L’ovodonazione è una tecnica di fecondazione assistita con cui si può rimanere incinta anche in un periodo non fertile per la donna come la menopausa. Nonostante questa reale possibilità di oltrepassare i limiti fisiologici imposti dall’invecchiamento ovarico in Italia è sconsigliato di sottoporsi a questa tecnica dopo i 50 anni. Numerosi studi indagano sui rischi materni e fetali legati all’avanzare dell’età.
L’ovodonazione permette di ottenere una gravidanza mediante la donazione di ovociti da parte di una donna giovane, questo procedimento consente di superare il problema della fertilità età correlata. Le motivazioni per cui si ricorre più frequentemente a questo tipo di trattamento sono da ricercare nelle menopause precoci, la ridotta riserva ovocitaria o l’età materna avanzata. È noto che dopo i 35 anni c’è un declino fisiologico della riserva ovarica sia in senso di quantità numerica che in senso di qualità del gamete da utilizzare.
Non esistono al momento linee guida internazionali che aiutano nella gestione della paziente infertile che si sottopone ad ovodonazione ma una commissione di esperti di infertilità ha sancito in Italia oltre alle indicazioni per accedere al servizio anche un documento con cui veniva sconsigliata l’esecuzione dell’ovodonazione in donne di età superiore ai 50 anni. Il motivo del limite ai 50 anni di età è dovuto ai rischi collegati alla gestazione che aumentano notevolmente con il passare dell’età nella donna che deve affrontare la gravidanza; i rischi sono sia per la madre di sviluppare patologie come l’ipertensione gestazionale o la pre-eclampsia sia per il feto patologie come il ritardo di crescita intrauterino o il parto pretermine. È infatti dimostrato che con l’aumentare dell’età materna c’è una difficoltà nello sviluppo della placenta, organo che nutre il bambino durante la sua permanenza nel ventre materno; questa insufficiente attività placentare è poi la causa delle patologie come la pre-eclampsia e il ritardo di crescita intrauterino.
Dott.ssa Laura Badolato