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Come avviene il percorso dell’ovodonazione eseguito, ad esempio, in Spagna o in Grecia? Ce ne parla la Dottoressa Michela Benigna, ginecologa, Direttrice Internazionale di Institut Marqués, esperta di fecondazione eterologa con ampia esperienza sia in Italia sia all’estero.

Ovodonazione “a fresco”: la preparazione

Diversamente da quanto accade in Italia, in Paesi come ad esempio la Spagna o la Grecia ci sono le donatrici di ovociti “a fresco”. Quindi, il percorso può avvenire “sincronizzando” la mestruazione della paziente con quella della donatrice, pur trovandosi le due donne in luoghi anche molto lontani. Questo avviene attraverso l’assunzione di una pillola anticoncezionale per 3-4 settimane, in modo che entrambe possano sospendere la pillola nello stesso momento.

Dopo 3-4 giorni, ad entrambe tornerà la mestruazione da sospensione di pillola: a quel punto, la paziente inizierà la preparazione dell’endometrio, che dovrà risultare trilaminare e raggiungere uno spessore di almeno 6 millimetri. A quel punto, continuerà la terapia e aspetterà che la donatrice – che sta facendo la sua stimolazione ovarica – sia pronta per il prelievo ovocitario.

Pick-up e inseminazione

La clinica, nel frattempo, avrà programmato il prelievo ovocitario della donatrice e la coppia dovrà essere pronta nel giro di 2-3 giorni a recarsi nella clinica estera. Il partner maschile, il giorno del pick-up della donatrice, potrà lasciare il campione seminale e la mattina stessa i biologi potranno procedere con l’inseminazione degli ovociti.

La mattina successiva si saprà quanti embrioni iniziali avremo dopo la fecondazione e al quinto giorno la Signora potrà eseguire il trasferimento della blastocisti a fresco.

I vantaggi della fecondazione “a fresco”

La differenza sostanziale tra ciò che avviene in Italia e all’estero sta nel fatto di poter disporre di donatrici. Perciò, è possibile fare un percorso di ovodonazione tutto “a fresco”, quindi con ovocita o blastocisti a fresco.

I vantaggi sono che l’ovocita fresco ha tendenzialmente sempre una resa migliore e, in termini assoluti, il trasferimento di una blastocisti a fresco ha sempre un 5% in più di successo inteso come test di gravidanza positivo rispetto al transfer di una blastocisti congelata.

Anche all’estero talvolta le cliniche lavorano con ovociti congelati delle donatrici. Si tratta di donatrici che hanno fatto prima un loro ciclo di stimolazione, hanno eseguito pick-up e i biologi hanno proceduto con la vitrificazione.

In questo caso non c’è bisogno di sincronizzare il ciclo tra ricevente e donatrice, ma direttamente in base alla disponibilità dei pazienti e della clinica si potrà programmare il transfer in base alla settimana in cui i pazienti sono maggiormente disponibili e quindi con un preavviso decisamente maggiore, normalmente di 7-8 giorni.

L’importanza del laboratorio

La resa degli ovociti vitrificati in loco è quasi pari a quella a fresco e naturalmente in questo caso dipende dal laboratorio stesso perché, come ben sappiamo, il laboratorio è il cuore del nostro mestiere ed è quello che realmente poi fa la differenza tra una clinica e l’altra. Quindi naturalmente se il laboratorio di quella clinica è particolarmente buono sì che il tasso di fecondazione il tasso di blastocisti e la qualità delle stesse sarà come se avessero utilizzato degli ovociti a fresco.

Gli svantaggi di recarsi all’estero

Gli svantaggi per chi si reca all’estero sono tendenzialmente di tipo organizzativo, perché ci si deve organizzare con quella che è la vita di tutti i giorni.

D’altro canto, le cliniche estere tendenzialmente sono aperte tutto l’anno, ci si può organizzare e sfruttare anche i periodi di vacanze. Questo permette ai pazienti di poter vivere un percorso come questo, che è particolarmente stressante, in un periodo dell’anno dove almeno il resto della vita può essere messo in standby per qualche giorno.

Come si svolge il percorso dell’ovodonazione in Italia? Come sappiamo, in Italia non ci sono donatrici disponibili ed è per questo che per le cliniche di PMA è necessario rivolgersi dalle banche estere, principalmente in Spagna e in Grecia.

