Mese: Gennaio 2017

Oggi sono molte le donne che hanno difficoltà a rimanere incinte. Le ragioni sono varie: in primis, sicuramente, rispetto a una volta, l’età anagrafica più alta in cui si decide di avere un figlio. Ecco, allora, che prima di parlare d’infertilità o di ricorrere a tecniche più sofisticate, il ginecologo può consigliare, come primo tentativo, di provare con una stimolazione ovarica semplice.
Andiamo a vedere, allora, come funziona questa procedura.

Per una-due settimane si assumono ormoni che inducono la produzione follicolare

La stimolazione ovarica semplice consiste nell’assunzione di farmaci – per la precisione gli ormoni FSH (follicolo stimolante) e LH (luteinizzante) – atti a indurre un’ovulazione di modo che l’ovaio produca follicoli maturi di almeno 18 millimetri di diametro contenenti un ovocita da fecondare.
La terapia è dunque finalizzata a scegliere gli spermatozoi idonei a sbloccare le tube uterine in modo da permettere il passaggio degli ovociti. In questo senso la stimolazione ovarica semplice si rivela particolarmente adatta alle donne sopra i 40 anni che faticano ad avere figli.
La procedura è semplice: la paziente dovrà seguire la cura a base di ormoni per un periodo che varia da una a due settimane iniettandosi, per via sottocutanea o intramuscolare, i farmaci. Tutto questo avverrà con la supervisione di un medico che terrà sotto controllo l’andamento della terapia e la risposta della donna mediante monitoraggio e controlli ormonali.
Durante l’ecografia, eseguita con una sonda transvaginale, il ginecologo, già a distanza di 2-3 giorni dalla prima iniezione, valuta la risposta ovarica.

La procedura di stimolazione ovarica semplice può essere ripetuta più volte

Ormai diffusi da tempo, i ginecologi considerano sicuri questi trattamenti di stimolazione ovarica semplice, tanto che, se non andassero subito a buon fine, possono essere ripetuti anche fino a 8-9 volte senza rischi per la salute futura della donna.
Potrebbero esserci, però, degli inconvenienti legati ai principali effetti secondari derivanti dall’assunzione di ormoni: tensione addominale, gonfiori, difficoltà digestive, nausea, diarrea, aumento di peso, pelle e capelli più secchi, urina più scura.

Dott. Placido Borzì.

Esistono numerosi protocolli di stimolazione ovarica ma, per la fecondazione in vitro, i più utilizzati sono i protocolli di stimolazione lungo e corto. In entrambi i casi i farmaci impiegati sono gli stessi, mentre le differenze sostanziali riguardano il momento di somministrazione e le candidate all’accesso.
Vediamo allora di vedere, un po’ più nel dettaglio, quali sono le differenze sostanziali tra i protocolli di stimolazione lungo e corto.

 

Come funziona il protocollo di stimolazione lungo

Nel protocollo di stimolazione lungo la paziente inizia ad assumere gli ormoni il secondo giorno del ciclo. La funzione svolta da questi farmaci è di sopprimere gli ormoni FSH e LH in modo da bloccare l’ovulazione e la produzione di estradiolo. La soppressione controllata delle ovaie con il protocollo FIVET di stimolazione lungo prevede che i follicoli che si origineranno non saranno di dimensioni superiori ai 15 mm e consente allo specialista di controllare completamente la stimolazione ovarica, al fine di evitare una luteinizzazione precoce, ovvero un picco di LH intempestivamente determinato come risposta a concentrazioni crescenti di estrogeni, cioè quando il follicolo è ancora immaturo.
La stimolazione ovarica si effettua con antagonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) e di norma la crescita follicolare è stabile. Una volta verificato che i follicoli hanno le giuste dimensioni (inferiori a 17 mm) e che il livello di estradiolo è buono (150-200 pg/ml), si somministra hCG (human chorionic ormone) o gonadotropina corionica per ottenere la maturazione ovarica finale. Queste iniezioni di hCG vengono somministrate, infatti, 32-36 ore prima del prelievo degli ovociti.

 

Come funziona il protocollo di stimolazione corto

Il protocollo di stimolazione corto ha durata di circa 4 settimane e corrisponde al ciclo naturale. Tende a essere consigliato alle donne “più avanti con l’età” (in genere dai 37 anni in su) soprattutto se hanno mostrato una bassa risposta delle ovaie nei precedenti cicli.
Tra i protocolli di stimolazione lungo e corto, la differenza è che in quest’ultimo la stimolazione inizia subito il primo giorno del ciclo per sfruttare la liberazione massiva di gonadotropine endogene che si verifica con la somministrazione di GNRHa, prima che s’instauri il blocco ipofisario. Se tutti i controlli e le analisi del sangue vanno bene si procede subito con la somministrazione delle GnRH antagoniste.
I vantaggi sono che, a differenza del protocollo lungo, la quantità introdotta di ormoni è molto più bassa. Se la donna non risponde a questo tipo di stimolazione è chiaramente evidente fin da subito che non può produrre ovuli per conto proprio e che, se desidera un figlio, l’unica opzione praticabile è un programma di FIVET che preveda l’ovodonazione.

