Mese: Giugno 2019

Dr. Francesco Pastorella, Direttore Centro ZeroUno Procreazione – Centro di Medicina di Mestre

Lo studio ecografico dell’endometrio, del suo aspetto e del suo spessore, sono in pratica l’unico modo che abbiamo di monitorare la “preparazione” endometriale prima di procedere al transfer di embrioni congelati. In questo articolo spieghiamo come viene effettuato questo monitoraggio e quali sono le possibilità terapeutiche qualora la crescita endometriale non è adeguata.

Quando, in un ciclo di PMA di II livello, abbiamo ottenuto degli ovociti (o li abbiamo già fecondati, e abbiamo quindi embrioni) e abbiamo deciso di non trasferirli subito, dobbiamo procedere al loro congelamento. In questi casi solitamente si usa la vitrificazione, un congelamento velocissimo che evita la formazione di cristalli di ghiaccio e assicura un’ottima sopravvivenza allo scongelamento. Il fatto di poter sospendere il transfer e poterlo eseguire in tempi successivi permette di evitare alcuni problemi che potrebbero essersi verificati durante la stimolazione, come per esempio:

  • una iperstimolazione ovarica (le ovaie sono molto stimolate e l’eventuale gravidanza le stimolerebbe ancora di più, causando un aumento eccessivo del loro volume e la formazione di liquido in addome)
  • un rialzo del progesterone negli ultimi giorni di stimolazione (che invece dovrebbe alzarsi solo dopo l’ovulazione, cioè dopo il pick-up degli ovociti, non prima). L’aumento del livello di questo ormone prima dell’ovulazione potrebbe alterare l’endometrio riducendone le capacità di “accettare” l’embrione trasferito.
  • un endometrio che non è “cresciuto” abbastanza (al momento del pick-up deve essere di almeno 7 mm di spessore con un aspetto a tre linee, detto trilaminare). Qualora questa mucosa non raggiungesse le caratteristiche desiderate potrebbe essere meno in grado di accettare l’embrione.

Quando sarà il momento di trasferire gli embrioni vitrificati (o dobbiamo scongelare gli ovociti e fecondarli) dovremmo in qualche modo riportarci in una situazione simile a quella che abbiamo “abbandonato” al momento del pick-up. Per fare questo si somministrano estrogeni (estradiolo) in modo da simulare, dal punto di vista dell’endometrio, la crescita dei follicoli che si accompagna, appunto, a un aumento degli estrogeni. Nella fase di crescita, i follicoli (sia su ciclo naturale sia su quello stimolato come in FIVET) producono un ormone, l’estradiolo, che induce una trasformazione detta “proliferativa” dell’endometrio. In condizioni normali, questa mucosa aumenta quindi di spessore fino a raggiungere almeno i 7 mm. In un ciclo artificiale dovremmo somministrare estradiolo dall’inizio del ciclo mestruale per simulare la produzione ormonale delle ovaie (che non sono “in funzione” o perché non attive o perché inibite da noi). L’estradiolo viene somministrato o per os, oppure attraverso cerotti transdermici. Questa fase di stimolazione usualmente dura 10-14 giorni, ma può essere più breve (6-7 giorni) oppure più lunga (anche di 20-30 giorni) senza che diminuisca il risultato (in termini di gravidanze). Qualora non si ottenesse lo spessore minimo di 7 mm, possono essere attuate delle tecniche adiuvanti nel tentativo di ottenere questo spessore.

