Qual è l’impatto della PMA sulla crescita dei bambini nati con queste tecniche? Alcuni ricercatori hanno tentato di dare una risposta.
I bambini nati con la PMA hanno dei pattern di crescita diversi rispetto ai bambini concepiti naturalmente. Le differenze si mantengono fino ai 17 anni circa, poi sembrano scomparire. Questo è ciò che hanno osservato i ricercatori norvegesi del Centre for Fertility and Health presso il Norwegian Institute of Public Health di Oslo. Il loro studio è stato recentemente pubblicato su Human Reproduction [1].
Lo studio
I ricercatori, guidati dalla Dr.ssa Dr Maria Magnus, hanno analizzato migliaia di informazioni. I dati riguardavano 81.461 bambini arruolati nello studio norvegese MoBa (Mother, Father and Child Cohort Study) e 544.113 teenager sottoposti a screening per il servizio militare. In particolare, 79.740 soggetti concepiti naturalmente e 1.721 con tecniche di procreazione medicalmente assistita, fino all’età di 7 anni. Tra quelli concepiti naturalmente, 5.279 sono nati da genitori con difficoltà di concepimento, che hanno impiegato oltre 12 mesi prima di ottenere una gravidanza. Tra i soggetti nati con PMA, per 1.073 sono stati utilizzati embrioni freschi, per 179 embrioni congelati.
I risultati
I bambini nati con PMA avevano alla nascita un peso medio e una lunghezza media inferiore rispetto a quelli concepiti naturalmente. Tuttavia, i bambini nati con PMA hanno avuto una crescita più rapida nei primi 18 mesi di vita. Inoltre, questi ultimi a un anno erano leggermente più alti e più forti dei primi. Tale differenza si è mantenuta fino ai sette anni.
I ricercatori hanno anche analizzato i dati dei diciassettenni e hanno trovato differenze minime tra i ragazzi concepiti naturalmente e quelli nati da PMA.
Il commento dei ricercatori
Come è noto, l’uso di tecniche di PMA è associato a un peso alla nascita inferiore rispetto al concepimento naturale. Tuttavia, sostengono i ricercatori, i dati emersi dallo studio dovrebbero rassicurare i genitori. “Rilevare che non c’è differenza nell’altezza, nel peso e nel BMI dei bambini concepiti con PMA rispetto a quelli concepiti naturalmente all’età di 17 anni è rassicurante. Il nostro studio è il primo ad evidenziare chiare differenze nei pattern di crescita tra bambini concepiti con embrioni freschi o congelati, differenze che persistono fino all’età scolare – ha commentato la Dr. Maria Magnus. Occorre avviare nuovi studi per valutare le ragioni di queste differenze. Inoltre, occorre un follow-up più lungo per capire se la crescita accelerata che abbiamo osservato nei bambini concepiti con PMA nei loro primi anni di vita può avere un impatto sulla loro salute futura.”
Fonte: [1] “Growth in children conceived by ART”, by Maria C. Magnus et al. Human Reproduction journal. doi:10.1093/humrep/deab007 Human Reproduction is a monthly journal of the European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE).
Ricerca: scoperta una nuova arma anti-sterilità? Alcuni ricercatori dell’Università della California a San Diego potrebbero aver scoperto una nuova arma anti-sterilità. E’ quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti (Pnas). Utilizzando i dati relativi a più di 30 biopsie di testicoli umani, i ricercatori americani guidati da Miles Wilkinson sono riusciti a determinare le condizioni giuste per riuscire a coltivare i precursori degli spermatozoi.
Lo studio
Una tecnica sperimentale ha consentito di ottenere in provetta le cellule staminali degli spermatozoi, chiamate spermatogoni. Per riuscire a distinguere queste cellule dalle altre presenti nei testicoli, i ricercatori californiani hanno deciso di individuarle utilizzando una sorta di identikit molecolare. Ciò è possibile grazie alla tecnica che ricostruisce la sequenza della molecola di Rna di una singola cellula. Una volta isolati i precursori degli spermatozoi, i ricercatori li hanno fatti sviluppare in provetta per un periodo compreso fra due e quattro settimane, con l’aiuto di una tecnica che controlla il processo di specializzazione delle cellule e la loro sopravvivenza. I ricercatori hanno usato il fattore Akt che regola la moltiplicazione cellulare. In questo modo, sono riusciti a stimolare la coltura in provetta di questi spermatozoi immaturi, per 2-4 settimane.
La tecnica potrebbe permettere di risolvere i problemi che finora hanno reso difficile il traguardo di ottenere le cellule staminali degli spermatozoi. Si tratta di un primo risultato che potrebbe aprire la strada ad una nuova terapia contro l’infertilità maschile.
