Mese: Giugno 2018

La criopreservazione o crioconservazione è parte intrinseca delle procedure di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
Iniziata con la conservazione a bassissima temperatura dopo congelamento degli spermatozoi, la tecnica si è poi estesa anche alle cellule uovo femminili, gli ovociti.
Iniziata negli anni 70, la metodica ha consentito di ottenere la prima gravidanza da un ovocita crioconservato solo nel 1980. Questa procedura ha un profondo significato etico: prima di tutto consente di evitare che la donna debba sottoporsi a numerosi cicli di iperstimolazione ovarica con gonadotropine per ottenere un numero sufficiente di ovociti per affrontare più di un tentativo di PMA.

Inoltre, la crioconservazione degli ovociti in Italia è in rigorosa osservanza della Legge 40/2004 sulla tutela degli embrioni, considerati a tutti gli effetti esseri viventi, che non possono quindi essere crioconservati. Inoltre, la possibilità di conservare a bassissime temperature sia gli spermatozoi sia gli ovociti consente al partner di una coppia che dovesse essere sottoposto ad una chemioterapia/radioterapia di potere preservare il proprio potenziale riproduttivo, prima di iniziare il trattamento antitumorale.

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Analoga soluzione può essere intrapresa per coloro che, affetti da una malattia autoimmunitaria o da cisti ovariche o da gravi malattie infiammatorie ricorrenti del colon (grosso intestino), presentano un rischio di riduzione importante della capacità riproduttiva, una condizione che è alla base del cosiddetto “fallimento ovarico precoce”.

Attualmente esistono due tecniche di crioconservazione:

a) quella tradizionale che consiste nel congelamento lento;

b) quella innovativa del congelamento rapido detto anche “vitrificazione”.

La tecnica tradizionale si basa su una fase d’isolamento degli ovociti e di trattamento degli stessi con soluzioni chimiche preparatorie e quindi nel trasferimento in un congelatore biologico che li porta gradualmente ad una temperatura di – 150°C per essere poi immersi in azoto liquido (- 196°C). Nel momento in cui fosse necessario utilizzare gli ovociti, questi vengono scongelati molto rapidamente per evitare la formazione di cristalli all’interno della cellula.

La metodica innovativa invece prevede sempre una fase preparatoria dell’ovocita in soluzioni chimiche ad alta concentrazione e quindi il congelamento rapido in azoto liquido (- 196°C) che porta alla vitrificazione della cellula (il termine descrive l’aspetto della cellula congelata che è simile al vetro). Questa metodica risale al 1999 e quindi è di recente applicazione, ma i risultati sembrano molto promettenti (soprattutto con il cryotop method, messo a punto in Giappone), con percentuali di gravidanze che si sono ottenute che sembrano simili a quelle che si osservano con la PMA “a fresco”, che utilizza ovociti e spermatozoi non congelati.

Sovrappeso e obesità non fanno differenza tra sessi e causano infertilità anche nei maschi, con effetti negativi sulla spermatogenesi o sulla salute sessuale

Come nelle donne, essere sovrappeso od obesi comporta l’infertilità anche nei maschi. È questa l’ultima novità che riguarda il sovrappeso e l’obesità.

Ma come e perché l’obesità causa o favorisce l’infertilità nei maschi? Diversi sono i meccanismi.

 

1) Ridotta o inibita spermatogenesi per riduzione dei livelli di testosterone e aumento dei livelli di estrogeni.

L’accumulo di grasso nel corpo comporta disturbi ormonali. Il principale è l’inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisario, un’area del cervello che regola la produzione di ormoni importanti per il corretto funzionamento dell’apparato riproduttivo maschile e femminile. Conseguenza del ridotto funzionamento di questo “asse” è la riduzione dei livelli nel sangue dell’ormone testosterone in quanto viene trasformato in estrogeni (estradiolo) ad opera di un particolare enzima (chiamato aromatasi), con effetti detrimentali sulla normale crescita e maturazione degli spermatozoi (spermatogenesi) e causando infertilità. Un’altra conseguenza è la riduzione delle gonadotropine FSH (ormone follicolo-stimolante) e LH (ormone luteinizzante), anch’esse fondamentali per la corretta spermatogenesi.

