La preservazione della fertilità nei pazienti oncologici

Ogni giorno la Scienza affina sempre più le sue armi nella lotta contro il cancro soprattutto quando la malattia colpisce pazienti in giovane età. Diagnosi sempre più precoci e terapie innovative migliorano il tasso di sopravvivenza. Non solo: vi sono anche i mezzi per aggirare quello che tra gli effetti collaterali delle terapie antitumorali è il più temuto, ovvero, la possibile compromissione della funzione riproduttiva.

Oggi, infatti, è possibile prevenire l’infertilità dovuta ai trattamenti oncologici ricorrendo alla preservazione dei gameti prima dei trattamenti chemioterapici. Ce ne parla la Dr.ssa Maria Elena Vento, Senior Clinical Embriologist (ESHRE).

Effetti delle terapie antitumorali sull’apparato riproduttivo femminile e maschile

Le attuali terapie antitumorali permettono la guarigione o la sopravvivenza a lungo termine nella maggioranza dei giovani pazienti oncologici. Tuttavia, possono compromettere la funzione riproduttiva in maniera temporanea o permanente. Questo riguarda sia i trattamenti locali come la radioterapia e la chirurgia, che i trattamenti sistemici come la chemioterapia e l’ormonoterapia.

È importante precisare che la reazione ai trattamenti varia da individuo a individuo e dipende da una serie di fattori. Ad esempio: tipo di farmaco, dose utilizzata, patologia in atto, durata del trattamento e, infine, età del paziente.

L’uomo

Nell’uomo alcuni effetti collaterali, conseguenti ai trattamenti antineoplastici, sono facilmente misurabili con la valutazione del numero di spermatozoi nell’eiaculato, la loro motilità e morfologia e l’integrità del DNA di cui sono vettori. Vi possono essere altri danni, evidenziabili solo con esami molto complessi, come le alterazioni nella struttura e nel numero dei cromosomi che portano inevitabilmente all’aborto in caso di concepimento.

La donna

Nella donna i trattamenti antiblastici, quali chemioterapia e radioterapia, in particolare quelli che danneggiano il DNA, riducono drasticamente il numero degli ovociti primordiali, diminuendo la cosiddetta riserva ovarica e aumentando il rischio d’infertilità e menopausa precoce.

Trattamenti chirurgici e/o radioterapia possono indurre cambiamenti anatomici o della vascolarizzazione a carico delle tube e impedire il concepimento naturale anche in presenza di funzione ovarica conservata. In questi casi è possibile ricorrere alle tecniche di riproduzione assistita per ottenere la gravidanza.

Le raccomandazioni AIOM

Ritengo importante citare le raccomandazioni dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica): ”La crescente complessità dei trattamenti oncologici integrati, più efficaci ma anche più tossici, impone già in fase di programmazione terapeutica una maggiore attenzione alla qualità di vita a lungo termine, compresa un’attenta discussione sui temi riproduttivi.  È pertanto indispensabile assicurare a questi pazienti un percorso privilegiato e tempestivo per l’attuazione di strategie per preservare la fertilità che consentano l’accesso ai trattamenti oncologici nei tempi appropriati, senza ritardi che possano comprometterne l’efficacia. Al superamento della malattia, laddove le condizioni cliniche lo consentano, i pazienti potranno ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita utilizzando il materiale biologico in precedenza prelevato e conservato presso la banca biologica dedicata”.

I tumori e la popolazione giovane

Le patologie neoplastiche sono in crescente aumento e colpiscono fasce sempre più giovani di popolazione. Si calcola che, in Italia, circa il 3% dei casi di tumore maligno sia diagnosticato in pazienti di età inferiore ai 40 anni.

I più comuni tipi di cancro nei giovani sono rappresentati nell’uomo dal tumore del testicolo, del colon-retto, della tiroide, dal melanoma e dal linfoma non Hodgkin, mentre nella donna dal carcinoma mammario, dal tumore della tiroide, della cervice uterina, del colon-retto e dal melanoma. Diverse condizioni socioculturali hanno inoltre determinato, negli anni, uno spostamento in avanti dell’età della prima gravidanza e non è raro, quindi, che il cancro possa colpire uomini e donne che non hanno ancora terminato il proprio percorso riproduttivo.