Dott. Placido Borzì

Sono stati sviluppati diversi protocolli di stimolazione ovarica. I principali sono i seguenti:

  • protocollo lungo con GnRH agonisti ( long protocol )
  • protocollo corto con GnRH agonisti ( flare up protocol)
  • protocollo con GnRH antagonisti.

Nei protocolli di stimolazione ovarica lunghi la somministrazione di GnRH inizia nella fase medio-luteale del ciclo precedente; si ottiene la desensibilizzazione ipofisaria dopo circa 14 gg dopo di che si inizia la stimolazione con gonadotropine.

Nei protocolli di stimolazione ovarica corti la somministrazione di GnRH inizia il primo giorno del ciclo per sfruttare l’effetto flare up cioè la liberazione massiva di gonadotropine endogene prima che si instauri il blocco ipofisario.

Negli ultimi anni è diventato sempre più diffuso il protocollo che sfrutta l’effetto degli antagonisti del GnRH. Gli antagonisti inducono una rapida riduzione dei livelli di LH e FSH e bloccano completamente l’ipofisi in poche ore. Sono quindi in grado di prevenire e di interrompere il picco dell’LH senza richiedere un intervallo di desensibilizzazione per cui è possibile adoperarli in fase follicolare.

L’introduzione nei protocolli di PMA del GnRH antagonista ha portato ad una riduzione del periodi di trattamento e del numero di fiale di gonadotropine usate. Fatto importante, emerge in letteratura una ridotta incidenza di Sindrome da Iperstimolazione Ovarica ( OHSS ) nel gruppo con il GnRH antagonista, cosa che rende questi protocolli di stimolazione ovarica da prediligere in pazienti a rischio di eccessiva risposta ovarica precedentemente identificata secondo la valutazione dei markers ovarici. Gli antagonisti del GnRH presentano anche l’ulteriore vantaggio di sfruttare l’iniziale produzione di FSH endogeno con un minore utilizzo di gonadotropine esogene.

Questo meccanismo, insieme alla mancanza dell’effetto prolungato inibitorio sull’ipofisi, rendono il GnRH antagonista utile anche nel trattamento della pazienti poor responders. In queste pazienti viene anche usato il protocollo corto che sfrutta l’effetto flare up con rilascio di gonadotropine endogene. Si è visto poi che alcune pazienti POR, visto che anche con gonadotropine ad alte dosi ottengono massimo uno due follicoli, possono essere candidate a sottoporsi ad un trattamento secondo il loro ciclo naturale. Si parla di ciclo spontaneo “modificato” se si associa l’utilizzo di 75 U di gonadotropina con il GnRH antagonista dal giorno della selezione del follicolo dominante per evitare il fenomeno della luteinizzazione precoce.

Dott. Maurizio Cignitti

Un pò di chiarezza sulla terminologia

Innanzitutto per riproduzione assistita si intende qualsiasi forma di supporto al processo riproduttivo (monitoraggio ecografico dell’ovulazione con rapporti mirati, induzione della crescita follicolare multipla con rapporti mirati etc…); per riproduzione artificiale invece si intendono solo le procedure ad elevata tecnologia che introducono nel processo generativo una più o meno netta artificiosità, con passaggio in vitro degli spermatozoi e/o degli ovociti e/o dell’embrione.

I cicli di riproduzione assistita possono avvalersi di differenti metodiche che vengono suddivise in base all’incisività, all’utilizzo della tecnologia e alla complessità, in metodiche di:

  • I livello
  • II livello
  • III livello

Le metodiche di I livello comprendono unicamente le metodologie che si limitano ad utilizzare il seme; quelle di secondo e terzo livello hanno invece la prerogativa di manipolare sia i gameti maschili sia quelli femminili. La riproduzione assistita può essere di tipo omologo o eterologo. Le metodiche di procreazione assistita omologhe sono quelle che fanno uso di materiale biologico (spermatozoi ed ovociti) esclusivamente della coppia. Per ciclo di procreazione medicalmente assistita eterologa si intende il ciclo in cui il gamete femminile, il gamete maschile o entrambi non appartengono ad uno dei due o ad entrambi i membri della coppia.

