Mese: Dicembre 2019

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

Lo spindle transfer è una tecnica complessa, ancora in studio. I successi della PMA nelle pazienti di età avanzata sono molto scarsi. Parte della responsabilità è attribuibile alla scarsa efficienza energetica del citoplasma gametico. Il trasferimento dello spindle è un tentativo di miglioramento dell’efficienza delle procedure.

 

L’età e i limiti della PMA

Il tasso di successo delle metodiche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) decresce in modo sensibile già a partire dai 34 anni di età e diventa totalmente insoddisfacente a partire dai 40. La responsabilità maggiore è attribuibile all’invecchiamento ovocitario e in particolare a uno sfavorevole bilancio energetico citoplasmatico che determina inadeguato allineamento cromosomico a livello del fuso e asimmetrica segregazione del materiale genetico.

 

La “nascita” dello spindle transfer

Gli indirizzi terapeutici sono tutti volti al tentativo di ringiovanire gli ovociti mediante somministrazione farmacologica o con approcci più aggressivi che cercano di sostituire totalmente il citoplasma e gli organuli deputati al sostegno energetico. Il primo tentativo di ooplasmic transfer (OT) fu tentato già da Cohen nel 1977; si passò poi al germinal vesicle transfer (GVT,Zhang,1999) al pronuclear transfer (PNT,Tanaka 2009) e infine allo spindle transfer (ST,Yoshizawa 2009). La decisione di procedere in questa direzione è stata influenzata dalla scoperta che già normalmente le cellule si scambiano fra loro organelli citoplasmatici come accade per esempio fra astrociti e neuroni danneggiati dall’ictus.

 

Le complessità dello spindle transfer

Non tutti sono d’accordo sull’approccio invasivo dello spindle transfer, dato che le connessioni strette fra organuli citoplasmatici (mitocondri soprattutto) e nucleo sono più strette di quanto comunemente creduto (delle circa 1500 proteine che costituiscono un mitocondrio solo 13 sono prodotte dal DNA del mitocondrio stesso) e quindi l’interruzione del dialogo fra i due comparti con il trasferimento da una cellula all’altra potrebbe comportare conseguenze non ancora completamente valutate.

Così nel 2001 la Food and Drugs Administration americana ha bandito queste pratiche sul territorio americano e solo nel 2015 il Regno Unito le ha riammesse con la sola indicazione terapeutica di evitare la trasmissione delle gravi malattie mitocondriali. Queste patologie (finora ne sono state censite circa 260 di monosomiche) determinano gravi conseguenze, spesso mortali, soprattutto per inefficienza dei tessuti ad alto contenuto energetico come i muscoli il cuore e il cervello.

Per trasferire lo spindle cioè il fuso mitotico bisogna spettare che i cromosomi siano allineati. Il fuso, facilmente evidenziabile mediante fluorescenza, viene prelevato per aspirazione e trasferito in un altra cellula sana dalla quale è stato preventivamente asportato il nucleo.

Negli ultimi anni c’è stata una ripresa dell’argomento: il gruppo di Huang ha effettuato un trasferimento di questo tipo per evitare la trasmissione delle grave sindrome mitocondriale di Leigh in una donna con sfavorevolissimi precedenti ostetrici. La procedura è stata effettuata in Messico per superare il divieto statunitense ed è stato un successo parziale perché una minima parte del citoplasma originario viene trasferita insieme allo spindle. Quest’anno anche un gruppo misto spagnolo greco ha presentato alcuni successi con la metodica che rimane però ancora sotto osservazione prima di una diffusa condivisione su sicurezza ed efficacia.

 

Bibliografia
  1. Yoshizawa M.A.,Matsumoto M. Fukui E. Improvement in embryonic development and production of offspring by transferring meiosis-II chromosomes of senescent mouse oocytes into cytoplast of young moue oocytes. J.Assist.Reprod Genet,2009.26,35-39
  2. ZhangJ.,Liu H.,luo S.,Huang T., et al. Live birth derived from oocyte spindle transfer to prevent mitochondrial disease. Reprod Biomed Online,2017,34(4),361-368

 

Dottor Maurizio Bini 
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione 
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano 

Il coenzima Q10 è un importante micronutriente che regola l’energia intracellulare. Recentemente ne è stato proposto l’utilizzo per il miglioramento della qualità dei gameti prima delle tecniche di Procreazione Medicalmente assistita. 

Il coenzima Q10 (coQ10), conosciuto anche come ubiquinone, è una sostanza similvitaminica fondamentale per la regolazione dell’energia intracellulare.  

 

Come fare scorta di coenzima Q10 

Il coenzima Q10 è presente nella dieta, soprattutto nei pesci grassi come tonno e salmone, nel fegato e nei cereali integrali 

Va ricordato che è parzialmente inattivato dalla friggitura e che potenzia il suo effetto se somministrato con vitamina E. Essendo molecola liposolubile è meglio assorbita se assunta con alimenti ricchi di grassi anche se può essere resa idrosolubile mediante emulsificazione 

La sintesi endogena è anche possibile. 