La riduzione dei livelli di testosterone per inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisario è dovuta anche ad un altro ormone chiamato leptina, prodotto normalmente dai tessuti grassi per la regolazione dell’appetito, del metabolismo energetico e delle funzioni ormonali. L’accumulo di grasso nei maschi obesi comporta un aumento dei livelli di leptina, favorendo l’inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisario con riduzione della produzione dei livelli di testosterone a livello dei testicoli e con conseguente inibizione della maturazione degli spermatozoi.

2) Inibita spermatogenesi, ipogonadismo e disfunzione erettile per produzione di sostanze proinfiammatorie e riduzione dei livelli di testosterone.

L’accumulo di tessuto grasso nei maschi obesi determina anche un eccesso di produzione di sostanze pro-infiammatorie (cioè che favoriscono l’infiammazione), come le adipochine, che inibiscono l’asse ipotalamo-ipofisario, con effetti negativi sulla spermatogenesi.

Nei maschi obesi e con diabete di tipo 2, la produzione di queste sostanze pro-infiammatorie e il loro effetto sull’asse ipotalamo-ipofisario determina pure la comparsa di ipogonadismo.

Una conseguenza della riduzione dei livelli di testosterone, insieme anche all’aumento di sostanze pro-infiammatorie conseguente all’accumulo di tessuto grasso soprattutto nell’addome, è la disfunzione erettile, che è riscontrabile nel 79% dei soggetti obesi in presenza anche di pressione alta, diabete ed elevati livelli di trigliceridi e di colesterolo cattivo (LDL) nel sangue. Va sottolineato che nella disfunzione erettile subentrano  anche fattori psicologici: i soggetti obesi difatti hanno una bassa autostima e ritengono di essere meno attraenti e desiderabili, elementi che condizionano negativamente le funzioni sessuali.

3) Danni agli spermatozoi per aumento della temperatura nello scroto e stress ossidativo dovuto ai radicali liberi.

Il sovrappeso e l’obesità accompagnati da uno stile di vita sedentario comportano un aumento del deposito di grasso a livello del basso addome, del pube e dello scroto, tale da favorire un aumento della temperatura a livello dei testicoli ben al di sopra dei 34-35°C, che sono i valori ideali per una corretta spermatogenesi. Questo aumento di temperatura conseguente all’accumulo di grasso inficia il processo di spermatogenesi e favorisce l’accumulo di radicali liberi  con conseguente aumento dello stress ossidativo, il quale è un processo molto dannoso e nocivo per le cellule di tutti i tipi, inclusi gli spermatozoi: l’aumento dello stress ossidativo causa difatti danni al DNA (frammentazione) al loro interno, con conseguenti alterazioni della qualità del liquido seminale e della funzionalità degli spermatozoi.

Senza contare, poi, che nel tessuto grasso si accumulano volentieri molti inquinanti ambientali che possono quindi esercitare la loro azione tossica sugli spermatozoi, causando mutazioni genetiche nel loro DNA o alterazioni strutturali e funzionali tali da renderli meno fecondi o infecondi.

 

4) Ridotti livelli di testosterone per apnea ostruttiva notturna.

Nei soggetti obesi è molto frequente l’apnea ostruttiva dovuta a russamento durante il sonno. Questo disturbo causa condizioni di ridotto apporto di ossigeno al cervello (ipossia) con ripercussioni negative sull’asse ipotalamo-ipofisario e sui livelli di testosterone.

 

In conclusione, l’obesità è diventata un problema sanitario di dimensioni mondiali che ha conseguenze detrimentali importanti sulla salute in generale e sulla salute riproduttiva maschile e femminile, causando infertilità. Pertanto, la prevenzione e la cura dell’obesità diventano un obiettivo chiave per evitare o ridurre tutta la sua serie di dannose complicanze.

 

Fonti

El Salam MAA. Obesity, an enemy of male fertility; a mini review. Oman Med J 2018; 33 (1): 3-6.