 

Tecniche adiuvanti in caso di crescita endometriale insufficiente

  1. Prolungamento della somministrazione di estradiolo per qualche giorno. Se non si è ottenuta una crescita soddisfacente in 10-15 giorni, difficilmente la si può migliorare con un prolungamento dell’esposizione agli estrogeni. In questi casi solitamente si cambia via di somministrazione, aggiungendo la via vaginale alla somministrazione più comune, che è per os oppure transdermica (in cerotto).
  2. Uso di antiaggregante piastrinico a basso dosaggio. Questa terapia, molto utilizzata, riduce l’aggregazione delle piastrine favorendo quindi un miglior afflusso di sangue verso l’utero (così come viene utilizzata nei pazienti con pregresso infarto miocardico per favorire il flusso coronarico). Si ipotizza cioè che la mancata crescita endometriale sia dovuta a una “difficoltà” dell’estradiolo nel raggiungere l’organo bersaglio, l’endometrio, per una carenza nella perfusione dell’utero.
  3. Altri farmaci antiaggreganti sono stati proposti per migliorare la perfusione uterina, vitaminici o inibitori delle fosfodiesterasi di tipo V.
  4. Negli ultimi anni è stata utilizzata una tecnica chiamata variamente local injury,scrub endometriale, Pipelle, biopsia endometriale. Tutte queste procedure prevedono una piccola lesione bioptica dell’endometrio da effettuarsi nel ciclo mestruale precedente al ciclo nel quale si vorrà effettuare il transfer (o, per alcuni gruppi di studio, nei primi giorni del ciclo del transfer stesso). Questa lesione dovrebbe sviluppare sostanze che rigenerano l’endometrio e indirettamente favoriscono l’impianto embrionale nei mesi successivi.

 

Conclusioni

Bisogna chiarire che nessuna di queste tecniche ha per ora l’evidenza di essere risolutiva, in termini di gravidanze, sul problema della mancata crescita endometriale. Alcune metanalisi in effetti sembrano mostrare però, per esempio per la local injury, dati incoraggianti. Una delle sfide del prossimo futuro sarà di comprendere innanzitutto se la causa del mancato impianto sia con più probabilità da causa embrionale (come sembra) o endometriale. Forse un nuovo impulso a questa patologia potrebbe derivare dagli studi, ancora sperimentali, che analizzano i geni attivati, o meno, in una normale fase endometriale e in una patologica.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Diaz-Gimeno P., Horcajadas, J.A., Martinez-Conejero J., Esteban F.J., Alamo P., Pellicer A. et al. “A genomic diagnostic tool for human endometrial receptivity based on the transcriptomic signature.” Fertil Steril 2015; 95: 50–60
  2. Nastri C.O., Lensen S.F., Gibreel A., Raine-Fenning N., Ferriani R.A., Bhattacharya S. et al. “Endometrial injury in women undergoing assisted reproductive techniques.” Cochrane Database Syst Rev. 2015; 3: CD009517
  3. Lédée-Bataille N., Olivennes F., Lefaix J.L., Chaouat G., Frydman R., Delanian S. “Combined treatment by pentoxifylline and tocopherol for recipient women with a thin endometrium enrolled in an oocyte donation programme.” Hum Reprod 2002; 17: 124
  4. Lelaidier C., de Ziegler D., Freitas S., Olivennes F., Hazout A., Frydman R., “Endometrium preparation with exogenous estradiol and progesterone for the transfer of cryopreserved blastocysts.” Fertil Steril. 1995; 63: 919–921
  5. Lensen S., Osavlyuk D., Armstrong S., Stadelmann C., Hennes A., Napier E. et al. “A Randomized Trial of Endometrial Scratching before In Vitro Fertilization.” N Engl J Med. 2019; 380: 325–334
  6. Krasnow J.S., Lessey B.A., Naus G., Hall L.L., Guzick D.S., Berga S.L. “Comparsion of transdermal versus oral estradiol on endometrial receptivity.” Fertil Steril 1996; 65: 332–336
  7. Gonen Y. Casper RF, “Prediction of implantation by the sonographic appearance of the endometrium during controlled ovarian stimulation for in vitro fertilization (IVF).” J In Vitro Fert Embryo Transf 1990; 7: 146–152

Dr. Francesco Pastorella, Direttore Centro ZeroUno Procreazione – Centro di Medicina di Mestre

In questo breve articolo spiegheremo i problemi legati all’aumento anticipato del progesterone e alla tecnica di Freeze all. Affronteremo poi le differenze tra effettuare un transfer su ciclo naturale e su ciclo artificiale, dopo una preparazione tramite la somministrazione ormonale.

