La possibilità di accesso alla vaccinazione contro Covid-19 per le donne in gravidanza e allattamento è stata sin dall’inizio della campagna vaccinale oggetto di discussione da parte delle società scientifiche nazionali e internazionali.
A causa della mancanza di dati di efficacia e sicurezza in questa popolazione, la vaccinazione è stata inizialmente sconsigliata alle donne in gravidanza, seppur non controindicata. Nel tempo, un numero crescente di donne in gravidanza si è sottoposto al vaccino o perché impegnate in ambito sanitario o perché appartenenti a categorie di pazienti considerati ad alto rischio.
Ad oggi i dati raccolti sono numerosi e rassicuranti: non vi sono evidenze di effetti avversi o complicanze né per le donne né per il feto. Per questo motivo e considerando gli effetti negativi della malattia Covid-19 sulla madre e sul feto, le società scientifiche Americane prima e quelle Italiane poi hanno scelto di raccomandare la vaccinazione alle donne in gravidanza e allattamento. (1)
La Circolare del Ministero della Salute
La Circolare del 24 Settembre 2021 del Ministero della Salute riporta: “Si raccomanda la vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19, con vaccini a mRNA, alle donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre. Relativamente al primo trimestre, la vaccinazione può essere presa in considerazione dopo valutazione dei potenziali benefici e dei potenziali rischi con la figura professionale sanitaria di riferimento. La vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 è altresì raccomandata per le donne che allattano, senza necessità di sospendere l’allattamento”. (2)
La vaccinazione è raccomandata in modo particolare nelle donne che presentano fattori di rischio associati a maggiore possibilità di sviluppare forme gravi di Covid-19. Ne sono un esempio l’età superiore ai 30 anni, l’obesità, il diabete e altre comorbidità. (2)
Nonostante le raccomandazioni, il tema della vaccinazione in gravidanza rimane delicato. Infatti, sono ancora molti i dubbi e le preoccupazioni delle neo e future mamme. Ce ne parla il Prof. Mauro Schimberni, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e Medicina della Riproduzione, fondatore e direttore clinico di BioRoma.
Quali sono i rischi dell’infezione da Covid-19 in gravidanza? Perché è importante vaccinarsi?
Quali sono le maggiori preoccupazioni delle donne in gravidanza o in cerca di una gravidanza in merito alla vaccinazione anti Covid-19?
In quale periodo della gravidanza è indicato sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19?
Sottoporsi a visita andrologica è un passaggio fondamentale per la prevenzione, diagnosi e trattamento dell’infertilità maschile. Durante la visita andrologica lo specialista andrologo, oltre ad un esame obiettivo dei genitali, raccoglierà tutte le informazioni riguardanti la storia clinica e lo stile di vita del paziente, in modo da valutare quei fattori che possono aver influito sulla sua salute riproduttiva. Tali fattori potrebbero, inoltre, influire sulla fertilità di coppia.
La correzione dello stile di vita rappresenta la base del trattamento dell’infertilità maschile. Dopo la visita andrologica il secondo step è l’esame del liquido seminale, o spermiogramma, che permette di ottenere informazioni utili sulla qualità degli spermatozoi e valutare eventuali trattamenti.
La parola al Dottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.
Il Ruolo Chiave dell’Andrologo
L’Esame Seminologico
Infertilità di coppia: a quali esami si deve sottoporre l’uomo prima di valutare il ricorso alla PMA?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa il 15% delle coppie in età fertile nei Paesi occidentali è affetto da infertilità. (1) Questa problematica interessa l’uomo e la donna in egual misura. Eppure, spesso, quando una coppia non riesce ad avere un figlio, la causa viene indagata prevalentemente nella donna. Il fattore maschile è sottovalutato e manca il coinvolgimento della figura maggiormente specializzata in questo campo, l’andrologo.