Feldman HA et al. Erectile dysfunction and coronary risk factors: prospective results from the Massachussettes Male Aging Study. Prev Med 2000; 30 (4): 328-338.

Hammound AO et al. Impact of male obesity on infertility: a critical review of the current literature. Fertil Steril 2008; 90: 897-904.

Hofny ER et al. Semen parameters and hormonal profile in obese fertile and infertile males. Fertil Steril 2010; 94 (2): 581-584.

Margetic S et al. Leptin: a review of its peripheral actions and interactions. Int J Obes Relat Metab Disord 2002; 26 (11): 1407-1433.

Pasquali R et al. Insulin regulates testosterone and sex hormone-binding globulin concentrations in adult normal weight and obese men. J Clin Endorinol Metab 1995; 80 (2): 654-658.

Prieur X et al. Leptin regulates peripheral lipid metabolism primarily through central effects on food intake. Endocrinology 2008; 149 (11): 5432-5439.

Seftel A. Male hypogonadism. Part II: etiology, pathophysiology and diagnosis. Int J Impot Res 2006; 18 (3): 223-228.

Shafik A et al. Lipectomy in the treatment of scrotal lipomatosis. Br J Urol 1981; 53 (1): 55-61.

In Italia l’infertilità è in crescita. Varie sono le cause di questo problema, ma nel nostro Paese una poco “nota” pesa particolarmente: il sovraffollamento

Pochi giorni fa, il 13 giugno 2018, nel sito Sanihelp.it sono stati pubblicati i numeri aggiornati sull’infertilità in Italia, i quali testimoniano che il problema è più serio di quanto si possa immaginare.

È ormai noto che da vari anni in Italia il numero delle nascite tende sempre di più a calare raggiungendo minimi allarmanti: il nostro Paese è difatti uno dei Paesi europei con il più basso tasso di natalità e nel 2017 si è toccato il minimo storico, con soli 464.000 bambini nati.

Questo drammatico calo della natalità può essere spiegato senz’altro con la crisi economica, in quanto le difficoltà finanziarie e lavorative scoraggiano le coppie italiane, che posticipano volontariamente sempre più avanti con l’età il momento della genitorialità: in Italia l’età media della prima gravidanza è di 31,8 anni, valore più alto della media europea (29 anni) e di quella francese (28,5 anni). Il motivo socioeconomico, tuttavia, può spiegare il calo delle nascite solo in parte perché in realtà il fattore che sta incidendo in maniera sempre più preponderante è l’aumento dell’infertilità maschile e femminile, problema che affligge attualmente il 15-20% delle coppie.

Le donne italiane adesso partoriscono in media 1,34 figli, tasso di fecondità che è quindi ben lungi dal valore ideale (pari a 2,1) necessario a mantenere costante e giovane la popolazione.

 

Perché in Italia, al di là dei fattori socioeconomici, l’infertilità e il calo delle nascite stanno diventando un problema così allarmante e in crescita? 

I motivi possono essere tanti. Sicuramente l’inquinamento ambientale gioca un ruolo importante e sono state ben documentate le sue ripercussioni negative sulla fertilità maschile (alterazioni qualitative e numeriche degli spermatozoi) e femminile, così come il fumo di sigaretta e le alimentazioni scorrette.

Già questi fattori sarebbero sufficienti a spiegare il perché di un fenomeno così dilagante come l’infertilità. Però come mai l’Italia è così penalizzata in tal senso rispetto agli altri Paesi europei? Ci deve essere quindi un altro motivo, un’altra causa determinante che è alla portata dei nostri occhi e del nostro naso (leggendo più avanti si capirà meglio cosa s’intende…) che sfugge ingenuamente, inconsapevolmente o distrattamente alla nostra attenzione e alla comunità scientifica. A quale causa ci stiamo riferendo in particolare? All’elevata densità di popolazione, cioè il sovraffollamento sul nostro territorio italiano.

 

Ma cosa c’entra il sovraffollamento col problema dell’infertilità? 

