Uno studio californiano, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, apre la via al riconoscimento dell’ovocita migliore per portare a termine una gravidanza post fecondazione
Selezionare l’ovocita (cellula uovo) migliore per portare a termine, con le maggiori possibilità di successo, una gravidanza avviata a seguito di una fecondazione assistita. Questo l’obiettivo di una ricerca condotta dalla University of California (Usa) in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano: sviluppare test non invasivi che permettano di riconoscere l’ovocita migliore, ovvero quello in grado di portare a termine una gravidanza avvenuta dopo fecondazione assistita.
Riuscire a sviluppare screening non invasivi è infatti fondamentale per assicurare sistemi di fecondazione assistita più sicuri ed efficaci per la salute sia della donna sia degli embrioni.
La selezione dell’ovocita migliore avviene grazie a “molecole segnale”
In pratica, il gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano, ha dimostrato che la cellula uovo è capace di comunicare con l’ambiente circostante, modificandolo mediante la secrezione di “molecole segnale”. Per esempio, nelle ore immediatamente precedenti all’ovulazione, lo schema di secrezione dell’ovocita muta completamente. Questo cambiamento viene percepito dalle cellule circostanti, la cui azione è determinante perché avvengano ovulazione e fecondazione. Se la cellula uovo è sana e sviluppata, le “molecole segnale” possono essere facilmente individuate eseguendo dei test non invasivi per la cellula uovo e per il futuro embrione. Sfruttando questa proprietà per i medici sarà possibile selezionare l’ovocita migliore per sostenere lo sviluppo dell’embrione.
Gli italiani sono ancora poco informati sulle tecniche di Pma. Intanto si attende la decisione della Corte Costituzionale rispetto al divieto di donazione alla ricerca degli embrioni congelati e non utilizzati, che frena gli studi su malattie come Parkinson e Alzheimer
La rilevazione più recente è del 2013: i nuovi nati di quell’anno sono 514.308. Tra loro, il 2,4% è venuto al mondo grazie alle tecniche di Pma: significa oltre 12mila neonati. Nonostante i numeri, gli italiani non risultano così ben informati rispetto alle tecniche di Pma. Una recente indagine Swg ha infatti evidenziato che, di mille persone intervistate, ben il 72% dichiara di aver sentito parlare delle tecniche di Pma, ma di non avere cercato alcuna informazione più specifica o approfondita.
Altri dati dell’indagine Swg sulle tecniche di Pma
C’è molta disomogeneità anche nelle risposte date all’indagine Swg rispetto a valutazioni etiche o di opportunità. Le tecniche di Pma sono riconosciute come un oggettivo progresso della scienza e un’opportunità da più di 8 intervistati su 10, ma è molto forte la quota di italiani che ritiene ancora difficile nel nostro Paese, da parte di una coppia con problemi di fertilità, decidere di seguire un percorso di Pma. I dubbi di tipo sociale (famiglia, ambiente) ed etico sono espressi soprattutto dagli intervistati delle Regioni del Sud, seguiti da quelli del Nord. Le Regioni dove si esprimono meno perplessità, sociali ed etiche, nei confronti delle tecniche di Pma, sono quelle del Centro.
La Corte Costituzionale e la donazione alla ricerca degli embrioni
Intanto, si attende che la Corte Costituzionale si pronunci definitivamente sulla controversa questione della possibilità di condurre ricerche su embrioni congelati e non utilizzati. La decisione della Corte Costituzionale dovrà ratificare, o meno, la decisione della Corte Europea dei Diritti Umani, che ha negato ad Adelina Parrillo, vedova di un caduto di Nassirya, la possibilità di donare alla ricerca gli embrioni congelati prima della scomparsa del compagno, di fatto confermando il divieto ancora presente nella Legge 40/2004.
