Il rischio di aborto sarebbe legato anche alla salute dei futuri padri. E’ quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato su Human Reproduction [1] da alcuni ricercatori americani.
Oltre un quarto delle gravidanze potrebbe essere ectopica, terminare con aborto spontaneo o con natimortalità se il futuro padre non è sano e ha tre o più condizioni mediche come obesità, diabete, ipertensione o livelli elevati di colesterolo.
Lo studio
Uno studio retrospettivo ha considerato quasi un milione di gravidanze tra il 2009 e il 2016 negli Stati Uniti. I ricercatori hanno scoperto che se al padre era stata diagnosticata la sindrome metabolica, che include le condizioni mediche riportate sopra, il rischio che la madre perdesse il nascituro era più alto. Rispetto agli uomini che non avevano nessuno dei disturbi propri della sindrome metabolica, il rischio di interruzione della gravidanza era aumentato del 10%, 15% e 19% rispettivamente per gli uomini con uno, due o tre o più disturbi.
Il commento dei ricercatori
Michael Eisenberg, Professore alla Stanford University School of Medicine (California, USA), che ha guidato la ricerca, ha dichiarato: “È noto da tempo che la salute delle madri ha un impatto sullo sviluppo del feto e sugli eventi al momento della nascita. Questo è il primo studio a suggerire che le gravidanze in cui il padre è affetto da un numero crescente di condizioni mediche sono a maggior rischio di esitare in aborto spontaneo, gravidanza ectopica o natimortalità.
Infatti, il rischio di aborto era del 17% nelle coppie in cui il padre non aveva disturbi della sindrome metabolica. Tale rischio era aumentato al 21% nelle coppie in cui il padre aveva un disturbo della sindrome metabolica, al 23% se ha ne aveva due e al 27% se ne aveva tre o più.
“Anche se questo studio non può dimostrare che la cattiva salute paterna è una causa di interruzione della gravidanza, mostra che esiste un’associazione. Le implicazioni cliniche di questi risultati sono che la consulenza pre-concepimento non dovrebbe dimenticare il padre, poiché la sua salute può avere un impatto importante sulla gravidanza “.
Le patologie rilevate
I ricercatori hanno analizzato i dati riguardanti 958.804 gravidanze. Oltre alla sindrome metabolica, hanno raccolto informazioni su altre condizioni mediche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), la depressione e le malattie cardiache. I ricercatori hanno inoltre calcolato il peso della malattia cronica per tutti i pazienti, che includeva l’età e la storia medica di problemi come insufficienza cardiaca, infarto, malattie dei vasi sanguigni, malattie renali ed epatiche, cancro, ictus e demenza. Hanno adeguato i calcoli per tenere conto di altri fattori che potrebbero influenzare la gravidanza, in particolare l’età, la salute, il peso della madre e se il padre o la madre fumavano o meno.
Come previsto, le perdite di gravidanza sono aumentate con l’età della madre e il numero di altre condizioni mediche che aveva. Tuttavia, l’associazione con la salute del padre e la perdita di gravidanza è rimasta. Anche il rischio di perdere una gravidanza aumenta con l’età del padre. Tuttavia, non sono noti i meccanismi attraverso i quali la salute del padre potrebbe influire sul rischio di interruzione della gravidanza.
Le conclusioni dei ricercatori
Il prof. Eisenberg ha dichiarato: “Ipotizziamo che la salute e lo stile di vita del padre possano influire negativamente sulla composizione genetica e sull’espressione nello sperma e che ciò possa alterare il funzionamento della placenta. Se la placenta non funziona correttamente, ciò potrebbe portare alle perdite di gravidanza che abbiamo osservato; per esempio, sappiamo già che il fumo e la dieta paterna possono influenzare la qualità dello sperma “.
Il Prof Eisenberg ha concluso: “Ora abbiamo bisogno di studi di conferma. Si spera che la salute paterna possa essere maggiormente integrata negli studi futuri. Inoltre, le indagini che mirano ai possibili meccanismi aiuteranno a comprendere meglio le associazioni che abbiamo trovato “.
[1] “Association between preconception paternal health and pregnancy loss in the USA: an analysis of US claimants”, by Alex M. Kasman et al. Human Reproduction journal. doi:10.1093/humrep/332
Human Reproduction è la rivista mensile della European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE) ed è una delle tre più autorevoli riviste al mondo nel campo della biologia riproduttiva, ostetricia e ginecologia.
Il lockdown ha portato un boom di concepimenti tra coppie infertili. Il 14% di quelle che stavano seguendo un percorso di fecondazione assistita hanno concepito naturalmente. In Italia, la percentuale delle infertilità cosiddette “sine causa” è del 15%.
La ricerca italiana
I dati emergono da una ricerca italiana condotta su 50 coppie di età media di circa 39 anni. Queste coppie avevano dovuto sospendere il percorso di procreazione assistita a causa delle misure di distanziamento sociale. La percentuale del 14% si avvicina molto a quella che in letteratura viene definita come ‘infertilità sine causa’.