Per fare chiarezza ne abbiamo parlato con la Dottoressa Michela Benigna, ginecologa, Direttrice Internazionale di Institut Marqués, esperta di fecondazione eterologa con ampia esperienza sia in Italia sia all’estero.

Come funziona l’ovodonazione in Italia?

L’ovodonazione in Italia risente dell’assenza di donatrici. Tuttavia, ogni clinica può rivolgersi all’estero e approvvigionarsi o di ovociti o eventualmente può importare direttamente le blastocisti.

Come avviene l’importazione degli ovociti?

Per quanto riguarda il percorso dell’ovodonazione con ovociti vitrificati, la clinica italiana spiega alla coppia come avviene il percorso dell’ovodonazione, richiede le caratteristiche fisiche, la fotografia, i gruppi sanguigni alla coppia che vuole intraprendere il percorso dell’ovodonazione e le invia alla banca estera che, a quel punto, propone la donatrice. Quando il medico che ha in cura la coppia accetta la donatrice proposta, si conferma il lotto di ovociti che vuole importare.

Normalmente si possono importare Lotti di 4, 6, 8 o 10 ovociti. Questo dipende sia dal numero di embrioni si vogliono formare, sia dalla qualità del campione seminale del partner. Inoltre, occorre considerare anche se la coppia vuole o meno eseguire diagnosi preimpianto nel percorso di ovodonazione. A quel punto la banca estera e la clinica italiana si mettono d’accordo per la data in cui importare gli ovociti.

Cosa succede quando gli ovociti arrivano in Italia?

Una volta che gli ovociti sono arrivati nella clinica italiana, la paziente può iniziare la preparazione endometriale con la prima mestruazione successiva. Normalmente la preparazione endometriale avviene in maniera farmacologica utilizzando gli estrogeni e la somministrazione inizierà dal primo giorno del ciclo.

A distanza di 7-9 giorni dall’inizio della terapia si esegue un’ecografia transvaginale per verificare lo stato dell’endometrio, che deve avere uno spessore di almeno 6 mm e struttura trilaminare. A quel punto si può programmare lo scongelamento degli ovociti. Il giorno dello scongelamento degli ovociti, il partner maschile si reca alla clinica per rilasciare il campione seminale in modo che il laboratorio possa effettuare la fecondazione in vitro.

Dopo la fecondazione in vitro: gli aspetti delicati

Il giorno successivo alla fecondazione in vitro sapremo il numero degli embrioni iniziali che si sono formati. Gli embrioni rimangono in coltura fino al quinto giorno di sviluppo, prima di procedere con il trasferimento della blastocisti migliore. Le blastocisti in sovrannumero vengono congelate.

Che cosa sappiamo della resa di questa tipologia di percorso? L’ovocita è una cellula molto delicata e il tasso di sopravvivenza allo scongelamento degli ovociti è intorno all’85-89%. Dobbiamo quindi tenere in conto che allo scongelamento purtroppo non tutti gli ovociti potranno essere inseminati.

Come avviene l’importazione delle blastocisti?

L’importazione delle blastocisti prevede un altro percorso. Si inizia congelando il campione seminale del partner maschile nella clinica italiana e trasportandolo nella clinica estera dove viene eseguita la selezione della donatrice. Una volta confermata dal medico che ha in carico la coppia ricevente, la donatrice inizia la stimolazione ovarica, al termine della quale va a fare il prelievo ovocitario. A quel punto, il campione seminale arrivato dall’Italia nella clinica estera viene utilizzato per l’inseminazione degli ovociti donati e le blastocisti che si formano vengono congelate.

La blastocisti rientra quindi nella clinica italiana insieme a tutte le informazioni relative agli esami eseguiti sia sulla donatrice sia sulle blastocisti. Una volta che le blastocisti arrivano in Italia, con la successiva mestruazione la donna ricevente può iniziare la preparazione endometriale.

L’impianto della blastocisti

Da questo punto in poi, il percorso coincide essenzialmente con il precedente. Anzitutto, si procede con l’ecografia transvaginale per verificare che l’endometrio sia pronto per eseguire il transfer, si programma il transfer e 5 giorni prima, verrà aggiunto il progesterone, che modifica l’endometrio e lo rende idoneo e pronto per accettare la blastocisti che andremo a trasferire.

