Diagnosi preimpianto: un appello al Ministro della Salute

L’Associazione Luca Coscioni e le associazioni di coppie che accedono o si accingono ad accedere alla fecondazione medicalmente assistita hanno lanciato un appello al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e al Comitato Lea, chiedendo che nell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sia inclusa la diagnosi preimpianto anche nelle strutture pubbliche, affinché l’aspetto economico non diventi un ostacolo a realizzare il desiderio di genitorialità.

In previsione dell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), l’Associazione Luca Coscioni – un’associazione no profit di promozione sociale fondata nel 2002 da Luca Coscioni – insieme alle associazioni di coppie che accedono alla fecondazione medicalmente assistita, ha deciso di lanciare un appello in cui si chiede d’includere la diagnosi preimpianto tra i LEA e il libero accesso a tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).

Il loro appello fa leva su 3 istanze in particolare: in primo luogo viene chiesta la definizione del tariffario per queste prestazioni dal momento che, dopo 1 anno dall’aggiornamento, il fabbisogno delle persone che desiderano accedere a tali servizi resta ad oggi disatteso; in secondo luogo che sia prevista l’inclusione nei LEA della diagnosi genetica preimpianto (PGD) e dello screening genetico preimpianto (PGS) affinché tali indagini siano considerate procedure integranti delle diagnosi prenatali; infine che siano pubblicizzati sia il numero di gravidanze con indagini cliniche preimpianto sia il numero di embrioni non idonei per una gravidanza: la disponibilità di queste informazioni – attualmente raccolte dal registro nazionale sulla PMA senza però essere oggetto di presentazione nella relazione al Parlamento – sarebbe difatti molto importante e utile non solo per le coppie ma anche per stutta la comunità scientifica.

L’appello in questione scaturisce da alcuni limiti ribaditi dall’Associazione Coscioni e da quelle delle coppie: in primis la carenza di strutture pubbliche che erogano le indagini PGD e PGS; basti pensare, difatti, che tra i 354 centri di PMA in Italia (di cui 112 pubblici) solo 5 eseguono queste tecniche di diagnosi preimpianto, quando in realtà tutti i centri autorizzati ad applicare le tecniche di fecondazione in vitro dovrebbero erogare le procedure di diagnosi preimpianto ai sensi della legge 40/04 sulla PMA, la quale prevede che la coppia possa chiedere di conoscere lo stato dell’embrione/blastocisti prima dell’impianto in utero.

A seguire l’insostenibilità dei costi da parte di tutti e una sorta di mancanza di “trasparenza” delle informazioni, quest’ultima ascrivibile al fatto che nella relazione presentata annualmente al Parlamento da parte del Ministro della Salute – ai sensi della legge 40/04 – non sono riportati i dati inerenti le gravidanze con tecniche di PMA e indagini di diagnostica preimpianto, così come non sono neppure riportati i dati sul numero di embrioni crioconservati non idonei per una gravidanza a seguito di una PGD.

Articoli correlati
Fertilità

Infertilità maschile: la terapia ormonale

Fertilità

Inositolo e fertilità

Fertilità

Le cattive abitudini che riducono la fertilità

Ricerca all’interno del sito