Sottoporsi a visita andrologica è un passaggio fondamentale per la prevenzione, diagnosi e trattamento dell’infertilità maschile. Durante la visita andrologica lo specialista andrologo, oltre ad un esame obiettivo dei genitali, raccoglierà tutte le informazioni riguardanti la storia clinica e lo stile di vita del paziente, in modo da valutare quei fattori che possono aver influito sulla sua salute riproduttiva. Tali fattori potrebbero, inoltre, influire sulla fertilità di coppia.
La correzione dello stile di vita rappresenta la base del trattamento dell’infertilità maschile. Dopo la visita andrologica il secondo step è l’esame del liquido seminale, o spermiogramma, che permette di ottenere informazioni utili sulla qualità degli spermatozoi e valutare eventuali trattamenti.
La parola al Dottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.
Il Ruolo Chiave dell’Andrologo
L’Esame Seminologico
Infertilità di coppia: a quali esami si deve sottoporre l’uomo prima di valutare il ricorso alla PMA?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa il 15% delle coppie in età fertile nei Paesi occidentali è affetto da infertilità. (1) Questa problematica interessa l’uomo e la donna in egual misura. Eppure, spesso, quando una coppia non riesce ad avere un figlio, la causa viene indagata prevalentemente nella donna. Il fattore maschile è sottovalutato e manca il coinvolgimento della figura maggiormente specializzata in questo campo, l’andrologo.
Oggi si sa che l’infertilità maschile è una condizione in costante aumento: è stato stimato che negli ultimi 50 anni il numero di spermatozoi prodotti mediamente da un uomo si è dimezzato. Inoltre, anche la qualità un peggioramento della qualità degli spermatozoi è peggiorata, con un aumento della percentuale di spermatozoi con ridotta motilità, alterata morfologia o portatori di difetti genetici. (1)
Dopo la visita andrologica, lo spermiogramma è uno step fondamentale per la valutazione della fertilità dell’uomo. Si tratta un esame complesso che deve essere svolto presso centri specializzati ed eseguito secondo i criteri previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
Ce ne parla il Dottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.
Infertilità di coppia
Riprendendo quanto abbiamo detto nell’articolo che inquadrava l’andrologo come figura sostanziale nelle problematiche di infertilità di coppia ricordiamo che abbiamo parlato di infertilità di coppia come l’assenza di concepimento dopo un anno di rapporti non protetti. A questo punto, come è correttamente indicato nelle Linee Guida delle Società Scientifiche, ognuno dei due partner comincia un iter di studio separato che mira a identificare eventuali problematiche. Per il maschio la visita andrologica è la base dello studio e solo in un secondo tempo si effettuerà un esame seminologico (o spermiogramma) che valuta la ‘qualità del seme’ (numero, motilità, morfologia) e ogni altro accertamento necessario.
Lo spermiogramma
L’esame seminologico (spermiogramma) rappresenta il momento fondamentale della valutazione della eventuale infertilità (o ipo-fertilità) maschile. È un esame operatore-dipendente che deve essere effettuato presso centri specializzati e non presso laboratori comuni che non comprendono la figura di un biologo seminologo. In particolare, bisogna essere cauti nell’affidamento a centri che per rapidità di esecuzione effettuano esami seminologici computerizzati (non validati dal WHO). È buona norma che il seme venga raccolto presso il centro stesso previa astinenza dalla emissione per un minimo di tre e non oltre cinque giorni.
Valutazione del seme
Nell’analisi del seme vengono analizzati almeno sei fattori fondamentali:
Concentrazione (sperma/millilitro)
Morfologia (forma e strutture degli spermatozoi)
Motilità (come si muovono gli spermatozoi)
Fluidità ed aspetto (spessore, colore)
Conteggio totale degli spermatozoi mobili
Volume dell’eiaculato
Nell’ambito dell’analisi del seme vengono definiti dal WHO dei parametri di ‘normalità’ che vengono aggiornati periodicamente. Proprio a luglio di quest’anno e dopo ben 11 anni è entrato a vigore il nuovo WHO 2021, in sostituzione del WHO 2010. (2) Questi parametri vengono definiti ‘convenzionali’ in quanto rappresentano quelli più comunemente attenzionati nella valutazione della fertilità maschile. È l’andrologo che valuta la necessità di esami supplementari o per la ricerca di parametri ‘non convenzionali’.
Definizioni
Un basso numero di spermatozoi nello sperma viene definito oligospermia. Si definisce azoospermia, invece, l’assenza di spermatozoi nello sperma. Tale condizione, la più grave, viene distinta in secretiva o ostruttiva.
L’azoospermia secretiva, anche detta azoospermia non ostruttiva (NOA), è causata dal difetto, da parte del testicolo, nella produzione degli spermatozoi. L’azoospermia ostruttiva (OA) è invece determinata dalla presenza di un’ostruzione nel percorso che porta gli spermatozoi alla loro emissione.