Ovociti o blastocisti? Pro e contro

Il tasso di sopravvivenza delle blastocisti allo scongelamento è decisamente più elevato rispetto a quello degli ovociti, perché ha un tasso di sopravvivenza quasi del 99%. Quindi, molti centri ultimamente si sono convertiti al percorso dell’ovodonazione con questo sistema, perché si ha una resa migliore del tasso di successo inteso come test di gravidanza positivo. Qual è il risvolto negativo di questo tipo di seconda opzione? Vale per quelle coppie in cui non si ha un fattore maschile, dove la qualità del campione seminale è buona; di conseguenza, sia il congelamento sia lo scongelamento del campione seminale non riduce il tasso di fecondazione quindi di formazione delle blastocisti, della loro qualità. Naturalmente, nei casi in cui la qualità spermatica è ridotta, è meglio che si importino gli ovociti, in maniera tale da avere una resa migliore.

Quindi non esiste a priori un sistema migliore tra i due, il percorso da intraprendere va valutato dal medico ha in cura la coppia, in base alla situazione particolare personale di ciascuna.

… e se il compito degli spermatozoi non fosse “semplicemente” quello di trasportare il DNA paterno? È anche grazie a intuizioni e a domande come questa che, nell’ambito della ricerca clinica, si dà avvio a sperimentazioni che possono portare a scoperte straordinarie.

È il caso della Dottoressa Rossella Cannarella, MD, PhD, attualmente negli Stati Uniti presso il Glickman Urological & Kidney Institute, Cleveland Clinic, Cleveland, Ohio, per dare corso al suo impegno di ricercatrice proprio nell’ambito della fertilità maschile.

Le abbiamo chiesto di parlarci di questa sua esperienza di ricerca iniziata nel 2021 quando, dal Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania, dove ha conseguito l’International PhD in Biomedicina Translazionale, si è trasferita negli Stati Uniti.

Il fattore maschile

Le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riportano che 1 coppia su 6 in età riproduttiva è affetta da infertilità in tutto il mondo (1). In circa la metà dei casi l’infertilità di coppia è attribuibile al partner maschile, responsabile da solo nel 20-30% dei casi, e in associazione alla partner femminile nel restante 20% dei casi (2). Una percentuale elevata dei casi di infertilità maschile rimane non diagnosticata anche dopo un approfondito processo diagnostico (2).

La prevalenza elevata dei casi di infertilità maschile apparentemente sine causa giustifica il ruolo rilevante che la ricerca scientifica riveste in questo ambito. Una comprensione approfondita degli aspetti biologici dello spermatozoo implicati della fisiologia della riproduzione umana, infatti, è di fondamentale importanza per chiarire le forme di infertilità apparentemente non spiegata, anche alla luce della stretta relazione esistente tra infertilità maschile/parametri spermatici anomali e malattie oncologiche, cardiovascolari, autoimmuni e altre malattie croniche (3).

Infertilità maschile: dalle cause ai trattamenti

L’urgente necessità di ricercare le cause e i trattamenti efficaci dell’infertilità maschile è ulteriormente evidenziata da un’analisi di meta-regressione che ha mostrato un calo del 51,6% nella concentrazione di spermatozoi e del 62,3% nella conta totale degli spermatozoi tra il 1973 e il 2018 (4). I cambiamenti ambientali avvenuti negli ultimi decenni sono stati chiamati in causa per spiegare questo significativo deterioramento dei parametri spermatici.

In particolare, un ruolo significativo è attribuito agli interferenti endocrini, ai metalli pesanti e alle sostanze chimiche, ma anche a stili di vita non salutari e all’aumento del peso corporeo, che possono incidere negativamente sullo sviluppo e sulla funzionalità testicolare già a partire dall’età prenatale (5-7).

L’importanza di una accurata valutazione diagnostica del partner maschile

Questi aspetti giustificano l’importanza di una accurata valutazione diagnostica del partner maschile della coppia infertile.

La diagnostica dell’infertilità maschile, infatti, può rappresentare un momento per intercettare e correggere comorbilità sottostanti, ma anche per migliorare la qualità dello spermatozoo, e quindi il tasso di successo dei cicli di procreazione medicalmente assistita (8).

