l’induzione della crescita follicolare multipla con rapporti mirati
l’inseminazione intrauterina.
Il monitoraggio ecografico consiste in una serie di ecografie ripetute a giorni alterni per verificare la crescita del follicolo e successivamente l’avvenuta ovulazione. Consente di unire tempo diagnostico e terapeutico perché valutando il momento dell’ovulazione consente un corretto timing dei rapporti.
Nei casi di assenza di ovulazione è possibile ricorrere ad una terapia ormonale per avere il controllo della crescita follicolare, sempre monitorata per via ecografica, ed indurre farmacologicamente l’ovulazione.
Nell’inseminazione intrauterina, il liquido seminale prodotto dal partner viene “preparato” in laboratorio in modo da selezionare solo la quota di spermatozoi con regolare morfologia e motilità e poi introdotto tramite un sottile catetere all’interno della cavità uterina.
E’ consigliata in tutti i casi di sterilità inspiegata; nei casi di infertilità maschile di grado lieve-moderato; nei casi di ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione dell’ovulazione e rapporti mirati con monitoraggio ecografico dell’ovulazione; nei casi di patologie sessuali nelle quali sia difficile o impossibile avere un rapporto sessuale completo; infine anche in presenza di endometriosi minima o moderata (ovviamente solo nei casi in cui almeno una tuba sia pervia).
Dott. Alessandro Giuffrida
La nuova tecnica contro l’infertilità maschile che offre
concrete speranze di procreazione
Ecco come la nuova tecnica contro l’infertilità maschile, il Micro-TESE, consente fino
a un 56% di recupero di spermatozoi nei pazienti con azoospermia
La nuova tecnica contro l’infertilità maschile, Micro-TESE (Microdissection Testicular Sperm Extraction), rappresenta una vera e propria rivoluzione. Consiste in una biopsia testicolare eseguita mediante un microscopio chirurgico che identifica con precisione le zone del testicolo dove sono sicuramente presenti spermatozoi.
Un microscopio che permette di selezionare solo spermatozoi adatti alla procreazione
Nello specifico, il microscopio aumenta il campo visivo dell’urologo, che esegue la biopsia di 25-40 x a livello dei tuboli dove si sviluppano gli spermatozoi all’interno del testicolo, consentendo una maggior selettività dell’operazione, evitando danni e facendo crescere del 20% la possibilità di identificare spermatozoi adatti alla riproduzione.
Praticata in Spagna già da diversi anni ha permesso un recupero di oltre il 56% e 6 gravidanze
La nuova tecnica contro l’infertilità maschile arriva dalla Spagna, dove è già praticata da diversi anni nelle cliniche specializzate integralmente nella riproduzione umana. Per fare un esempio concreto, solo nel 2016 grazie al Micro-TESE, sono state eseguite 23 biopsie da cui, in 13 casi, è stato possibile il recupero degli spermatozoi. I dati stimano un tasso di recupero pari al 56,53%, un numero davvero significativo. Inoltre, grazie al recupero di tali spermatozoi, si sono avviate, attraverso un ciclo di fecondazione in vitro, 6 gravidanze.
Aumentando le probabilità di ottenere spermatozoi ottimi per la fecondazione rispetto a quanto accade con la biopsia testicolare classica, il Micro-TESE diminuisce i casi in cui la coppia deve ricorrere alla donazione del seme, per infertilità maschile.
Gli esperti spiegano come funziona la nuova tecnica contro l’infertilità maschile
La nuova tecnica contro l’infertilità maschile si pratica presso IVI, un’istituzione sanitaria spagnola specializzata integralmente nella riproduzione umana che conta oltre 40 cliniche in 10 Paesi del mondo. IVI è tra i pochi centri in Spagna dove si utilizza il recupero di spermatozoi tramite Micro-TESE.
“Dobbiamo sempre contare su personale qualificato, con un team di urologi e biologi – afferma il dottor Saturnino Lujan, urologo presso il Centro IVI di Valencia -. Una volta ottenuto il campione di sperma, questi potrà essere congelato in vitro per essere utilizzato in futuro o direttamente senza la necessità di ricorrere a trattamenti di congelamento”.Anche se Micro-TESE è un metodo rivoluzionario per recuperare gli spermatozoi, “l’ideale – conclude la dottoressa Daniela Galliano, direttrice del Centro IVI di Roma – sarebbe raggiungere un ingrandimento visivo tale che ci consenta di vedere direttamente lo sperma. Attualmente stiamo lavorando su tecniche di immagine che ci renderanno più facile l’individuazione dei tubuli che contengono sperma”.
Qual è la procedura di Microiniezione intracitoplasmatica?
La Microiniezione intracitoplasmatica (ICSI) rappresenta uno dei maggiori successi ottenuti dai Biologi della Riproduzione, poiché consente di superare problemi di infertilità maschile un tempo definiti insormontabili. Infatti riusciamo a ottenere embrioni e gravidanze anche disponendo di pochissimi spermatozoi.
