Mese: Dicembre 2018

Per infertilità s’intende l’incapacità di una coppia di ottenere il concepimento dopo almeno 1 anno di rapporti sessuali frequenti e non protetti; questo limite temporale scende a 6 mesi nelle coppie in cui la donna abbia più di 35 anni e se coesistono fattori di rischio come precedenti interventi nella pelvi, endometriosi e pregressa malattia pelvica (PID).

È importante ricordare che per la specie umana la possibilità di concepimento ogni mese si aggira intorno al 20-25 % e che questa percentuale diminuisce con l’età dei partner. Solo una piccola percentuale di coppie infertili viene invece definita sterile se vi sono condizioni che rendono impossibile l’ottenimento della gravidanza.

L’infertilità nel mondo occidentale colpisce in generale circa il 20% delle coppie. L’eziologia può essere maschile, femminile, mista o idiopatica (quando non si riconoscono le cause con le comuni indagini cliniche). L’infertilità femminile ha invece diverse cause, quali:

  • ovulatoria-ormonale per mancanza o irregolarità dell’ovulazione, ridotta riserva ovarica (cioè un ridotto numero di ovociti prodotti), sindrome dell’ovaio micropolicistico o policistico, aumento della quantità di ormone prolattina (iperprolattinemia);
  • endometriosi ovvero la presenza di tessuto endometriale al di fuori dell’utero e quindi a livello ovarico, tubarico, pelvico, vescicale ecc. Questa patologia può essere talvolta asintomatica ma riduce in modo importante la possibilità di concepimento;
  • tubarica-pelvica dovuta a ostruzione o chiusura delle tube di Falloppio che impedisce agli spermatozoi di raggiungere l’ovulo, oppure ad aderenze pelviche (“cicatrici” interne che si formano tra tessuti o organi solitamente come conseguenza di interventi chirurgici o traumi);
  • uterine per presenza di malformazioni congenite dell’utero o per presenza di fibromi o di polipi dell’utero;
  • genetiche, consistenti in alterazioni o mutazioni cromosomiche.

 

Gli esami per diagnosticare l’infertilità femminile

Le coppie infertili vengono spesso sottoposte a molte indagini di vario tipo. Il percorso degli esami può essere vissuto come faticoso e impegnativo per la coppia: richiede talvolta tempi d’attesa lunghi, tempo da dedicare e costi da sostenere, il tutto senza la certezza del risultato dopo essersi sottoposti all’eventuale procedura di procreazione medicalmente assistita.

Le indagini di primo livello comprendono la visita ginecologica, l’ecografia transvaginale in fase proliferativa, il Pap-test, gli esami ormonali per valutare la fertilità attraverso lo studio ormonale, il prelievo ematico per ricercare gli anticorpi anti-rosolia (perché qualora la donna risultasse priva di anticorpi è fondamentale eseguire la vaccinazione prima d’intraprendere il percorso di procreazione assistita) e l’esame del liquido seminale (per gli uomini). A questi si possono aggiungere esami di secondo livello, più specifici ed indirizzati alle tecniche di procreazione assistita, come l’isterosalpingografia (un esame radiologico per valutare la pervietà delle tube ovariche), gli esami ematici per la valutazione dell’esistenza di malattie infettive (come l’infezione da HIV o epatiti, per esempio).