 

Quando è possibile il deficit? 

Il coenzima Q10 decresce con l’età e con alcune malattie croniche. È nota anche una grave malattia congenita di deficit di Q10 totale o parziale. 

 

L’azione del coenzima10 

La sua azione prevalente avviene a livello del trasporto degli elettroni e quindi sul potenziale della membrana interna mitocondriale. Il mantenimento di tale potenziale è indispensabile nella produzione dell’ATP, cioè della più comune fonte di energia per la cellula.  

Altri effetti sono stati rilevati a livello della catena ossidativa (perché il Q10 aumenta la produzione degli enzimi antiossidanti) e della funzione anti adipogenica (cosa che ha portato al suo utilizzo quando è necessario un controllo ponderale e della funzione antiinfiammatoria) 

L’attività di stimolo energetico è però la più studiata, soprattutto in campo neurologico, dove si stanno tentando vari approcci di somministrazione, soprattutto per le malattie degenerative.

Recentemente l’utilizzo si è esteso anche in campo riproduttivo nel tentativo di migliorare la qualità gametica di soggetti con età avanzata o che abbiano storie ripetute di fallimento terapeutico 

L’approccio farmacologico si inserisce in una tendenza evidente degli indirizzi scientifici di settore verso modalità meno aggressive di quelle comunemente usate dalla scienza occidentale. Il tentativo è quello di derivare le conoscenze che indirizzano verso la scelta del gamete da utilizzare o dell’embrione da trasferire, senza ricorrere a biopsie e prelievi invasivi del materiale biologico che spesso rischiano di danneggiarlo.

Soprattutto il gamete femminile, bloccato per lunghi periodi in diplotene, richiede un bilancio energetico ottimale.

Proprio sul tentativo di miglioramento del potenziale di questa cellula si sono concentrati gli studi con somministrazioni trimestrali di Q10 da 100 ai 400 mg/die (il prodotto si è dimostrato non tossico fino a dosi di 1200 mg/die).

Gli studi in vitro e quelli sugli animali sono stati molto incoraggianti con un evidente miglioramento del bilancio energetico.

Gli studi clinici sull’uomo sono in corso, e interessano principalmente pazienti con policistosi ovarica note per l’ampia produzione di gameti di bassa qualità. In questi soggetti l’effetto della somministrazione avviene soprattutto attraverso la riduzione della sensibilità insulinica e un miglior controllo degli assetti glicemici.

Pur essendo già commercializzata con dosi dai 30 ai 100 mg /die, la sostanza dovrebbe essere assunta solo con indicazione medica sia per i non ancora completamente verificati effetti sulla gravidanza sia per la possibile interferenza con altri farmaci (anticoagulanti, ipertensivi e statine soprattutto). 

 

Bibliografia 

1) Saboori S., Rad S.Y., Mardani M. et al. Effect of Q10 supplementation on body weight and body mass index: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled clinical trials.. 2019;(13):1179-1185 

2) Ben-Meir A., Burstein E., Borrego-Alvarez A., et al. Coenzime Q10 restores oocyte mitochondrial function and fertility during reproductive aging. Aging Cell. 2015;14(5):887-895 

3)Ben Meir A., Kim K., McQuaid R., et al. Co-Enzyme Q10 supplementation rescues cumulus cells dysfunction in a maternal Aging Model. Antioxidants. 2019;8 (58):1-10 

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

La legislazione italiana non prevede remunerazione per la donazione di gameti. Le motivazioni sono quindi molto più complesse e necessitano un attento screening.

La sentenza della corte costituzionale n° 162 del 18/06/2014 ha revocato il divieto di fecondazione con gameti donati contenuto nella legge italiana n° 40 del 19/02/2004. Fino al 13/11/2019 sul territorio nazionale vi è stata poca chiarezza sui requisiti richiesti per accedere alla donazione; in quella data infatti il governo italiano ha finalmente recepito l’allegato III delle direttive della UE sulla materia. Oltre alle norme di sicurezza e tracciabilità e all’istituzione di un registro nazionale i criteri codificati precedono un’età della donatrice compresa fra i 20 e i 35 anni e un’età del donatore fra i 18 e i 40.

Viene altresì stabilito che ogni donatore non possa concorrere a generare più di 10 nati ( la deroga avviene solo per famiglie che desiderino ulteriori figli dallo stesso donatore) e che non venga autorizzata alcuna remunerazione per il dono.

Quest’ultima nota (divergente rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei ed extraeuropei) determina già in partenza una ridotta possibilità di reclutamento, soprattutto per la donazione di gameti femminili, decisamente impegnativa in termini di impegno fisico e temporale.

