La possibilità di accesso alla vaccinazione contro Covid-19 per le donne in gravidanza e allattamento è stata sin dall’inizio della campagna vaccinale oggetto di discussione da parte delle società scientifiche nazionali e internazionali.
A causa della mancanza di dati di efficacia e sicurezza in questa popolazione, la vaccinazione è stata inizialmente sconsigliata alle donne in gravidanza, seppur non controindicata. Nel tempo, un numero crescente di donne in gravidanza si è sottoposto al vaccino o perché impegnate in ambito sanitario o perché appartenenti a categorie di pazienti considerati ad alto rischio.
Ad oggi i dati raccolti sono numerosi e rassicuranti: non vi sono evidenze di effetti avversi o complicanze né per le donne né per il feto. Per questo motivo e considerando gli effetti negativi della malattia Covid-19 sulla madre e sul feto, le società scientifiche Americane prima e quelle Italiane poi hanno scelto di raccomandare la vaccinazione alle donne in gravidanza e allattamento. (1)
La Circolare del Ministero della Salute
La Circolare del 24 Settembre 2021 del Ministero della Salute riporta: “Si raccomanda la vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19, con vaccini a mRNA, alle donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre. Relativamente al primo trimestre, la vaccinazione può essere presa in considerazione dopo valutazione dei potenziali benefici e dei potenziali rischi con la figura professionale sanitaria di riferimento. La vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 è altresì raccomandata per le donne che allattano, senza necessità di sospendere l’allattamento”. (2)
La vaccinazione è raccomandata in modo particolare nelle donne che presentano fattori di rischio associati a maggiore possibilità di sviluppare forme gravi di Covid-19. Ne sono un esempio l’età superiore ai 30 anni, l’obesità, il diabete e altre comorbidità. (2)
Nonostante le raccomandazioni, il tema della vaccinazione in gravidanza rimane delicato. Infatti, sono ancora molti i dubbi e le preoccupazioni delle neo e future mamme. Ce ne parla il Prof. Mauro Schimberni, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e Medicina della Riproduzione, fondatore e direttore clinico di BioRoma.
Quali sono i rischi dell’infezione da Covid-19 in gravidanza? Perché è importante vaccinarsi?
Quali sono le maggiori preoccupazioni delle donne in gravidanza o in cerca di una gravidanza in merito alla vaccinazione anti Covid-19?
In quale periodo della gravidanza è indicato sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19?
Quale è stato l’impatto della COVID-19 sui servizi di PMA in Europa durante la pandemia? Quale l’impatto sulle coppie che hanno dovuto interrompere i trattamenti di PMA? I membri del The ESHRE COVID-19 Working Group hanno condotto una survey in 41 Paesi europei e hanno pubblicato i risultati su Human Reproduction Open.
Lo scenario in Europa
La pandemia legata alla malattia COVID-19 ha avuto un forte impatto sulle coppie con difficoltà di concepimento. Le cliniche della fertilità hanno sospeso i servizi di PMA, volontariamente o su indicazione delle Autorità Sanitarie nazionali, in media per 7 settimane.
Con la dichiarazione dello stato di pandemia, le Autorità locali hanno sospeso tutti i servizi sanitari non urgenti. Questo al fine di preservare le risorse da dedicare all’ stato di emergenza e per favorire il distanziamento sociale. Le società scientifiche hanno rilasciato raccomandazioni e posizioni su come procedere: ad esempio, la ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embriology) a livello europeo e la SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) in Italia.
La survey
Nel corso del congresso ESHRE tenutosi ad aprile – il convegno più importante a livello Europeo nell’ambito della riproduzione umana – i membri nell’ESHRE Committee of National Representatives hanno ricevuto un questionario. Il questionario chiedeva loro di indicare lo stato dei trattamenti di fecondazione assistita nel loro Paese di provenienza. Gli intervistati hanno dovuto precisare quali trattamenti di PMA sono stati interrotti, quali proseguiti e, in quest’ultimo caso, quali misure restrittive sono state adottate per contenere la pandemia.
Una volta raccolti, i ricercatori hanno incrociato i dati con quelli sulla COVID-19 resi noti dall’ECDC, European Centre for Disease Control. I dati dell’ECDC erano quelli sul numero di casi per Paese europeo.
