La telemedicina, in particolare le televisite, possono essere di aiuto per la diagnosi dell’infertilità maschile.
Lo studio dei ricercatori americani
Alcuni ricercatori americani hanno rilevato che le televisite possono essere utilizzate efficacemente con i pazienti già in cura, per gestire un ampio spettro di diagnosi che possono contribuire all’infertilità maschile.
Nello studio, sono state analizzate 70 televisite condotte tra agosto 2017 e marzo 2020 condotte su 56 uomini con diagnosi di condizioni endocrinologiche o anatomiche che contribuiscono all’infertilità.
L’impatto economico
I ricercatori hanno indagato anche l’impatto economico. Hanno rilevato che le televisite hanno consentito ai pazienti di risparmiare 97 minuti (valore mediano) di viaggio per ogni visita. Inoltre, le televisite permettono di non dover chiedere permessi lavorativi, e anche questo ha un impatto sia sui pazienti sia sui datori di lavoro.
Il commento dell’ASRM
“Con la rapida espansione delle televisite, sarà fondamentale che le Assicurazioni si preoccupino di coprire la telemedicina in modo analogo alle visite in persona.” ha commentato Marcelle Cedars, MD, Vice Presidente di ASRM (American Society for Reproductive Medicine).
La telemedicina in Italia
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) promuove e coordina Gruppi di studio nazionali specifici. Ciò avviene tramite il Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali. L’attività è organizzata per le differenti specialità mediche e chirurgiche, nonché per quei casi o situazioni che risultino di rilevanza tecnico-organizzativa.
I gruppi raccolgono e analizzano le evidenze scientifiche utili a definire sicurezza ed efficacia medico-assistenziali. Inoltre, valutano l’efficienza gestionale delle attività sanitarie erogate in Telemedicina e/o con l’uso di nuove tecnologie digitali.
Da tale attività si ricavano gli elementi per realizzare, in collaborazione con le società e le associazioni scientifiche di riferimento, documenti di indirizzo condivisi. Lo scopo è guidare i professionisti sanitari nell’esercizio pratico della loro professione.
Telemedicina e infertilità quindi potrebbero trovare in futuro molti ambiti di collaborazione.
Endometriosi e dieta sono legati. La dieta, se ricca di cibi antinfiammatori e disintossicanti, può essere di aiuto e contribuire a ridurre i dolori e l’infiammazione. Le raccomandazioni della Fondazione Italiana Endometriosi.
L’endometriosi
L’endometriosi è la presenza all’esterno dell’utero di endometrio, ovvero la mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina. Può interessare la donna già alla prima mestruazione (menarca) e accompagnarla fino alla menopausa.
L’endometriosi colpisce il 10-15% delle donne italiane in età riproduttiva. Inoltre, interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficoltà di concepimento.
L’endometriosi è una malattia invalidante, che provoca dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e alla defecazione, a volte accompagnato dalla comparsa di sangue nelle urine o nelle feci. Il dolore può essere cronico e persistente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale.
Attualmente, non ci sono terapie farmacologiche mirate per questa patologia.
Endometriosi: un aiuto dalla dieta
La dieta può essere d’aiuto per chi soffre di endometriosi. Infatti, un regime alimentare basato su cibi antinfiammatori, disintossicanti e liberi da ormoni può essere di supporto per attenuare i dolori e l’infiammazione.
In una recente intervista, la biologa nutrizionista Maria Cassano della Fondazione Italiana Endometriosi ha spiegato che “Nel caso dell’endometriosi è possibile parlare di “cibo terapeutico”. Seguendo alcune specifiche raccomandazioni nutrizionali, l’organismo potrà infatti godere di benefici. Da preferire è innanzitutto una dieta contenente sostanze antinfiammatorie e antiossidanti, come curcuma e zenzero. Un eccesso di grassi saturi e zuccheri potrebbe innescare una cascata di reazioni in grado di stimolare l’attivazione dei mediatori dell’infiammazione. Mentre un’adeguata distribuzione dei carboidrati nella dieta permette di mantenere la secrezione di insulina all’interno di range favorenti l’equilibrio ormonale. Bisogna porre grande attenzione anche alla presenza di disregolatori endocrini, nascosti all’interno di scatolame, plastica e pesticidi. Essi interferiscono sulla produzione degli estrogeni”.
La dieta per le donne con endometriosi
Riportiamo i consigli alimentari della Fondazione Italiana Endometriosi.
Cosa aumentare
- Aumentare il consumo di fibre, fino al 20-30% nei pasti. Questo determina una riduzione degli estrogeni nel sangue con minore impatto sui tessuti estrogeno-dipendenti. Sì, quindi, a frutta, verdura, cereali integrali, legumi e semi oleosi
- Aumentare il consumo di acidi grassi e Omega3. Questo promuove la produzione della prostaglandina PGE1, che riduce il livello di infiammazione addominale determinato dalla endometriosi. Sì, quindi, a pesce azzurro, salmone e tonno; olio di oliva, frutta secca, avocado e semi (chia, di girasole, di zucca. e di lino)
Cosa ridurre
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La carne rossa (preferire la carne bianca, di origine e allevamento controllato),
- i latticini, per la presenza di caseina e lattosio
- il glutine, da assumere possibilmente solo da farine integrali e grezze
Cosa evitare
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Alimenti industriali: merendine, patatine, barrette, biscotti, bevande zuccherate, prodotti confezionati…
- Alcohol
- Caffeina
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Prodotti caseari di origine animale di allevamento non controllato: per il loro alto contenuto di ormoni e antibiotici
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Prodotti contenenti soia: (salsa di soia, tofu, seitan, edamame..) per il loro contenuto di fitoestrogeni
- Farine bianche e prodotti da forno raffinati
- Grassi saturi
- Zucchero bianco
- Dolci altamente zuccherini
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Avena e segale per il loro alto contenuto di estrogeni
Fonti:
Ministero della Salute: Salute della donna/endometriosi
Fondazione Italiana Endometriosi