L’inseminazione Intrauterina raccontata da Guido Ragni, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
Lo scorso 2 marzo si è svolto a Milano, l’incontro “Esperienze di Procreazione Medico Assistita in Lombardia”, evento sponsorizzato dall’azienda farmaceutica Ferring.
L’obiettivo dell’incontro, che ha visto la partecipazione della maggior parte dei Centri di Procreazione Medico Assistita presenti in Lombardia, era quello di analizzare, valutare e discutere le esperienze di PMA compiute dai vari centri, esaminando nello specifico dei casi clinici reali. L’evento ha quindi consentito non solo la presentazione delle principali tecniche di PMA, ma anche la discussione sulle loro indicazioni, risultati e complicanze.
Il seminario è stato introdotto dal Prof. Guido Ragni, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che oggi abbiamo il piacere di intervistare.
1. Buongiorno Dott. Ragni, la ringraziamo per la sua disponibilità a parlarci di Inseminazione intrauterina. Iniziamo subito col chiederle in che cosa consiste la tecnica dell’inseminazione intrauterina, in particolare le chiederei di spiegarci come avviene, cosa deve fare la coppia per prepararsi all’inseminazione.
La procedura di inseminazione intrauterina è la più semplice tra le procedure di Procreazione Medico Assistita ed è quella che più si avvicina al normale processo di fecondazione in quanto la fecondazione stessa avviene in vivo, cioè nel corpo della donna.
La procedura prevede essenzialmente 3 momenti:
– il primo momento è una blanda stimolazione ormonale che viene eseguita per essere certi dell’ovulazione ed avere anche la certezza di praticare l’inseminazione nel giorno giusto in quanto l’ovulazione verrà monitorata con 3-4 ecografie vaginali nel corso del ciclo. La stimolazione deve essere, come ho detto, molto limitata, blanda,con l’obiettivo di evitare la crescita di più follicoli e questo naturalmente per evitare gravidanze multiple;
– il secondo momento è la preparazione del liquido seminale che consiste nel selezionare in laboratorio gli spermatozoi più mobili. Quindi gli spermatozoi non vengono manipolati ma semplicemente separati. Questi spermatozoi saranno quelli che vengono successivamente inseminati, ovvero inseriti in utero.
– Il terzo ed ultimo momento è per l’appunto l’inseminazione nell’utero con un sottile catetere attraverso il collo dell’utero stesso, degli spermatozoi preparati. La procedura è assolutamente indolore, ambulatoriale, la paziente rimane qualche minuto sul lettino e poi può successivamente praticare la sua normale attività giornaliera.
2. Secondo i dati raccolti, quante coppie riescono ad avere un bimbo grazie ad interventi di primo livello come la IUI?
Nei 300 centri italiani che praticano circa 30.000 cicli di inseminazione ogni anno, i risultati dal 2005 in poi fino al 2011 sono sempre stati molto stabili. Il 10% per ciclo. Attenzione però, per leggere correttamente questo risultato è necessario rapportare la percentuale di successo all’età della donna. Dal 2005 in poi, l’età media della donna è stata di 35 anni con il 20% quindi 2 donne su 10 oltre i 40 anni. I risultati oltre i 40 anni si dimezzano, non più il 10% per ciclo ma solo il 5% per ciclo, mentre intorno ai 30 anni i risultati sono tra il 15% e il 20% per ciclo. Se confrontiamo questi dati a quanto avviene normalmente in una coppia fertile, vediamo che i risultati non sono molto dissimili. Infatti la razza umana ha un indice di fecondità per ciclo molto basso, e solo del 22-23% in una coppia fertile con donna di 20-25 anni, e in una donna di 35 anni scende al 15%, quindi non molto lontana dal 10% che si ottiene con l’inseminazione in donne di pari età.
3. Durante l’evento tenutosi il 2 marzo presso la Mangiagalli e promosso dall’azienda farmaceutica Ferring, si è acceso un vivace dibattito sull’efficacia della IUI poiché i dati relativi al successo di questa pratica sono molto bassi. Perchè secondo Lei, da cosa dipendono gli alti numeri di insuccesso?
La maggior parte di insuccessi dipende essenzialmente da due fattori:
– il primo è dovuto a quanto detto prima, l’età; l’età della donna è estremamente importante, eseguire l’inseminazione in una donna di oltre 40, 42 anni significa andare incontro ad un alto numero di insuccessi;
– il secondo fattore fondamentale è una corretta indicazione: 3 sono infatti le indicazioni nelle quali l’inseminazione può avere il massimo dei risultati: la prima è l’infertilità maschile. Voglio sottolineare che inseminare meno di 3 milioni di spermatozoi mobili espone ad un quasi sicuro insuccesso; secondo, l’infertilità causa sconosciuta, vale a dire quando tutti gli esami sulla coppia sono normali e dopo un anno non si sia ancora ottenuta la gravidanza; terza indicazione, difficoltà ovulatoria della donna con conseguente difficoltà ad avere rapporti nella cosiddetta finestra fertile del ciclo.
4. Ma secondo lei, è sempre necessario per le coppie tentare la IUI o forse non sarebbe meglio passare direttamente a pratiche di secondo livello?
Io credo che nelle corrette indicazioni sia utile eseguire una inseminazione intrauterina, anche per seguire, credo, la gradualità di terapia, dalla più semplice alla più complicata come la fecondazione in vitro, gradualità voluta anche dalla legge 40/2004 sulla procreazione medica assistita.
5. Dopo quanti tentativi di IUI si può accedere alle tecniche di secondo livello?
Sempre la Legge 40 permette l’esecuzione fino ad un massimo di 6 inseminazione intrauterine. Credo però sinceramente, che in maniera ragionevole non sia utile eseguirne più di 3, in quanto a differenza della fertilizzazione in vitro, i risultati diminuiscono sensibilmente dalla prima alla terza inseminazione e sono praticamente ridotti dopo la terza.