Esami di primo livello

La prima visita ginecologica può essere effettuata anche dal proprio curante ginecologo, meglio se esperto di infertilità, che dopo avere approfondito la storia clinica invierà la donna presso un centro di riferimento specializzato in fecondazione assistita. L’intervista alla paziente comprenderà le classiche domande sulla propria salute, ginecologica e non, sulla storia familiare, sugli stili di vita, la dieta, lo sport, la vita sessuale ed eventuali condizioni note che possano concorrere all’infertilità. Il medico procederà poi con la classica visita ginecologica ed ispezione della vagina e della cervice uterina tramite lo speculum; tale accertamento permette di visualizzare la conformazione dei genitali interni ed esterni e la presenza di eventuali anomalie anatomiche o funzionali e, già da solo, potrebbe rivelare condizioni patologiche sospette come ad esempio malformazioni vaginali o uterine, fibromi uterini, ecc. L’esame ginecologico viene completato con il test di Papanicolaou (comunemente detto Pap-test) se la paziente riferisce di averlo eseguito più di 12 mesi prima, fornendone documentazione. Il Pap-test è il principale esame di screening per individuare l’eventuale esistenza di un tumore della cervice uterina. Si effettua con minimo fastidio durante la visita, prelevando con una spatolina le cellule della cervice uterina esterna ed interna e fissandole poi su un vetrino che viene analizzato al microscopio. Serve per indagare eventuali alterazioni delle cellule del collo uterino e la loro diagnosi precoce, risultando quindi fondamentale anche nel percorso di procreazione assistita. Un ulteriore esame strumentale che completa la visita ginecologica è l’ecografia transvaginale; è un esame semplice – non doloroso e poco invasivo – usato per la diagnosi e per la prevenzione delle patologie ginecologiche che permette, tramite una sonda ecografica che viene posta nella vagina delle donne che abbiano già avuto il primo rapporto sessuale, di visualizzare gli organi pelvici interni e quindi vescica, utero e ovaie, individuando eventuali anomalie o patologie. Nei casi di infertilità, l’esame eseguito durante il ciclo mestruale permette la conta follicolare, valutazione utile a stimare la riserva ovarica della paziente. In aggiunta, l’esame è essenziale, se eseguito in fase proliferativa – cioè prima metà del ciclo e in ogni caso prima dell’ovulazione -, per la visualizzazione del tessuto che costituisce la parte interna dell’utero (chiamato endometrio) e utile a porre eventualmente il sospetto di presenza di patologie uterine, come polipi o miomi.

Il ginecologo esperto di infertilità provvederà anche a richiedere l’esecuzione di esami del sangue specifici che consentano di valutare lo stato ormonale della paziente infertile, oltre che l’esistenza di eventuali malattie infettive acquisite in precedenza o in corso, o l’individuazione di patologie trasmissibili per via ereditaria. Per la valutazione del profilo ormonale viene effettuato il dosaggio dell’ormone follicolo-stimolante (FSH), luteinizzante (LH), degli estrogeni (estradiolo), dell’ormone anti-mulleriano (AMH), della prolattina e dell’ormone tireostimolante. Per esempio, il valore dell’ormone AMH è un buon indice – insieme alla valutazione del FSH e della conta follicolare ecografica – della riserva ovarica della donna, cioè dà una stima della quantità e della qualità degli ovociti della donna. Oppure, il riscontro di elevati livelli di prolattina nel sangue possono interferire con il normale flusso mestruale e con l’ovulazione, mentre valori bassi o alti del TSH correlano con la difficoltà di concepimento, e d’impianto dell’embrione e con l’aumento di probabilità di aborti spontanei precoci.

Gli esami infettivi, richiesti anche al partner della donna, servono invece ad individuare lo stato immunitario della coppia e ed evidenziano la sieropositività per eventuali epatiti, HIV e sifilide, oltre per toxoplasmosi (TOXO test), citomegalovirus (CMV test) e rosolia (Rubeo test, richiesto solo alla partner femminile). Altri esami del sangue sono utili a verificare se la donna è affetta per esempio da forme di anemia, come l’anemia mediterranea, le talassemie e il favismo (una pericolosa forma di anemia causata dall’ingestione di fave).

Esami di secondo livello

Quando necessari il medico procederà anche a richiederà gli esami di secondo livello e quindi una sonoisterografia e/o un’isterosalpingografia. La sonoisterografia è un esame ecografico transvaginale effettuato ambulatorialmente da un ginecologo esperto, che consente lo studio della cavità uterina, permettendo di misurare correttamente lo spessore della parete endometriale dell’utero e di diagnosticare od escludere patologie uterine come polipi endometriali o miomi. L’esame si effettua successivamente come approfondimento nel caso una semplice ecografia routinaria di primo livello abbia dati risultati dubbi o non chiari. Si esegue subito dopo la mestruazione, in ogni caso in fase pre-ovulatoria; non crea dolore alla paziente, fornendo un risultato immediato ed operatore-dipendente. Consiste nell’inserimento di un sottile catetere monouso nella cavità dell’utero tramite il quale si iniettano circa 10 cc di soluzione fisiologica sterile. La fisiologica serve in particolare come liquido per dilatare la cavità uterina che, distendendosi, rivela le eventuali anomalie presenti. L’isterosalpingografia è invece un esame radiografico che ha la finalità di visualizzare la forma dell’utero e se le tube ovariche al loro interno sono libere e senza ostruzioni che blocchino il passaggio degli spermatozoi fino all’ovocita. Essendo un esame radiologico, viene effettuato in ambiente ospedaliero senza necessità di anestesia; consiste nell’inserimento di un sottile catetere che passa nella vagina e nel collo dell’utero attraverso il quale viene immesso un liquido di contrasto iodato. L’indagine va effettuata nei primi giorni del ciclo mestruale e risulta essere un esame fondamentale nelle donne che cercano di avere figli da tempo, per chiarire eventualmente la causa della loro infertilità.