Lo spermatozoo e la PMA

Sono sempre più numerose, infatti, le evidenze che attribuiscono allo spermatozoo un ruolo determinante nel promuovere un corretto sviluppo embrionale. Il grado di frammentazione del DNA paterno, che lo spermatozoo trasporta e veicola all’interno dell’oocita, è stato dimostrato influenzare il successo della tecnica, associandosi ad un elevato tasso di aborto quando elevato (9).

Recenti studi sull’animale hanno dimostrato che lo spermatozoo non veicola solo il DNA paterno all’interno dell’oocita, ma anche numerose altre molecole, che sembrano avere un ruolo determinante nella crescita e nello sviluppo dell’embrione (10,11).

Dal 2019, insieme al Prof. Aldo Calogero, Professore Ordinario dei Endocrinologia presso l’Università di Catania, coltiviamo l’idea che lo spermatozoo veicoli delle molecole non presenti nell’oocita, che possano agire come una sorta di “scintilla”, innescando, subito dopo la fertilizzazione, una serie a cascata di eventi responsabili della promozione della crescita dell’embrione.

Verso la scoperta delle cause di infertilità idiopatica

Questa ricerca ci ha portato a stringere diverse collaborazioni internazionali, quali quelle con la University of Massachussetts Medical School (Worcester, MA, USA) e con la Cleveland Clinic (Cleveland, OH, USA), esitando solo pochi giorni fa nella pubblicazione sulla rivista Molecular Human Reproduction (una delle riviste ufficiali della European Society of Human Reproduction and Embryology, ESHRE) di un articolo scientifico che dimostra la nostra ipotesi (12).

Nello specifico, i livelli della molecola “IGF2” veicolata dallo spermatozoo all’oocita durante la fecondazione sembrerebbero stimolare la crescita dell’embrione durante le primissime fasi dello sviluppo embrionale pre-impianto, migliorandone anche la qualità. In topi di laboratorio, questa stessa molecola, iniettata nei “parthenotes” (particolari embrioni privati del genoma paterno), ha indotto l’espressione di geni aventi un ruolo nella crescita embrionale, confermando i dati ottenuti nell’uomo.

Presso il Glickman Urological & Kidney Institute stiamo continuando a studiare questo aspetto con lo scopo di validare i nostri risultati su una casistica più ampia. Se questo dato dovesse confermarsi, un livello ridotto di IGF2 spermatico potrebbe spiegare molti casi di infertilità da causa apparentemente non nota.

 

Fonti:

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/infertility
  2. Agarwal A, Baskaran S, Parekh N, Cho CL, Henkel R, Vij S, Arafa M, Panner Selvam MK, Shah R. Male infertility. Lancet. 2021 Jan 23;397(10271):319-333. doi: 10.1016/S0140-6736(20)32667-2. Epub 2020 Dec 10. PMID: 33308486.
  3. Choy JT, Eisenberg ML. Male infertility as a window to health. Fertil Steril. 2018 Oct;110(5):810-814. doi: 10.1016/j.fertnstert.2018.08.015. PMID: 30316415.
  4. Levine H, Jørgensen N, Martino-Andrade A, Mendiola J, Weksler-Derri D, Jolles M, Pinotti R, Swan SH. Temporal trends in sperm count: a systematic review and meta-regression analysis of samples collected globally in the 20th and 21st centuries. Hum Reprod Update. 2023 Mar 1;29(2):157-176. doi: 10.1093/humupd/dmac035. PMID: 36377604.
  5. Cannarella R, Gül M, Rambhatla A, Agarwal A. Temporal decline of sperm concentration: role of endocrine disruptors. Endocrine. 2023 Jan;79(1):1-16. doi: 10.1007/s12020-022-03136-2. Epub 2022 Oct 4. PMID: 36194343.
  6. Cannarella R, Crafa A, Curto R, Condorelli RA, La Vignera S, Calogero AE. Obesity and male fertility disorders. Mol Aspects Med. 2024 Jun;97:101273. doi: 10.1016/j.mam.2024.101273. Epub 2024 Apr 8. PMID: 38593513.
  7. Cannarella R, Curto R, Condorelli RA, Lundy SD, La Vignera S, Calogero AE. Molecular insights into Sertoli cell function: how do metabolic disorders in childhood and adolescence affect spermatogonial fate? Nat Commun. 2024 Jul 3;15(1):5582. doi: 10.1038/s41467-024-49765-1. PMID: 38961093; PMCID: PMC11222552.
  8. Cannarella R, Marino M, Condorelli RA, La Vignera S, Calogero AE. Is It Time for Andrology and Endocrinology Professionals in Assisted Reproduction Centers? World J Mens Health. 2023 Oct;41(4):796-808. doi: 10.5534/wjmh.220253. Epub 2023 Mar 27. PMID: 37118957; PMCID: PMC10523123.
  9. Kaiyal RS, Karna KK, Kuroda S, Sgayer I, Shlush E, Vij SC, Lundy SD, Cannarella R. Sperm chromatin dispersion assay reliability and assisted reproductive technology outcomes: Systematic review and meta-analysis. Andrology. 2024 Aug 12. doi: 10.1111/andr.13725. Epub ahead of print. PMID: 39132969.
  10. Santiago J, Silva JV, Howl J, Santos MAS, Fardilha M. All you need to know about sperm RNAs. Hum Reprod Update. 2021 Dec 21;28(1):67-91. doi: 10.1093/humupd/dmab034. PMID: 34624094.
  11. Cannarella R, Crafa A, Curto R, Mongioì LM, Garofalo V, Cannarella V, Condorelli RA, La Vignera S, Calogero AE. Human sperm RNA in male infertility. Nat Rev Urol. 2024 Sep 10. doi: 10.1038/s41585-024-00920-9. Epub ahead of print. PMID: 39256514.
  12. Cannarella R, Rando OJ, Condorelli RA, Chamayou S, Romano S, Guglielmino A, Yin Q, Hans TG, Mancuso F, Arato I, Bellucci C, Luca G, Lundy SD, La Vignera S, Calogero AE. Sperm-carried IGF2: Towards the discovery of a spark contributing to embryo growth and development. Mol Hum Reprod. 2024 Sep 23:gaae034. doi: 10.1093/molehr/gaae034. Epub ahead of print. PMID: 39312692.

