Aborti ripetuti: cause e terapie

Una delle problematiche più frequenti nell’ambito dell’infertilità è quella degli aborti ripetuti.

Ne parliamo con il Dr. Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.

Gli aborti ripetuti

Molti non considerano gli aborti ripetuti come una forma di infertilità, soprattutto se la fecondazione avviene spontaneamente. In realtà, paradossalmente sarebbe meglio che il concepimento non avvenisse, rispetto a un ripetersi di aborti e questo è un concetto che si fa fatica a far capire alle coppie. Nella vita di una donna l’aborto spontaneo non è un evento raro e dal punto di vista clinico non è preoccupante. Spesso si tratta di una selezione naturale, dell’eliminazione di un embrione che non ha possibilità di crescere. L’aborto spontaneo non è colpa di nessuno, anche se talvolta si crede che sia da imputare a qualcosa che la donna ha fatto o non ha fatto.

Aborto o gravidanza biochimica?

Va detto che molto spesso gli aborti ripetuti sono semplicemente delle gravidanze biochimiche, un test positivo, un valore Beta che non supera il 1000 e risulta tale ed è evidenziato soltanto perché la coppia interviene subito, dopo un solo giorno di ritardo del ciclo, con un Beta HCG.

I veri aborti sono veramente pochi e dobbiamo comunque distinguere l’aborto con l’evidenziazione della camera, se si evidenzia l’embrione, se si evidenzia il battito.

L’età avanzata della donna è la causa più frequente di aborto

La causa più frequente di aborto è l’età della donna: sappiamo infatti che dopo i 38 anni la percentuale di anomalie ovocitarie e cromosomiche è importante.

Quando si interviene con una tecnica di PMA può essere d’aiuto svolgere una diagnosi preimpianto, per identificare le blastocisti sane ed evitare quelle malate. Infatti, spesso si verificano delle anomalie cromosomiche nel cariotipo (microdelezioni, inversioni, traslocazioni non bilanciate) che possono alterare il meccanismo di divisione cellulare e bloccare l’evoluzione della gravidanza fino a mediamente 7-8 settimane.

Vanno considerate anche eventuali alterazioni del DNA spermatico: un aumento della sua frammentazione può essere corresponsabile della poliabortività.

Un’altra situazione frequente emersa in questi anni è quella delle anomalie della trombofilia. Spesso vengono identificate in blocco, in realtà bisogna fare una distinzione. Da un lato, le anomalie maggiori sono anomalie in etero-omozigosi del fattore 2 o del fattore 5: soltanto in questi casi, e non nelle decine di altre anomalie e mutazioni della coagulazione, si può parlare di trombofilia. Oppure si può verificare un’anomalia dell’MHTFR, soprattutto in omozigosi, che porta conseguentemente alla risalita dell’omocisteina. L’omocisteina è un aminoacido tossico che può alterare la vascolarizzazione della placenta e portare a delle complicanze della gravidanza anche in età tardiva, con aumento dei rischi di gestosi di ipertensione gravitica.

La terapia

In queste situazioni bisogna iniziare il trattamento con l’aspirinetta, con l’eparina con il cortisone in epoca addirittura premestruale e assumere l’acido folico. L’acido folico già metilato è l’unico che può in qualche modo ovviare alla risalita dell’omocisteina. Nel momento in cui si individuano il follicolo o più follicoli, l’intervento della gonadotropina e l’utilizzo di progesterone ad altissime dosi – spesso associato a magnesio – sicuramente contribuisce a risolvere buona parte delle anomalie.

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