Oggi si sa che l’infertilità maschile è una condizione in costante aumento: è stato stimato che negli ultimi 50 anni il numero di spermatozoi prodotti mediamente da un uomo si è dimezzato. Inoltre, anche la qualità un peggioramento della qualità degli spermatozoi è peggiorata, con un aumento della percentuale di spermatozoi con ridotta motilità, alterata morfologia o portatori di difetti genetici. (1)
Dopo la visita andrologica, lo spermiogramma è uno step fondamentale per la valutazione della fertilità dell’uomo. Si tratta un esame complesso che deve essere svolto presso centri specializzati ed eseguito secondo i criteri previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
Ce ne parla il Dottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.
Infertilità di coppia
Riprendendo quanto abbiamo detto nell’articolo che inquadrava l’andrologo come figura sostanziale nelle problematiche di infertilità di coppia ricordiamo che abbiamo parlato di infertilità di coppia come l’assenza di concepimento dopo un anno di rapporti non protetti. A questo punto, come è correttamente indicato nelle Linee Guida delle Società Scientifiche, ognuno dei due partner comincia un iter di studio separato che mira a identificare eventuali problematiche. Per il maschio la visita andrologica è la base dello studio e solo in un secondo tempo si effettuerà un esame seminologico (o spermiogramma) che valuta la ‘qualità del seme’ (numero, motilità, morfologia) e ogni altro accertamento necessario.
Lo spermiogramma
L’esame seminologico (spermiogramma) rappresenta il momento fondamentale della valutazione della eventuale infertilità (o ipo-fertilità) maschile. È un esame operatore-dipendente che deve essere effettuato presso centri specializzati e non presso laboratori comuni che non comprendono la figura di un biologo seminologo. In particolare, bisogna essere cauti nell’affidamento a centri che per rapidità di esecuzione effettuano esami seminologici computerizzati (non validati dal WHO). È buona norma che il seme venga raccolto presso il centro stesso previa astinenza dalla emissione per un minimo di tre e non oltre cinque giorni.
Valutazione del seme
Nell’analisi del seme vengono analizzati almeno sei fattori fondamentali:
Concentrazione (sperma/millilitro)
Morfologia (forma e strutture degli spermatozoi)
Motilità (come si muovono gli spermatozoi)
Fluidità ed aspetto (spessore, colore)
Conteggio totale degli spermatozoi mobili
Volume dell’eiaculato
Nell’ambito dell’analisi del seme vengono definiti dal WHO dei parametri di ‘normalità’ che vengono aggiornati periodicamente. Proprio a luglio di quest’anno e dopo ben 11 anni è entrato a vigore il nuovo WHO 2021, in sostituzione del WHO 2010. (2) Questi parametri vengono definiti ‘convenzionali’ in quanto rappresentano quelli più comunemente attenzionati nella valutazione della fertilità maschile. È l’andrologo che valuta la necessità di esami supplementari o per la ricerca di parametri ‘non convenzionali’.
Definizioni
Un basso numero di spermatozoi nello sperma viene definito oligospermia. Si definisce azoospermia, invece, l’assenza di spermatozoi nello sperma. Tale condizione, la più grave, viene distinta in secretiva o ostruttiva.
L’azoospermia secretiva, anche detta azoospermia non ostruttiva (NOA), è causata dal difetto, da parte del testicolo, nella produzione degli spermatozoi. L’azoospermia ostruttiva (OA) è invece determinata dalla presenza di un’ostruzione nel percorso che porta gli spermatozoi alla loro emissione.
La diagnosi
Spesso il volume testicolare e il profilo ormonale possono già indirizzare la diagnosi: in caso di azoospermia diventa essenziale la valutazione di almeno due degli ormoni principali nella spermatogenesi, l’FSH (ormone follicolo-stimolante) e l’LH (ormone luteinizzante). Altra possibilità di differenziare una forma ostruttiva di azoospermia da una secretiva è l’esecuzione di una biopsia testicolare. Tale intervento prevede il prelievo di una piccola parte di epitelio germinale dal testicolo da esaminare al microscopio.