Quando procediamo con una tecnica di FIVET o ICSI, in genere si ricorre a una iper-stimolazione ovarica. Questo ci permette di ottenere un alto numero di follicoli e quindi possibilmente un elevato numero di ovociti. Il vantaggio di questa procedura è abbastanza ovvio: più sono ovociti, più possibilità abbiamo di avere un risultato positivo nella nostra tecnica. Il consistente numero di follicoli, rispetto all’unico follicolo che una donna normalmente produce nel ciclo naturale, induce però l’innaturale aumento di un ormone, l’estradiolo, che ha come effetto quello di stimolare la crescita dell’endometrio.

L’endometrio è la mucosa che riveste la cavità uterina e che dovrà accettare l’embrione quando noi lo trasferiremo in utero. L’endometrio viene quindi sottoposto, inevitabilmente, a una quantità sopra-fisiologica di estradiolo come conseguenza della stimolazione ormonale delle ovaie. Quando viene effettuato un ciclo FIVET-ICSI vengono dosati per questa ragione sia gli estrogeni che il progesterone. Quest’ultimo ormone non dovrebbe salire in modo rilevante durante la stimolazione ovarica, visto che normalmente si alza solo dopo l’avvenuta ovulazione. In caso di stimolazione sovra massimale, come quella che stiamo adottando noi, a volte vi sono dei rialzi anomali di progesterone in fase di pre-ovulazione quindi prima del prelievo degli ovociti.

L’endometrio viene quindi sottoposto a:

  1. Livelli innaturali di estradiolo che potrebbe, in casi particolari e non ancora ben caratterizzati, ridurre la qualità endometriale.
  2. Livelli precoci di progesterone che potrebbero portare a un’anomala sincronizzazione tra lo sviluppo embrionale e lo sviluppo endometriale poiché l’endometrio è “in anticipo” rispetto “all’età dell’embrione”.

Queste due situazioni potrebbero quindi portare a una mancata sincronia dell’endometrio rispetto all’embrione che dovremmo trasferire e quindi potenzialmente a una riduzione delle possibilità d’impianto.

Proprio in questi casi, quindi, potrebbe essere opportuno procedere a tecniche di Freeze all cioè di congelamento completo di ovociti o di embrioni, senza procedere al loro trasferimento. In un secondo tempo, quindi, dopo uno o più cicli mestruali, si può procedere al trasferimento degli embrioni congelati. Tale trasferimento può essere fatto in due modi: su ciclo naturale o su ciclo artificiale. 

Ciclo naturale

In questo caso si prevede un monitoraggio attento dell’ovulazione della paziente, controllando ecograficamente, e/o dal punto di vista ormonale, quando avviene l’ovulazione. Stabilito il giorno dell’ovulazione si procede allo scongelamento dell’embrione nel giorno corrispondente al suo sviluppo (terzo giorno dall’ovulazione per gli embrioni vitrificati in terza giornata, quinto giorno per quelli vitrificati in quinta) e quindi al suo transfer.

Ciclo artificiale

Nel ciclo artificiale si “simula” l’avvenuta ovulazione somministrando prima l’estradiolo, come avviene naturalmente mentre cresce il follicolo e poi il progesterone come se fosse avvenuta un’ovulazione. In realtà l’ovulazione non avviene, dal punto di vista ovarico, ma gli ormoni la simulano in modo che l’endometrio vada incontro a quelle trasformazioni che gli permetteranno di accettare l’embrione trasferito.

La letteratura scientifica, fino a ora, non ha mostrato una differenza di gravidanze tra queste due procedure. La scelta tra le due metodiche è quindi legata alla situazione clinica (paziente ovulatoria oppure paziente in menopausa, per esempio), alle esigenze della Coppia e alle abitudini del Centro di PMA.

Conclusioni

La procedura di “freeze all” è una tecnica oramai consolidata con ottima sopravvivenza embrionale e ottimi risultati in termini di gravidanze. È una metodica effettuata di default da molti Centri di PMA, nel mondo, che probabilmente si diffonderà sempre più fino a diventare routinaria.