La diagnosi
Spesso il volume testicolare e il profilo ormonale possono già indirizzare la diagnosi: in caso di azoospermia diventa essenziale la valutazione di almeno due degli ormoni principali nella spermatogenesi, l’FSH (ormone follicolo-stimolante) e l’LH (ormone luteinizzante). Altra possibilità di differenziare una forma ostruttiva di azoospermia da una secretiva è l’esecuzione di una biopsia testicolare. Tale intervento prevede il prelievo di una piccola parte di epitelio germinale dal testicolo da esaminare al microscopio.
Tale tecnica, nella pratica clinica di una coppia infertile, viene comunemente associata alla TESE (estrazione di sperma dal testicolo) che rappresenta la metodica più efficace e diffusa per il recupero degli spermatozoi da utilizzare per tecniche di fecondazione assistita (FIVET – ICSI). Nel caso in cui non vi è ricerca di paternità in quel momento e dovessero essere presenti spermatozoi in questo caso andrebbero congelati presso una banca del seme per potere successivamente eseguire una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Altre alterazioni seminali
La valutazione della motilità dello sperma ricerca invece eventuali cause che possono impedire una efficace attività degli spermatozoi: in questi casi si parla di astenozoospermia. L ’analisi della forma ricerca la presenza di eventuali anomalie di struttura degli spermatozoi come aberrazioni della testa e della coda (teratozoospermia).
Non è inusuale che le alterazioni della qualità del seme siano presenti in più componenti: si parla per esempio di oligoastenoteratozoospermia (in sigla OAT) per indicare una bassa quantità associata ad una bassa motilità e morfologia degli spermatozoi.
La presenza di un elevato numero di leucociti (leucospermia) può talvolta essere correlata ad una infezione delle vie seminali (qui la seminologia computerizzata è spesso fallace perché non può essere sostituita dall’occhio umano al microscopio nelle sue valutazioni).
La formazione
Negli anni la Società Italiana di Andrologia (SIA) ha indetto diversi Corsi di formazione per i Biologi e gli Andrologi con l’intento di affinare sempre più ed uniformare la esecuzione e valutazione dello spermiogramma in maniera corretta. Un recente Convegno tenutosi a Catania dal titolo “Corso teorico pratico sulla corretta esecuzione, interpretazione ed applicazione clinica dello Spermiogramma” puntava a rafforzare sempre di più tale scopo. L’esame seminologico ben eseguito ed interpretato è la base per la corretta gestione del maschio e della coppia infertile. L’approssimazione con la quale la maggior parte dei laboratori eseguono tale esame è sconfortante ed è un problema noto in Italia come ribadito nel post che qui potete leggere (L’80% delle analisi del liquido seminale sono sbagliate!). Il Convegno ha ribadito la necessità di indicare un “seminologo” come figura indispensabile per la corretta esecuzione dell’esame.
Il titolo dell’articolo faceva riferimento su quali esami si deve sottoporre il maschio nei problemi di concepimento di coppia. Mi sono soffermato quasi essenzialmente sull’esame seminologico per la necessaria importanza che esso riveste sottolineando tuttavia le anomalie che spesso si riscontrano nell’esecuzione e nella interpretazione. È spesso la valutazione di anomalie del quadro seminologico a spingere frettolosamente verso tecniche di fecondazione assistita senza che il maschio sia mai stato visitato. Vedremo, in articoli successivi, possibili fattori di rischio nella fertilità maschile, la prevenzione, la terapia a fronte di diagnosi effettuate dall’andrologo per il ripristino di una buona (talvolta ottima) qualità del seme. Ogni andrologo che si occupa di infertilità di coppia potrebbe raccontarvi di decine e decine di coppie cui una diagnosi e terapia di cause maschili di infertilità individuate ha permesso gravidanze spontanee a fronte di frettolose indicazioni a PMA.
Istituto Superiore di Sanità. Infertilità maschile e femminile. https://www.iss.it/
Rowe P.J., Comhaire F.H., Hargreave T.B., et al. WHO manual for the standardized investigation, diagnosis and management of the infertile male. World Health Organization, Geneva, 2000
La Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP) è uno step fondamentale nel percorso di PMA. E’ un insieme di tecniche che permettono di individuare la presenza di anomalie cromosomiche e/o patologie genetiche in embrioni ottenuti con la fecondazione in vitro in fasi molto precoci di sviluppo, prima che vengano trasferiti nell’utero materno (1).
La DGP è uno strumento importante per le coppie a elevato rischio riproduttivo che intraprendono un percorso di fecondazione assistita. Questa procedura, infatti, permette di ridurre il ricorso all’interruzione terapeutica di gravidanza, una scelta che può avere forti ripercussioni sia dal punto di vista psicologico che clinico (1).
L’obiettivo della DGP è identificare l’embrione migliore da trasferire, ed evitare il trasferimento di embrioni che potrebbero essere affetti da malattie gravissime o embrioni che porterebbero a un mancato impianto o a un aborto spontaneo (1).