Esami di terzo livello

Nei casi in cui questi esami non fossero sufficienti, si passa anche ad un terzo livello di indagini che prevede l’esecuzione di un’isteroscopia e/o di una laparoscopia (ossia di un esame endoscopico della cavità addominale); entrambe queste indagini cliniche, seppur invasive, permettono però la visualizzazione diretta degli organi della pelvi, fornendo informazioni utili all’individuazione delle cause di sterilità. Una volta eseguiti questi esami viene richiesta comunemente anche un’ecografia della mammella (o una mammografia se la donna ha più di 40 anni), non tanto per individuare le cause dell’infertilità ma quanto per escludere la presenza di una patologia neoplastica mammaria prima dell’eventuale inizio della stimolazione ormonale prevista per le procedure di fecondazione assistita.

 

Dott. A. Garretto,

Specialista in Ostetricia e Ginecologia, SSD Fisiopatologia della Riproduzione Umana – Ospedale San Paolo, Milano

 

Fecondazione eterologa: l’infertilità in Italia è un problema in costante crescita: secondo l’Istituto Superiore di Sanità essa interessa attualmente il 15% delle coppie. L’impossibilità di conseguire una gravidanza in maniera spontanea induce tali coppie a rivolgersi a Centri specializzati in procreazione medicalmente assistita per sottoporsi a tecniche di fecondazione omologa o eterologa: nella omologa sono utilizzati i gameti (ovociti o spermatozoi) della coppia, mentre l’eterologa richiede l’impiego di gameti donati da persone al di fuori della coppia.

In Italia, l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è regolato dalla Legge N. 40 del 2004, che nella versione iniziale vietava alle coppie infertili il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa. Questo divieto aveva dato vita ad un vero e proprio “turismo procreativo” in quanto le coppie infertili – non potendo rivolgersi alle tecniche di fecondazione eterologa qui in Italia – avevano iniziato a recarsi in Centri di procreazione medicalmente assistita di Paesi esteri. Dopo vari anni, il 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale con la sentenza N. 162 ha posto fine a questa ingiustizia, dichiarando illegittimo il divieto di ricorrere alla fecondazione eterologa per violazione degli articoli 2, 3, 13 e 32 della nostra Costituzione. Oggi possono dunque accedere alle tecniche di fecondazione eterologa le “coppie maggiorenni di sesso differente, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi, per le quali è stata accertata e certificata una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità per uno o entrambi i partner”.

Dopo legittimazione al ricorso alla fecondazione eterologa, sempre nel 2014 si è tenuta a Roma la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, in occasione della quale sono state elaborate e definite le principali linee guida per standardizzare su tutto il territorio nazionale l’accesso alle tecniche di fecondazione eterologa. Esse prevedono che la donazione dei gameti maschili (spermatozoi) e femminili (ovociti) debba essere volontaria, anonima (cioè il donatore non potrà conoscere la coppia ricevente e viceversa) e non debba prevedere alcun compenso economico; l’età dei donatori maschi deve essere compresa tra i 18 e i 40 anni, mentre le donatrici devono avere un’età compresa tra i 20 e i 35 anni. I gameti di un medesimo donatore non potranno dare origine a più di 10 nascite e, per tutelare la salute della coppia ricevente, i donatori e le donatrici devono sottoporsi a test di screening genetici e infettivologici. Al fine di evitare selezioni illegittime, la coppia ricevente non può scegliere il donatore o le donatrici; i Centri di procreazione medicalmente assistita sono tuttavia chiamati ad assicurare la compatibilità delle principali caratteristiche fisiche del donatore con  quelle della coppia ricevente, come il colore della pelle, degli occhi, dei capelli e il gruppo sanguigno.