 

 

BIBLIOGRAFIA

  1. de Ziegler D., Bergeron C., Cornel C., Medalie D.A., Massai M.R., Milgrom E. et al. “Effects of luteal estradiol on the secretory transformation of human endometrium and plasma gonadotropins.” J Clin Endocrinol Metab 1992; 322–331: 74
  2. Devine K., Richter K.S., Widra E.A., and McKeeby J “Vitrified blastocyst transfercycles with the use of only vaginal progesterone replacement with Endometrin have inferior ongoing pregnancy rates: results from the planned interim analysis of a three-arm randomized controlled noninferiority trial” Fertil Steril 2018; 109(2):266-275
  3. Devine K., Richter K.S., Widra E.A., McKeeby J.L. “Vitrified blastocyst transfer cycles with the use of only vaginal progesterone replacement with Endometrin have inferior ongoing pregnancy rates: results from the planned interim analysis of a three-arm randomized controlled noninferiority trial” Fertil Steril 2018; 109: 266-275
  4. Diaz-Gimeno P., Horcajadas J.A., Martinez-Conejero J., Esteban F.J., Alamo P., Pellicer A. et al. “A genomic diagnostic tool for human endometrial receptivity based on the transcriptomic signature.” Fertil Steril 2015; 95: 50–60
  5. Dorostghoal M., Ghaffari H.O.A., Marmazi F., Keikhah N. “Overexpression of endometrial estrogen receptor-alpha in the window of implantation in women with unexplained infertility.” Int J Fertil Steril 2018; 12: 37–42
  6. Fanchin R., Righini C., Schönauer L.M., Olivennes F., Cunha Filho J.S., Frydman R., “Vaginal versus oral E(2) administration: effects on endometrial thickness, uterine perfusion, and contractility” Fertil Steril 2001; 76: 994–998

Come cresceranno i bambini nati grazie alla PMA?

Un dubbio che assale tutte le persone che ne hanno fatto uso per realizzare il loro sogno di genitorialità. Gli studi su queste tecniche hanno avuto recentemente una notevole attenzione, tuttavia sono stati meno analizzati i risultati a lungo termine in materia di salute, sviluppo, istruzione, psico-sociale e socio-economico. Ora però, alla fine del secondo decennio del XXI secolo, abbiamo più di 40 anni di esperienza su cui riflettere.

Grazie a una recente ricerca abbiamo oggi la possibilità di avere una risposta a molteplici quesiti. Lo studio ha confrontato lo stato di salute di giovani australiani di 22-35 anni nati grazie alla riproduzione assistita con quello di coetanei frutto di un concepimento naturale. I risultati sono rassicuranti.

Non sono state evidenziate differenze nelle misure socio-economiche: sono apparsi analoghi i risultati scolastici, la situazione finanziaria e lavorativa e lo stile di vita, in termini di esercizio fisico, fumo, consumo di alcolici. Non sono stati nemmeno riscontrati segni rilevanti di aumento del rischio vascolare o cardiometabolico, o di problemi di crescita o respiratori.

Anzi, parrebbe, il condizionale in questo caso è d’obbligo fino ad ulteriori studi, che i figli nati grazie alla PMA possano avere qualche piccolo vantaggio: hanno infatti ottenuto risultati migliori in tutti e quattro gli ambiti della salute fisica e psicologica, delle relazioni sociali e dell’ambiente. Per esempio, un numero superiore è risultato impegnato in una relazione sentimentale (70,7% contro il 57,2%).

Non sono state riscontrate differenze nell’antropometria, nei parametri cardiovascolari, di coagulazione del sangue o nella funzione respiratoria, con l’eccezione di un livello leggermente migliore nella differenza media regolata della pressione sanguigna diastolica dell’aorta centrale e brachiale tra gli uomini concepiti con la PMA.

Solo alcuni dati sulla salute respiratoria paiono controversi: le persone nate grazie alla PMA più di frequente hanno segnalato problemi polmonari o di respirazione o di asma, ma non è stata registrata alcuna differenza nella prevalenza di asma negli adulti intervistati, facendo ipotizzare che eventuali difficoltà fossero state superate durante la crescita.

