Mese: Luglio 2019

Sono passati molti decenni e l’inseminazione intrauterina (IUI) o inseminazione artificiale, è ancora tra le metodiche di riproduzione assistita più note. È il primo aiuto che la scienza offre alle coppie alla ricerca di una gravidanza con difficoltà a raggiungere il concepimento in maniera spontanea. Si tratta di una tecnica di primo livello e si basa su un principio molto semplice: il liquido seminale, del partner o di un donatore, viene iniettato direttamente nell’utero della donna, tramite un catetere dedicato.

L’IUI ha una lunga storia. È stata inventata circa 200 anni fa da J. Hunter. Questo medico, per primo, iniettò del liquido seminale con una siringa direttamente nella vagina di una donna il cui partner era affetto da ipospadia (una malformazione congenita a livello dell’uretra e del pene), ottenendo una gravidanza normale.

Ancora oggi è sicuramente il primo trattamento a cui si ricorre, perché presenta diverse caratteristiche vantaggiose:

  • è di semplice realizzazione,
  • è poco invasivo
  • presenta costi ridotti
  • i rischi per la paziente sono assolutamente ridotti: difficilmente infatti si verificano situazioni di sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) e di gravidanza multipla.

C’è da sottolineare anche come l’impatto psicologico della tecnica sulla coppia sia ridottissimo e la compliance della stessa sia assolutamente dalla parte dell’inseminazione intrauterina. Il razionale di utilizzo della tecnica è quello di aumentare la densità degli spermatozoi e sincronizzare al meglio il tempo e il luogo per la fertilizzazione dell’ovocita.

Le indicazioni

Le principali indicazioni per l’inseminazione intrauterina sono:

    1. infertilità idiopatica in coppie giovani
    2. fattore cervicale (muco cervicale insufficiente)
    3. lieve endometriosi
    4. fallimento eiaculatorio (per esempio ipospadia, eiaculazione retrograda)
    5. disfunzioni endocrine
    6. anovularietà (per es. nella sindrome dell’ovaio policistico o PCOs).

In tutti questi casi, una volta eseguito il counseling, ci si deve trovare davanti a una coppia che presenta caratteristiche di normalità: la partner femminile deve avere una riserva ovarica normale (valutata con esami di valutazione della riserva ovarica) e deve aver eseguito una valutazione della pervietà tubarica, esame essenziale per la buona riuscita della tecnica. Peraltro la valutazione del liquido seminale deve aver avuto esito di normozoospermia.

La procedura

Una volta che è stato eseguito il counseling e la coppia è stata informata a dovere sui rischi, i risultati e gli step da seguire si passa alla stimolazione ovarica.
In questo caso, diversamente da quanto accade nel secondo livello, la stimolazione è blanda: il suo scopo è quello di controllare la crescita follicolare che viene monitorata ecograficamente non per indurre una crescita multipla, ma semplicemente per avere uno/due follicoli al massimo.
Si riduce così il rischio di una gravidanza gemellare, non ottimale per la paziente per numerosi motivi, primo fra tutti la gravidanza non fisiologica.
Quando ecograficamente il diametro follicolare ha raggiunto i 17/18 mm (diametro cosiddetto preovulatorio) si passa all’iniezione dell’hCG, che causerà l’ovulazione, e verrà effettuata l’inseminazione circa 12/36 ore dopo.
Nella stessa giornata il partner maschile dovrà consegnare il liquido seminale (dopo un’astinenza di 3/5 giorni), raccolto a casa e consegnato entro 90 minuti o direttamente al Centro, per permettere la preparazione dello stesso; ci sono numerose tecniche di preparazione. Essenziale è rimuovere il plasma seminale per evitare contrazioni uterine e ridurre il rischio di infezioni pelviche.
L’IUI è effettuata quindi depositando il liquido seminale (0,2-0,5 mL/3 mL) direttamente nell’utero della paziente tramite un catetere sottile e flessibile, che non causa dolore né fastidio al momento dell’iniezione del campione. In accordo con due studi recenti, alla paziente verrà chiesto di stare sdraiata per 10/15 minuti, quindi potrà riprendere i suoi normali ritmi di vita. Il test di gravidanza potrà essere eseguito 14 giorni dopo l’IUI.