La donatrice deve infatti assumere terapie ormonali ad alte dosi, essere monitorizzata per tempi prolungati con prelievi ed ecografie  ed effettuare un recupero ovocitario in anestesia generale per via transvaginale. E’ evidente che, senza l’incentivo economico, solo rare condizioni di intenso coinvolgimento personale e famigliare possano motivare alla donazione.

Anche la donazione di gameti maschile, tecnicamente più agevole, non viene in realtà agevolata dalla mancanza di una motivazione discutibile ma almeno chiara come quella della remunerazione. Le donazioni maschili sono infatti spesso inquinate da quello che è stato studiato come altruismo riluttante cioè da motivazioni di vantaggio indiretto, soprattutto psicologico. Il complesso lavoro di screening dei donatori prevede infatti obbligatoriamente (oltre ai dettagliati questionari anamnestici personali e famigliari su malattie genetiche  e infettive trasmissibili, alla consulenza del genetista, alla prova di fertilità e agli esami ematici per le più comuni malattie genetiche diffuse sul territorio nazionale) anche una scrupolosa valutazione da parte di uno psicologo ed è in questa fase che si evidenziano le più frequenti controindicazioni e decisioni di esclusione.

I donatori e le donatrici devono poi essere scrupolosamente valutati per le malattie infettive; i maschi eseguono queste indagini lo stesso giorno della donazione e quindi richiedono un passaggio temporaneo dei gameti in un contenitore di quarantena in attesa degli esiti; le femmine (avendo compreso il legislatore il grande impegno fisico) eseguono lo screening infettivologico nella fase iniziale del processo in modo da poter sospendere precocemente la procedura in caso di positività. Numerose sono le iniziative per promuovere il dono gametico almeno maschile: in altri stati l’agevolazione si spinge fino a simulare il più possibile il rapporto sessuale o fornendo ausili monouso di incremento del piacere orgasmico per il maschio o visualizzazioni in realtà virtuale assolutamente credibili. Per il femminile i protocolli di stimolazione utilizzati sono quelli che consentono il più rapido ritorno alla condizione di normalità, che sfruttano il vantaggio del non trasferimento embrionale e quindi del possibile più esteso utilizzo  di farmaci sintomatici.

 

Fonti

1) Legge 40 del 19/2/2004.G:U:24/02/2004. Norme in materia di procreazione medicalmente assitita

2) Sentenza 162/2014. Giudizio di legittimità costituzionali art 4 comma 3, art 9 commi 1 e 3, art 12 comma 1 della legge 40/2014

3) DPR n 131 del 23/08/2019 in vigore il 29/11/2019.Recepimento direttiva 2006/17/CE. Prescrizioni tecniche ed esami su tessuti e cellule umane

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

I mitocondri svolgono un ruolo di primaria importanza nelle cellule e in particolare nei gameti, tra di loro, una relazione che ha radici molto lontane nel tempo. I mitocondri sono organelli intracitoplasmatici interessati prevalentemente nella produzione energetica. I gameti sono cellule particolari nelle quali i mitocondri assumono conformazioni e funzioni specifiche.

 

L’origine dei mitocondri

Nel 1967, dopo 11 rifiuti da parte delle riviste scientifiche, la biologa Lynn Margulis riuscì a pubblicare su “Journal of Theoretical Biology” l’articolo che supporta la teoria della genesi endosimbiotica dei mitocondri. La teoria non era nuova risalendo agli anni ’20 ma per decenni le ipotesi sull’origine interna (from within) e quella sull’origine esterna (from without) si erano combattute senza un vero vincitore. Dopo quell’articolo la guerra fu dichiarata conclusa con la vittoria di coloro che sostenevano che i mitocondri, i plastidi fotosintetici e i flagelli fossero cellule procariote autonome ospitate nelle grandi cellule eucariote. I flagelli si persero per strada: non ospitando acidi nucleici fu difficile sostenere la loro originaria autonomia. Le evidenze per mitocondri e plastidi invece si accumularono e oggi è quasi universalmente accettato che derivino rispettivamente da alfaProteobatteri e Cyanobatteri. Per i mitocondri, i primi a essere coinvolti, all’inizio si trattò di collaborazione esterna consentendo a cellule eucariote anaerobie di sopravvivere nel nuovo ambiente evoluto con percentuali di ossigeno crescente e solo successivamente l’endosimbiosi portò i vantaggi diretti della protezione e dello sfruttamento del ben più ricco genoma nucleare. A tutt’oggi, in questi indispensabili organelli citoplasmatici, è stata rilevata una catena di DNA che conta 16.569 basi corrispondenti a 27 geni che codificano 13 proteine (quasi tutte interessate nel ciclo della produzione energetica), 22tRNA e 2 rRNA. Dato che ogni mitocondrio è costituito da più di 1000 proteine si evince che gli scambi col DNA nucleare si siano ormai consolidati in modo definitivo.