Il tempo: un fattore chiave

La diagnosi di qualunque neoplasia rappresenta un momento drammatico per la vita del paziente ma l’insorgenza in giovani-adulti può influenzare la salute riproduttiva e sessuale e incidere in modo rilevante sulla vita futura. Ricorrere alla crioconservazione delle cellule riproduttive, prima di intraprendere il difficile percorso delle terapie antitumorali, fornisce ai pazienti la possibilità di non rinunciare a una genitorialità futura rimandando la scelta di diventare genitori in tempi più consapevoli.

Il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale. In genere è lo stesso Oncologo che, una volta comunicata la diagnosi, invita il paziente o la famiglia, in caso di minori, a prendere contatto con i Centri specializzati, distribuiti almeno uno per regione, nel territorio nazionale.  Essi saranno in grado di offrire una strategia personalizzata per raggiungere un importante obiettivo: crioconservare le cellule riproduttive senza interferire con il percorso della guarigione.

Le norme

A indicare la strada è l’accordo “Tutela della fertilità nei pazienti oncologici”, su proposta del Ministero della Salute e, approvato nella seduta del 21 febbraio 2019 dalla Conferenza Stato Regioni.

Il documento definisce sia i criteri di accesso dei pazienti al Percorso diagnostico- terapeutico assistenziale (Pdta), che le regole per l’istituzione, organizzazione e gestione delle Biobanche per la conservazione di questo prezioso materiale biologico.

Proprio per assicurare una conservazione sicura e qualitativamente garantita di gameti e tessuti riproduttivi, il documento dispone regole precise per l’istituzione, organizzazione e gestione delle biobanche. Queste devono essere istituite in centri pubblici o senza scopo di lucro, il loro numero definito in ogni Regione e rispondere a criteri organizzativi e strutturali rigorosi periodicamente verificati, definiti a livello europeo. La progettazione delle sale criobiologiche, deve essere eseguita seguendo rigide regole costruttive e gestionali, per garantire la qualità dei materiali conservati e la sicurezza degli operatori della biobanca.

Nonostante l’accesso alle strutture autorizzate in territorio nazionale sia tempestivo, solo 5 regioni (Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania) hanno già recepito il documento pertanto le modalità d’accesso variano da Centro a Centro.

L’importanza del counseling multidisciplinare

Il counseling multidisciplinare è fondamentale e il Ginecologo della Riproduzione, insieme all’Oncologo, sono figure chiave nell’elaborazione della strategia terapeutica più adeguata. Il raggiungimento dell’obiettivo richiede, come già accennato, anche altre figure specialistiche (chirurgo, radioncologo e psicologo) e strutture adeguate. Il Laboratorio di Criobiologia, gestito da Biologi esperti nelle tecniche più all’avanguardia per congelare cellule e tessuti, rappresenta il perno di questo proposito. L’incontro con lo psicologo è, inoltre, parte integrante del percorso poiché consente ai pazienti momenti di riflessione che favoriscono la partecipazione attiva al percorso di cura.

Le tecniche

Le tecniche di crioconservazione consentono il mantenimento della vitalità cellulare per un tempo prolungato a bassissime temperature (- 196° C) in azoto liquido, permettendo il loro impiego anche dopo molti anni.

Per preservare la fertilità si congelano nell’uomo gli spermatozoi o il tessuto testicolare, nelle donne gli ovociti o il tessuto ovarico.

Per contrastare il possibile danno che le basse temperature provocano sulle cellule, il campione è preparato aggiungendo particolari sostanze denominate “crioprotettori”. Il loro utilizzo, in concentrazioni e tempi di esposizione adeguati, protegge il materiale biologico dallo shock termico e salvaguarda l’integrità della membrana cellulare.

Nella fattispecie il crioprotettore a contatto con la cellula:

  1. Penetra all’interno e va a sostituire l’acqua intracellulare. Ciò determina un abbassamento della temperatura di congelamento in modo da evitare la formazione di cristalli di ghiaccio che possono ledere la struttura intracellulare.
  2. Stabilizza le membrane cellulari proteggendole dallo shock termico.

 

In due articoli dedicati, affronteremo più un dettaglio le tecniche di crioconservazione per l’uomo e per la donna.

 

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