Riproduzione e disforia di genere

Maurizio Bini
SSD Diagnosi e Terapia della sterilità e Crioconservazione
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Cà Granda, Milano

La disforia di genere, o disturbo dell’identità di genere, cioè quel malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico o nel genere assegnatogli alla nascita, comporta evidenti ripercussioni quando si tratta di riproduzione.

Le procedure di adeguamento di genere comportano problemi specifici in campo riproduttivo che devono essere sempre discussi prima di ogni scelta terapeutica ormonale o chirurgica.

 

La disforia di genere: agli aspetti burocratici a quelli riproduttivi

La legge 164/ 82 che norma sul territorio Italiano i percorsi per la riassegnazione di genere in pazienti con disforia è da sempre stata interpretata nel senso di prevedere la chirurgia genitale prima della variazione anagrafica.

A seguito della sentenza della corte di Cassazione n 15138 del luglio 2015 è stato consentito in alcuni casi il cambio del nome e del sesso attribuito anche senza interventi genitali, se il soggetto mostra una definitiva integrazione con la nuova identità.

Le due situazioni determinano problematiche differenti in merito ai processi riproduttivi e all’eventuale crioconservazione gametica. In caso di mantenimento dell’integrità anatomica infatti il recupero della fertilità può sempre essere tentato anche in epoca successiva alla riassegnazione (se nel frattempo il paziente non ha superato l’età riproduttiva) con la sospensione prolungata della terapia ormonale ed eventuale stimolo gonadotropinico per superare lo stato di ipogonadismo ipogonadotropo indotto farmacologicamente.

In caso di procedure chirurgiche di riassegnazione genitale si pone invece il problema della preservazione preventiva della fertilità dei soggetti.

Le linee guida internazionali prevedono che l’opzione di crioconservazione sia offerta a tutti i pazienti che debbano intraprendere una chirurgia genitale demolitiva e risulta quindi indispensabile sempre avere a disposizione documentazione firmata dell’avvenuta discussione preventiva delle opzioni di preservazione della fertilità, perché molto spesso il desiderio riproduttivo matura in epoca successiva quando le urgenze delle modifiche corporee diventano meno pressanti e le situazioni relazionali più consolidate. Le situazioni sono ovviamente dissimili nei transiti MtF e FtM (questa la dizione clinica corretta) data la diversa numerosità e accessibilità dei gameti nei due sessi.

 

Disforia di genere: uomo verso donna

La crioconservazione di gameti maschili è ovviamente più semplice e meno costosa data la non necessità di induzione farmacologica anche se l’urgenza riproduttiva in questo tipo di conversione è in genere meno sentita in questa prima fase del processo. Una terapia femminilizzante e antiandrogena moderata già in corso non controindica il deposito anche se la sospensione trimestrale è consigliata; in qualche caso è indispensabile la somministrazione di inibitori selettivi della 5 fosfodiesterasi per facilitare il processo erettivo o l’induzione meccanica dell’ejaculazione con elettrostimolatori. La crioconservazione di polpa testicolare in corso di orchiectomia viene effettuata raramente perché i soggetti sono avviati alla chirurgia dopo periodi prolungati di terapia ormonale che inducono azoospermia secretoria.

Essendo l’attrazione sessuale fattore del tutto indipendente rispetto all’identità di genere è possibile che dopo la strutturazione genitale in senso femminile il soggetto costituisca coppia omoparentale con altro soggetto di sesso femminile che possa essere fertilizzato (non in Italia visto il divieto dell’art 2 della legge 40) col seme crioconservato. Nella maggior parte dei casi viene strutturata una relazione con soggetto di sesso maschile; in questo caso una eventuale riproduzione sarà possibile solo utilizzando madre surrogata e ovodonazione (ovociti fertilizzati con i gameti maschili dei due partner). Anche questa pratica è vietata in Italia in base all’articolo della legge 40.

 

Disforia di genere: donna verso uomo

Una crioconservazione di gameti femminili è decisamente più complessa per la necessità dell’induzione farmacologica, del tempo di maturazione, del monitoraggio e del prelievo transvaginale.

In accordo con le altre indicazioni, non essendo seguita da transfer, la stimolazione può essere iniziata in qualsiasi momento del ciclo e richiede dai 12 ai 15 giorni per la completa maturazione follicolare. I protocolli utilizzati per l’ovodonazione (ciclo short con gonadotropine e antagonista e trigger con analogo) sembrano i più appropriati consentendo un più rapido spegnimento del quadro di iperstimolazione ovarica indotta. Data la frequente avversione verso gli aspetti penetrativi endovagionali di soggetti che hanno richiesto la transizione verso il maschile il monitoraggio transaddominale e il prelievo transvaginale in anestesia generale sono i più appropriati.

Uno stoccaggio di almeno 12 ovociti migliora la prognosi riproduttiva successiva. L’induzione multipla dell’ovulazione per crioconservazione in pazienti con disforia non rientra nei casi previsti di l’esenzione per l’acquisto delle gonadotropine (nota 74) quindi la spesa farmacologica resta a carico dei soggetti. La crioconservazione di tessuto ovarico in corso di castrazione chirurgica, pur essendo pratica sperimentale ,è pratica comunque da suggerire in soggetti giovani data la disponibilità temporanea e senza rischi aggiuntivi per la paziente di materiale potenzialmente utilizzabile in tempi futuri. Nel transito verso il maschile l’attrazione sessuale esclusiva verso altri soggetti di sesso maschile è così infrequente da poter essere tralasciata. Più comune è l’attrazione per il femminile (o la bisessualità). La richiesta riproduttiva di coppia ha quindi a disposizione sia l’utero (eventualmente due se la rettificazione anagrafica è avvenuta senza correzione genitale) che due popolazioni ovocitarie.

Mancano solo i gameti maschili; una fecondazione eterologa di primo o secondo livello è quindi possibile per il partner con anagrafica femminile anche sul territorio italiano in base alla sentenza 162/14 della Corte Costituzionale. Una fecondazione eterologa sul partner con anagrafica maschile a genitali femminili integri è possibili solo in paesi (ex USA) dove la medicina contrattualistica è prevalente su quella deontologica.

 

Le criticità

Per concludere si segnalano ulteriori due criticità: la prima è relativa alla tracciabilità e utilizzo di campione crioconservato in soggetto che ha cambiato l’anagrafica e quindi la necessità che al momento della richiesta di utilizzo il soggetto esibisca documentazione in merito all’avvenuta transizione (l’informazione preventiva su questo punto al paziente non è superflua data la diffusa tendenza dei pazienti a cancellare qualsiasi traccia documentale del periodo antecedente la modifica corporea).

La seconda criticità riguarda la tendenza attuale alla drastica riduzione dell’età di accesso nei servizi che si occupano di disforia di genere. Sempre più pazienti (supportati dall’ambito famigliare non più oppositivo ma incoraggiante) richiedono di iniziare la transizione in epoca prepubere. Data la delicatezza di queste situazioni la diagnostica è particolarmente accurata e supervisionata ma in alcuni casi indubitabili viene deciso un blocco ipotalamico con analoghi del GnRH per impedire lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e quindi evitare la successiva rimozione chirurgica. E’ evidente che in questi casi il blocco riguarda anche la linea gametica che ancora non è maturata e che quindi i pazienti e i genitori devono essere preventivamente informati che la crioconservazione in questi casi non può essere effettuata.

 

Bibliografia

Hembree WC, Cohen-Kettenis PT, Gooren L. Endocrine treatment of gender-dysphoric/gender-incongruent persons:an endocrine society clinical practice guideline. Endocrine practice 2017;23(12):1437

 

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