 

I mitocondri nei gameti maschili

I gameti hanno caratteristiche particolari e uniche per quanto riguarda la componente mitocondriale. Il gamete maschile è la cellula che maggiormente si avvicina al prototipo originale per la sottolineatura dell’apparente collaborazione esterna. Per quanto in fase di maturazione i mitocondri abbiano anche la funzione di favorire i complessi meccanismi della compattazione cromatinica, nella cellula matura risultano separati dalla zona nucleare e dislocati in altro settore cellulare (tratto intermedio) con la preminente ed evidente funzione energetica di garantire il movimento.

 

I mitocondri nei gameti femminili

Anche il grande gamete femminile (la cellula più grossa del corpo umano se si escludono alcuni neuroni) presenta particolarità: innanzitutto è la cellula che contiene il maggior numero di mitocondri (circa 100.000 secondo le stime) e in secondo luogo questo pool immenso è quasi totalmente inattivato. Bisogna ricordate che gli ovociti sono bloccati in diplotene in attesa del reclutamento (che può avvenire anche molti decenni dopo) e quindi necessitano di basso tenore energetico per evitare l’attivazione prematura. Gli ovociti ricevono il carico energetico per la sopravvivenza e lo sviluppo iniziale quindi prevalentemente dall’esterno, dalle cellule della granulosa e del cumulo che funzionano come batterie esterne. Questa scarsa attivazione, dimostrata anche dalla morfologia più arrotondata e dalla scarsa frequenza delle creste nella membrana interna degli organuli, persiste anche dopo la fertilizzazione e le prime divisioni cellulari essendo l’energia mitocondriale significativamente coinvolta solo nelle fasi della creazione del fuso e allineamento cromosomico. Solo alla fase di blastocisti quando interverranno i complessi meccanismi di differenziazione cellulare si assisterà a una significativa ripresa dell’attività e della proliferazione mitocondriale

 

Bibliografia

Gray MW. Lynn Marguulis and the endosymbiotic hypothesis:50 years later. Molecular Biology of the Cell. 2017;28:1285-1287

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

Le malattie mitocondriali monosomiche censite sono circa 260 e determinano la nascita di un bambino affetto ogni 5000 nati; si stima che un individuo ogni 200 sia portatore di una mutazione in questo settore, ma la scienza sta facendo passi avanti con tecniche quali pronuclear transfer e AUGMENT. La sintomatologia è estremamente grave dato che i tessuti interessati sono quelli ad alto consumo energetico come muscoli cuore e cervello.

I portatori vengono individuati in genere in relazione a uno o più eventi avversi capitati nella famiglia. In ogni caso, purtroppo, le possibilità di intervento sono scarse e in caso di pianificazione di una nuova gravidanza viene suggerita la fecondazione da donazione con completa sostituzione del DNA nucleare e di quello mitocondriale affetto.

Dato che però il DNA nucleare risulta integro tentativi sono stati fatti di sostituire il solo DNA mitocondriale trasferendo post fertilizzazione il nucleo sano di una cellula riproduttiva del soggetto portatore in una cellula di un altro soggetto integra sul piano mitocondriale e precedentemente denucleata.

Nelle malattie mitocondriali, la trasmissione mitocondriale avviene solo per via materna (anche se alcune segnalazioni recenti del gruppo di Huang sembrano scalfire questa assoluta certezza biologica). Di conseguenza, i tentativi di sostituzione si sono concentrati sul solo gamete femminile o sull’embrione precoce.

 

Malattie mitocondriali: il pronuclear transfer

La metodica, il pronuclear transfer, per quanto da tempo suggerita anche in campo umano (Craven, 2010) è ben lungi dall’essere universalmente accettata.

Questo per un duplice motivo:

  • il trasferimento pronucleare comporta sempre un parziale trasferimento di citoplasma malato e quindi non vi può essere la certezza assoluta preventiva della non affezione del nato,
  • i rapporti fra nucleo e mitocondri sono strettissimi e non sempre mantenuti col passaggio da una cellula all’altra.

Questo spiega perché al momento questo tipo di interventi siano stati autorizzati solo nel Regno Unito e per le sole malattie mitocondriali gravi. La procedura è stata estesa recentemente anche alla tecnica di ringiovanimento gametico sostituendo i mitocondri di una cellula riproduttiva proveniente da una donna anziana con quelli provenienti da una analoga cellula di una donna più giovane ma in questo campo le polemiche e le opposizioni sono ancora più accese nonostante qualche recente successo segnalato.

 

Malattie mitocondriali: AUGMENT

Sempre nel tentativo di migliorare l’efficienza energetica cellulare è stato proposto e commercializzato anche un sistema chiamato AUGMENT, teso a iniettare all’interno dell’ovocita (insieme allo spermatozoo durante la procedura di ICSI) anche un pool mitocondriale estratto da ovociti immaturi della corticale ovarica della stessa donna.

Le casistiche maggiori provengono dalla Turchia e dal Canada ma le evidenze scientifiche sono così scarse che recentemente il prodotto è stato ritirato in attesa di ulteriori conferme sperimentali prima della riimmissione sul mercato per uso clinico diretto sulle pazienti.