Ancora c’è molto da studiare, e ci si aspettano nelle prossime decadi dati interessanti. Per ora, quelli di questo studio possono rasserenare i genitori che decidono di ricorrere alla riproduzione assistita.

 

Bibliografia:

Dott.ssa Elena Giolo, S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita, I.R.C.C.S. Burlo Garofolo, Trieste

L’azoospermia è una condizione che colpisce circa il 2% degli uomini nella popolazione generale e circa il 10-20% degli uomini che si rivolgono ai centri per la cura dell’infertilità (1)

L’azoospermia può avere diverse eziologie ma la migliore classificazione è quella che distingue l’azoospermia in ostruttiva (OA) e non ostruttiva (NOA).

  • Nell’azoospermia ostruttiva si ha una normale funzionalità testicolare e produzione di liquido seminale, ma con vescicole seminali e dotti eiaculatori assenti od occlusi. In questi casi la spermatogenesi è normale e gli spermatozoi sono abbondanti nei tubuli dell’epididimo e del testicolo. Questo fa si che ci sia un elevato grado di recupero sia mediante aspirazione microchirurgica (MeSA) o percutanea (PeSA) degli spermatozoi dalla testa dell’epididimo, che mediante biopsia testicolare (TeSE).
  • In caso di azoospermia non ostruttiva, si ha generalmente un difetto severo della spermatogenesi e nei tubuli dell’epididimo non sono presenti spermatozoi. Solamente a livello del testicolo si possono trovare alcune zone con una spermatogenesi attiva. L’unico modo per recuperare spermatozoi in questi casi è attraverso l’estrazione diretta dal tessuto testicolare (TeSE) dove possono essere presenti zone di produzione spermatica.

Trattamento dei pazienti azospermici

L’iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo (ICSI) è la tecnica che comunemente viene utilizzata nei cicli di fecondazione in vitro in pazienti azoospermici sia OA che NOA (2).

Uno dei maggiori inconvenienti nel trattamento di questi pazienti risiede nell’eventualità di dover ripetere la biopsia testicolare a ogni intervento di fecondazione. Il problema per il paziente, in questi casi, è che tali procedure possono danneggiare le aree del testicolo interessate dall’intervento (3). Inoltre in un’elevata percentuale dei casi l’azoospermia non ostruttiva si associa ad un fallito recupero di spermatozoi, quindi esiste il reale rischio di non avere spermatozoi disponibili per l’iniezione il giorno del prelievo degli ovociti. Un approccio valido per evitare biopsie ripetute e una inutile stimolazione della partner in caso di mancato recupero è rappresentato dalla crioconservazione degli  spermatozoi recuperati chirurgicamente.

 

Conclusioni

Sono stati pubblicati molti lavori sulla fertilizzazione e successive gravidanze ottenute iniettando spermatozoi testicolari crioconservati e si è visto che la percentuale di fertilizzazione e la percentuale di bambini nati non sembra ridursi significativamente (4).

Questo conferma il fatto che la crioconservazione degli spermatozoi al momento della prima biopsia diagnostica è una procedura utilissima al fine di evitare biopsie ripetute al paziente e stimolazioni inutili alla partner.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Willott G. M. “Frequency of azoospermia”. Forensic Sci Int 1982;20:9-10
  2. Tsai C. C., Huang F. J., Wang L. J., Lin Y. J., Kung F. T., Hsieh C. H. et al. “Clinical outcomes and development of children born after intracytoplasmic sperm injection (ICSI) using extracted testicular sperm or eiaculated extreme severe oligo-astheno-teratozoospermia sperm: a comparative study”. Fertil Steril 2011; 96:567-71
  3. Schlegel P. and Su L. “Physiological consequences of testicular sperm extraction”. Reprod. 1997; 12:1688-92.
  4. Dalit B. Y., Leah Y., Ron H., Haim Y., Fuad A., Israel Y., Joseph B. L. and Ami A. “Testicular sperm retrieval and cryopreservation prior to initiating ovarian stimulation as the first line approach in patients with non-obstructive azoospermia”. Reprod 1999; 14 (7):1794-1801

 

Il prezioso lavoro di un laboratorio di fecondazione assistita culmina con il trasferimento di embrioni sani – Embryo Transfer in una cavità uterina sana e pronta ad accoglierli (1).