Tale tecnica, nella pratica clinica di una coppia infertile, viene comunemente associata alla TESE (estrazione di sperma dal testicolo) che rappresenta la metodica più efficace e diffusa per il recupero degli spermatozoi da utilizzare per tecniche di fecondazione assistita (FIVET – ICSI). Nel caso in cui non vi è ricerca di paternità in quel momento e dovessero essere presenti spermatozoi in questo caso andrebbero congelati presso una banca del seme per potere successivamente eseguire una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Altre alterazioni seminali
La valutazione della motilità dello sperma ricerca invece eventuali cause che possono impedire una efficace attività degli spermatozoi: in questi casi si parla di astenozoospermia. L ’analisi della forma ricerca la presenza di eventuali anomalie di struttura degli spermatozoi come aberrazioni della testa e della coda (teratozoospermia).
Non è inusuale che le alterazioni della qualità del seme siano presenti in più componenti: si parla per esempio di oligoastenoteratozoospermia (in sigla OAT) per indicare una bassa quantità associata ad una bassa motilità e morfologia degli spermatozoi.
La presenza di un elevato numero di leucociti (leucospermia) può talvolta essere correlata ad una infezione delle vie seminali (qui la seminologia computerizzata è spesso fallace perché non può essere sostituita dall’occhio umano al microscopio nelle sue valutazioni).
La formazione
Negli anni la Società Italiana di Andrologia (SIA) ha indetto diversi Corsi di formazione per i Biologi e gli Andrologi con l’intento di affinare sempre più ed uniformare la esecuzione e valutazione dello spermiogramma in maniera corretta. Un recente Convegno tenutosi a Catania dal titolo “Corso teorico pratico sulla corretta esecuzione, interpretazione ed applicazione clinica dello Spermiogramma” puntava a rafforzare sempre di più tale scopo. L’esame seminologico ben eseguito ed interpretato è la base per la corretta gestione del maschio e della coppia infertile. L’approssimazione con la quale la maggior parte dei laboratori eseguono tale esame è sconfortante ed è un problema noto in Italia come ribadito nel post che qui potete leggere (L’80% delle analisi del liquido seminale sono sbagliate!). Il Convegno ha ribadito la necessità di indicare un “seminologo” come figura indispensabile per la corretta esecuzione dell’esame.
Il titolo dell’articolo faceva riferimento su quali esami si deve sottoporre il maschio nei problemi di concepimento di coppia. Mi sono soffermato quasi essenzialmente sull’esame seminologico per la necessaria importanza che esso riveste sottolineando tuttavia le anomalie che spesso si riscontrano nell’esecuzione e nella interpretazione. È spesso la valutazione di anomalie del quadro seminologico a spingere frettolosamente verso tecniche di fecondazione assistita senza che il maschio sia mai stato visitato. Vedremo, in articoli successivi, possibili fattori di rischio nella fertilità maschile, la prevenzione, la terapia a fronte di diagnosi effettuate dall’andrologo per il ripristino di una buona (talvolta ottima) qualità del seme. Ogni andrologo che si occupa di infertilità di coppia potrebbe raccontarvi di decine e decine di coppie cui una diagnosi e terapia di cause maschili di infertilità individuate ha permesso gravidanze spontanee a fronte di frettolose indicazioni a PMA.
Istituto Superiore di Sanità. Infertilità maschile e femminile. https://www.iss.it/
Rowe P.J., Comhaire F.H., Hargreave T.B., et al. WHO manual for the standardized investigation, diagnosis and management of the infertile male. World Health Organization, Geneva, 2000
La Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP) è uno step fondamentale nel percorso di PMA. E’ un insieme di tecniche che permettono di individuare la presenza di anomalie cromosomiche e/o patologie genetiche in embrioni ottenuti con la fecondazione in vitro in fasi molto precoci di sviluppo, prima che vengano trasferiti nell’utero materno (1).
La DGP è uno strumento importante per le coppie a elevato rischio riproduttivo che intraprendono un percorso di fecondazione assistita. Questa procedura, infatti, permette di ridurre il ricorso all’interruzione terapeutica di gravidanza, una scelta che può avere forti ripercussioni sia dal punto di vista psicologico che clinico (1).
L’obiettivo della DGP è identificare l’embrione migliore da trasferire, ed evitare il trasferimento di embrioni che potrebbero essere affetti da malattie gravissime o embrioni che porterebbero a un mancato impianto o a un aborto spontaneo (1).