 

Bibliografia

  • Kamini A Rao, Divyashree PS – The infertility Manual 4th edition 2018
  • Cohen MR. Intrauterine Insemination. Int J Fertil. 1962;7:235-40
  • Cohlen BJ, VandekereP, te Velde ER, Habbema JD. Timed intercourse versus intrauterine insemination with or without ovarian hyper stimulation for subfertility in men. Cochrane database syt rev 2002;(1):CD000360
  • Khalil MR, Rasmussen PE, Erb K. Homologous intrauterine insemination. An evaluation of prognostic factors based on a rewieu of 2473 cycles. Acta Obstet Gynecl Scand. 2001;80:74-81

 

Giuseppe Delogu – Specialista in Ginecologia e Ostetricia – Medicina della Riproduzione Promea S.p.A.

La liofilizzazione potrebbe essere utilizzata, un domani, per la conservazione di gameti femminili e maschili, contribuendo a dare una risposta a molteplici problemi, tra i quali la cura dell’infertilità rappresenta solo una delle applicazioni. La preservazione dei gameti femminili e maschili è un tema particolarmente importante per i ricercatori di diversi rami della scienza: a rendere più complessa questa missione il fatto che la necessità di mantenerli sani nel tempo si scontra spesso con costi elevati.

Nel 2008 è stata istituita nell’isola di Spitzbergen, nell’arcipelago delle Swalbard norvegesi, la banca mondiale dei semi al fine di preservare e proteggere da ogni tipo di catastrofe naturale la biodiversità vegetale. Da quel momento si è fatto più acuto l’interesse per la creazione di un’analoga istituzione volta a tutelare la biodiversità animale depositando i gameti delle varie specie, soprattutto se a rischio estinzione. Fin da subito, il progetto si è scontrato con gli alti costi e le difficoltà organizzative che l’attuale stoccaggio in azoto liquido richiede.

La centralizzazione del servizio necessita poi percorsi di trasporto agevoli e facilitati, che risultano impossibili con gli ingombranti bidoni evaporanti della crioconservazione classica. Inoltre, questa procedura, dato l’alto tasso di inquinamento derivato, si scontrerebbe con lo scopo iniziale del progetto di protezione ambientale. Da qui l’interesse estremo per le tecniche di liofilizzazione che renderebbero tutto più agevole e accessibile.

La metodica della liofilizzazione, chiamata in questo modo su proposta di Alexander Fleming nel 1943, sembra sia stata effettuata per la prima dagli Incas per la preparazione del “chuno” (liofiliozzato di patata) e del “charqui” (liofilizzato di carne di lama) e anche dai Vichinghi (liofilizzato di aringa) ed è diventata routinaria anche in campo farmaceutico oltre che alimentare. Con lo specifico scopo di preservare la funzionalità cellulare post reidratazione è stata testata inizialmente con buoni risultati su batteri, virus e funghi. Già molti anni fa è avvenuta poi l’estensione su animali superiori: nel 1998 Wakayama e Yanagimachi hanno ottenuto i primi topi sani fertilizzando ovociti a fresco con sperma liofilizzato. Analoghi successi si sono avuti con ratti (Hirabayashi et al. 2005), conigli (Liu et al. 2004) e cavalli (Choi et al. 2011).

La liofilizzazione dei gameti maschili dei mammiferi ha dunque dato sufficienti prove di efficacia anche se l’immobilità totale derivata anche dopo reidratazione richiede obbligatoriamente la tecnica della microiniezione ovocitaria per ottenere lo sviluppo embrionale. Per il gamete femminile le sperimentazioni sono ancora in fase iniziale dato l’alto contenuto idrico di partenza e la maggior complessità delle strutture citoplasmatiche da preservare; più facile appare la sola essiccazione del nucleo dell’ovocita, ma resterebbe poi comunque da risolvere la necessità di disporre di ovociti freschi per la ricostituzione totale.

Anche nella specie umana, soprattutto in seguito alla pressione degli enti aerospaziali internazionali che hanno intravisto la possibilità di sfruttare questa metodica per la colonizzazione di altri pianeti anche distanti, l’efficacia della liofilizzazione è stata testata valutando le integrità nucleari. Il basso costo, la facilità di trasporto, l’integrità del DNA dopo lunga conservazione anche dopo prolungata esposizione ai raggi cosmici sono tutti elementi a favore.

 

Maurizio Bini, Direttore SSD, Diagnosi e terapia della sterilità e crioconservazione – Grande Ospedale Metropolitano Niguarda