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L’ormone antimulleriano (AMH) è un importante indicatore della riserva ovarica che, a sua volta, è indicatore di fertilità della donna. Ha un ruolo fondamentale, perché regola la crescita e lo sviluppo dei follicoli nelle ovaie e impedisce che si sviluppino follicoli non ancora maturi.

Ci spiega bene il suo ruolo la Dottoressa Alessandra Tiezzi, ginecologa, Responsabile del Centro di Fecondazione assistita della CLINICA NUOVA RICERCA di Rimini.

Cos’è l’ormone antimulleriano

L’ormone antimulleriano è un importante indicatore di riserva ovarica, prodotto dalle cellule della granulosa che rivestono i follicoli nella fase iniziale del loro sviluppo. È un ormone importante, perché regola la crescita e lo sviluppo dei follicoli nelle ovaie e impedisce che si sviluppino follicoli non ancora maturi, evitando che questi ultimi crescano in maniera intempestiva e quindi causino alterazioni dell’ovulazione.

Qual è il suo ruolo?

L’ormone antimulleriano AMH svolge un ruolo molto importante nella fertilità.

Innanzitutto, è un ormone che non è influenzato dalle fluttuazioni cicliche, come invece lo sono l’FSH l’estradiolo; quindi, è un dato più costante della riserva ovarica e può essere utilizzato anche per predire la risposta alla stimolazione ovarica.

Spesso nei centri di PMA viene utilizzato per stabilire la dose iniziale di gonadotropine per stimolare la paziente, in quanto predice la risposta a questo tipo di stimolazione.

Se il valore di AMH e più alto, di solito si ha una miglior risposta e un maggior numero di ovociti: queste sono condizioni sicuramente positive, ma bisogna prestare attenzione per gestire l’aumentato rischio di iperstimolazione ovarica. Questo ci aiuta a capire qual è la dose migliore per gestire anche eventuali complicanze.

L’ormone antimulleriano ci aiuta anche a predire certe patologie: ad esempio, risulta molto più alto nelle donne con la sindrome della policistosi ovarica, e molto più basso in donne con un’insufficienza ovarica precoce o in menopausa precoce.

AMH ed età della donna

L’AMH ha valori diversi nelle varie età della vita e i valori normali di questo ormone sono compresi tra 1 e 4 nanogrammi su millilitro. In questo caso le pazienti hanno una buona riserva ovarica e, se sottoposte trattamenti di fondazione assistita, di solito hanno un recupero di un buon numero di ovociti.

Un valore superiore a 4 nanogrammi su millilitro è considerato elevato e di solito implica una buona riserva ovarica e un maggior numero di ovociti recuperati con i trattamenti di fecondazione assistita. Valori di molto superiori, invece, parliamo di 10-15 nanogrammi su millilitro, si trovano in patologie come la policistosi ovarica.

I valori che possiamo considerare bassi sono quelli compresi tra 0,5 e 1 nanogrammo su millilitro: in questi casi possiamo dire che la riserva ovarica della paziente è ridotta. Infine, valori molto molto bassi, inferiori a 0,5 nanogrammi su millilitro si rilevano nelle donne che di solito sono in premenopausa o in menopausa, o che hanno un fallimento ovarico precoce.

Come si dosa l’AMH

L’ormone antimulleriano AMH viene dosato con un prelievo di sangue, in qualsiasi momento del ciclo mestruale. Questo perché, come detto sopra, non è influenzato dalla ciclicità dalle fluttuazioni.

Quali sono i limiti dell’AMH?

Innanzitutto, è un valore che non predice in maniera assoluta la fertilità: questo perché la fertilità è influenzata da diversi fattori. Inoltre, non sostituisce altri test, ad esempio l’ecografia transvaginale per la conta dei follicoli antrali, ma anche test che riguardano la parte maschile. Infatti, dobbiamo sempre valutare anche la qualità del liquido seminale.

Come interpretare i valori

I valori di ormone antimulleriano vanno interpretati in un contesto clinico ampio ed è necessario fare sempre riferimento a uno specialista esperto in fertilità.