Un altro vantaggio della DGP è l’aumento del tasso di successo della gravidanza. Infatti, se viene identificato e trasferito un embrione con cromosomi normali il tasso di gravidanza arriva fino al 40%, indipendentemente dall’età della donna (1).
La DGP è indicata in molti casi. Ad esempio, coppie con storia familiare di malattie genetiche, ripetuti transfer negativi o aborti spontanei nel corso dei cicli di PMA. Inoltre, anche nelle donne di età superiore ai 38 anni, dove è maggiore la probabilità di produrre ovociti con alterazioni cromosomiche (1).
Il consulto con il ginecologo e il genetista è essenziale, prima di intraprendere la diagnosi preimpianto. Gli specialisti provvederanno a valutare la storia clinica della coppia, illustrare le procedure, le possibilità e i limiti diagnostici, le percentuali di successo e i rischi correlati (1).
Ne abbiamo parlato con il Prof. Mauro Schimberni, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e Medicina della Riproduzione, fondatore e direttore clinico di BioRoma.
In cosa consiste il test genetico preimpianto?
Il test genetico preimpianto (PGT) è un’analisi che viene effettuata sulle blastocisti (embrione allo stadio di sviluppo di 5-6 giorni) prima di trasferirle in utero. Vengono prelevate 8-10 cellule dal trofectoderma (cellule dello strato esterno della blastocisti), la blastocisti viene congelata mentre le cellule da analizzare vengono inviate al centro di genetica.
Diagnosi preimpianto
Le tipologie di esame che possono essere eseguite sono tre:
PGT-A – Diagnosi preimpianto per le aneuploidie cromosomiche, ovvero alterazioni del numero dei cromosomi, la quale permette di valutare il cariotipo della blastocisti. Viene consigliata alle pazienti con poliabortività, età superiore ai 38 anni e ripetuti fallimenti sine causa.
PGT-SR – Diagnosi preimpianto per le traslocazioni, che consiste nell’analisi delle anomalie nella struttura dei cromosomi. Viene consigliata a pazienti con un cariotipo alterato (traslocazioni e/o inversioni cromosomiche) permette di valutare eventuali sbilanciamenti nella blastocisti.
PGT-M – Diagnosi preimpianto per malattie monogeniche, ossia dovute all’effetto della mutazione di un singolo gene. Viene consigliata a pazienti portatori di alterazioni genetiche dominanti o recessive.
Vantaggi della PGT-A
PGT-M ed -SR vengono normalmente eseguite in coppie con indicazioni cliniche specifiche (genetiche e cromosomiche); la PGT-A, invece, viene suggerita, anche in assenza di indicazioni cliniche, in pazienti con età > 38 anni, poliabortività e ripetuti fallimenti di Riproduzione Assistita. L’obiettivo è migliorare le percentuali di successo su transfer e ridurre la probabilità di aborto. Nelle donne con età superiore ai 38 anni, infatti, la qualità ovocitaria viene compromessa, in percentuale sempre crescente, per errori meiotici commessi durante la maturazione. Questo porta ad avere un numero di blastocisti che possono essere esteticamente di buona qualità, ma avere anomalie cromosomiche che ne impediscono l’impianto o ne causano un’abortività precoce.
Il trasferimento di una blastocisti con corredo cromosomico euploide (normale) ha possibilità maggiori di impiantarsi in utero. Questa tecnica permette quindi a pazienti che ottengono un numero anche elevato di blastocisti di poter sapere subito se queste hanno potenziale di impianto oppure se è necessario riprogrammare un ciclo per reclutare un nuovo gruppo di follicoli e provare a cambiare il risultato finale.
La diagnosi preimpianto è rischiosa per l’embrione?
Attualmente le tecnologie a disposizione e le crescenti competenze degli embriologi hanno reso la biopsia un processo sicuro, per la blastocisti e per la futura mamma. Le elevate percentuali di gravidanza evolutiva (normale proseguimento della gravidanza che avviene nel 65-70%) confermano chiaramente l’assenza di danno sull’embrione che altrimenti non sarebbe in grado di impiantarsi. Nello 0,2% dei casi si può non avere una diagnosi se il DNA prelevato dalla blastocisti non si amplifica correttamente nel laboratorio di genetica per bassa qualità.