I risultati principali
Nonostante le numerose differenze nei sistemi sanitari dei vari Paesi – si pensi a quello italiano – i ricercatori sono giunti ad alcune conclusioni. I dati mostrano che i vari Paesi hanno deciso di interrompere e riprendere i servizi di PMA in fasi molto diverse della pandemia. Analogamente, la sospensione ha avuto durata anche molto diversa. In genere, i trattamenti di preservazione della fertilità sono perlopiù rimasti attivi durante tutta la pandemia.
L’Italia è stata la prima a sospendere i servizi di procreazione assistita, il 1° marzo, altre nove Paesi l’hanno fatto nei 15 giorni successivi, seguendo le raccomandazioni dei vari Governi nazionali. Il 1° aprile tutti e 41 i Paesi rappresentati nella survey avevano interrotto, parzialmente o totalmente, i servizi di PMA. In alcuni Paesi, come ad esempio Svezia e Norvegia, l’impatto della pandemia è stato ridotto; di conseguenza, anche le attività di PMA sono state solo minimamente ridotte.
Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Lussemburgo e Norvegia sono stati i primi Paesi a riaprire i centri di fecondazione assistita, nella settimana dell 20 aprile. Gli altri hanno atteso il mese di maggio.
Le conclusioni
Nonostante le numerose semplificazioni che si sono rese necessarie nell’interpretazione dei dati, i risultati hanno portato i ricercatori ad alcune conclusioni.
La più significativa è che la sospensione delle attività di PMA ha avuto durata relativamente breve in tutti i Paesi, circa 7 settimane. Inoltre, sembra che la ripresa sia stata tempestiva, ai primi cenni di declino della curva dei nuovi casi di COVID-19. Questo può anche essere legato al fatto che per la WHO – World Health Organization – l’infertilità è un tema di importanza prioritaria. Analogamente, l’impatto psicologico per le coppie infertili è tenuto in seria considerazione dalle Società Scientifiche internazionali, che hanno emanato le linee guida per consentire la riapertura in tempi rapidi.
I ricercatori si augurano che la loro indagine su l’impatto della COVID-19 sulla PMA in Europa sia di supporto nel caso di una futura pandemia globale. Tutti noi leggiamo i risultati con grande interesse, sperando che non ce ne sia mai più bisogno.
Come cambia il desiderio di diventare genitori ai tempi del Coronavirus?
Alcuni ricercatori italiani hanno condotto una survey su un campione rappresentativo della popolazione italiana in età fertile. Lo scopo dello studio era valutare l’impatto della pandemia sul desiderio di diventare genitori.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Psychosomatic Obstetrics and Gynecology è stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione. Il campione era composto da uomini e donne con una relazione eterosessuale stabile, di età compresa tra i 18 e i 46 anni. Il questionario è stato creato attraverso Google Forms e postato su WhatsApp, Instagram e Facebook.
I risultati dello studio
Il campione è composto da 1.482 persone, di cui il 63,7% donne e il 36,3% uomini. La fascia di età più rappresentata è quella tra i 31 e i 46 anni (65,6%). Il 70% ha interrotto gli spostamenti per lavoro. Il 20% degli intervistati ha dichiarato una riduzione delle entrate mensili di oltre il 50%, mentre per più della metà non ci sono state variazioni.
Le misure restrittive introdotte in Italia dal lockdown hanno avuto senza dubbio un impatto importante sulla vita dell’intera popolazione. Ansia, paura, panico, privazione della libertà, convivenza forzata: sono fattori che per molte persone hanno comportato un peggioramento della qualità di vita.
Nonostante l’impatto negativo della pandemia sulla vita quotidiana e sul benessere delle persone, la maggior parte delle coppie continua a guardare al futuro e a cercare di diventare genitore. Il 37% degli intervistati hanno interrotto la ricerca di un figlio a causa delle preoccupazioni per l’impatto economico della pandemia e le possibili conseguenze del Covid-19 sulla gravidanza.
Senza paura, verso il futuro
Molte coppie hanno iniziato a pensare di avere figli proprio durante la quarantena. Questo desiderio è stato espresso principalmente dalle donne, per un forte desiderio di cambiamento e di positività. In realtà, pochissime ci hanno provato veramente.
Sono i più giovani ad aver iniziato a sentire l’esigenza di avere un figlio durante la pandemia, segno di una maggiore energia e motivazione a investire sul futuro e a guardare sempre avanti senza paura.
I dati dello studio non dicono se le nascite aumenteranno o diminuiranno nel futuro prossimo, probabilmente l’indagine verrà ripetuta.