Per capire il legame tra sovraffollamento su un territorio e comparsa di tutta una serie di effetti fortemente negativi sulla salute psicofisica, sessuale e comportamentale occorre fare riferimento ad un importantissimo esperimento condotto da Southwick CH nel 1955 su un modello animale (topi). Seppur datato, questo studio rimane comunque una pietra miliare per spiegare le cosiddette “patologie da stress sociale” causate dalle condizioni di sovraffollamento.

Già negli anni ’50 era noto che tutte le popolazioni animali, inclusa quella umana, per un certo periodo di tempo e su un certo territorio si accrescono progressivamente in maniera esponenziale, ma ad un certo momento la crescita inizia a rallentare fino a non crescere più del tutto ad un certo punto.

Proprio per capire quali fattori, oltre alla disponibilità di risorse (acqua e cibo), intervenissero a fermare la crescita di una data popolazione su un dato territorio, Southwick ideò questo esperimento veramente esemplare ipotizzando che fosse proprio lo spazio a disposizione (territorio) il fattore chiave in grado di controllare la crescita di una popolazione.

Allestì quindi varie gabbie di dimensioni diverse (cioè dotate di diverso spazio a disposizione) in cui mise pochi topi maschi e femmine, con disponibilità illimitate di acqua e cibo, in modo tale che queste risorse non fossero fattori limitanti in grado di bloccare la crescita della popolazione di animali. Come atteso, gli animali iniziarono ad accoppiarsi e nel tempo vennero alla luce le varie generazioni figliari, le quali a loro volta misero al mondo altri piccoli e così via; quindi le popolazioni nelle gabbie crescevano esponenzialmente, ma ad un certo punto la crescita ha iniziato a rallentare fino poi praticamente quasi ad azzerarsi. Andando ad esaminare cosa fosse successo all’interno delle gabbie, Southwick scoprì che le popolazioni non crescevano più perché nascevano pochissimi piccoli o addirittura non ne nascevano più. Andando a scoprire come mai si fosse verificato un drastico calo delle nascite, il ricercatore scoprì che vi erano:

  • una drammatica diminuzione dei parti e delle gravidanze per una ridotta fertilità degli animali maschi e femmine; questa era conseguenza di una maturazione sessuale fortemente ritardata o completamente inibita, di un ritardo nella maturazione degli spermatozoi nei giovani maschi e di un prolungamento del ciclo estrale nelle femmine con riduzione delle frequenze di ovulazione;
  • un aumento del numero di aborti spontanei e della mortalità degli embrioni nell’utero;
  • un aumento della mortalità dei neonati perché le mamme non allattavano i loro piccoli o li uccidevano appena nati (infanticidi) o per un aumento della suscettibilità dei piccoli alle malattie;
  • una riduzione del corteggiamento da parte dei maschi, che mostravano disinteresse ad accoppiarsi con le femmine.

Per avere l’ulteriore dimostrazione che era il sovraffollamento la causa di tutte queste ripercussioni negative sulla fertilità e sulla fecondità, Southwick permise ai topi di potere uscire dalle gabbie gremite e di potere “migrare” in altre gabbie vuote e con spazio a disposizione. Ebbene: osservò che i topi “colonizzatori” che s’insediavano nelle nuove gabbie spaziose a questo punto riprendevano ad accoppiarsi e a riprodursi con successo, con aumento delle nascite e ripresa della crescita delle nuove popolazioni. La riprova che fosse la disponibilità di spazio nelle nuove gabbie non ancora sovraffollate a consentire la crescita venne infine dall’osservazione che l’attività riproduttiva di questi animali colonizzatori rimaneva alta anche quando il cibo veniva fornito in quantità limitate.

 

Ma l’elevata densità di individui e il sovraffollamento come possono favorire l’infertilità e impedire l’ulteriore crescita di una popolazione? 