Dopo quanto tempo si ha una risposta? Ed è attendibile al 100%?
La risposta arriva in media dopo 10-15 giorni dalla biopsia, il referto viene discusso con i pazienti e, se possibile, programmato subito il transfer.
La biopsia allo stadio di blastocisti consente di prelevare 8-10 cellule (invece di 1-2 cellule che si prelevavano nell’embrione di 3 giornata) e questo permette di avere una diagnosi molto attendibile. La tecnica NGS (next generation sequencing) consente di visualizzare la presenza di mosaici (embrione che presenta sia cellule euploidi che aneuploidi) e il loro eventuale trasferimento viene discusso con la coppia. L’errore di diagnosi è stato stimato essere inferiore all’1%.
L’Italia è uno tra i Paesi europei con il più basso indice di natalità ed è tra quelli in cui l’età media per la prima gravidanza risulta più alta.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità l’infertilità in Italia riguarda circa il 15% delle coppie (1), mentre nel mondo le stime indicano circa il 10-12%. L’infertilità può essere attribuibile all’uomo (infertilità maschile), alla donna (infertilità femminile) o ad entrambi i partner (infertilità di coppia).
Cause di infertilità
Le cause dell’infertilità sono numerose e di diversa natura. Il fumo, l’obesità o l’eccessiva magrezza, diverse sostanze ambientali, la sedentarietà e perfino l’eccessiva attività fisica sono alcuni tra i principali fattori di rischio modificabili, capaci di influenzare la salute sessuale e riproduttiva di un individuo.
Altre cause, invece, sono di natura patologica: ad esempio, le infezioni sessualmente trasmesse. Queste sono una delle cause più frequenti di infertilità.
Tra le patologie correlate all’infertilità nella donna vi sono: alterazioni tubariche, malattie infiammatorie pelviche, fibromi uterini, endometriosi, alterazioni ormonali e ovulatorie. Tra gli uomini, invece, sono frequenti le patologie che alterano la produzione ormonale, riducono il testosterone e modificano la struttura e la funzione del testicolo. Tra queste, ad esempio, il varicocele.
In questi casi è importante intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate, ma anche e, soprattutto, con la prevenzione e l’informazione.
Ne abbiamo parlato con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, Responsabile clinico e Direttore Sanitario del C.R.I. (Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità) di Catania.
Cos’è l’ovaio micropolicistico? Che complicanze porta?
Le infezioni sessualmente trasmesse possono complicare il percorso procreativo? In che modo?
L’endometriosi guarisce? Cosa determina nelle donne che ne sono affette?
Il varicocele nell’uomo deve essere sempre operato? Perché danneggia la qualità del liquido seminale?
La fertilità della donna è un bene prezioso e temporaneo, che va conosciuto e tutelato.
Ogni donna nasce con un numero limitato di follicoli (strutture che contengono gli ovociti), che diminuisce ad ogni ciclo mestruale e si riduce progressivamente fino ad esaurirsi del tutto con la menopausa. Alla nascita le ovaie contengono fino a 1-2 milioni di follicoli, alla pubertà ne rimangono circa 500.000 e di questi solo 500 matureranno fino allo stato di ovuli durante la vita di una donna.
Questo significa che la fertilità di una donna è strettamente legata all’età: risulta massima tra i 20 e i 30 anni, subisce poi un calo graduale intorno ai 32 anni e un rapido declino dopo i 37. Inoltre, con il passare del tempo diminuisce anche la qualità degli ovociti, con un aumento percentuale delle alterazioni cromosomiche.
Il ricorso alla PMA
L’aumento dell’età in cui si decide di avere un figlio e quindi l’aumento del rischio di infertilità, hanno portato negli ultimi anni a un ampio ricorso da parte delle coppie alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Da quanto emerge dall’ultimo rapporto CeDAP – Analisi dell’evento nascita – Anno 2019 redatto dal Ministero della Salute, 3,06 gravidanze ogni 100 sono frutto della PMA.