Questo anche perché il prelievo del tessuto ovarico, oltre a essere una tecnica estremamente invasiva, corre il rischio di danneggiare l’organo e di ridurre la possibilità di reclutamento in successive stimolazioni. La non efficacia dimostrata si associa quindi anche a un danno potenziale diretto.

 

Bibliografia

1) Craven L, TuppenHA, Greggains GD et al. Pronuclear transfer in human embryos to prevent transmission of mitocondrial DNA disease. Nature 2010;465:82-85

2) Luo S, Valencia A, Zhang J, Huang T, et al. Biparental inheritence of Mitochondrial DNA in humans. Proc Natl Acad Sci USA. 2018;115(51):13039-13044

 

 

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

Il resveratrolo è una sostanza che ha dimostrato proprietà multiple con interessanti applicazioni in medicina riproduttiva soprattutto sull’efficienza gametica e sull’attività mitocondriale.

Il trans resveratrolo (5-[(E)-2-(4-idrossifenil)etenil]bensene-1,3diolo), è un composto fenolico che appartiene al gruppo dei stilbenoidi.

 

Dove si trova il resveratrolo?

Il resveratrolo si trova in alta concentrazione in alcuni alimenti come l’uva (soprattutto pinot nero), nelle arachidi e in un particolare tè (Itadori). La funzione nei vegetali è protettiva da agenti infestanti (come la muffa grigia dell’uva) e dalle radiazioni ionizzanti. 

Pare sorprendente ma tre culture molto distanti hanno incoraggiato il suo consumo indirettamente: il vino in Europa, il burro d’arachidi nel continente americano e il tè in Asia.

Da sempre è utilizzato nella fitoterapia.

 

Gli effetti benefici del resveratrolo

Il cosiddetto “ paradosso Francese” cioè il miglioramento dello stato di salute e del tasso di longevità nei moderati consumatori di vino (nonostante l’alcool associato) sembra dovuto proprio al resveratrolo. La sostanza, che presenta le due forme isomeriche cis e trans diversamente distribuite, possiede numerose attività: le più note sono quella antiossidante e antiinfiammatoria, quella debolmente estrogenica, quella antidiabetica e anti ageing e quella, più recentemente dimostrata, di potenziamento dell’attività mitocondriale.

 

L’utilizzo clinico del resveratrolo

L’utilizzo clinico del resveratrolo è stato finora limitato dalla struttura cristallina della sostanza con forte legame intramolecolare che lo rende insolubile in acqua e debolmente solubile in mezzo alcolico. Recenti brevetti di isolamento molecolare preventivo mediante separatori di magnesio di idrossido hanno consentito di migliorare e velocizzare l’assorbimento e di raggiungere livelli ematici più duraturi e significativi senza che mai al potenziamento dell’effetto si sia accompagnato alcun effetto tossico.

Il prodotto è già stato usato diffusamente nella terapia della psoriasi utilizzando l’effetto antinfiammatorio, nelle resistenze insuliniche e nella retinopatia diabetica utilizzando l’effetto antidiabetico; in campo cardiologico per l’effetto antiaging e in campo ginecologico nella terapia sostitutiva menopausale per l’effetto debolmente estrogenico.

 

L’uso del resveratrolo in campo riproduttivo

In relazione alla scarsa efficienza delle terapie attualmente disponibili in campo riproduttivo e al progressivo incremento, soprattutto in Italia, dell’età di programmazione della prima gravidanza, il prodotto ha una sua naturale collocazione anche in questo settore. Per l’efficienza gametica l’effetto da valorizzare sembra soprattutto quello sul metabolismo energetico: l’incremento della mitogenesi determina un aumento del potenziale mitocondriale con aumento dei livelli di ATP endocellulare. L’efficienza mitocondriale è stata dimostrata fondamentale nel gamete maschile per la compattazione cromatinica e per la motilità cellulare e nel gamete femminile per la creazione del fuso e per l’accoppiamento cromosomico (per alcuni autori è proprio l’inefficienza mitocondriale che porta all’alto numero di aneuploidie della nostra specie soprattutto in età avanzata).

Gli studi in vitro condotti sulle cellule della granulosa (che funzionano da riserva energetica esterna per gli ovociti quiescenti in diplotene) sono ormai conclusivi sull’effetto. Gli studi clinici in vivo sono in corso con risultati preliminari incoraggianti per un miglioramento dell’efficienza sia del gamete maschile che di quello femminile.

 

Bibliografia

  1. Intagliata S, Modica MN, Santagati LM, Montenegro L. Strategies to improve Resveratrol Systemic and topical Bioavailability. Antioxidants 2019;244:1-33
  2. Lejri I, Agapouda A, Grimm A, Eckert A. Mitochondria– and Oxidative StressTargeting Substances in Cognitive Decline-Related Disorders: From Molecular Mechanisms to Clinical Evidence. Oxidative Medicine and Cellular Longevity. 2019;1:1-26

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

La disforia di genere, o disturbo dell’identità di genere, cioè quel malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico o nel genere assegnatogli alla nascita, comporta evidenti ripercussioni quando si tratta di riproduzione.