A tal scopo utilizziamo un micromanipolatore munito di due “braccia”: uno trattiene l’ovocita selezionato e l’altro, grazie a un microago con un diametro interno di 4 mm (4 millesimi di millimetro), consentirà di prelevare uno spermatozoo e posizionarlo all’interno della cellula uovo.
Quali sono le diverse fasi della Microiniezione intracitoplasmatica?
Le due tecniche di concepimento in vitro (FIVET e ICSI) presentano dunque fasi comuni: l’Induzione della Crescita follicolare multipla (ovvero la produzione nella donna di più ovociti mediante stimolazione con gonadotropine) e il pick-up ovocitario. Infatti, raggiunto il livello di maturazione ideale, gli ovociti sono recuperati mediante un prelievo eco-guidato per via vaginale, solitamente eseguito in sedazione profonda.
Il biologo ha la responsabilità di identificare e selezionare gli ovociti. Vorrei ricordare che, in questa fase, ci si trova di fronte a complessi “cumulo – ovocita”, in quanto l’ovocita, prima di essere fecondato, è circondato da una nuvoletta di cellule follicolari, che lo hanno sostenuto durante il processo di maturazione.
Ecco perché, per effettuare una Microiniezione intracitoplasmatica e avere quindi la possibilità di manipolare l’ovocita, dobbiamo “denudarlo” e privarlo di queste cellule. Tale procedura è detta “decumulazione”. Si procede quindi con l’iniezione intracitoplasmatica.
Cosa succede a livello emotivo? Quale il giusto approccio psicologico per supportare la coppia?
La reazione emotiva al fallimento della FIVET (anche a più di un tentativo) dipende sostanzialmente dalla capacità della coppia di far fronte alle difficoltà della vita.
In psicologia si utilizza il termine “resilienza”, intesa come quella capacità di una persona o di un gruppo di svilupparsi positivamente, di continuare a progettare il proprio futuro, a dispetto di avvenimenti destabilizzanti. Le risposte degli individui alle malattie sono quindi chiaramente diverse a seconda, sia delle caratteristiche di queste ultime, in relazione al tipo, alla gravità, alla durata della malattia stessa, sia delle caratteristiche personali, intese come stili cognitivi, emotivi e relazionali. Ognuno di noi ha, inoltre, un modo diverso di percepire gli eventi e di ritenere che gli eventi della sua vita siano prodotti dai propri comportamenti o azioni, oppure da cause esterne indipendenti dalla propria volontà.
La reazione emotiva al fallimento della FIVET varia in base ai caratteri: c’è chi si colpevolizza e chi sa prendere la distanza
Ci sono quindi tipologie di persone più propense a colpevolizzarsi, di solito le più difficili da trattare in tali contesti di PMA perché perdono molta energia a cercare le cause disperdendola, invece, rispetto alla ricerca della soluzione. Ce ne sono altre, invece, capaci di saper prendere distanza dalle responsabilità degli eventi e di concentrarsi su possibili soluzioni alternative. Pensare la propria sterilità di coppia secondo un’attribuzione causale esterna, protegge la coppia da sentimenti di vergogna e bisogno di isolamento, rendendola più libera nelle richieste di aiuto e nella ricerca di una nuova ristrutturazione della propria vita.
Solo un’attenta analisi permette allo psicologo di gestire la reazione emotiva al fallimento della FIVET
Un’attenta analisi da parte del clinico sulle modalità personali dell’individuo di affrontare le difficoltà della vita permetterà allo psicologo di prevedere quale sarà la reazione emotiva al fallimento della FIVET e quale interpretazione darà quella persona all’insuccesso del proprio progetto procreativo. In questo modo sarà possibile andare a individuare meglio quali possano essere le alternative al fallimento. Compito dello psicologo è, infatti, saper distinguere le personalità più rigide da quelle più flessibili, lavorare sul senso di colpa e sulle strategie di “coping” (gestione attiva) che permettono alle persone d’individuare soluzioni alle proprie difficoltà, aiutandole a superare, quando necessario, quelle restrizioni mentali inconsapevoli, dettate da vecchie credenze implicite della persona, che non le consentono di poter procedere ed evolversi sulla linea del ciclo vitale. Dott.ssa Angela Petrozzi
Qualunque forma essa prenda, la diagnosi d’infertilità scuote le radici profonde dell’immagine di sé costituendo un’esplosione emotiva che necessita, quasi sempre, di un intervento psicoterapico, volto ad aiutare le persone a superare l’angoscia, il dolore, la deprivazione.
L’intervento psicoterapico ha lo scopo, in primis, di spingere la coppia verso una ridefinizione dell’identità, incanalando e sublimando il bisogno di prendersi cura verso un’immagine più libera, radicandola nelle personali capacità creative, piuttosto che non restringendola alle sole capacità procreative.