Nel 2017 il Ministero della Salute ha inserito nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) anche le tecniche di fecondazione eterologa come prestazione sanitaria garantita dal Servizio Sanitario Nazionale. Analogamente a quanto previsto per quella omologa, negli ospedali pubblici possono accedere alle tecniche di fecondazione eterologa le donne di età non oltre i 43 anni e sottoporsi alla procedura per un massimo di 3 trattamenti. L’inserimento della fecondazione eterologa nei LEA ha sollevato però il problema dei costi che le coppie devono sostenere per accedere a tale procedura. Un altro problema è la disponibilità limitata di gameti maschili e femminili in Italia per poter effettuare i cicli di eterologa; proprio per questo motivo i Centri specializzati in procreazione medicalmente assistita sono costretti a importarli dall’estero, soprattutto da Danimarca, Grecia, Repubblica Ceca, Spagna e Svizzera.
Questa carenza sottolinea quindi l’esigenza di promuovere nel nostro Paese la donazione dei gameti, organizzando anche campagne di sensibilizzazione tra i giovani sul tema dell’infertilità e sull’importanza di donare i gameti al fine di favorire la creazione di criobanche di gameti utilizzabili per la fecondazione eterologa, facilitando e rendendo uniforme l’accesso a questa procedura su tutto il territorio nazionale, al fine di tutelare e rispettare il diritto di genitorialità delle coppie che desiderano realizzare il sogno di costituire una famiglia con prole.
Fonti bibliografiche

http://old.iss.it/rpma/index.php?lang=1&id=131&tipo=17

Norme in materia di procreazione medicalmente assistita. Legge 19 febbraio 2004 N. 40, G.U. N. 45 del 24 febbraio 2004.

Sentenza della Corte Costituzionale N. 162/2014.
Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome 14/109/CR02/C7SAN. Documento sulle problematiche relative alla fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Corte Costituzionale N. 162/2014.

https://www.fondazioneserono.org/fertilita/ultime-notizie-fertilita/fecondazione-eterologa-italia/

http://www.generaroma.it/pma-leterologa-entra-nelle-prestazioni-garantite-dal-servizio-sanitario-nazionale-ssn/

https://www.primadanoi.it/news/abruzzo/574825/procreazione-assistita-spese-ancora-elevate-nonostante-linserimento-tra-i-lea.html

 

 

Infertilità maschile: sempre più evidenze indicano che in questi ultimi anni è in aumento l’infertilità riconducibile ad un calo significativo della qualità dello sperma, che secondo un importante studio – che ha coinvolto quasi 43.000 uomini e della durata di oltre 40 anni – è quantificabile come una riduzione del 50-60% della conta degli spermatozoi. Varie sono le cause alla base del peggioramento della qualità dello sperma e della conseguente infertilità maschile: oltre all’inquinamento ambientale e le occupazioni professionali, anche gli stili di vita giocano un ruolo fondamentale; ne dà conferma un articolo recente che ha preso in esame i dati di 74 ricerche pubblicate nella letteratura scientifica negli ultimi 10 anni.

L’articolo in questione ha passato in rassegna i fattori legati agli stili di vita di cui è stata indagato e dimostrato un loro legame con l’infertilità maschile.

  • Fumo di sigaretta: è un fattore di rischio di riduzione della fertilità maschile perchè causa riduzione della qualità dello sperma negli uomini sia fertili che infertili, con riduzione del 13-17% della concentrazione di spermatozoi rispetto ai non fumatori. Il calo di spermatozoi risulta più marcato nei forti (più di 20 sigarette/die) e moderati (10-20 sigarette/die) fumatori rispetto ai lievi fumatori (1-10 sigarette/die). Ma in che modo il fumo danneggia lo sperma? In primo luogo perché contiene numerosi radicali liberi che espongono gli spermatozoi a reazioni ossidative (il cosiddetto stress ossidativo) in grado di danneggiare la loro funzionalità, forma e motilità. I radicali liberi, insieme agli idrocarburi policiclici aromatici e ai composti organici volatili presenti nel fumo, causano inoltre danni al DNA degli spermatozoi (frammentazioni, mutazioni, alterazioni cromosomiche) e attivano i meccanismi che portano a morte naturale precoce gli spermatozoi. La nicotina e il cadmio contenuti nel fumo danneggiano invece la produzione degli spermatozoi a livello testicolare e la loro maturazione, con riduzione della loro quantità nel liquido seminale. I danni provocati dal fumo di sigaretta sulla fertilità maschile sarebbe quindi il risultato di un’azione combinata tra stress ossidativo, danni genetici negli spermatozoi, stimolazione della morte degli spermatozoi e riduzione della loro produzione nei testicoli. Il fumo è anche un fattore di rischio di fallimento delle tecniche di fertilizzazione (IVF) e di iniezione dello spermatozoo all’interno dell’ovocita effettuata in laboratorio, oltre che di insuccesso della procreazione medicalmente assistita proprio come avviene nel caso delle donne fumatrici. Questi dati raccomandano quindi di smettere di fumare e di ridurre l’esposizione al fumo di sigaretta nella coppia che si accinge a sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita.