A condurre la ricerca la D.ssa Arianna Pacchiarotti, Responsabile Pma dell’ospedale San Filippo Neri di Roma e Docente alla Sapienza. “La bassa frequenza di rapporti sessuali spesso non viene menzionata durante l’anamnesi da parte delle coppie, soprattutto perché è un problema che è fonte di frustrazione e vergogna – spiega la D.ssa Pacchiarotti. Lo stress, la fatica, la mancanza di tempo e la distanza geografica sono le cause principali”.
“Il dato più interessante – sottolinea – è che la percentuale di chi ha concepito naturalmente è molto simile, 14% contro 15% a quella delle cosiddette infertilità ‘sine causa’, quelle cioè in cui non è stato diagnosticato un problema medico”.
L’effetto potrebbe parzialmente compensare la mancanza di nascite causata dal blocco delle procedure nel periodo di distanziamento che, secondo alcune stime potrebbe far ‘perdere’ circa 4500 nascite quest’anno. Il 3-4 per cento dei bambini che vengono alla luce nel nostro paese lo fa infatti grazie alla fecondazione assistita.
La bassa frequenza dei rapporti sessuali spesso non viene considerata quando si indagano le cause delle difficoltà di concepimento. Le coppie non ne parlano, a volte per pudore o per paura di essere giudicati. Questa ricerca, sebbene condotta su un numero molto ristretto di coppie, fornisce un dato interessante.
Il lockdown e la vita di coppia
La vita di coppia è stata al centro di molti dibattiti durante il lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19. Alcuni rapporti sono entrati in crisi, altri hanno “colto l’occasione” per interrompersi definitivamente. In molti casi, invece, le circostanze eccezionali che abbiamo vissuto e in parte stiamo ancora vivendo hanno acceso una nuova luce sulle relazioni. Molte persone hanno cambiato prospettiva e hanno riscoperto il valore degli affetti, ai quali troppo spesso non diamo il peso che meritano. Nuove vite nasceranno, dunque, e questa è di per sè un’ottima notizia.
Disturbi endocrini come diabete, disturbi alla tiroide e all’ipofisi possono essere tra le cause che portano ben il 15% delle coppie ad avere difficoltà nel concepimento.
Il rapporto tra i disturbi endocrini e l’infertilità ha rappresentato uno degli argomenti trattati nel corso del 17° Congresso Nazionale AME, Associazione Medici Endocrinologi, recentemente svoltosi a Roma.
La fertilità maschile e femminile in caso di diabete
“La fertilità negli uomini con diabete mellito è generalmente ridotta rispetto alla popolazione generale”, spiega Olga Disoteo, Gruppo di lavoro Diabete AME – S.S.D. Diabetologia A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano, “infatti, la motilità spermatica è significativamente più bassa e sono più frequenti difetti e immaturità rispetto allo sperma degli uomini senza diabete.
Nelle donne con diabete, a meno di altri disturbi come l’ovaio policistico, non vi è evidenza di fertilità ridotta: esse hanno circa il 95% della probabilità di avere un bambino a patto che controllino bene il diabete prima e durante la gravidanza.
Programmare la gravidanza in un periodo di ottimale controllo metabolico è indispensabile per minimizzare possibili malformazioni nell’embrione che, con un diabete fuori controllo, si presentano con una frequenza di 4-5 volte superiore rispetto alla popolazione generale. L’ottimale equilibrio metabolico prima e durante la gravidanza riduce inoltre la frequenza delle gravi e possibili complicanze che possono insorgere con frequenza maggiore nella donna diabetica durante la gestazione”.
Infertilità e disturbi alla tiroide
“Le disfunzioni alla tiroide”, spiega Rinaldo Guglielmi, Past President AME – Direttore Struttura Complessa Endocrinologia e Malattie Del Metabolismo, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale, “portano a una riduzione della fertilità sia nelle donne che negli uomini ed è quindi consigliabile una valutazione della funzionalità tiroidea in caso di infertilità della coppia.
Nelle donne, benché gli ormoni tiroidei influenzino direttamente l’attività degli ovociti e la recettività dell’endometrio nell’utero, l’interferenza maggiore con la fertilità avviene tramite le alterazioni dell’ormone prolattina in caso di ipotiroidismo che, anche se lieve, porta quasi sempre a una riduzione della funzione riproduttiva. Sia in caso di ridotta o aumentata funzionalità della tiroide, ipotiroidismo e ipertiroidismo, si hanno più frequenti interruzioni di gravidanza, malformazioni e complicanze.
Negli uomini sia l’ipotiroidismo che l’ipertiroidismo si associano a una riduzione della produzione del testosterone. Questo influenza la funzione sessuale portando a una condizione di eiaculazione precoce e raramente ritardata, alterazioni della libido fino a una vera e propria disfunzione erettile. La minor quantità di testosterone porta anche a una riduzione del numero degli spermatozoi prodotti e della loro qualità con più frequenti difetti della mobilità e immaturità che influenzano il potenziale di fertilità maschile”.