Southwick ha dato una parziale spiegazione scientifica anche a questo quesito. Difatti attraverso la vista e l’olfatto i Mammiferi (inclusi quindi gli esseri umani) “percepiscono” la densità di individui nel territorio che li circonda: la vista e l’olfatto agiscono quindi da veri e propri “sensori” e mandano una serie di segnali ad una zona particolare del cervello, chiamata ipofisi, che controlla la produzione delle gonadotropine ipofisarie, ossia gli ormoni FSH (ormone follicolo-stimolante), LH (ormone luteinizzante) e hCG (gonadotropina corionica). Questi ormoni sono presenti sia nella femmina che nel maschio (ad eccezione dell’hCG, per ovvie ragioni) ed hanno funzioni essenziali sullo sviluppo, sulla maturazione e sul mantenimento delle funzioni delle ovaie (formazione dei follicoli ovarici e quindi della formazione degli ormoni estradiolo e progesterone) e dei testicoli (formazione e maturazione degli spermatozoi). In presenza di sovraffollamento sul territorio quindi la vista e l’olfatto mandano segnali all’ipofisi a cui conseguono alterazioni a carico della produzione e dei livelli delle gonadotropine che portano alla riduzione o al ritardo della fertilità e della fecondità. 

Ovviamente l’influenza del sovraffollamento sugli ormoni che regolano le funzioni sessuali è solo uno dei meccanismi che contribuiscono alla riduzione della fertilità e della fecondità; sicuramente il fenomeno è più complesso ed entrano in gioco anche altri meccanismi (metabolici o nervosi); tuttavia anche solo questo meccanismo descritto aiuta a capire bene cosa succede alla salute sessuale se si vive in una situazione di sovraffollamento.

 

I risultati dell’esperimento di Soutwick sono applicabili alla situazione italiana?

I risultati straordinari ottenuti dall’esperimento di Southwick dimostrano che lo spazio a disposizione (cioè un dato territorio), oltre alle risorse ambientali quali cibo e acqua, è un fattore naturale importante in grado di controllare la crescita delle popolazioni animali (inclusa quella umana) compatibilmente col territorio a disposizione. Quando sussiste una condizione di sovraffollamento – cioè un’eccessiva densità di individui su un dato territorio – si attivano meccanismi “compensatori” che portano gli organismi ad essere meno fertili o infertili e ad accoppiarsi di meno, proprio per contrastare l’ulteriore crescita della popolazione che sarebbe incompatibile con le dimensioni e/o le risorse di quel dato territorio.

Esaminando la situazione geo-demografica italiana si scopre sorprendentemente la congruenza concettuale dell’esperimento di Southwick: in Italia, il Paese col più basso indice di natalità (1,34) vivono 60.497.174 persone su una superficie piuttosto limitata (301.340 km2) e il valore della densità di popolazione è di 200,76 abitanti/km2; se si fa un confronto con la Francia, il Paese della UE che fa più figli (tasso di fertilità pari a 1,92), scopriamo che a parità di popolazione – 64.920.398 abitanti – la Francia ha però dimensioni del territorio nazionale più che raddoppiate rispetto a quello italiano (675.417 km2), con una densità di popolazione, guarda caso, che è la metà (99 abitanti/km2). 

Questo significa che la minore densità di popolazione e la maggiore disponibilità di “spazio” nel territorio francese fanno sì che gli effetti del “sovraffollamento” siano meno forti e più contenuti, per ora, rispetto all’Italia.

Concludendo, qui in Italia il sovraffollamento – insieme alla situazione economica, l’inquinamento e gli stili di vita errati – sta iniziando a fare sentire la sua “voce” sulla salute riproduttiva e sulla fecondità.

 

Fonti

Christian JJ et al. Endocrine adaptative mechanisms and the physiologic regulation of population growth. In Psychological Mammalogy, vol. I; Mammalian Populations Eds. WV Mayer and RG van Gelder, pp. 189-353. New York: Academic Press, 1963.

Christian JJ et al. Endocrines, behavior and population. Science 1964; 146: 1550-1560.

Southwick CH. The population dynamics of confined House Mice supplied with unlimited food. Ecology 1955; 36: 212-225.

Southwick CH. Regulatory mechanisms of House Mouse populations: social behavior affecting litter survival. Ecology 1955; 36: 627-634.

http://www.sanihelp.it/news/27137/–infertilit-donne-problema/1.html