Il trasferimento – Embryo Transferpuò avvenire in seconda/terza giornata o in quinta/sesta giornata.

La tecnica può sembrare molto semplice, veloce e indolore per la donna e non richiede alcuna anestesia. In realtà è una procedura piuttosto impegnativa e qualsiasi tipo di difficoltà può rovinare l’esito del ciclo e ridurre le possibilità di gravidanza. Diversi fattori possono influenzare l’esito di questa procedura (2):

  • fisiologici (es. qualità degli embrioni, ricettività uterina);
  • anatomici (es. raddrizzamento dell’angolo utero-cervicale);
  • meccanici (es. uso della pinza da collo)
Esecuzione

Viene solitamente eseguito nella sala operatoria dove si esegue il prelievo degli ovociti per avere un elevato grado di sterilità e perché questa sala solitamente è adiacente al laboratorio.

Uno o più embrioni(attualmente la tendenza è quella di trasferire un solo embrione) vengono immersi in una goccia di terreno di coltura ed aspirati, sotto osservazione microscopica, all’interno di un catetere molto sottile e soffice con una siringa alla sua estremità. Questo catetere viene inserito dall’operatore attraverso il collo uterino fino a raggiungere il fondo dell’utero dove vengono rilasciati gli embrioni mediante una leggera pressione sullo stantuffo della siringa.

Ciascun embrione trasferito può impiantarsi indipendentemente dagli altri. Così, trasferendo più di un embrione è possibile aumentare le probabilità complessive di ottenere una gravidanza in un determinato ciclo di trattamento, benché aumenti parallelamente anche il rischio di una gravidanza gemellare. La paziente rimane sdraiata per qualche minuto e può quindi riprendere le sue normali attività. Nei giorni successivi si raccomanda comunque uno stile di vita tranquillo, evitando impegni fisici importanti. Viene normalmente prescritta una terapia domiciliare a base di somministrazioni quotidiane di Progesterone: l’ormone che prepara l’endometrio ad accogliere l’impianto dell’embrione e a supportare il suo sviluppo iniziale.

La principale premura che devono avere i medici è quella di eseguire gli embryo transfer in modalità asettica, questo si può realizzare pulendo la cervice con soluzione salina e con il terreno di coltura degli embrioni. Inoltre è molto importante cercare di effettuare un transfer il meno traumatico possibile in quanto è stato dimostrato che i transfer difficili sono associati a tassi più bassi di gravidanza, ma non a tassi più alti di aborti o di gravidanze extrauterine. E’ stato dimostrato che l’embryo transfer è una metodica operatore dipendente, di conseguenza una adeguata formazione professionale e una standardizzazione della tecnica sono indispensabili.

Per quanto riguarda gli embriologi, questi hanno la responsabilità di monitorare e mantenere gli embrioni in condizioni appropriate di coltura. Inoltre devono evitare bruschi cambiamenti dell’ambiente di coltura durante il caricamento degli embrioni all’interno del catetere e questo è possibile riducendo al minimo il tempo che passa dal momento in cui gli embrioni vengono prelevati dall’incubatore al momento in cui vengono depositati all’interno dell’utero (3).