Le procedure di adeguamento di genere comportano problemi specifici in campo riproduttivo che devono essere sempre discussi prima di ogni scelta terapeutica ormonale o chirurgica.

 

La disforia di genere: agli aspetti burocratici a quelli riproduttivi

La legge 164/ 82 che norma sul territorio Italiano i percorsi per la riassegnazione di genere in pazienti con disforia è da sempre stata interpretata nel senso di prevedere la chirurgia genitale prima della variazione anagrafica.

A seguito della sentenza della corte di Cassazione n 15138 del luglio 2015 è stato consentito in alcuni casi il cambio del nome e del sesso attribuito anche senza interventi genitali, se il soggetto mostra una definitiva integrazione con la nuova identità.

Le due situazioni determinano problematiche differenti in merito ai processi riproduttivi e all’eventuale crioconservazione gametica. In caso di mantenimento dell’integrità anatomica infatti il recupero della fertilità può sempre essere tentato anche in epoca successiva alla riassegnazione (se nel frattempo il paziente non ha superato l’età riproduttiva) con la sospensione prolungata della terapia ormonale ed eventuale stimolo gonadotropinico per superare lo stato di ipogonadismo ipogonadotropo indotto farmacologicamente.

In caso di procedure chirurgiche di riassegnazione genitale si pone invece il problema della preservazione preventiva della fertilità dei soggetti.

Le linee guida internazionali prevedono che l’opzione di crioconservazione sia offerta a tutti i pazienti che debbano intraprendere una chirurgia genitale demolitiva e risulta quindi indispensabile sempre avere a disposizione documentazione firmata dell’avvenuta discussione preventiva delle opzioni di preservazione della fertilità, perché molto spesso il desiderio riproduttivo matura in epoca successiva quando le urgenze delle modifiche corporee diventano meno pressanti e le situazioni relazionali più consolidate. Le situazioni sono ovviamente dissimili nei transiti MtF e FtM (questa la dizione clinica corretta) data la diversa numerosità e accessibilità dei gameti nei due sessi.

 

Disforia di genere: uomo verso donna

La crioconservazione di gameti maschili è ovviamente più semplice e meno costosa data la non necessità di induzione farmacologica anche se l’urgenza riproduttiva in questo tipo di conversione è in genere meno sentita in questa prima fase del processo. Una terapia femminilizzante e antiandrogena moderata già in corso non controindica il deposito anche se la sospensione trimestrale è consigliata; in qualche caso è indispensabile la somministrazione di inibitori selettivi della 5 fosfodiesterasi per facilitare il processo erettivo o l’induzione meccanica dell’ejaculazione con elettrostimolatori. La crioconservazione di polpa testicolare in corso di orchiectomia viene effettuata raramente perché i soggetti sono avviati alla chirurgia dopo periodi prolungati di terapia ormonale che inducono azoospermia secretoria.

Essendo l’attrazione sessuale fattore del tutto indipendente rispetto all’identità di genere è possibile che dopo la strutturazione genitale in senso femminile il soggetto costituisca coppia omoparentale con altro soggetto di sesso femminile che possa essere fertilizzato (non in Italia visto il divieto dell’art 2 della legge 40) col seme crioconservato. Nella maggior parte dei casi viene strutturata una relazione con soggetto di sesso maschile; in questo caso una eventuale riproduzione sarà possibile solo utilizzando madre surrogata e ovodonazione (ovociti fertilizzati con i gameti maschili dei due partner). Anche questa pratica è vietata in Italia in base all’articolo della legge 40.

 

Disforia di genere: donna verso uomo

Una crioconservazione di gameti femminili è decisamente più complessa per la necessità dell’induzione farmacologica, del tempo di maturazione, del monitoraggio e del prelievo transvaginale.

In accordo con le altre indicazioni, non essendo seguita da transfer, la stimolazione può essere iniziata in qualsiasi momento del ciclo e richiede dai 12 ai 15 giorni per la completa maturazione follicolare. I protocolli utilizzati per l’ovodonazione (ciclo short con gonadotropine e antagonista e trigger con analogo) sembrano i più appropriati consentendo un più rapido spegnimento del quadro di iperstimolazione ovarica indotta. Data la frequente avversione verso gli aspetti penetrativi endovagionali di soggetti che hanno richiesto la transizione verso il maschile il monitoraggio transaddominale e il prelievo transvaginale in anestesia generale sono i più appropriati.