Il dibattito è molto acceso. Il Ministro Lorenzin si rimette al giudizio prossimo venturo della Corte Costituzionale. Dal canto loro, ricercatori di livello mondiale, tra cui il genetista Edoardo Boncinelli, sottolineano come il rallentamento che questo divieto impone non solo alla ricerca condotta in Italia, ma anche alla ricerca condotta in collaborazione europea e internazionale, su malattie importanti per le quali non ci sono terapie risolutive, prime tra
Come i centri PMA regionali si adeguano al previsto aumento di richieste. Mentre i centri PMA di molte regioni migliorano le attrezzature per omologa, eterologa e crioconservazione, le coppie chiedono più ascolto da parte dei medici durante i consulti.
Centri PMA regionali
Secondo una recente indagine, soltanto un terzo delle coppie che si rivolge ai centri di PMA regionali chiede un secondo consulto. E, anche tra le coppie che decidono di continuare il percorso di consulto di PMA, poco meno della metà va avanti dopo il fallimento di un primo tentativo. Il successo della PMA, invece, è cumulativo, cioè aumenta con più tentativi. Il fattore decisivo perché le coppie proseguano il percorso PMA sembra essere l’ascolto dei bisogni delle coppie e la disponibilità da parte dei medici a condividere le scelte e non a imporle.
L’assenza di ascolto dei bisogni delle coppie coincide infatti con un’ovvia diminuzione del passaggio di informazioni utili per quella specifica coppia e con la tendenza a imporre le scelte, invece che arrivare a una soluzione condivisa tra medico e coppia sul percorso PMA più adatto.
A fronte di questo dato, ci sono invece le novità positive dai Centri di PMA regionali italiani, che si stanno attrezzando per fare fronte non solo all’atteso aumento delle richieste di fecondazione omologa, ma anche di fecondazione eterologa, ma anche a quelle di diagnosi preimpianto per le coppie fertili, portatrici sane di malattie genetiche e, infine, alle esigenze di corretta crioconservazione dei gameti nel caso in cui uno degli aspiranti genitori debba affrontare una chemioterapia.
Dopo la presentazione del Piano nazionale Fertilità del Ministero della Salute, molte Regioni hanno iniziato ad adeguarsi a un previsto aumento degli accessi. In Friuli Venezia Giulia, il 2016 vedrà l’apertura a Sacile di un reparto dedicato alla PMA, con impianto per la crioconservazione dei gameti.
Toscana. Centri PMA regionali.
La Toscana intanto si propone come Regione modello per la PMA in Italia, grazie soprattutto al Centro PMA di Cortona, che porterà a compimento 32 procedure di fecondazione eterologa entro giugno, dopo le prime 25 effettuate con successo a partire da gennaio 2015. Ottime anche le percentuali di successo delle procedure di fecondazione assistita omologa, con tremila accessi dal 2010 a oggi, e 1.171 gravidanze ottenute.
Sicilia. Centri PMA regionali.
In Sicilia, l’Ospedale Cannizzaro di Catania è il primo Centro PMA pubblico dell’Isola: ha appena provveduto ad adeguare l’impianto di crioconservazione dei gameti per la preservazione della fertilità anche nei pazienti oncologici e si candida come centro di riferimento in Regione, per l’esecuzione di omologa ed eterologa, prevedendo di soddisfare circa duemila richieste all’anno.
PMA centri: intervista alla dr.ssa Mattei, Centro Melloni di Milano
Procreazione medicalmente assistita: come consultare il Registro Nazionale istituito presso l’Istituto Superiore della Sanità.
La coppia infertile può informarsi sulle tecniche di PMA praticate nei diversi centri italiani e conoscere gli esiti e la resa dei cicli di PMA consultando il pubblico Registro Nazionale istituito presso l’Istituto Superiore della Sanità. La Dr.ssa Mattei, centro Melloni di Milano, intervenuta di recente al seminario annuale sulla PMA sponsorizzato da Ferring, ci spiega che cos’è il Registro e che tipo di informazioni e dati qualitativi e quantitativi si possono consultare.
1. Quante coppie fanno ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Italia, è un fenomeno costante, in aumento o in diminuzione?
E’ un fenomeno in costante aumento. Ogni anno aumenta il numero delle coppie che si sottopongono a trattamenti di fecondazione assistita di primo e di secondo livello.