Un altro vantaggio della DGP è l’aumento del tasso di successo della gravidanza. Infatti, se viene identificato e trasferito un embrione con cromosomi normali il tasso di gravidanza arriva fino al 40%, indipendentemente dall’età della donna (1).
La DGP è indicata in molti casi. Ad esempio, coppie con storia familiare di malattie genetiche, ripetuti transfer negativi o aborti spontanei nel corso dei cicli di PMA. Inoltre, anche nelle donne di età superiore ai 38 anni, dove è maggiore la probabilità di produrre ovociti con alterazioni cromosomiche (1).
Il consulto con il ginecologo e il genetista è essenziale, prima di intraprendere la diagnosi preimpianto. Gli specialisti provvederanno a valutare la storia clinica della coppia, illustrare le procedure, le possibilità e i limiti diagnostici, le percentuali di successo e i rischi correlati (1).
Ne abbiamo parlato con il Prof. Mauro Schimberni, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e Medicina della Riproduzione, fondatore e direttore clinico di BioRoma.
In cosa consiste il test genetico preimpianto?
Il test genetico preimpianto (PGT) è un’analisi che viene effettuata sulle blastocisti (embrione allo stadio di sviluppo di 5-6 giorni) prima di trasferirle in utero. Vengono prelevate 8-10 cellule dal trofectoderma (cellule dello strato esterno della blastocisti), la blastocisti viene congelata mentre le cellule da analizzare vengono inviate al centro di genetica.
Diagnosi preimpianto
Le tipologie di esame che possono essere eseguite sono tre:
PGT-A – Diagnosi preimpianto per le aneuploidie cromosomiche, ovvero alterazioni del numero dei cromosomi, la quale permette di valutare il cariotipo della blastocisti. Viene consigliata alle pazienti con poliabortività, età superiore ai 38 anni e ripetuti fallimenti sine causa.
PGT-SR – Diagnosi preimpianto per le traslocazioni, che consiste nell’analisi delle anomalie nella struttura dei cromosomi. Viene consigliata a pazienti con un cariotipo alterato (traslocazioni e/o inversioni cromosomiche) permette di valutare eventuali sbilanciamenti nella blastocisti.
PGT-M – Diagnosi preimpianto per malattie monogeniche, ossia dovute all’effetto della mutazione di un singolo gene. Viene consigliata a pazienti portatori di alterazioni genetiche dominanti o recessive.
Vantaggi della PGT-A
PGT-M ed -SR vengono normalmente eseguite in coppie con indicazioni cliniche specifiche (genetiche e cromosomiche); la PGT-A, invece, viene suggerita, anche in assenza di indicazioni cliniche, in pazienti con età > 38 anni, poliabortività e ripetuti fallimenti di Riproduzione Assistita. L’obiettivo è migliorare le percentuali di successo su transfer e ridurre la probabilità di aborto. Nelle donne con età superiore ai 38 anni, infatti, la qualità ovocitaria viene compromessa, in percentuale sempre crescente, per errori meiotici commessi durante la maturazione. Questo porta ad avere un numero di blastocisti che possono essere esteticamente di buona qualità, ma avere anomalie cromosomiche che ne impediscono l’impianto o ne causano un’abortività precoce.
Il trasferimento di una blastocisti con corredo cromosomico euploide (normale) ha possibilità maggiori di impiantarsi in utero. Questa tecnica permette quindi a pazienti che ottengono un numero anche elevato di blastocisti di poter sapere subito se queste hanno potenziale di impianto oppure se è necessario riprogrammare un ciclo per reclutare un nuovo gruppo di follicoli e provare a cambiare il risultato finale.
La diagnosi preimpianto è rischiosa per l’embrione?
Attualmente le tecnologie a disposizione e le crescenti competenze degli embriologi hanno reso la biopsia un processo sicuro, per la blastocisti e per la futura mamma. Le elevate percentuali di gravidanza evolutiva (normale proseguimento della gravidanza che avviene nel 65-70%) confermano chiaramente l’assenza di danno sull’embrione che altrimenti non sarebbe in grado di impiantarsi. Nello 0,2% dei casi si può non avere una diagnosi se il DNA prelevato dalla blastocisti non si amplifica correttamente nel laboratorio di genetica per bassa qualità.
Dopo quanto tempo si ha una risposta? Ed è attendibile al 100%?
La risposta arriva in media dopo 10-15 giorni dalla biopsia, il referto viene discusso con i pazienti e, se possibile, programmato subito il transfer.
La biopsia allo stadio di blastocisti consente di prelevare 8-10 cellule (invece di 1-2 cellule che si prelevavano nell’embrione di 3 giornata) e questo permette di avere una diagnosi molto attendibile. La tecnica NGS (next generation sequencing) consente di visualizzare la presenza di mosaici (embrione che presenta sia cellule euploidi che aneuploidi) e il loro eventuale trasferimento viene discusso con la coppia. L’errore di diagnosi è stato stimato essere inferiore all’1%.