Dott. Alessandro Giuffrida

Nuovi Lea per la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA)

Il Presidente del Consiglio Gentiloni ha firmato il nuovo Decreto Ministeriale sui nuovi LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), cioè gli standard minimi della salute che lo Stato garantisce ai cittadini secondo procedure ed elenchi stabiliti. Dopo 15 anni, si cominciano a muovere i primi passi per il rinnovamento tanto atteso in campo sanitario, soprattutto per quanto concerne la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

Con il nuovo Decreto è previsto l’inserimento del nomenclatore della specialistica ambulatoriale di tutte le prestazioni nelle diverse fasi riguardanti la Procreazione Medicalmente Assistita, omologa ed eterologa.

 

In Italia la lista dei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita si trova sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità. Presso l’ISS, nel 2005 nasce il “Registro Nazionale delle strutture che applicano le tecniche di riproduzione assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell’applicazione di tali tecniche“, meglio noto come ”Registro Nazionale della PMA.

Nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità sono censiti tutti i Centri autorizzati che applicano le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita divisi per regione. All’interno potrete consultare la lista dei referenti regionali.

Vai alla lista dei Centri Autorizzati

Per un corretto iter diagnostico il primo step fondamentale per il corretto approccio terapeutico nella coppia infertile così come in ogni atto medico, è il corretto inquadramento diagnostico. Innanzitutto è necessario acquisire i dati anamnestici e clinici di entrambi i partners.

Per la donna, ad esempio, è fondamentale conoscere:

  • l’anamnesi familiare (casi di menopausa precoce, patologie dell’apparato genitale, mammarie, dismetabolismi, patologie legate alla coagulazione, anomalie cromosomiche e/o genetiche, patologie autoimmuni)
  • l’anamnesi personale (età, indice di massa corporea, tabagismo, alcolismo, uso di sostanze stupefacenti, allergie a farmaci, dismetabolismi, patologie autoimmuni, trombofilia, pregressi ricoveri e/o interventi, contatti professionali con sostanze tossiche, eventuali terapie in atto)
  • l’anamnesi ginecologica (precedenti gravidanze, annotazione sui cicli: durata, quantità, intervallo, eventuale dismenorrea e dispareunia, pregressi interventi, durata dell’infertilità, precedenti tentativi di PMA e pregressi cicli di stimolazione, disturbi della sfera sessuale quali riduzione della libido, vaginismo, anorgasmia…).
  • Infine importante è l’esame obiettivo (valutazione genitali esterni, visita bimanuale, valutazione di vagina e cervice dopo apposizione di speculum).

Per l’uomo è necessario acquisire informazioni su:

  • età
  • durata dell’infertilità
  • abitudini di vita (alcolismo, tabagismo, uso di sostanze stupefacenti, eventuali terapie in atto, possibili contatti professionali con sostanze tossiche)
  • pregressi episodi febbrili di lunga durata, ricoveri e/o interventi
  • disturbi della sfera sessuale (eiaculazione precoce, impotenza coeundi, assenza di eiaculazione).

Una volta acquisite queste informazioni e prima di procedere con qualunque tipo di metodica di procreazione medicalmente assistita, entrambi i partners dovranno sottoporsi ad una serie di esami per completare l’iter diagnostico.

La donna, per un corretto iter diagnostico, dovrà sottoporsi ad una ecografia pelvica per potere valutare l’eventuale presenza di quadri patologici (miomi uterini, cisti ovariche, dismorfismi uterini, infiammazioni pelviche, endometriosi…). L’ovulazione sarà valutata mediante un monitoraggio ecografico e la riserva ovarica mediante la conta dei follicoli antrali; un PAP test e i tamponi cervicali consentiranno di escludere la presenza di infezioni. Fondamentale è il dosaggio ormonale al terzo giorno del ciclo per potere valutare lo stato funzionale delle ovaie e la riserva ovarica. La valutazione della cavità uterina e della pervietà tubarica verrà effettuata mediante isteroscopia ed isterosalpingografia o isterosonosalpingografia 3D.

L’uomo deve iniziare il suo iter diagnostico con uno studio del liquido seminale mediante spermiogramma e spermiocoltura per valutare eventuali alterazioni dei parametri seminali e/o infezioni; qualora questi fossero alterati dovrà proseguire l’iter diagnostico con una visita andrologica, ecografia prostatica, dosaggi ormonali. Infine, ad entrambi i partners verrà richiesto lo studio del cariotipo e accertamenti necessari ad escludere lo stato di portatore di anemia falciforme o di fibrosi cistica e/o altre anomalie. Alla donna, in taluni casi, è richiesto anche la valutazione della possibile trombofilia genetica ed autoimmunità mentre all’uomo la ricerca della microdelezione del cromosoma Y.

Dott. Alessandro Giuffrida