Nel 2010 le coppie che hanno fatto ricorso alle tecniche PMA di primo livello sono state più di 19.000, mentre più di 44 mila hanno fatto ricorso a tecniche di fecondazione assistita di secondo e terzo livello.
2. Quanti bambini nascono ogni anno in Italia grazie alle tecniche della procreazione medicalmente assistita?
Secondo la Relazione Ministeriale del 28 giugno 2012, nel 2010 sono nati più di 12.000 bambini grazie alla procreazione medicalmente assistita. Nel Registro Nazionale sono riportati i dati riferiti ai nati a seguito del ricorso delle tecniche PMA di primo livello, che fondamentalmente sono le tecniche di inseminazione intrauterina –IUI, che prevedono l’introduzione del liquido seminale all’interno della cavità uterina, e quelli nati a seguito del ricorso alle tecniche PMA di secondo e terzo livello, sia a fresco che da scongelamento, che sono le tecniche di fertilizzazione maggiore, vale a dire la fecondazione in vitro e il trasferimento dell’embrione.
3. Sono dati sensibilmente diversi da quelli registrati nei paesi del Nord Europa?
I dati non sono così diversi però sono difficilmente paragonabili. I dati che abbiamo dal registro europeo raccolti in 19 paesi risalgono al 2008, quindi con una discrepanza di due anni rispetto a quelli raccolti in Italia. [seodiv] Il registro del 2008 dimostra che i cicli europei sono stati complessivamente più di 350.000; nel 2010 in Italia sono stati realizzati nel totale circa 91.000 cicli per IUI e FIVET.
4. Quali sono le probabilità di riuscita di entrambe le tecniche?
Diciamo che mentre per le tecniche PMA di primo livello abbiamo dal 12 al 14% di resa in termini di gravidanza, per quanto riguarda le tecniche PMA di secondo livello la resa è senz’altro maggiore, diciamo che si modula tra un 22 e il 30% e ovviamente però all’interno di questo % sussiste una graduatoria legata fondamentalmente all’età materna.
5. E quali sono i principali fattori che determinano un esito favorevole?
Il principale tra tutti è l’età dell’ovocita e quindi ovviamente l’età materna. Purtroppo l’affluenza alle tecniche PMA sta interessando sempre più le fasce più alte di età e questo penalizza la tecnica PMA qualunque essa sia, perché l’età dell’ovocita e quindi la senescenza ovocitaria è il primo grosso aspetto che dà una sicurezza sull’eventuale successo riproduttivo della coppia. Anche la patologia che sottende la sterilità gioca un ruolo notevole, nel senso che una endometriosi che accerchia il livello pelvico in maniera severa, è quella che dal punto di vista prognostico, indipendentemente dall’età della donna, ha esiti meno felici.
6. Qual è l’età della ricerca del primo figlio?
Si sta spostando sempre più avanti l’età della ricerca del primo figlio, stiamo arrivando oltre i 35 anni.
7. Come può la coppia ottenere delle informazioni sui centri che praticano la PMA?
In Italia esiste una grossa poliedricità di centri autorizzati alla PMA ubicati nel nord, nel centro e nel sud Italia e sono tutti presenti nell’elenco del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita istituito presso l’Istituto Superiore della Sanità Istituto Superiore di Sanità: Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita – Centri in Italia
8. Che cos’è il Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita?
E’ un Registro ufficiale che fornisce i dati sulle attività svolte dai centri di PMA pubblici, privati e convenzionati sia per il primo, secondo e terzo livello di PMA. Ogni anno questi dati vengono presentati e commentati nella Relazione annuale del Ministro della Salute al Parlamento per quanto riguarda le normative sulla legge sulla PMA, secondo la legge 40/2004.
