Congelamento degli ovociti, necessità e non moda

Il congelamento degli ovociti non è una moda, ma una tecnica utile in vista di una riduzione della fertilità, per accedere in seguito a una PMA

All’egg-freezing, il congelamento degli ovociti in vista di una futura gravidanza medicalmente assistita (PMA), il settimanale statunitense “Time” ha dedicato, a partire dall’estate, ben quattro pagine, seguite da più uscite nella versione online. Negli Stati Uniti infati la tecnica sta guadagnando consensi tra le donne più giovani, che si sono affacciate da poco al lavoro dopo i duri anni dell’Università e sono convinte che il congelamento degli ovociti possa essere il metodo più sicuro per poter rimandare la gravidanza al raggiungimento di una posizione lavorativa e di una situazione sentimentale più stabili.

Ma la crioconservazione dei gameti (compresi quindi gli spermatozoi) non è stata certo messa a punto con questo obiettivo. Piuttosto, il congelamento degli ovociti (così come del liquido seminale) è indicato in tutte le condizioni che portano a una progressiva riduzione della fertilità. La principale è la necessità di sottoporsi a trattamenti sicuramente lesivi, come la chemioterapia oncologica. Ma ci sono anche patologie in grado di compromettere la fertilità, perché colpiscono direttamente gli organi della riproduzione, come un’endometriosi severa, o l’esaurimento ovarico precoce, oppure perché sovvertono la salute dell’organismo in toto, come le malattie autoimmuni.

L’egg-freezing non è certo una procedura semplice: bisogna affrontare cicli di gonadotropine, di durata variabile da donna a donna, in grado di assicurare una stimolazione follicolare, destinata a ottenere un numero sufficiente di ovociti adatti alla crioconservazione e in grado di poter essere fecondati una volta scongelati. Ogni procedura di PMA con ovociti congelati prevede infatti l’impiego di cinque-sei ovociti, che in media permettono di ottenere tre-quattro embrioni impiantabili.

Sono tutti passaggi che, inevitabilmente, riducono la possibilità di avviare una PMA con successo. Tanto più se l’aspirante mamma utilizzerà gli ovociti congelati attorno ai 40 anni: anche se vengono utilizzati gameti prelevati e crioconservati negli anni “migliori”, cioè attorno al trentesimo compleanno, l’età della futura mamma resta un fattore cruciale per portare a termine i nove mesi di gestazione. a

Ecco perché il congelamento degli ovociti è un percorso senz’altro utile in specifiche condizioni di compromissione della fertilità, per poter procedere in seguito una PMA, ma deve essere affrontato in presenza di una necessità impellente e in seguito a una motivazione attentamente meditata, se possibile, con un buon sostegno psicologico.

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