 

  • Alcool: i dati relativi a quasi 30.000 uomini indicano uno stretto legame tra consumo di alcool e minore volume di sperma. Altri dati inerenti 16.395 maschi dimostrano che il consumo moderato-forte di alcool ha un effetto dannoso, oltre che sul volume di liquido seminale, anche sulla forma e sulla motilità degli spermatozoi, effetto che dipende dalla dose di alcool. È stato osservato poi che la produzione di spermatozoi (spermatogenesi) nei testicoli si riduce all’aumentare del consumo di alcool; questo perché l’alcool interferisce con il rilascio degli ormoni (chiamati gonadotropine) che regolano lo sviluppo e la maturazione dei testicoli) e quindi sulla produzione di testosterone, oltre a danneggiare le funzioni delle cellule coinvolte nella produzione e maturazione degli spermatozoi nei testicoli. Il risultato è che l’alcool compromette la produzione, la forma e la maturazione degli spermatozoi. Non a caso, nei forti bevitori è difatti frequente osservare il blocco parziale o completo della produzione di spermatozoi o la sindrome a sole cellule del Sertoli, patologia caratterizzata appunto da una ridotta spermatogenesi.
    Questi meccanismi spiegano quanto è stato osservato clinicamente negli studi. Per esempio, uno studio condotto in partner maschili di coppie con problemi di infertilità ha evidenziato che il 63% dei moderati bevitori (40-80 g/die) e il 72% dei forti bevitori (più di 80 g/die) avevano nel loro liquido seminale spermatozoi con una forma alterata, condizione che in termini medici viene chiamata teratozoospermia. In gran parte dei forti bevitori (64%) erano poi presenti basse concentrazioni di spermatozoi (oligozoospermia) nel proprio liquido seminale. Sulla stessa linea, un altro studio ha rilevato che elevate assunzioni di alcool si associano ad alterazioni della qualità dello sperma, come oligozoospermia o addirittura assenza totale di spermatozoi (azoospermia). Il consumo cronico di alcool ha effetti negativi sulla qualità del seme anche perché aumenta lo stress ossidativo per riduzione degli enzimi che eliminano i radicali liberi (antiossidanti): l’aumento di stress ossidativo contribuisce anch’esso a compromettere la sintesi di testosterone e quindi la fertilità. Sebbene gli effetti dell’alcool sulla fertilità maschile dipendano dalla quantità consumata, non è stata ancora identificata una “soglia di assunzione” da non superare per evitare danni sullo sperma. Vale la regola comunque di bere poco o con moderazione (1 bicchiere di vino a pasto) soprattutto se si è anche fumatori, in quanto alcool e fumo assieme possono potenziare i loro rispettivi effetti nocivi sulla qualità dello sperma.

 

  • Droghe o sostanze illecite: la marijuana, la cocaina, gli anabolizzanti androgeni, gli oppiacei e le metanfetamine sono gli esempi più significativi di sostanze stupefacenti il cui uso può avere ripercussioni negative sulla fertilità maschile. Queste sostanze possono difatti danneggiare la produzione degli ormoni gonadotropine (che regolano lo sviluppo, la maturazione e il funzionamento dei testicoli), la struttura dei testicoli e la funzionalità degli spermatozoi.
    La marijuana (cannabinoidi), fumata regolarmente (più di 1 volta alla settimana nel corso di 3 mesi) provoca un calo della concentrazione e della conta totale degli spermatozoi nei maschi giovani e tale effetto si potenzia se al fumo della marijuana si abbina anche l’assunzione di altre sostanze stupefacenti. Il calo della conta e della motilità degli spermatozoi si verifica anche nel caso di un uso sfrenato dei cannabinoidi, poichè danneggia significativamente la produzione di spermatozoi (spermatogenesi). Per quanto riguarda la cocaina, vi sono evidenze che l’utilizzo per lungo tempo (5 o più anni) causa la riduzione della concentrazione e della motilità degli spermatozoi e l’aumento degli spermatozoi con una forma alterata. Chi fa uso di cocaina, inoltre, ha un elevato rischio di infertilità anche in considerazione del fatto che i cocainomani sono spesso anche fumatori, fanno uso di altre sostanze stupefacenti e hanno problemi di infezioni sessualmente trasmesse, che creano problemi alla qualità dello sperma.