Fonte: Miceli E, et al., Desire for parenthood at the time of COVID-19 pandemic: an insight into thee Italian situation. Journal of Psychosomatic Obstetrics & Gynecology. Disponibile al link: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/0167482X.2020.1759545 Ultimo accesso: 20 maggio 2020.
Fecondazione assistita e Covid-19: anche nell’ambito della fecondazione assistita l’emergenza sanitaria legata alla Covid-19 ha generato molte preoccupazioni sia per gli operatori sanitari sia per le coppie che stanno pianificando la propria famiglia.
La pandemia ha portato alla sospensione dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Per le coppie coinvolte – come ha sottolineato ad Ansa il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) – “si tratta di un temporaneo ma grave disagio, da affrontare con la corretta informazione e con equilibrio emotivo”.
La task force
La SIRU, Società Italiana di Riproduzione Umana, ha attivato due task force di specialisti a disposizione dei pazienti e degli operatori sanitari per la valutazione dei rischi materno-fetali-neonatali associati all’infezione Covid-19 in gravidanza. È possibile usufruire di un servizio online e pianificare un contatto video giornaliero, che garantisce aggiornamenti e raccomandazioni per gli operatori sanitari e le coppie che cercano informazioni e assistenza.
Il servizio
Il servizio di supporto è multidisciplinare: due task force, una composta da infettivologi ed esperti in medicina della riproduzione, l’altra da psicologi e psicoterapeuti. Quest’ultima, in particolare, è dedicata alle coppie che a causa della pandemia sono costrette ad attendere il superamento della fase di emergenza per realizzare il proprio sogno di diventare genitori.
“Rimandare non significa rinunciare” – conclude Guglielmino – “ci stiamo preparando ad una lenta ripresa dell’attività assistenziale nella prospettiva di convivenza con il coronavirus”.
PMA e Covid-19: come dovrebbe cambiare l’approccio alla riproduzione assistita ai tempi del coronavirus? Stiamo combattendo una pandemia virale senza precedenti. L’ASRM (American Society for reproductive medicine) ha, a questo proposito, fornito a questo proposito precise raccomandazioni. Queste hanno come obiettivo la tutela della salute e della sicurezza dei pazienti, così come del personale. Si tratta di una guida che affronta una lacuna nelle attuali linee guida che riguardano la COVID-19, che menzionano solo indirettamente l’infertilità e il suo trattamento. Le coppie che stanno sottoponendosi a terapie di PMA non devono dunque sorprendersi se il loro centro di riferimento decide di assumere precauzioni anche importanti, è per il bene comune. Va sottolineato che la Società scientifica rivaluterà regolarmente queste raccomandazioni, con la speranza di riprendere al più presto l’inizio di un’assistenza completa per la fertilità.
PMA e Covid-19: le raccomandazioni durante l’epidemia di coronavirus
Le raccomandazioni generali valgono sempre. Quindi prima tra tutte, è valida l’indicazione ad attuare ogni necessaria azione per mitigare il rischio e per mantenere il distanziamento sociale. Anche i viaggi non essenziali, soprattutto nelle zone ad alto impatto, dovrebbero essere evitati quando possibile. La gestione attiva dei pazienti deve dunque seguire queste indicazioni.
In particolare, si consiglia di:
Sospendere l’inizio di nuovi cicli di trattamento, compresa l’induzione dell’ovulazione, le inseminazioni intrauterine (IUI), la fecondazione in vitro (FIV), compresi i prelievi e i trasferimenti di embrioni congelati, nonché la crioconservazione dei gameti non urgenti.
Prendere fortemente in considerazione l’annullamento di tutti i trasferimenti di embrioni, sia freschi che congelati. Al momento, infatti, vi è una scarsità di dati relativi all’impatto e al rischio potenziale di COVID-19 sulla gravidanza, sul feto e sul benessere del bambino. I cicli di donazione diretta di ovociti, in cui la donatrice ha iniziato la stimolazione ovarica, possono essere continuati e gli embrioni devono essere crioconservati per un uso futuro.
Continuare a prendersi cura dei pazienti che sono attualmente “in ciclo” o che richiedono una stimolazione e una crioconservazione urgenti.
Sospendete gli interventi chirurgici elettivi e le procedure diagnostiche non urgenti.
Ridurre al minimo le interazioni interpersonali e aumentare l’utilizzo della telesalute.
Infine, si consiglia di non sottoporre le pazienti con COVID-19 attivo a un trattamento di fertilità, a meno che non richiedano un’urgente conservazione della fertilità.