Le domande delle pazienti
L’informazione e la prevenzione sono fondamentali in tema di fertilità. Le donne con difficoltà di concepimento spesso arrivano dal ginecologo con ancora molti dubbi e domande.
Ne abbiamo parlato con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, Responsabile clinico e Direttore Sanitario del C.R.I. (Centro di Riproduzione e Infertilità) di Catania.
La regolarità del ciclo è sempre un segno che l’ovulazione è avvenuta?
Che significato hanno i dosaggi dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) e dell’ormone antimulleriano (AMH)?
A che età diminuisce la fertilità di una donna?
La fertilità di una donna si può migliorare? E se sì in che modo?
Il fumo altera la fertilità nella coppia?
Perché dimagrire serve ad aumentare la fertilità?
La salute riproduttiva inizia da bambini. Nel periodo tra l’infanzia e l’adolescenza, infatti, si verificano numerose trasformazioni sia fisiche sia psicologiche prima di giungere alla maturità sessuale.
Tali cambiamenti possono favorire disturbi del sistema riproduttivo e determinare, in età adulta, difficoltà di concepimento se non addirittura infertilità, soprattutto se associati a stili di vita scorretti (ad esempio il fumo di sigaretta, il consumo di alcool, un regime alimentare non equilibrato, il sovrappeso, la sedentarietà).
I maschi, tuttavia, a differenza delle femmine, non hanno l’abitudine di sottoporsi a visite specialistiche periodiche a scopo preventivo e spesso si trovano ad affrontare un problema di salute riproduttiva quando, da adulti, decidono di avere dei figli e incontrano difficoltà di concepimento.
Da anni la Società Italiana di Andrologia (SIA) ha lanciato l’allarme, sottolineando che le cause maschili di infertilità sono troppo spesso trascurate e che negli ultimi trent’anni l’infertilità maschile è raddoppiata.
Il primo passo è rivolgersi all’andrologo e ne abbiamo parlato con ilDottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.
Chi è l’andrologo?
L’Andrologia deriva dalla parola greca aner (uomo) e logos (discorso) ed è la branca della medicina che focalizza i propri studi sulla salute maschile, con particolare riferimento alle disfunzioni dell’apparato riproduttore e urogenitale. Rappresenta pertanto lo specialista del maschio e l’analogo del ginecologo per la donna.
Negli anni, grazie a campagne di sensibilizzazione dedicate e all’attualità dei temi che tratta, l’Andrologia si è ritagliata uno spazio sempre più adeguato ed i giovani, ma spesso anche i genitori, sono sempre più attenti alla valutazione delle problematiche andrologiche e ad effettuare visite di prevenzione.
Il benessere del maschio per l’OMS
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’infertilità maschile rappresenta un’autentica patologia e come tale richiede di essere diagnosticata ed affrontata in maniera scrupolosa e tempestiva (1). Tuttavia, la mancanza, anche nei Paesi industrializzati, di politiche di prevenzione andrologica e di valutazione della salute riproduttiva, specie negli adolescenti e nei giovani-adulti, è frequentemente responsabile di una diagnosi tardiva o inappropriata di infertilità da fattore maschile, potenzialmente reversibile se adeguatamente e precocemente riconosciuta.
Infertilità di coppia
Quando parliamo d’infertilità di coppia definiamo l’assenza di concepimento dopo un anno di rapporti non protetti. A questo punto, come è correttamente indicato nelle Linee Guida delle Società Scientifiche, ognuno dei due partner comincia un iter di studio separato che mira a identificare eventuali problematiche. Per il maschio la visita andrologica è la base dello studio e solo in un secondo tempo si effettuerà un esame seminologico (o spermiogramma) che valuta la ‘qualità del seme’ (numero, motilità, morfologia) e ogni altro accertamento necessario.
La visita andrologica
La visita andrologica, come per ogni altra visita specialistica, comincia da una corretta anamnesi per indagare poi su eventuali anomalie alla nascita o nel percorso di sviluppo del maschio. Successivamente, si esplorerà sulla presenza di eventuali anomalie nella fase della pubertà e nel periodo successivo.