I disturbi all’ipofisi e la fertilità
“I disturbi all’ipofisi sia che siano di natura genetica, tumorale o infiammatoria portano frequentemente a sterilità in entrambi i sessi”, chiarisce Renato Cozzi, Coordinatore Attività Editoriale AME, Direttore Struttura Complessa Endocrinologia, A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano.
“Il motivo è che questa ghiandola ha l’importante funzione di produrre le gonadotropine come l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), ossia gli ormoni che controllano il regolare funzionamento delle ovaie e della produzione degli spermatozoi nei testicoli.
Nell’infanzia l’ipopituitarismo, ossia l’insufficiente produzione di tutti gli ormoni ipofisari, può essere di natura genetica o da trauma da parto e la conseguente infertilità si manifesterà alla pubertà. In questo caso il trattamento è una terapia sostitutiva con gonadotropine.
Nelle malattie ipofisarie con iperproduzione ormonale, come l’acromegalia e la malattia di Cushing, l’eccessiva produzione dei vari ormoni responsabili di queste sindromi determina una ridotta fertilità. Nella maggior parte dei casi una terapia specifica per la malattia può risolvere il problema”.
Consigli pratici
In caso di difficoltà nel concepimento, la coppia dovrebbe prendere in considerazione anche la possibile presenza di disturbi endocrini. Una visita specialistica da un endocrinologo potrebbe fugare questa ipotesi o, in alternativa, capire l’origine del problema. Questo permetterebbe di impostare una terapia adeguata e, non di rado, di risolvere il problema.
Alcol e gravidanza sono nemici. Almeno sei mesi senza alcol prima del concepimento per gli uomini e un anno per le donne: è quanto consigliano agli aspiranti genitori gli studiosi di una ricerca pubblicata sulla European Journal of Preventive Cardiology, una rivista della Società Europea di Cardiologia (ESC). L’obiettivo è la protezione da difetti cardiaci congeniti.
Questa nuova ricerca ha analizzato ben 55 studi, che raccoglievano i dati di quasi 42mila bambini con cardiopatia congenita e di quasi 300mila senza.
Rispetto agli astemi, i futuri genitori che bevono alcolici nei tre mesi prima della gravidanza (e durante il primo trimestre per le madri) vedono il rischio di malattie cardiache congenite aumentato del 44% nei padri e del 16% per le madri. Tale rischio sale al 52% negli uomini nel caso di binge drinking, cioè del consumo di almeno 5 drink in una sola “serata”.
Il binge drinking dunque, in chi desidera diventare genitore, è un comportamento ad alto rischio e pericoloso per la sua salute, oltre che per quella del nascituro, che corre un maggior rischio di nascere con un difetto cardiaco.
Le conseguenze del consumo di alcol sul nascituro
L’alcol in gravidanza rappresenta un noto teratogeno. Il suo consumo in gravidanza, e i correlati difetti alla nascita, sono ritenuti uno dei maggiori problemi di sanità pubblica nella maggior parte dei Paesi del mondo. Questa sostanza, si legge su Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, è un fattore di rischio di successivi problemi mentali del nascituro, anche a dosi inferiori a un bicchiere alla settimana. Il consumo moderato (1-2 bicchieri al giorno), può portare a disturbi dell’attenzione e del comportamento nell’infanzia. Ad alte dosi ripetitive vi è la probabilità del 6-10% che il feto sviluppi la sindrome feto-alcolica. Il disturbo fetale dello spettro alcolico (FASD) comprende una serie di manifestazioni cliniche che possono comparire in persone che sono state esposte all’alcol durante la gestazione della madre.
Circa un bambino su quattro con FASD ha una cardiopatia congenita, indicando che anche l’alcol potrebbe essere coinvolto in questi disturbi. In particolare, rispetto a quanto avviene per gli astemi, il consumo materno di alcol è correlato a un rischio maggiore del 20% di una combinazione di quattro anomalie nella struttura del cuore, chiamata tetralogia di Fallot.
Va sottolineato che le malattie cardiache congenite sono tra i difetti di nascita più comuni. Queste condizioni sono la principale causa di morte perinatale. Inoltre, possono aumentare la probabilità di malattie cardiovascolari pure in età avanzata, anche dopo un trattamento chirurgico.
I consigli pratici
Le coppie che stanno provando ad avere un bambino dovrebbero limitare fortemente l’alcol.
In particolare, gli uomini non dovrebbero consumarlo per almeno sei mesi prima del concepimento, mentre le donne dovrebbero smettere di bere un anno prima ed evitarlo durante la gravidanza. Inoltre, i ricercatori hanno osservato un graduale aumento del rischio di malattie cardiache congenite con l’aumento del consumo di alcol da parte dei genitori.