 

  • L’uso di testosterone e derivati, chiamati androgeni anabolizzanti, è molto diffuso tra gli atleti professionali ed è in aumento tra i giovani e gli adolescenti. Secondo i dati di uno studio, l’uso di queste sostanze (in quantità inferiore a 50 ng/dl di testosterone) causa un profondo ipogonadismo tra i maschi che le assumono per “curare” l’ipogonadismo stesso. L’ipogonadismo indotto dall’assunzione di steroidi anabolizzanti può a sua volta determinare calo della libido e disfunzione erettile, peggiorando il problema di fertilità. L’aumento dei livelli di testosterone a seguito dell’assunzione orale dell’ormone determina un’azione negativa sul rilascio di gonadotropine, causando inibizione reversibile della spermatogenesi, riduzione delle dimensioni dei testicoli (atrofia testicolare), con conseguente azoospermia transitoria e infertilità, che possono risolversi però nell’arco di 2 anni se s’interrompe l’uso di anabolizzanti. Le conseguenze di queste sostanze e il successivo trattamento dell’ipogonadismo associato dipendono dalla dose e dalla durata di assunzione degli anabolizzanti. Alla luce degli effetti dannosi degli anabolizzanti, il loro uso è altamente sconsigliato.

 

  • Obesità: il sovrappeso (indice di massa corporea BMI compreso tra 25 e 30 kg/m2) e l’obesità (BMI superiore a 30 kg/m2) risultano associati a ridotta qualità dello sperma e ad un maggior rischio di infertilità. Un’analisi dei dati della letteratura inerenti oltre 115.000 maschi ha documentato molto bene quanto l’obesità sia legata ad un potenziale riproduttivo più basso. Gli uomini obesi presentano molto frequentemente alterazioni del DNA degli spermatozoi, della loro forma e della loro motilità, quindi hanno un elevato rischio di essere infertili. Un’altra analisi che ha esaminato i dati di oltre 13.000 maschi ha dimostrato che gli uomini obesi hanno un maggior rischio di basse concentrazioni di spermatozoi (oligozoospermia) o di totale assenza di spermatozoi (azoospermia) nel liquido seminale rispetto agli uomini normopeso.  Elevati valori di BMI e di circonferenza vita nei maschi sovrappeso od obesi sono associati, inoltre, ad un calo del volume di sperma eiaculato, nonché della concentrazione e della conta degli spermatozoi. L’aumento dei valori di BMI sembra correlare anche con la riduzione dei livelli di testosterone e dell’inibina B (una sostanza prodotta dai testicoli che stimola la produzione degli spermatozoi), accompagnata da un aumento invece dei livelli di estradiolo (ormone prevalentemente femminile). Questa situazione è spiegabile col fatto che l’eccesso di peso e di grasso (tessuto adiposo) favorisce la trasformazione del testosterone ad estrogeni (ormoni sessuali femminili) e riduce il rilascio degli ormoni gonadotropine, con conseguente ipogonadismo e ridotta produzione di spermatozoi. La diminuzione dei livelli di testosterone è favorita anche dalla produzione di una particolare sostanza chiamata leptina da parte del tessuto adiposo. L’obesità ha inoltre l’inconveniente di aumentare lo stress ossidativo dovuto all’aumentata produzione di radicali liberi e all’infiammazione attivate da particolari sostanze prodotte dal tessuto adiposo (chiamate adipochine) e dalla resistenza all’insulina e dagli elevati livelli di colesterolo che sono spesso riscontrabili negli individui sovrappeso e obesi. Infine,  l’accumulo di gasso a livello dello scroto oltre a causare anch’esso stress ossidativo, favorisce l’innalzamento della temperatura all’interno dello scroto (stress termico): lo stress termico riduce la produzione e la funzione degli spermatozoi, mentre lo stress ossidativo danneggia la motilità e l’integrità del DNA degli spermatozoi da un lato, e l’interazione tra lo spermatozoo e l’ovocita dall’altro. Alla luce di tutte queste conseguenze negative sulla fertilità, è altamente consigliabile che i maschi sovrappeso od obesi perdano peso e riducano il loro BMI.

 

Fonte bibliografica
Damayanthi D. Lifestyle causes of male infertility. Arab J Urol 2018; 16 (1): 10-20.

 

 

Continua….