È comunque un ormone che può essere utilizzato anche ai fini della pianificazione familiare, quindi va tenuto sotto controllo, ad esempio, nelle donne che desiderano posticipare la gravidanza.

Inoltre, va monitorato nelle donne che già si stanno sottoponendo ai trattamenti di fecondazione assistita perché è importante per valutare la dose iniziale di farmaco, per valutare le possibilità di successo del trattamento.

Infine, è importante nei casi di diagnosi di insufficienza ovarica precoce o di menopausa precoce.

Per concludere, possiamo dire che l’ormone antimulleriano è soltanto una parte della valutazione complessiva della fertilità va sicuramente interpretato insieme ad altri valori e ad altri fattori, come l’età della donna, lo stile di vita, le sue abitudini, i fattori ambientali, il fumo.

Per questo, è importante che la donna si affidi non soltanto al risultato di questo esame, ma che consulti sempre un esperto in fertilità.

La riserva ovarica è un importante indicatore di fertilità della donna. Tende a diminuire con l’età, influenzando le possibilità di concepimento e quindi di gravidanza ed è influenzata da diversi fattori.

Vediamo quali, con la Dottoressa Alessandra Tiezzi, ginecologa, Responsabile del Centro di Fecondazione assistita della CLINICA NUOVA RICERCA di Rimini.

Che cos’è la riserva ovarica?

La riserva ovarica è intesa come la quantità e la qualità degli ovociti presenti nelle ovaie di una donna ed è un importante indicatore di fertilità femminile. Sappiamo che tende a diminuire con l’età limitando le possibilità di concepimento e di gravidanza. Sappiamo che il picco di massima fertilità femminile si verifica tra i 25 e i 30 anni; tra i 30 e 35 questo picco di fertilità inizia a diminuire progressivamente e, dopo i 35 anni, in modo molto marcato. Non diminuisce solo il numero degli ovociti, ma anche la qualità degli stessi.

Oltre l’età: gli altri fattori che influenzano la riserva ovarica

Un altro fattore molto importante è sicuramente la genetica, che ha un ruolo nella velocità con cui la riserva ovarica diminuisce. Ad esempio, ci sono alcune donne che proprio per fattori genetici vanno incontro ad una menopausa precoce, quindi ad un declino della fertilità anticipato rispetto alla media.

Altri fattori che influenzano la riserva ovarica possono essere i fattori ambientali, quindi l’inquinamento, l’esposizione a sostanze chimiche tossiche, oppure fattori legati allo stile di vita, ad esempio un’alimentazione scorretta, l’obesità.

Un fattore che sicuramente incide molto ed in maniera negativa è l’abitudine al fumo.

Ci sono poi condizioni mediche che possono influenzare la riserva ovarica: ad esempio l’endometriosi, le infezioni, l’essere sottoposte a trattamenti di chemioterapia o di radioterapia, oppure una patologia che conosciamo come policistosi ovarica.

Quali sono gli indicatori utilizzati per la riserva ovarica?

  • Indispensabile un’ecografia ginecologica – tendenzialmente viene fatta per via transvaginale ma quando questo non è possibile anche per via transaddominale. Serve per effettuare quella che si chiama conta dei follicoli antrali, cioè il numero dei follicoli nella fase iniziale del ciclo
  • Un test molto importante è il dosaggio dell’ormone antimulleriano, che viene effettuato tramite un prelievo di sangue. L’ormone antimulleriano è prodotto dai follicoli antrali e alti livelli di ormone antimulleriano indicano di solito una riserva ovarica migliore, mentre bassi livelli indicano una riserva ovarica ridotta. Bassi livelli di antimulleriano si trovano spesso in donne che hanno un esaurimento ovarico precoce, una menopausa precoce oppure che sono di età più avanzata
  • Un altro ormone che viene valutato è l’ormone follicolo stimolante FSH che, di solito, se ha un valore alto indica una riserva ovarica ridotta. Si valuta anche l’ormone estradiolo: se anche il suo livello è alto insieme a un valore alto di FSH, questo denota sicuramente una riserva ovarica ridotta

Cosa vuol dire avere una riserva ovarica ridotta?