Come abbiamo visto in un articolo precedente, la preparazione dell’endometrio è fondamentale per l’avvio della gravidanza, anche quando si ricorre alla fecondazione assistita.

Nei percorsi di PMA si ricorre sempre più spesso alla procedura chiamata “Freeze-all”. Come funziona? Lo scopriamo insieme alla Dottoressa Silvia Guarnieri, ginecologa, responsabile del Centro di Fecondazione Assistita del Presidio Ospedaliero di Sacile di AS FO, Azienda Sanitaria Friuli Occidentale.

Ciclo segmentato, spontaneo modificato e medicato

A seguito alla stimolazione ormonale, non sempre si esegue immediatamente il transfer: ad esempio, nei casi in cui ci sia un rischio di iperstimolazione ovarica in cui i livelli di progesterone siano troppo elevati, o quando l’endometrio non risulti ecograficamente idoneo per l’impianto.

In questi casi si preferisce preparare sia gli ovociti al trasferimento in utero sia, contemporaneamente, l’utero ad accogliere gli ovociti, per aumentare le probabilità di impianto.

Ciclo segmentato

Parliamo, quindi, di ciclo segmentato. In una prima fase, gli ovociti vengono prelevati e fecondati. Si formano gli embrioni, li si porta allo stadio di blastocisti e queste vengono congelate (procedura freeze-all). Successivamente, si programma il trasferimento in utero.

Il trasferimento dell’embrione (o della blastocisti) è preceduto da una fase di preparazione endometriale. La preparazione endometriale può avvenire mediante ciclo spontaneo: si segue l’ovulazione della paziente mediante controlli ecografici – ed eventualmente mediante i test di ovulazione – per vedere il picco dell’LH; da quel momento si programma il transfer tra i 5 e 7 giorni dopo il l’avvenuta ovulazione.

Ciclo spontaneo modificato

Un’altra strategia è quella di utilizzare il ciclo spontaneo modificato: si segue l’ovulazione spontanea della paziente mediante ecografia; nel momento in cui il follicolo raggiunge le dimensioni idonee – in genere sopra i 16-17 mm – viene indotta l’ovulazione mediante la somministrazione di HCG e viene iniziata la supplementazione con il progesterone. Questo processo avviene a distanza dei 5-7 giorni, a seconda di quando è stata congelata la blastocisti. Si procede poi al trasferimento dell’embrione.

Ciclo medicato

Il terzo metodo per preparare l’endometrio è il ciclo medicato. Questa procedura prevede di bloccare l’ovulazione naturale della paziente e “guidarla” artificialmente attraverso l’utilizzo di farmaci.