 

Dott.ssa Elena Giolo,

S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita, I.R.C.C.S. Burlo Garofolo, Trieste

 

Bibliografia

  1. Pasqualini R. S. and Quintans C. J. “Clinical practice of embryo transfer.” Reprod Biomed Online 2002; 4(1):83-92
  2. Eytan O., Elad D. and Jaffa A. J. “Bioengineering studies of the embryo transfer procedure”. Ann NY Acad Sci 2007; 1101:21-37
  3. Gianaroli L., Plachot M., van Kooij R., Al-Hasani S., Dawson K. Et al. “ESHRE guidelines for good practice in IVFlaboratories. Committee of the Special Interest Group on Embryologyof the European Society of Human Reproduction and Embryology”. Hum Reprod 2000; 15(10):2241-6

Si ritiene che la maggior parte degli aborti spontanei e dei fallimenti di impianto sia dovuta ad anomalie cromosomiche degli embrioni.

La presenza di un corretto corredo cromosomico aumenta la capacità dell’embrione di impiantarsi in utero e di progredire fino alla nascita di un bambino sano.

Con la Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD) e con lo Screening Genetico Preimpianto (PGS) è possibile attualmente “conoscere geneticamente” l’embrione prima del suo trasferimento in utero. Grazie a queste tecniche possiamo studiare la sua dotazione cromosomica o se è portatore di qualche malattia ereditaria. Queste informazioni ci aiutano a selezionare gli embrioni che daranno origine a neonati sani. Ma come si possono ottenere queste informazioni?

Attraverso l’analisi genetica di alcune cellule dell’embrione prelevate mediante una biopsia.

Quando si esegue una biopsia?

L’embrione può essere sottoposto a biopsia al 3° giorno di sviluppo e deve avere, in questo caso, un numero di cellule uguale o superiore a 6 in modo che l’aspirazione di una cellula non influenzi negativamente il successivo sviluppo. Oppure al 5°/6° giorno allo stadio di blastocisti, in questo caso verranno analizzate 5-10 cellule dello strato esterno dell’embrione (chiamato trofoectoderma). La possibilità di analizzare un numero maggiore di cellule rende la biopsia allo stadio di blastocisti una  metodica più sicura e con una maggiore sensibilità, pertanto è diventata gradualmente il metodo scelto nella maggior parte dei laboratori di fecondazione in vitro.

Come si esegue una biopsia?

Per la biopsia si pratica un piccolo foro nella zona pellucida dell’embrione attraverso il quale vengono aspirate le cellule che vengono poi inviate ad un laboratorio di genetica per l’analisi.

Per eseguire l’apertura nella zona pellucida esistono diversi metodi:

  • uno chimico che prevede l’utilizzo di una sostanza acida, che però attualmente è quasi completamente abbandonato;
  • uno che prevede l’utilizzo di un laser dotato di una maggior precisione.

Anche in caso di biopsia allo stadio di blastocisti, solitamente l’apertura della zona pellucida viene eseguita in terza giornata in modo che la blastocisti espella naturalmente alcune cellule del trofoectoderma facilitandone la rimozione mediante l’utilizzo del laser per la loro separazione dal resto della blastocisti. E’ possibile effettuare l’apertura della zona pellucida anche appena prima della biopsia ma in questo caso la procedura è più complicata e più rischiosa per l’embrione in quanto bisogna aspirare all’esterno della zona pellucida una porzione di trofoectoderma.

La biopsia dell’embrione è una procedura molto delicata che richiede molta precisione e un gruppo di embriologi esperti, in quanto il minimo errore potrebbe compromettere lo sviluppo dell’embrione o la diagnosi genetica che ne segue.

Analisi genetica (PGD, PGS)

La Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD) rappresenta una metodologia che permette di identificare la presenza di malattie genetiche o di alterazioni cromosomiche in embrioni generati in vitro da coppie a elevato rischio riproduttivo con precedenti malattie cromosomiche o genetiche in famiglia o che hanno già avuto figli con problemi. Quindi con questa metodica si ricercano:

  • mutazioni di singoli geni;
  • mutazioni X-linked;
  • riarrangiamenti cromosomici (es. traslocazione Robertsoniana)

Lo Screening Genetico Preimpianto (PGS) permette invece di eseguire uno screening completo del genoma ricercando aneuploidie in tutti i cromosomi in embrioni generati in vitro da genitori sani.

 

Dott.ssa Elena Giolo,

S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita, I.R.C.C.S. Burlo Garofolo, Trieste