L’intervento psicoterapico deve servire anche a scindere atto sessuale e fecondazione
Un’altra funzione che ha l’intervento psicoterapico, all’interno dei percorsi di PMA, consiste nell’aiutare la coppia a recuperare l’intimità sessuale inevitabilmente violata dalle tecnologie. Molto spesso il ricorso alle tecniche di PMA si ripercuote negativamente sulla vita sessuale della coppia, con conseguente calo della libido in entrambi i sessi, fino alla disfunzione erettile nell’uomo e con una riduzione della fertilità nella donna. L’elaborazione della separazione tra atto sessuale e fecondazione è un punto cruciale dell’intervento psicoterapico che può condurre ad accettare una declinazione della sessualità fondata sul senso di appartenenza affettiva e a facilitare il superamento del vissuto mortifero connesso a una generatività desessualizzata.
Anche dopo la nascita del figlio l’intervento psicoterapico serve a gestire sentimenti complessi
Inoltre, il grado di elaborazione da parte degli adulti dei vissuti angosciosi connessi alla PMA, induce a ritenere altamente opportuno l’intervento psicoterapico specifico per le coppie anche successivamente alla nascita del figlio così tanto atteso, sia perché la realizzazione del desiderio costringe i genitori a confrontarsi con quel groviglio di sentimenti complessi che l’insuccesso riproduttivo aveva accantonato, sia perché i bambini voluti caparbiamente sono esposti più degli altri al rischio di rimanere soffocati in un rapporto esclusivo con i genitori, in particolare con la madre, privati della possibilità di accedere ad altri investimenti relazionali.
Dott.ssa Angela Petrozzi
Che tipo di supporto psicologico può essere indicato dopo la nascita di un bambino nato grazie a una delle tecniche di procreazione medicalmente assistita? Come spiegare al figlio la sua storia?
La coppia che riesce con successo ad avere un figlio grazie all’aiuto delle tecniche di PMA difficilmente si pone il quesito su cosa dire al proprio figlio rispetto alla storia procreativa. Tuttavia capita che alcune coppie chiedano aiuto a uno psicologo per capire cosa dire al figlio nato da tecniche di PMA rispetto alla sua origine. Il problema sotteso a tale quesito è rappresentato dal segreto, non dal suo contenuto. Come ricorda Winnicott: “I bambini non chiedono che venga loro risparmiata la verità, qualunque essa sia, ma che gli venga consegnata con tatto e onestà”.
Cosa dire al figlio nato da tecniche di PMA? Solo la verità espressa con delicatezza e modi idonei alla sua età
“Mamma e papà ti hanno desiderato talmente tanto che, visto che tardavi ad arrivare, hanno chiesto aiuto a un dottore perché aiutasse i due semini, della mamma e del papà, a incontrarsi e a restare insieme, perché tu potessi crescere nella pancia della mamma per poi nascere e farti abbracciare anche dal papà”. Si tratta di una storia del tutto naturale, che non si discosta tanto dal suo iter fisiologico e del tutto semplice ed esaustiva da raccontare a un bambino.
Per molte coppie cosa dire al figlio nato da tecniche di PMA nasconde quesiti più complessi
Tuttavia, capita che alcune coppie che hanno avuto un figlio grazie ad aiuti esterni, si pongono alcuni quesiti rispetto a cosa dire al figlio nato da tecniche di PMA: “Cosa diremo a nostro figlio?”. Una domanda del genere potrebbe, tuttavia, nascondere questioni diverse, più personali, relative alla storia della coppia stessa. Dietro a ogni singola storia dell’individuo c’è un “mandato” generazionale inconsapevole, ossia delle aspettative di solito trasmesse dalla propria famiglia di origine sul ruolo che quell’individuo avrà nella storia familiare. Se si instaura un “gap” tra le aspettative implicite degli altri familiari e quello che l’individuo riesce a realizzare, si insinua nella persona una dissonanza emotiva che non le consente di godere appieno di quello che invece è stata capace di realizzare. Compito del clinico è interessarsi con rispetto ai quesiti che pongono le persone e saperle guidare a ritrovarsi all’interno di un percorso per alcuni versi divergente rispetto a quello atteso.
Situazione più complessa è spiegare al proprio figlio che è nato grazie all’eterologa
Questione del tutto diversa è quella che pone una coppia che ha fatto ricorso a una fecondazione eterologa. Qui il quesito su “cosa dire al figlio nato da tecniche di PMA” o meglio da eterologa, si affaccia abbastanza precocemente nella coppia, fin dalle prime fasi decisive rispetto al percorso da intraprendere. Anche in questo caso non ci sono risposte identiche per tutti, la risposta va costruita insieme alla singola coppia rispettando quella che è la storia familiare che la coppia si porta dietro. Il clinico deve intercettare il significato che rappresenterebbe per quella coppia avere un figlio con l’aiuto di un gamete esterno alla coppia stessa.
Occhio a “risposte facili” trovate sul web: ognuno ha la sua storia e necessita di risposte diverse
Spesso il web spinge le persone a ricercare risposte immediate a ogni singolo problema. Nell’ambito delle questioni psicologiche, soprattutto, bisogna diffidare da risposte predefinite. “Quello che è meglio per me potrebbe non essere buono per te”. Il ruolo dello psicologo è quello di saper ascoltare con orecchio esperto cosa gli sta chiedendo veramente quella coppia ed aiutarla a costruire insieme una risposta, la più personale possibile.