia la fecondazione in vitro, fino a qualche tempo fa vietava tale pratica. Grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, è stata dichiarata l’incostituzionalità del divieto. Dunque da quasi due anni tale procedura può essere effettuata anche in Italia.
Requisito fondamentale è la scelta dei donatori maschio e/o femmina, sulla base di rigorosi criteri emanati dalla linee guida del ministero della Sanità nel luglio 2016. La procedura è e deve essere totalmente anonima e prevede tre possibile tecniche: inseminazione semplice con seme di donatore, fecondazione in vitro con seme di donatore o ovociti di donatrice.
Dott. Fulvio Cappiello
Il numero di embrioni che vengono inseriti in utero dipende da vari fattori: numero, qualità e stadio di sviluppo degli embrioni formatisi, età della paziente, numero di tentativi di PMA già effettuati. Trasferendo, infatti, gli embrioni 2 o 3 giorni dopo il prelievo ovocitario avremo embrioni con un grado di sviluppo variabile tra lo stadio di 2/4 cellule (transfer in 2ª giornata) fino a 6/8 cellule (transfer in 3ª giornata). Se invece viene eseguito in 5ª o 6ª giornata, lo sviluppo fisiologico dell’embrione raggiunge lo stadio di blastocisti (embrione a uno stadio di sviluppo avanzato.)
Tale strategia è utile per definire meglio la qualità dell’embrione da trasferire, definendo una fisiologica selezione dell’embrione potenzialmente più” forte”. La possibilità di portare lo sviluppo embrionario fino allo stadio di blastocisti costituisce un aspetto di recente acquisizione determinato anche dai notevoli miglioramenti ottenuti nelle tecniche di laboratorio e nelle caratteristiche dei terreni di coltura in vitro.
Dott. Fulvio Cappiello
Che cosa sono la FIVET e la ICSI?
Dott. Fulvio Cappiello: La Fivet e la ICSI sono entrambe delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
La FIVET (fertilization in vitro/embryo transfer) è una tecnica con la quale si mette in coltura ogni singolo ovocita e lo si mette in contatto con un certo numero di spermatozoi che in maniera spontanea dovranno fecondarlo e formare l’embrione.Viene eseguita nei casi di sterilità da ostruzione tubarica femminile con un buon numero di ovociti e lievi patologie al liquido seminale.
La ICSI (intracytoplasmatic sperm injection) si esegue in casi di grosse patologie del liquido seminale e quando ci sono pochi ovociti. Questo perché tale procedura consente una migliore fertilizzazione e cioè un potenziale buon numero di embrioni formati.Consiste nell’iniettare il singolo spermatozoo nel singolo ovocita per determinare la formazione dell’embrione.
Dott. Fulvio Cappiello
La diagnosi pre-impianto consente di scegliere gli embrioni con i “cromosomi giusti”?
La diagnosi preimpianto è una tecnica innovativa di primaria importanza nell’ambito della fecondazione in vitro. Tale procedura consente di valutare lo stato di salute cromosomico degli embrioni e, dunque, di aumentare la possibilità di successo dei trattamenti di PMA trasferendo in utero esclusivamente embrioni con assetto cromosomico corretto (euploidi).
Quelli con assetto cromosomico alterato (aneuploidi) e con sindromi genetiche particolari, infatti, non avrebbero possibilità d’impianto o provocherebbero aborti precoci. Con il termine “aneuploidie cromosomiche embrionali” si intende la presenza di un diverso numero di cromosomi rispetto al normale (23 coppie). Le aneuploidie rappresentano una delle principali cause di fallimento dei cicli di procreazione medicalmente assistita in termine di mancato impianto embrionale e aborto spontaneo e, più raramente, patologie cromosomiche a carico del feto. Sfortunatamente, tale embrioni geneticamente alterati, in linea di massima, non si possono distinguere dagli embrioni privi di anomalie semplicemente analizzandoli al microscopio.
La procedura della diagnosi pre-impianto consiste in una biopsia dell’embrione che si esegue durante la 5ª e 6ª giornata di sviluppo e, dunque, con l’analisi genetica delle cellule asportate. Le coppie che possono beneficiare di tale tecnica sono quelle con abortività spontanea o dopo PMA, donne con età superiore ai 38 anni. Possono averne dei benefici anche coppie con buona prognosi, nelle quali la diagnosi pre-impianto consentirebbe il transfer di un solo embrione con corredo cromosomico corretto, diminuendo drasticamente il rischio di gravidanza multipla.