Così come per le femmine è ben noto il menarca, allo stesso modo per il maschio esiste lo spermarca definito come l’inizio dello sviluppo della spermatogenesi nei testicoli dei maschi a partire dalla pubertà. Essa sancisce il passaggio all’età adulta e ne inizia la possibilità di riprodursi.
Da un punto di vista fisiologico è dovuto alla ripresa della produzione del testosterone da parte delle cellule di Leydig dei testicoli, cellule che erano rimaste ‘addormentate’ dopo i primi mesi dalla nascita e che riprendono la loro funzione. Compaiono pertanto anche i caratteri sessuali secondari: la crescita dei peli pubici, di quelli ascellari e del volto, il cambio del tono della voce, l’aumento del volume testicolare e del pene e altro ancora.
L’esame obiettivo completerà la parte più importante dell’inquadramento del maschio.
Possibili patologie
La visita spesso può identificare una causa molto comune di riduzione della fertilità del maschio: il varicocele, che altro non è che la presenza di vene varicose del plesso pampiniforme. Circa il 10-15% di tutti gli uomini hanno un varicocele, la maggior parte sono asintomatici e molti non sono associati a sterilità o sintomi. Altre volte è possibile che il varicocele dia una chiara sintomatologia dolorosa o di “pesantezza” nell’emiscroto sinistro, specie dopo prolungata stazione eretta o attività sportiva intensa.
La diagnosi è clinica (basta cioè un corretto esame obiettivo) e valuta il varicocele in tre gradi: quello di I grado è palpabile solo con manovra di Valsalva (spingere con l’addome l’aria verso il basso), il II grado è palpabile senza Valsalva e il grado III è un varicocele di grandi dimensioni che è visibile ad occhio nudo anche senza palpazione.
Tra le altre cause ricordiamo:
Prostatiti: un processo infiammatorio della ghiandola prostatica che altera la qualità del secreto prostatico e la produzione degli spermatozoi.
Malattie a trasmissione sessuale: i microrganismi possono interferire con la vitalità e la produzione degli spermatozoi, nonché con la qualità del secreto prostatico e vescicolare.
Criptorchidismo: la mancata discesa nello scroto dei testicoli che induce la perdita della funzione produttiva degli spermatozoi.
Disfunzioni ormonali: i disordini della regolazione ipotalamico-ipofisario-testicolare altera gli equilibri necessari alla stimolazione ormonale degli organi produttori; tali disordini possono essere dovuti a fattori endogeni e talvolta all’azione di alcuni farmaci.
Farmaci: oltre quelli interferenti con la regolazione ormonale, altri farmaci hanno azioni tossiche più o meno dirette, soprattutto nelle assunzioni a medio-lungo periodo.
ed altro.
Conclusioni
Un fattore maschile, tra cause maschili dirette e quelle miste, è ormai presente nel 60% circa delle coppie infertili. È quindi importante iniziare precocemente l’analisi del partner di sesso maschile, nell’ambito di una valutazione di coppia, per evitare inutili o inappropriate terapie o indagini invasive nella donna.
La maggior parte degli interventi terapeutici si basa sullo stato di fertilità di entrambi i partner, e non può essere intrapreso un adeguato counseling di una coppia infertile finché entrambi i partner non siano stati valutati approfonditamente.
Rowe P.J., Comhaire F.H., Hargreave T.B., et al. WHO manual for the standardized investigation, diagnosis and management of the infertile male. World Health Organization, Geneva, 2000.
Emanuele Jannini, Andrea Lenzi e Mario Maggi, Sessuologia medica II ed.: Trattato di Psicosessuologia, medicina della sessualità e salute della coppia, Edra, 16 gennaio 2017.
Mancata gravidanza prima e fecondazione assistita poi, possono mettere a dura prova l’equilibrio psicologico della coppia
Desiderare tanto un figlio e non riuscire a dare avvio a una gravidanza può trasformarsi in disagio psicologico sia per la donna sia, in generale, per la coppia. Inoltre, la probabilità di doversi confrontare con le difficoltà di concepimento aumenta se la decisione di fare un figlioviene spostata in là nel tempo. Questo accade sempre più spesso nelle giovani coppie, per dare spazio a lavoro, sicurezza economica eccetera. Insomma, c’è il rischio di ritrovarsi ad aver rinviato per troppo tempo un appuntamento così importante della vita.