All’inizio si somministra dell’estrogeno – in genere per via orale, transcutanea o per via vaginale e si valuta la crescita dell’endometrio con l’ecografia. Quando l’endometrio ha raggiunto lo spessore ideale, si inizia la somministrazione di progesterone. Anche in questo caso, dopo i 5-7 giorni – in base allo stadio delle blastocisti congelate – si procede al trasferimento dell’embrione. La supplementazione con progesterone può avvenire per via vaginale, iniettiva – sia sottocutanea sia intramuscolare – o per via orale. In caso di gravidanza, la supplementazione luteale a supporto dell’endometrio continua in genere fino alla 12ma settimana.

Sovrappeso e PMA: è noto da tempo che i chili di troppo minano la fertilità, ma la riproduzione assistita può venire in aiuto anche in questi casi, con alcuni accorgimenti.

Un recente studio ha infatti evidenziato che, nelle pazienti sovrappeso e obese, risulterebbe preferibile utilizzare il transfer da blastocisti congelata. Questo perché questa metodica, in tale categoria di persone, pare consentire maggiori probabilità di ottenere una gravidanza clinica, rispetto all’uso di blastocisti fresche.

A dimostrarlo i risultati di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility.

 

Obesità e sovrappeso, un problema comune

In Italia il 46% della popolazione è sovrappeso (dati 1° Italian Obesity Barometer Report, IBDO Foundation). Non si tratta dunque di un problema marginale. Ad essere colpiti sia uomini che donne.

Rispetto alle pazienti normopeso, quelle obese hanno più probabilità di essere sterili e hanno meno probabilità di ottenere una gravidanza clinica con FIVET, forse a causa di un’associazione negativa tra obesità e ricettività endometriale.

È stato dimostrato che l’Embryo Transfer (ET) congelato migliora i risultati della FIV determinando maggiori ricettività endometriale e sincronia embrio-endometriale.

 

Lo studio

Lo studio ha voluto approfondire il rapporto tra sovrappeso e PMA, esaminando l’effetto dell’indice di massa corporea (BMI) sui tassi di gravidanza clinica nei cicli di ET freschi rispetto a quelli congelati.

I ricercatori hanno dunque condotto uno studio di coorte retrospettivo. Sono state confrontate donne di peso normale (BMI: 18,5-24,9 kg/m2), sovrappeso (BMI: 25,0-29,9 kg/m2) e obese (BMI superiori o uguali 30,0 kg/m2).

Lo studio ha preso in considerazione persone di età media, BMI e razza/etnicità simili. Sono stati presi in considerazione 527 cicli di trasferimento di blastocisti, di questi 247 (46,9%) sono stati freschi e 280 (53,1%) congelati. In particolare, oltre il 41% dei transfer sono stati effettuati in donne normopeso, circa 26% in quelle sovrappeso e circa il 32% in quelle obese.

 

I risultati

I risultati sottolineano un chiaro rapporto tra sovrappeso e PMA.

In particolare, nelle pazienti in sovrappeso, i tassi di impianto e di gravidanza clinica erano significativamente più alti nel caso di ET congelati. Anche nelle donne obese i tassi di gravidanza clinica sono risultati significativamente più alti con quest’ultima metodica.

Al contrario, nel gruppo di peso normale, dai dati non emerge alcuna differenza nei tassi di impianto o di gravidanza clinica tra la metodica che prevede la blastocisti fresca e quella con l’ET congelato.

Una curiosità, le pazienti in sovrappeso che hanno avuto un ET fresco hanno avuto un numero significativamente maggiore di gravidanze gemellari.

 

Bibliografia

Schointuch M et al. Clinical pregnancy outcomes of fresh versus frozen blastocyst transfers by body mass index. 2019;111(4):Se54–e55

Qual è la differenza tra PGD (Diagnosi genetica pre-impianto) e PGS (Screening genetico pre-impianto)?