9. Perché è stato creato e quali sono i suoi obiettivi?
La finalità è quella di monitorare tutta l’attività svolta dai centri PMA secondo le indicazioni dell’art.11 della legge 40/2004, dalle linee guida e dagli emendamenti dati nel 2009 dalla Corte Costituzionale. In base alla legge i centri di PMA inviano annualmente all’Istituto Superiore di Sanità dati relativi all’età delle donne che intraprendono la PMA, alla tipologia della motivazione per cui hanno affrontato il ciclo, al numero dei cicli fatti, agli esiti dei cicli, al tipo di gravidanza, aborto, effetti collaterali; successivamente l’Istituto Superiore della Sanità aggrega i dati per regione, e l’insieme di questi dati costituisce l’oggetto della relazione annuale del Ministro della Salute sulla PMA.
10. Come vengono rese pubbliche le informazioni raccolte nel registro?
I cittadini e quindi le coppie che vorrebbero ricorrere alla PMA possono aver accesso ai dati raccolti dal registro e se sì a quali?
All’Istituto Superiore di Sanità può accedere qualsiasi cittadino, digitando Istituto Superiore di Sanità: Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita si accede all’elenco dei centri PMA e alle rispettive tecniche PMA che i vari centri espletano.
Si può consultare anche la relazione ministeriale annuale che riporta tutti i dati sui risultati dei vari cicli, analisi condotte a livello nazionale e regionale e non per singolo centro di PMA. Non esistono dati sulle rese di inseminazione o fivet che sono riferite ad uno specifico centro di PMA, i dati consultabili sono scorporati per regione e poi accorpati nel numero dei pazienti, nel numero dei cicli, numero dei risultati ottenuti, a livello regionale e nazionale. I centri di PMA inseriscono i dati nel registro tramite codice, ma non hanno la possibilità di vedere ed analizzare i dati relativi agli esiti dei cicli inseriti dagli altri centri PMA, possono esaminarli in maniera aggregata.
Del resto non avrebbe senso confrontare le singole rese dei centri PMA perché esse non possono essere paragonabili, in quanto gli esiti favorevoli dei cicli di PMA dipendono innanzitutto dall’età della donna e dalla tipologia della sterilità che presenta la coppia. Se ad un centro PMA si rivolge un’utenza già avanti con gli anni, chiaramente la resa statistica di cicli di PMA sarà notevolmente più bassa rispetto ad un centro frequentato da un parco clienti più giovani.
In Lombardia facciamo circa ¼ di tutta la procreazione assistita italiana ed abbiamo tantissimi pazienti con liste di attesa lunghe, non ci interessa la competizione tra centri PMA, ci interessa crescere in maniera uniforme e portare avanti le tecniche nella maniera migliore possibile .
11. Sussistono, secondo Lei, delle differenze tra i centri o sono uguali ed offrono tutti gli stessi servizi?
Ci sono centri che espletano solo l’attività di primo livello, di inseminazione, e centri PMA che svolgono quelle di primo, di secondo e di terzo livello, dove si manipola anche il maschio, nel senso che si possono fare prelievi direttamente dal testicolo.
12. Anche negli altri paesi europei esiste il Registro e se sì da quanto tempo?
I registri europei hanno una diversa connotazione, ci sono registri che connotano le pazienti già addirittura dagli anni 80’, registri che hanno cominciato come noi in funzione di una legge. In assenza di legge tutti i centri PMA ovviamente avevano le loro registrazioni ma non erano tenuti a renderli disponibili per l’ente pubblico. In Italia il registro è iniziato nel 2004 proprio a seguito della emanazione della legge 40/2004 con cui si è instaurata questa dimensione di valutazione e di controllo, di divulgazione dei risultati delle tecniche di PMA.
13. 121.708 trattamenti svolti nei centri italiani per la PMA tra il 2005 e il 2007, sono pochi o sono tanti rispetto agli altri paesi europei?
Sono tanti, nel senso che se noi consideriamo i cicli europei del 2008, possiamo dire che sono stati fatti 947 cicli per milione di abitante; se consideriamo i dati presentati nella relazione ministeriale del 2010, in Italia sono stati realizzati 377 cicli medio per 100.000 donne in età feconda dove l’età feconda è quella compresa tra 15-49 anni ex ISTAT. [/seodiv]