Cosa sono gli spermatogoni?
Gli spermatogoni, o cellule staminali spermatogoniche (Ssc), sono i precursori degli spermatozoi. “Sono il santo Graal della fertilità umana – ha commentato Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia.
“Tutti i tentativi fatti finora hanno cercato infatti di poter disporre delle staminali spermatogoniali, scontrandosi però con un problema tecnico, e cioè come isolare queste pochissime e rare cellule (spermatogoni) che nel testicolo assicurano una continua moltiplicazione, se il soggetto è fertile”. Gli spermatagoni – continua Redi – “sono cellule rarissime, perchè quando si moltiplicano vanno a cascata, e dunque difficilissime da isolare”.
Quindi, possiamo concludere che è stata scoperta una nuova arma anti-sterilità? “Il loro lavoro e’ interessante perché usa in modo originale una tecnica molto recente, per la prima volta per coltivare gli spermatogoni – conclude Redi – La strada che dalla provetta arriva a farli differenziare in spermatozoi funzionanti alla clinica e’ pero’ ancora molto lunga. Ma, se funziona, e’ una bella apertura”.
Fonte: Agenzia ANSA
Disturbi dell’ovulazione e difficoltà di concepimento sono collegati. L’ovulazione è un processo molto delicato e le “interferenze” che lo rendono imperfetto non solo influiscono sul concepimento ma talvolta portano all’infertilità. Infatti, circa il 25% dei casi di infertilità femminile è causato da disfunzioni ormonali che possono portare ad anovulazione.
Vediamo alcuni dei disturbi e delle patologie più frequenti.
Sindrome dell’ovaio policistico
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) colpisce il 5-10% delle donne e causa importanti effetti sulla salute della donna. Le ovaie risultano ingrossate, con cisti multiple e la donna presenta alterazioni endocrinologiche e metaboliche. I segni e sintomi più frequenti sono: irsutismo, alopecia androgenetica e disturbi mestruali.
La PCOS è un’alterazione funzionale del sistema riproduttivo, pertanto ha un impatto achee sull’ovulazione. Di per sè non è sinonimo di sterilità. Uno stile di vita sano e corretto praticato sin dalla più giovane età aiuta nella prevenzione di questa condizione clinica.
Endometriosi
E’ una patologia che si associa ad infertilità nel 10% circa della popolazione femminile in età fertile. L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di endometrio al di fuori della cavità uterina, solitamente nella pelvi. Il trattamento nei casi lievi può essere medico mentre, in quelli più gravi, è prevalentemente chirurgico.
Insufficienza ovarica precoce
L’insufficienza ovarica precoce è una condizione caratterizzata dall’assenza di mestruazioni. I cicli mestruali possono non comparire del tutto (amenorrea primaria), oppure interrompersi precocemente prima dei 40 anni (amenorrea secondaria).
La malattia è dovuta ad anomalie nella formazione e nello sviluppo del follicolo, la struttura dell’ovaio deputata alla maturazione della cellula uovo. Comporta infertilità e presenta sintomi analoghi a quelli della menopausa, come palpitazioni, intolleranza al caldo, rossori improvvisi, ansia, depressione.
Come conseguenza dell’insufficienza ovarica precoce alcuni ormoni sessuali come le gonadotropine (LH e FSH) aumentano, mentre gli estrogeni si riducono. Queste alterazioni ormonali, tipiche della menopausa, provocano disturbi metabolici e cardiovascolari e insorgenza precoce di osteoporosi.
Iperprolattinemia
L’iperprolattinemia è un’altra causa di anovulazione, anche se poco frequente. Le cause possono essere adenomi ipofisari, assunzione di farmaci, ipotiroidismo o insufficienza renale cronica.
Cosa fare?
Nei casi di anovulazione si può indurre l’ovulazione mediante la somministrazione di alcuni farmaci (clomifene citrato e gonadotropine). L’induzione farmacologica dell’ovulazione deve associarsi a stretto monitoraggio ecografico della crescita follicolare fino all’ovulazione ed essere seguito da rapporti mirati o inseminazioni intrauterine.
I rischi maggiori di questi trattamenti sono la sindrome da iperstimolazione ovarica e le gravidanze multiple.
Nei casi di infertilità anovulatoria è fortemente consigliata una stretta collaborazione tra ginecologo ed endocrinologo, al fine di un corretto iter diagnostico-terapeutico.
Fonti: MedicalNewsToday, Ministero della Salute, Fondazione Telethon