Dott.ssa Elena Giolo, S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita, I.R.C.C.S. Burlo Garofolo, Trieste
La tappa fondamentale nell’impianto embrionario è il contatto tra il trofoectoderma dell’embrione (allo stadio di blastocisti) e la parete uterina. Perché ciò possa avvenire la blastocisti deve sgusciare (Hatching) dalla zona pellucida che la circonda.
Alcuni studi, in diverse specie, hanno dimostrato che la coltura in vitro degli embrioni altera questo meccanismo di hatching, aumentando il fabbisogno energetico dell’embrione (1,2) e che gli embrioni umani coltivati in vitro presentano un hatching variabile (3).
Per ovviare a questi inconvenienti e facilitare il processo di sgusciamento delle blastocisti si può praticare, in laboratorio, un’apertura artificiale nella zona pellucida, questa tecnica prende il nome di Assisted Hatching.
Il metodo più utilizzato attualmente è quello laser-assistito ma si può utilizzare anche un metodo chimico, che prevede l’utilizzo di una soluzione acida di Tyrode attualmente quasi completamente abbandonata. Si tratta comunque sempre di una tecnica di micromanipolazione
Selezione delle pazienti
Dai primi studi fatti sull’utilizzo di questa tecnica, è stato chiaro che non tutti gli embrioni o le pazienti ne traggono beneficio (4).
L’assisted hatching si è dimostrato efficace in pazienti con prognosi sfavorevole e che presentano una zona pellucida spessa e più resistente aumentando il tasso di gravidanza clinica, ma non in pazienti giovani con una prognosi favorevole per la gravidanza.
A chi proporla?
- Pazienti con embrioni congelati/scongelati
- Pazienti con età > 38 anni
- Pazienti con ormone FSH elevato (>10mlU/ml) al terzo giorno del ciclo
- Pazienti con ormone AMH basso (<0,8 ng/ml) indice di scarsa riserva ovarica
- Pazienti con precedenti fallimenti inspiegati
- Pazienti con embrioni con zona pellucida ispessita
Benché le evidenze cliniche sull’assisted hatching non siano conclusive, diversi studi suggeriscono che le percentuali di gravidanza siano più elevate nei casi in cui la zona pellucida sia micromanipolata, a patto vi sia un’adeguata formazione del personale e una selezione delle pazienti. È evidente tuttavia che i risultati ottenuti dalle diverse cliniche siano differenti a seconda di vari fattori quali la tecnica di assisted hatching utilizzata, le prestazioni del laboratorio, la competenza dell’operatore nell’esecuzione della micromanipolazione, la perizia del ginecologo nel trasferimento dell’embrione in utero, etc.
BIBLIOGRAFIA
- McLaren A. “Can mouse blastocysts stimulate a uterine response before losing the zona pellucida?” J Reprod Fertil 1969; 19:199-201
- Gonzales D.S. and Bavister B.D. “Zona pellucida escape by hamster blastocysts in vitro is delayed and morphologically different compared with zona escape in vivo.” Biol Reprod 1995;52 (2):470-80
- Malter H. E. and Cohen J. “Blastocyst formation and hatching in vitro following zona drilling of mouse and human embryos” Gamete Res 1989; 24:67-80
- Cohen J., Alikani M., Trowbridge J. And Rosenwaks Z. “Implantation enhancement by selective assisted hatching using zona drilling of human embryos with poor prognosis” Hum Reprod 1992; 7:685-91