Coronavirus: dal 4 maggio anche i centri di PMA potrebbero ripartire, pur con le dovute precauzioni. Questo è ciò che si deduce da quanto ha affermato il Ministro Roberto Speranza, commentando l’ultimo DPCM che regola la Fase 2. Lo ha fatto su Facebook, affermando che “Grazie ai sacrifici delle donne e degli uomini del nostro Paese si sta finalmente piegando la curva dei contagi. Per questo dal 4 maggio possiamo avviare con prudenza una fase nuova. Il nostro principio guida è stato, e sarà sempre, quello della tutela della salute. Anche nella fase che si apre il senso di responsabilità di ciascuno è la vera chiave per vincere la sfida. Insieme ce la faremo”
Il lockdown per la procreazione medicalmente assistita
Uno dei settori sanitari che ha subito una brusca interruzione dall’inizio del lockdown è quello della procreazione medicalmente assistita. Sono moltissime, infatti, le coppie che si sono viste sospendere i trattamenti programmati. Pre alcune di queste coppie la tempestività è fondamentale per superare le difficoltà di concepimento. Si stima che, per ogni mese di inattività, i mancati trattamenti siano stati 8.000.
Ora che il Governo si è espresso sulla Fase 2, quali saranno i modi e i tempi della riapertura per la PMA?
Già all’inizio di aprile il Gruppo di Interesse Speciale sulla Sterilità (GISS) della SIGO e delle sue Federate ha predisposto un documento di raccomandazioni per poter riprendere in sicurezza i trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Si tratta di “strategie comportamentali che suggeriamo di attuare per poter riprendere le attività in totale sicurezza, per il personale e per i pazienti”, come afferma il Professor Nicola Colacurci, coordinatore del GISS, in un’intervista a Quotidianosanità.
I ginecologi attendono ora “un’autorizzazione istituzionale da parte del Governo e delle Regioni e in piena sintonia con l’Istituto Superiore di Sanità e del Centro Nazionale Trapianti” – prosegue il Prof. Colacurci nell’intervista. “Sono loro che devono dare il via libera, contemporaneamente ai centri pubblici, privati e privati accreditati, per poter riprendere le attività. Le istituzioni devono decidere se questo debba avvenire contemporaneamente su tutto il territorio nazionale oppure se, alla luce dei dati relativi alla pandemia, ipotizzare una ripartenza scaglionata.”
Fonte: Quotidianosanità.it
Una donna di 29 anni è diventata mamma dopo il cancro, grazie a una speciale tecnica di PMA. Uno studio recentemente pubblicato dalla rivista Annals of Oncology riporta il suo caso, primo al mondo per le tempistiche con cui si è svolta la fecondazione in vitro.
Medical freezing
Quando la crioconservazione degli ovociti o degli embrioni ha l’obiettivo di preservare la fertilità delle donne che devono sottoporsi a cure e interventi che incideranno irreversibilmente sulla capacità riproduttiva, si parla di medical freezing. La preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche, soprattutto se molto giovani, è una questione prioritaria per chi si occupa di medicina della riproduzione. La vitrificazione di ovociti, fecondati o meno, e il loro utilizzo dopo una stimolazione ovarica controllata prima della terapia oncologica rappresentano ad oggi la procedura più efficace per preservare la fertilità femminile. Un’opzione alternativa, quando la stimolazione ormonale non è fattibile o è controindicata, è una speciale procedura di fecondazione assistita: la maturazione in vitro (IVM). Questa tecnica ha permesso a una donna di 29 anni, resa sterile dalla chemioterapia per curare il cancro al seno, di avere un figlio.
La tecnica usata dai ricercatori francesi: IVM – maturazione in vitro
Gli ovociti della mamma francese sono stati prelevati, fatti maturare in laboratorio, crioconservati e poi, 5 anni dopo, fecondati in laboratorio. Solitamente, le donne che devono sottoporsi a terapia oncologica si sottopongono a stimolazione ovarica, per poter prelevare gli ovociti da crioconservare e da utilizzare nel futuro. In alcuni casi, però, la stimolazione ormonale è fortemente sconsigliata. Per la donna francese era da evitare, perché avrebbe potuto peggiorare la sua condizione clinica. I ricercatori del Department of Reproductive Medicine and Fertility Preservation dell’Antoine Béclère University Hospital di Parigi hanno deciso di utilizzare la tecnica della maturazione in vitro degli ovociti. In questo modo, hanno consentito a questa giovane donna di realizzare il suo sogno di maternità.
La tecnica della maturazione in vitro non è nuova. Di solito, però, precede di poco la fecondazione e il transfer. L’eccezionalità di questo caso sta nel fatto che i ricercatori hanno praticato la fecondazione a 5 anni dalla maturazione. La IVM, come commentano gli autori dello studio, “dovrebbe essere considerata un’opzione efficace e praticabile all’interno di una strategia di preservazione della fertilità femminile”.
Questa donna, quindi, è diventata mamma dopo il cancro grazie alla PMA: un’ottima notizia in questo periodo di grandi incertezze per tutti.
Fecondazione assistita e Covid-19: anche nell’ambito della fecondazione assistita l’emergenza sanitaria legata alla Covid-19 ha generato molte preoccupazioni sia per gli operatori sanitari sia per le coppie che stanno pianificando la propria famiglia.
La pandemia ha portato alla sospensione dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Per le coppie coinvolte – come ha sottolineato ad Ansa il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) – “si tratta di un temporaneo ma grave disagio, da affrontare con la corretta informazione e con equilibrio emotivo”.
La task force
La SIRU, Società Italiana di Riproduzione Umana, ha attivato due task force di specialisti a disposizione dei pazienti e degli operatori sanitari per la valutazione dei rischi materno-fetali-neonatali associati all’infezione Covid-19 in gravidanza. È possibile usufruire di un servizio online e pianificare un contatto video giornaliero, che garantisce aggiornamenti e raccomandazioni per gli operatori sanitari e le coppie che cercano informazioni e assistenza.
Il servizio
Il servizio di supporto è multidisciplinare: due task force, una composta da infettivologi ed esperti in medicina della riproduzione, l’altra da psicologi e psicoterapeuti. Quest’ultima, in particolare, è dedicata alle coppie che a causa della pandemia sono costrette ad attendere il superamento della fase di emergenza per realizzare il proprio sogno di diventare genitori.
“Rimandare non significa rinunciare” – conclude Guglielmino – “ci stiamo preparando ad una lenta ripresa dell’attività assistenziale nella prospettiva di convivenza con il coronavirus”.
Fonti:
ANSA Salute&Benessere
SIRU – Società Italiana di Riproduzione Umana