Uno stoccaggio di almeno 12 ovociti migliora la prognosi riproduttiva successiva. L’induzione multipla dell’ovulazione per crioconservazione in pazienti con disforia non rientra nei casi previsti di l’esenzione per l’acquisto delle gonadotropine (nota 74) quindi la spesa farmacologica resta a carico dei soggetti. La crioconservazione di tessuto ovarico in corso di castrazione chirurgica, pur essendo pratica sperimentale ,è pratica comunque da suggerire in soggetti giovani data la disponibilità temporanea e senza rischi aggiuntivi per la paziente di materiale potenzialmente utilizzabile in tempi futuri. Nel transito verso il maschile l’attrazione sessuale esclusiva verso altri soggetti di sesso maschile è così infrequente da poter essere tralasciata. Più comune è l’attrazione per il femminile (o la bisessualità). La richiesta riproduttiva di coppia ha quindi a disposizione sia l’utero (eventualmente due se la rettificazione anagrafica è avvenuta senza correzione genitale) che due popolazioni ovocitarie.

Mancano solo i gameti maschili; una fecondazione eterologa di primo o secondo livello è quindi possibile per il partner con anagrafica femminile anche sul territorio italiano in base alla sentenza 162/14 della Corte Costituzionale. Una fecondazione eterologa sul partner con anagrafica maschile a genitali femminili integri è possibili solo in paesi (ex USA) dove la medicina contrattualistica è prevalente su quella deontologica.

 

Le criticità

Per concludere si segnalano ulteriori due criticità: la prima è relativa alla tracciabilità e utilizzo di campione crioconservato in soggetto che ha cambiato l’anagrafica e quindi la necessità che al momento della richiesta di utilizzo il soggetto esibisca documentazione in merito all’avvenuta transizione (l’informazione preventiva su questo punto al paziente non è superflua data la diffusa tendenza dei pazienti a cancellare qualsiasi traccia documentale del periodo antecedente la modifica corporea).

La seconda criticità riguarda la tendenza attuale alla drastica riduzione dell’età di accesso nei servizi che si occupano di disforia di genere. Sempre più pazienti (supportati dall’ambito famigliare non più oppositivo ma incoraggiante) richiedono di iniziare la transizione in epoca prepubere. Data la delicatezza di queste situazioni la diagnostica è particolarmente accurata e supervisionata ma in alcuni casi indubitabili viene deciso un blocco ipotalamico con analoghi del GnRH per impedire lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e quindi evitare la successiva rimozione chirurgica. E’ evidente che in questi casi il blocco riguarda anche la linea gametica che ancora non è maturata e che quindi i pazienti e i genitori devono essere preventivamente informati che la crioconservazione in questi casi non può essere effettuata.

 

Bibliografia

Hembree WC, Cohen-Kettenis PT, Gooren L. Endocrine treatment of gender-dysphoric/gender-incongruent persons:an endocrine society clinical practice guideline. Endocrine practice 2017;23(12):1437

 

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

 

La fertilità maschile pare proporzionata al coinvolgimento emotivo. La qualità seminale dipende infatti dall’intensità orgasmica che a sua volta è collegata al livello di eccitazione e alle modalità di preparazione del campione. Molte strutture si stanno attrezzando per garantire una miglior qualità dei gameti maschili.

Nel sesso maschile l’intensità orgasmica determina la qualità del materiale seminale prodotto. La sessualità programmata non in funzione dei desideri personali ma in relazione alle necessità riproduttive e soprattutto la produzione in ambienti e in condizioni non ottimali a favorire l’eccitazione compromettono spesso la disponibilità di spermatozoi sia in senso qualitativo che in senso quantitativo.

 

La parola alla ricerca

Vi sono studi che hanno valutato la qualità seminale in funzione del tempo di permanenza del soggetto nella stanza di prelievo: il tempo prolungato, probabilmente associato alla difficoltà di attivazione dell’apparato genitale, si associa a materiale di peggior qualità. Anche i miglioramenti evidenziati in controlli successivi sono stati associati, oltre che alle eventuali terapie prescritte anche all’abitudine progressiva del soggetto alle inusuali condizioni di prelievo.

 

Le conseguenze sulla donazione

Il problema del rapporto tra fertilità maschile e l’intensità dell’eccitazione si acuisce in caso di donazione gametica per la preziosità del materiale biologico e per la scarsità dei soggetti donatori nei paesi che non prevedono la remunerazione. Nei paesi che prevedono un rimborso anche gli interessi economici premono per la risoluzione di questa criticità.

 

Nuovi ausili per facilitare la fertilità maschile nella donazione di gameti maschili

Numerosi centri di riproduzione, soprattutto oltreoceano ma anche in Spagna, si stanno attrezzando per migliorare le condizioni della donazione in modo da migliorare la fertilità maschile.

Non si tratta solo di sostituire il classico materiale eccitatorio cartaceo con video, ma anche di consentire, nell’anonimato della scelta, una vasta gamma di possibilità visive e di attrezzare gli spazi in modo confortevole (colori scuri, luci soffuse e una sensazione di igiene assoluta), e i nuovi ausili tecnici fanno la loro parte.

