Mese: Luglio 2017

Una coppia è considerata sterile quando non riesce ad ottenere un concepimento dopo 12 mesi di rapporti non protetti. Il 56% delle coppie concepisce in 1 mese. Il 78% entro 6 mesi. L’86% entro il 12 mese.

Sino a non molti anni addietro si riteneva che la causa della sterilità di coppia fosse da imputare quasi esclusivamente alla donna. Negli ultimi anni si è visto come almeno nel 50% la causa è da ricondurre all’uomo. Le cause della sterilità maschile sono molteplici.

Studi recenti hanno dimostrato che l’età paterna avanzata è associata a ridotta fertilità, complicazioni della gravidanza e patologie nei figli. L’età avanzata paterna influenza negativamente la concentrazione degli ormoni e di conseguenza la quantità e la qualità degli spermatozoi. Altre cause di sterilità maschile sono il fumo di sigaretta, il sovrappeso, le infezioni sessualmente trasmissibili, prima fra tutte la clamidia, lo stress, l’inquinamento ambientale.

Per risolvere il problema della sterilità maschile sono stati proposti negli anni numerosi trattamenti a base di ormoni( fsh – testosterone) e di integratori vitaminici. Tra questi ultimi vi è una sostanza che in questi ultimi anni sta diventando sempre più importante nel trattamento della sterilità maschile.

Si tratta dell’inositolo. L’inositolo è classificato come un componente del complesso vitaminico d anche se non si può definire propriamente un a vitamina in quanto è possibile una sua sintesi da parte del corpo umano .

Già negli anni 50 si era notato che il liquido seminale è una delle fonti più ricche di Inoditolo. I primi studi che ipotizzarono un ruolo dell’inositolo nella maturazione degli spermatozoi risalgono al 1964. Da allora gli studi su inositolo e sterilità maschile si sono moltiplicati. Le ricerche si sono indirizzate su due principali filoni: il primo ha approfondito gli effetti dell’implementazione nella dieta di inositolo, mettendo in luce come la sua assunzione, meglio se in associazione con altre sostanze, che giocano un ruolo nella terapia della sterilità, come lo zinco e l acido folico, migliora la concentrazione la morfologia e la motilità degli spermatozoi.

Il secondo ha avuto come scopo l’uso dell’inositolo in vitro come ausilio nelle tecniche di fecondazione assistita: si è potuto notare che l’aggiunta di inositolo migliora anche in vitro la motilità rettilinea degli spermatozoi.

In conclusione si può affermare che mentre sino a poco tempo fa gli effetti dell’inositolo sulla fertilità erano concentrati esclusivamente alla funzione ovarica soprattutto nella paziente con ovaio micropolicistico, in termini di insulino resistenza, tasso di ovulazione, e qualità ovocitaria, negli ultimi anni si è accertato che l’inositolo ha un ruolo importante anche nella prevenzione e nella terapia della sterilità maschile.

 

Dott. Pietro Ardito

 

 

Cosa accade a livello psicologico alle donne che, dopo uno o due anni di tentativi per via naturale di rimanere incinta, ricevono una diagnosi di infertilità? Quali emozioni? Quali difficoltà o resistenze psicologiche se decidono di affrontare un percorso di PMA? E qual è il ruolo del compagno nel supportare la donna in questo difficile cammino?

I problemi che alcune donne incontrano nel realizzare il desiderio di maternità possono comportare conseguenze psicologiche molto importanti. La difficoltà a procreare obbliga la donna a fare i conti con un grembo vuoto, con l’assenza di un bambino fantasticato, mai arrivato. L’insuccesso procreativo pone la donna di fronte alla necessità di elaborare un lutto della possibilità di generare un prolungamento di se stessa e del desiderio di continuità. Il compagno potrebbe aiutarla a contenere tali angosce e a mantenerla concentrata sulla consapevolezza dell’unione della coppia nonostante le difficoltà.

Una delle conseguenze psicologiche all’infertilità è la perdita di sintonia con il partner. Capita che il compagno, inizialmente, venga vissuto dalla donna come una figura sullo sfondo, incapace di sintonizzarsi sul proprio dolore, ed ella, chiusa nella ricerca pervasiva di un figlio, inizia a escluderlo dal turbinio delle proprie emozioni, vivendosi completamente sola all’interno del percorso della ricerca di un figlio.