Prima di trasferire gli embrioni nell’utero della paziente, essi vengono analizzati sia dal punto di vista morfologico che di crescita. Alcuni centri, effettuano inoltre un’analisi del loro corredo genetico mediante le tecniche di diagnosi genetica preimpianto (PGD). Tale diagnosi fornisce quindi un ulteriore criterio di scelta degli embrioni idonei all’ottenimento di una gravidanza. Chiaramente, ogni coppia che si affida alla procreazione medicalmente assistita spera di riuscire ad avere dei figli sani. A volte però vi è il rischio di trasmettere alla prole un difetto genetico di cui uno dei due genitori o entrambi sono affetti. La diagnosi genetica preimpianto consente di esaminare il corredo genetico dell’embrione ancor prima della gravidanza in maniera tale da permettere, in un ciclo di fecondazione in vitro, il transfer preferenziale degli embrioni geneticamente normali. Vi sono due tecniche di diagnosi preimpianto: la PGS (screening genetico preimpianto) ­­­ e la PGD (diagnosi genetica preimpianto).

La PGS analizza il corredo cromosomico dell’embrione nella sua interezza valutando alterazioni di numero o di struttura dei cromosomi, ed è quindi particolarmente indicata nei casi di età materna avanzata (>38 anni), abortività ricorrente e ripetuti fallimenti di impianto.

La PGD è indicata nel caso in cui uno od entrambi i futuri genitori siano portatori o affetti da un disordine genetico causato dalla mancanza o mutazione in un unico gene (malattia monogenica), come la beta talassemia, la fibrosi cistica o l’emofilia. Quindi si va a ricercare quella specifica alterazione.

L’indagine genetica viene fatta su uno o più blastomeri prelevati dall’embrione allo stadio di 6/8 cellule (a circa 72 ore dal momento della fecondazione), o allo stadio di blastocisti (a circa 120 ore dalla fecondazione). L’analisi si realizza con più metodi – FISH (ibridazione fluorescente in situ), ACGH (ibridazione genomica comparativa su microarray), PCR (reazione a catena della polimerasi) e il risultato viene elaborato in circa 48 ore. L’embrione non risulta danneggiato, pertanto continua nel suo sviluppo. In base ai risultati ottenuti, il biologo seleziona gli embrioni più adatti per il trasferimento in cavità uterina nel caso di diagnosi a 72 ore, nel caso invece di diagnosi a blastocisti queste vengono congelate in attesa dei risultati e trasferite in un ciclo successivo.

Dott.ssa Stefania Luppi

Quale e’ la tecnica migliore per la crioconservazione di ovociti ed embrioni?

La crioconservazione di gameti maschili e femminili ed embrioni è ormai diventata di fondamentale importanza nell’ambito delle procedure di Procreazione Medicalmente Assistita per far fronte alle numerose problematiche che possono presentarsi durante il trattamento dell’infertilità di coppia.

In seguito al prelievo degli ovociti è possibile conservare mediante congelamento gli ovociti maturi prodotti in soprannumero che non verranno utilizzati per la successiva fecondazione in vitro.

Secondo quanto disposto dall’articolo 14 della legge n.40/2004, la crioconservazione degli embrioni è possibile

  1. nel caso in cui si presentino impedimenti imprevisti al trasferimento degli embrioni originati in laboratorio
  2. per limitare i rischi associati alla comparsa di gravidanze gemellari e alla ripetizione di cicli di stimolazione ovarica.

Solitamente gli embrioni vengono congelati al 2-3° giorno dopo la fecondazione, quando si trovano allo stadio di 4-8 cellule, o quando si trovano allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dopo la fecondazione).

Nella maggior parte dei laboratori di embriologia il congelamento degli ovociti e degli embrioni avviene mediante la tecnica di “vitrificazione” che ad oggi è quella che dà i migliori risultati rispetto alla tecnica tradizionalmente impiegata del “congelamento lento”, in quanto offre una maggior efficacia in termini di sopravvivenza degli embrioni e di tasso di impianto, il che significa miglior tasso di gravidanza.  A differenza del congelamento classico, la vitrificazione raffredda in maniera estremamente rapida le cellule ad una velocitá di piú di 15.000 °C al minuto, in modo da evitare la formazione di cristalli di ghiaccio che danneggerebbero le strutture interne. Essa prevede l’immersione diretta di ovociti o embrioni in azoto liquido (gas atmosferico che, liquefatto, raggiunge la temperatura di 196 °C sotto lo zero) e l’utilizzo di elevate concentrazioni di sostanze che proteggono dai danni cellulari in minimi volumi. Gli embrioni e gli ovociti possono così restare in azoto liquido fino al loro successivo utilizzo.

Dott.ssa Stefania Luppi