Le pazienti sottoposte alle procedure di stimolazione ovarica possono essere definite pazienti poor responder e hyper responder.
Le possibilità di successo delle diverse procedure di stimolazione ovarica variano in base all’età e alle caratteristiche delle singole pazienti.
Una ridotta risposta al protocollo di stimolazione: le poor responder
Si definiscono pazienti poor responder coloro che hanno appunto una ridotta risposta al protocollo di stimolazione ovarica e dunque con una riserva ovarica ridotta.
Si tratta di uno dei problemi maggiori nelle procedure di procreazione medicalmente assistita, in quanto la scarsa risposta sembra rappresentare un fattore prognostico sfavorevole per cicli successivi abbassando notevolmente la possibilità di concepimento. Va sottolineato che i criteri d’identificazione di scarsa risposta ovarica non sono uniformi: nella maggior parte dei casi le poor responder vengono identificate in base al numero dei follicoli pre ovulatori reclutati o sul numero di ovociti prelevati. Non c’è però consenso sul numero soglia: si va da 2 a 5 per i follicoli e da 3 a 5 per gli ovociti.
Alto numero di follicoli prodotti: le hyper-responder rischiano l’iperstimolazione ovarica
Esiste poi un gruppo diverso di pazienti definite hyper-responder, che producono un alto numero di follicoli anche con basse dosi di gonadotropine e richiedono, pertanto, una gestione più attenta al fine di evitare il rischio d’incorrere in una vera e propria patologia definita sindrome da iperstimolazione ovarica (ovarian hyperstimulation syndrome – OHSS). Si tratta di una patologia causata dai farmaci utilizzati per indurre l’ovulazione. Va però altresì chiarito che la sindrome non è una necessaria conseguenza della terapia di stimolazione ovarica, si tratta anzi di un’evenienza eccezionale, e che può essere prevenuta riducendo le stimolazioni dell’ovaio con dosaggi delle gonadotropine più bassi di quelli abituali.
Dott. Placido Borzì