La riserva ovarica ridotta implica una minore probabilità di ovulazione; quindi, una ridotta capacità di concepimento e una maggiore probabilità di avere pochi ovociti e di qualità ridotta. Con l’avanzare dell’età, inoltre, si ha anche un aumento delle anomalie cromosomiche quindi, anche in caso di gravidanza, ottenuta sia spontaneamente sia tramite fecondazione assistita, si osserva un maggior numero di aborti spontanei.

Cosa può fare una donna che ha una ridotta riserva ovarica?

Una donna che ha una ridotta riserva ovarica potrebbe senz’altro effettuare quella che si chiama crioconservazione degli ovociti o Social freezing, per avere modo di poter allungare i tempi di ricerca di una gravidanza; oppure, trattamenti ormonali di induzione dell’ovulazione multipla, con una successiva ricerca di gravidanza tramite dei trattamenti di fecondazione assistita.

Sicuramente è importante che la donna monitori sin da giovane la sua riserva ovarica tramite l’aiuto di uno specialista in fertilità perché vanno considerati i molteplici fattori che determinano poi il successo di una gravidanza.

Forse un giorno non molto lontano un capello ci dirà se siamo fertili. Questo è ciò che emerge da una ricerca presentata al recente congresso dalla ESHRE, la Società europea di riproduzione umana ed embriologia. La ricerca sembra correlare i livelli di ormone antimulleriano presenti nel capello con quelli nei campioni di sangue.

L’ormone antimulleriano (AMH)

L’ormone antimulleriano (AMH) è un indicatore chiave per valutare come le donne possono rispondere ai trattamenti per la fertilità. La misurazione di questo ormone è diventato un marker importante nella medicina della riproduzione. Infatti, consente di stimare se la risposta della paziente alla stimolazione ormonale sarà normale, scarsa (pochi ovociti) o abbondante (a rischio di sindrome da iperstimolazione).

Come si misura l’AMH

L’ormone antimullerriano attualmente si misura attraverso un prelievo di sangue. I risultati, perciò, sono riferibili al momento in cui viene effettuato l’esame. L’analisi del capello effettuata nello studio presentato al congresso annuale dell’ERSHE, invece, risulta essere meno invasiva e in grado di rappresentare i livelli dell’ormone in modo “più appropriato”, come sostiene il Dottor Sarthak Sawarkar che ha presentato lo studio. Infatti, gli ormoni accumulati nei capelli sono rintracciabili per molte settimane, mentre i livelli di ormoni nel sangue possono cambiare nel corso di alcune ore. Un altro vantaggio del test sul capello è la minore invasività rispetto al prelievo di sangue.

Lo studio presentato all’ESHRE

Lo studio, che è tuttora in corso, al momento include i risultati di 152 pazienti. I capelli e il sangue di queste donne sono stati regolarmente raccolti durante le visite mediche. Contemporaneamente, alle pazienti sono stati contati – attraverso una tecnica a ultrasuoni, i follicoli in via di sviluppo, come ulteriore misura della riserva ovarica.

I ricercatori hanno rilevato livelli di AMH “biologicamente rilevanti” nei campioni di capello, con valori in diminuzione all’aumentare dell’età delle pazienti. “I capelli” – spiegano i ricercatori – “possono accumulare biomarcatori per settimane. Il sangue, invece, è una matrice acuta che rappresenta livelli ormonali momentanei. Mentre i livelli ormonali possono variare rapidamente nel sangue, in risposta a stimoli, quelli presenti nei capelli sono il risultato di accumuli nel corso di settimane. Una misurazione che utilizzi un campione di capelli può rappresentare meglio il livello ormonale medio”.

 

Fonte: ESHRE – European Society of Human Reproduction and Embriology

Esistono indagini diagnostico-clinico-genetiche che possano quantificare la probabilità di successo?

 

Quantificare la probabilità di successo di una PMA non è semplice ma uno strumento sicuramente utile può essere rappresentato dalle indagini diagnostico-clinico-genetiche.

L’elemento principale nel determinare la probabilità di gravidanza dopo PMA è comunque rappresentato dall’età della paziente. Alcune indagini, però, permettono di determinare dei parametri, mediante indagini diagnostico-clinico-genetiche, che meglio inquadrano le probabilità di successo.