Tuttavia, dopo un’iniziale fase di disperazione e di silenzio, la coppia inizia a confrontarsi sul problema e a riflettere sul da farsi. In questa seconda fase si collocano le prime indagini diagnostiche e i primi contatti con lo specialista di procreazione medicalmente assistita (PMA) al quale spetta, a volte, l’ingrato compito di comunicare l’infertilità e/o sterilità della coppia. Le conseguenze psicologiche di una diagnosi d’infertilità e le ripercussioni che questi percorsi comportano hanno un impatto diverso sulla persona a seconda della diagnosi, della dolorosità e dell’invasività delle procedure diagnostiche nella sfera più intima della coppia. Ammettere di essere impossibilitati a completare il progetto di coppia in senso procreativo significa per entrambi i partner entrare in contatto con i vissuti depressivi legati alla consapevolezza della perdita.

Angosce abbandoniche e aridità: ecco alcune tra le conseguenze psicologiche di una diagnosi d’infertilità

Le conseguenze psicologiche di una diagnosi d’infertilità sono rappresentate nella donna innanzitutto da manifestazioni quali il viversi come un corpo deteriorato, contemporaneamente, emergono angosce di tipo abbandonico, senso d’inconsistenza, di aridità associate a sensazioni di rabbia, di depressione, inferiorità e mancanza di desiderio (Martinelli, 1999). Il compagno ha il compito di aiutare la donna ad affrontare il percorso della PMA come una difficoltà che rafforzerà comunque la coppia stessa. La difficoltà dovrebbe unire i due partner, proprio perché nelle difficoltà si hanno le opportunità di sostenersi, consolarsi, aiutarsi oltre una routine, dove tutto avviene senza ostacoli.

Dottoressa Petrozzi

Il 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale ha dato il via libera alla fecondazione eterologa in Italia, attraverso una modifica (sentenza 162) delle linee guida previste in materia di Pma: quando uno dei due partner è sterile, è possibile arrivare a una gravidanza attraverso l’utilizzo di un gamete, un ovulo o uno spermatozoo, di una terza persona, cioè il donatore.

L’accesso alla fecondazione eterologa è stata inserita dalle varie regioni nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e prevede per la coppia il pagamento di un ticket. Il permesso legislativo di accedere alla fecondazione eterologa apre un nuovo scenario emotivo per le coppie. Se fino a qualche anno fa, per una coppia impossibilita a procreare, la legge prevedeva come unico diritto alla genitorialità l’adozione e/o l’affidamento (Legge 149/2001), questo ampliamento di orizzonti sconvolge, in un certo senso, la psicologia della coppia sterile.

A questo punto dobbiamo chiederci: quali fasi emotive precedono la scelta del percorso da intraprendere?

Che differenze ci sono sul piano emotivo tra adottare un bambino oppure procreare un figlio attraverso fecondazione eterologa? L’adozione è davvero un’alternativa all’eterologa?

 

L’adozione è davvero un’alternativa all’eterologa se si ha “fretta” di avere un figlio?

Sempre più spesso capita di incontrare nei percorsi di Pma coppie che hanno avviato contemporaneamente anche le pratiche dell’adozione. Solitamente sono persone che, prese dalla fretta di avere un bambino, sottovalutano le differenze psicologiche che esistono tra adottare un bambino oppure procreare un figlio attraverso la fecondazione eterologa.

Il desiderio di un figlio si struttura attorno a un’assenza che confonde questo desiderio con l’urgenza del bisogno di superare l’isolamento per l’esclusione dal ciclo naturale nascita-procreazione-morte. Affiancare le coppie, nell’approfondire i vissuti e le motivazioni che sottostanno alla scelta da effettuare, è importantissimo per prevenire una serie di ripercussioni emotive negative che potrebbero nascere da una scelta frettolosa o addirittura sbagliata.

L’adozione è davvero un’alternativa all’eterologa? Fecondazione eterologa e adozione sono due strade con il medesimo obiettivo ma con vissuti psicologici correlati in parte simili e in parte molto diversi.

 

Cosa suscita in una coppia un bimbo generato altrove? L’adozione è davvero un’alternativa all’eterologa?

Adottare un figlio significa, in termini emotivi, rinunciare innanzitutto ad avere un figlio biologico a tutti i costi; rinunciare all’esperienza della gravidanza intesa come “avere una pancia” e rinunciare, molto spesso, a vivere l’esperienza di avere un figlio neonato. Desiderare un figlio generato altrove, che porta con sé un pezzo di storia non condivisa, suscita spesso nel genitore adottivo fantasie sui genitori biologici, sulla sua storia di origine che talvolta minacciano lo sviluppo del legame di appartenenza genitore-figlio.

In questo senso rimane aperta la domanda: l’adozione è davvero un’alternativa all’eterologa?

 

Dottoressa Petrozzi