L’utilizzo di vagine artificiali monouso è ormai routine in alcuni centri; in altri si utilizzano sofisticati strumenti da masturbazione maschile (è disponibile una gamma quasi infinita di possibilità dimensionali, sensitive e tecniche utili a replicare qualsiasi preferenza personale). La ditta garantisce anche, nella più assoluta privacy lo smaltimento gratuito del materiale monouso utilizzato dopo il recupero del materiale biologico richiesto.

Alche i visori 3D o per la realtà virtuale sono stati testati per valorizzare gli aspetti eccitatori prima della donazione.

L’ultima frontiera é costituita dalla teledildonica cioè della possibilità di mimare una attività sessuale diadica (cioè tra due persone) utilizzando le nuove tecnologie. In commercio sono disponibili infatti attrezzature che mimano, nel contenitore di prelievo, i movimenti effettuati da un altro soggetto anche a migliaia chilometri di distanza. Si sta testando una tuta che consenta una trasmissione a distanza non solo del movimento ma anche delle sensazioni di calore, odore e tatto di una persona non realmente presente; in questo caso il prelievo del materiale seminale può avvenire in simulazione quasi perfetta di una attività sessuale standard.

Nei paesi dove non è prevista una remunerazione per il donatore questa forma di gratificazione indiretta potrebbe essere interpretata come una forma criptica di pagamento e le resistenze all’applicazione delle nuove tecnologie è più accentuata. I paesi nei quali la commercializzazione e gli aspetti economici sono preponderanti (Stati Uniti in testa) questa nuova via sembra ormai imboccata.

 

Bibliografia
  1. Bossema ER, Janssens PM, Treucker RG et al. An inventory of reasons for sperm donation in formal versus informal settings. Human Fertility 2014;17(1):21-27
  2. Whyte S. Clinical vs. exclusively online sperm donors: what’s the difference? J Reprod and infant Psycol 2019;37(1):3-12

Il sanguinamento uterino anomalo è un problema comune nelle donne in età riproduttiva. Sebbene possa spaventare, di solito può essere corretto con farmaci o con un intervento chirurgico.

La mestruazione è considerata normale quando l’emorragia uterina si verifica ogni 21-35 giorni e non è eccessiva. La durata normale del sanguinamento mestruale è compresa tra due e sette giorni. Un’emorragia uterina anomala si verifica quando la frequenza o la quantità di emorragia uterina differisce da quella sopra menzionata o quando la donna ha spotting o un’emorragia tra un periodo mestruale e l’altro. Un’emorragia uterina anomala può essere causata da una varietà di fattori. Le due cause più comuni sono le anomalie strutturali del sistema riproduttivo e i disturbi dell’ovulazione.

Ci soffermeremo sulle donne in età fertile. Per quanto riguarda invece quelle in postmenopausa, il sanguinamento uterino anomalo ha origini diverse rispetto a quanto accade in età riproduttiva: il consiglio è quello di rivolgersi tempestivamente a un medico.

Cause di emorragia uterina anomala

Un’anomala emorragia uterina può essere dovuta ad anomalie strutturali dell’utero. Alcune delle cause strutturali più comuni di sanguinamento uterino anomale includono lesioni benigne (non cancerose) dell’utero come:

  • polipi,
  • fibromi (miomi),
  • adenomiosi (ispessimento uterino causato da tessuto endometriale che si muove verso le pareti esterne dell’utero).

Altre cause di emorragia uterina anomala includono il sanguinamento associato alla gravidanza precoce, tra cui aborto spontaneo e gravidanza ectopica, così come i disturbi emorragici che influenzano la capacità del sangue di coagulare normalmente.

Altre possibili causa sono:

  • lesioni del collo dell’utero o della vagina (benigne o cancerose),
  • le infezioni croniche del rivestimento endometriale (endometrite),
  • il tessuto cicatriziale (aderenze) nell’endometrio
  • l’uso di un dispositivo intrauterino (IUD)
  • farmaci che possono influenzare il normale rilascio di estrogeni e progesterone
  • problemi medici cronici come il diabete mellito o disturbi del fegato, reni, tiroide o ghiandole surrenali
  • altri problemi medici che possono influenzare la produzione e il metabolismo di estrogeni e progesterone.

Lo stress emotivo o fisico, così come cambiamenti significativi nel peso corporeo, infine, possono disturbare il rilascio dell’ipofisi di FSH e LH e prevenire l’ovulazione.

Le terapie per il sanguinamento uterino anomalo

Qualunque sia la causa di sanguinamento uterino anomalo, i molti trattamenti oggi disponibili di solito possono risolvere il problema. Le cause strutturali di emorragia possono essere corrette con un intervento chirurgico. Se non ci sono cause strutturali, la terapia medica spesso può ripristinare cicli mestruali regolari.

I pazienti dovrebbero parlare con i loro medici per valutare quali opzioni, mediche o chirurgiche, possano essere le migliori per loro.