Il primo è la valutazione della riserva ovarica, cioè della potenzialità riproduttiva della paziente. Questo può avvenire attraverso la determinazione di due ormoni:

  1. AMH (ormone antimuelleriano)
  2. FSH (ormone follicolo stimolante)

ma anche mediante un’ecografia transvaginale, che permette di calcolare il volume delle ovaie e di stimare i follicoli antrali presenti in ciascun ovaio.

Va inoltre ricordata la necessità di verificare l’assenza di una situazione trombofilica. Essa aumenterebbe il rischio di patologia abortiva, determinando il fattore V di Leiden, l’enzima MTHFR (metilen-tetra-idro-folatoreduttasi) e l’omocisteina.

Quanto alle altre indagini diagnostico-clinico-genetiche, il riferimento va alla PGS (diagnosi preimpianto delle aneuploidie cromosomiche). Essa valuta lo stato di salute degli embrioni pronti per il trasferimento in utero, accertando l’eventuale presenza di anomalie cromosomiche, correlate sia all’aumento di abortività spontanea, sia allo sviluppo di un feto non sano.

Dott. Maurizio Cignitti

L’attività clinica della fecondazione in vitro è largamente basata sulla capacità dei marcatori della valutazione della riserva ovarica di poter predire la risposta alla stimolazione ovarica. Il primo marker di valutazione della riserva ovarica proposto in letteratura è stato il dosaggio dell’ FSH (ormone follicolo stimolante) in fase follicolare precoce ( 2° 3° giorno del ciclo).

La concentrazione serica normale si pone fino a 8-9 mUI/ml. Una concentrazione di 12-13 mUI/ml è predittiva di una scarsa risposta ovarica alla stimolazione farmacologica in termini di scarso numero di ovociti ma di buona qualità. Quando superiamo valori basali di FSH di 18-20 mUI/ml entriamo nel quadro di insufficienza ovarica con quasi sicuro fallimento della risposta ovarica alla terapia farmacologica.

Attualmente il marker biochimico più affidabile per la valutazione della riserva ovarica è rappresentato dall’ormone antiimulleriano (AMH). Tale ormone è una glicoproteina prodotta dalle cellule della granulosa dei follicoli pre antrali primari e secondari e dai piccoli follicoli antrali ( 2-6 mm di diametro) in modo indipendente dall’FSH. Ciò fa sì che la sua determinazione possa essere eseguita in qualsiasi momento del ciclo. I cut-off riportati in letteratura variano tra 0.4 e 1.2 ng/ml al di sotto dei quali la poor-response (bassa risposta) è predetta con performance più che accettabile. Per valori più bassi (<0.2 ng /ml è invece verosimile pensare ad una assente risposta ovarica all’FSH con cancellazione del ciclo. Valori invece di 2.5-3 ng /ml permettono di predire la paziente con iper risposta con buona sensibilità e specificità.

Si è inoltre indicata una significativa correlazione tra AMH serico e qualità sia ovocitaria che embrionaria suggerendo la possibilità di considerare l’AMH anche un marker di valutazione della riserva ovarica qualitativo, su tale punto però non c’è ancora univocità di giudizi.

La risposta ovarica alla stimolazione controllata nei protocolli di PMA può essere valutato anche con l’ausilio della ecografia attraverso la conta dei follicoli antrali. Tale parametro è appunto dato dalla somma dei follicoli compresi tra 2 e 10 mm di diametro visibili mediante un esame ecografico transvaginale condotto al 3°-5° giorno del ciclo. La conta è strettamente correlata alla tipologia delle ovaie, in quanto si possono distinguere ovaie oligofollicolari (presenza di meno di 6 follicoli) la cui risposta alla stimolazione potrebbe essere scarsa; ovaie normofollicolari per cui si aspetta una risposta con buon numero di follicoli, ovaie multifollicolari (oltre 15 follicoli) che tendono ad ottenere un numero medio alto di follicoli ed ovaie micropolicistiche per cui si attende una eccessiva risposta alla stimolazione con produzione di un numero elevato di follicoli e conseguente rischio di iperstimolazione.

Dott. Maurizio Cignitti