E, si sa, la biologia non aiuta. Intorno ai 40 anni, dopo uno, se non due anni di tentativi di fecondazione naturale, occorre valutare se ci siano le condizioni per intraprendere un percorso di fecondazione assistita.
Un supporto prezioso
Serve aiuto, per gestire le emozioni associate alla fecondazione assistita. Sono tante, sono forti, sono sia personali che “di coppia”. Anzitutto, gli aspetti psicologici conseguenti a una mancata gravidanza nonostante mesi di tentativo condizioneranno inevitabilmente la scelta della fecondazione assistita. Si parte già con un bagaglio di emozioni negative, come senso di svuotamento, fallimento, bassa autostima e identità in bilico.
Prima che si arrivi a un crollo emotivo è preferibile rivolgersi a uno psicologo o a un counselor. I centri di PMA solitamente offrono questo servizio, per accompagnare la coppia nel delicato percorso da uno stato d’infertilità e di vita senza figli a una fecondazione assistita che si auspica porti alla gravidanza e poi alla maternità.
Il supporto psicologico servirà, inoltre, ad affrontare e chiarire alcuni aspetti particolarmente delicati associati alla fecondazione assistita:
paura di un aborto;
timore di concepire un figlio “difettoso”;
ambiguità nella procreazione in laboratorio;
senso di isolamento rispetto ad altre coppie: non si fa parte né del mondo delle coppie infertili né di quelle che si riproducono naturalmente.
Come cambia il desiderio di diventare genitori ai tempi del Coronavirus?
Alcuni ricercatori italiani hanno condotto una survey su un campione rappresentativo della popolazione italiana in età fertile. Lo scopo dello studio era valutare l’impatto della pandemia sul desiderio di diventare genitori.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Psychosomatic Obstetrics and Gynecology è stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione. Il campione era composto da uomini e donne con una relazione eterosessuale stabile, di età compresa tra i 18 e i 46 anni. Il questionario è stato creato attraverso Google Forms e postato su WhatsApp, Instagram e Facebook.
I risultati dello studio
Il campione è composto da 1.482 persone, di cui il 63,7% donne e il 36,3% uomini. La fascia di età più rappresentata è quella tra i 31 e i 46 anni (65,6%). Il 70% ha interrotto gli spostamenti per lavoro. Il 20% degli intervistati ha dichiarato una riduzione delle entrate mensili di oltre il 50%, mentre per più della metà non ci sono state variazioni.
Le misure restrittive introdotte in Italia dal lockdown hanno avuto senza dubbio un impatto importante sulla vita dell’intera popolazione. Ansia, paura, panico, privazione della libertà, convivenza forzata: sono fattori che per molte persone hanno comportato un peggioramento della qualità di vita.
Nonostante l’impatto negativo della pandemia sulla vita quotidiana e sul benessere delle persone, la maggior parte delle coppie continua a guardare al futuro e a cercare di diventare genitore. Il 37% degli intervistati hanno interrotto la ricerca di un figlio a causa delle preoccupazioni per l’impatto economico della pandemia e le possibili conseguenze del Covid-19 sulla gravidanza.
Senza paura, verso il futuro
Molte coppie hanno iniziato a pensare di avere figli proprio durante la quarantena. Questo desiderio è stato espresso principalmente dalle donne, per un forte desiderio di cambiamento e di positività. In realtà, pochissime ci hanno provato veramente.
Sono i più giovani ad aver iniziato a sentire l’esigenza di avere un figlio durante la pandemia, segno di una maggiore energia e motivazione a investire sul futuro e a guardare sempre avanti senza paura.
I dati dello studio non dicono se le nascite aumenteranno o diminuiranno nel futuro prossimo, probabilmente l’indagine verrà ripetuta.
Fonte: Miceli E, et al., Desire for parenthood at the time of COVID-19 pandemic: an insight into thee Italian situation. Journal of Psychosomatic Obstetrics & Gynecology. Disponibile al link: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/0167482X.2020.1759545 Ultimo accesso: 20 maggio 2020.