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L’infertilità, definita come l’assenza di concepimento spontaneo dopo 1 anno di rapporti non protetti, colpisce il 15-20% delle coppie e fattori maschili sono presenti in circa la metà di questi casi. Quando non si riesce a trovare la causa delle difficoltà di concepimento si parla di infertilità maschile idiopatica.

Abbiamo chiesto al Dr. Emanuele Ferrante, Endocrinologo, di spiegare cosa è l’infertilità idiopatica maschile e cosa si può fare.

Lo studio del maschio infertile

Lo studio del maschio infertile prevede l’esecuzione di numerosi esami (vedi anche gli Articoli: “Infertilità di coppia: gli esami per l’uomo”; “Infertilità maschile: possibili cause e ruolo della prevenzione”; “Infertilità maschile: le terapie”), che vengono prescritti allo scopo di riconoscere e potenzialmente risolvere le cause che conducono ad una ridotta qualità e/o quantità del liquido seminale.
Secondo il manuale della WHO (World Health Organization) del 2021, i limiti inferiori di riferimento per i parametri dell’esame del liquido seminale sono i seguenti:

  • Volume: 1.4 ml
  • Concentrazione/ml: 16×106
  • Numero/eiaculato: 39×106
  • Motilità progressiva: 30%
  • Motilità totale: 42%
  • Forme tipiche: 4%
  • Test di vitalità: 54%
L‘infertilità maschile idiopatica

Anche dopo esecuzione di tutti gli esami necessari, in una significativa quota di maschi non si riesce a trovare la causa dell’infertilità: in questi casi si parla di infertilità maschile idiopatica. A livello puramente ormonale, questo si traduce nella presenza agli esami ematici di normali livelli di testosterone e di gonadotropine (LH e FSH), gli ormoni glicoproteici prodotti dalla ghiandola ipofisi e che regolano il funzionamento del testicolo. In particolare, nel caso dell’FSH, il valore è considerato normale se inferiore a 8 IU/L.

Le possibili strategie terapeutiche

Negli ultimi anni, sulle possibili strategie terapeutiche di questa condizione è stato posto molta attenzione.

È ormai chiaro che lo stile di vita gioca un ruolo fondamentale nella salute maschile, sia generale che sessuale. Bisogna quindi correggere alcune abitudini (ridurre il consumo di alcol, ridurre l’indice di massa corporea in caso di sovrappeso/obesità, aumentare l’attività fisica e cessare il fumo) che possono ridurre il potenziale di fertilità del maschio.

Le più recenti linee guida suggeriscono inoltre, in maschi che presentano una oligozoospermia (ridotto numero di spermatozoi) e/o una astenozoospermia (ridotta motilità degli spermatozoi) idiopatica, l’utilizzo di una terapia con FSH. Molti studi hanno mostrato che questa terapia, utilizzata solitamente alla dose di 150U da somministrare sottocute 3 volte alla settimana per 3-4 mesi, è in grado di migliorare in modo significativo il numero e la motilità degli spermatozoi, determinando così – cosa più importante – un aumento sia del tasso di gravidanza spontanea che del tasso di gravidanza ottenuto mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA). Tuttavia, servono dati più precisi per determinare quale siano il dosaggio e la durata di terapia più efficaci nel migliorare il potenziale fertile.

Molta più incertezza esiste in merito all’utilizzo degli integratori a base di antiossidanti, che possono essere presi in considerazione in caso di pazienti con infertilità idiopatica ed elevato danno da stress ossidativo (che può essere stimato mediante il test di frammentazione del DNA spermatico). Questa incertezza nasce dalla diversa composizione dei molti integratori presenti in commercio e dall’alto grado di eterogeneità dei dati pubblicati in letteratura.

Il counseling è fondamentale

In ogni caso, è fondamentale che vi sia una collaborazione attiva tra tutte le figure professionali coinvolte (ginecologo, endocrinologo, uro-andrologo…) al fine di ottimizzare le tempistiche dei diversi interventi terapeutici e delle eventuali tecniche di PMA, dato che nelle problematiche relative alla fertilità di coppia il fattore tempo riveste un ruolo cruciale.

 

Bibliografia di riferimento

Ferlin A, Calogero AE, Krausz C, Lombardo F, Paoli D, Rago R, Scarica C, Simoni M, Foresta C, Rochira V, Sbardella E, Francavilla S, Corona G. Management of male factor infertility: position statement from the Italian Society of Andrology and Sexual Medicine (SIAMS) : Endorsing Organization: Italian Society of Embryology, Reproduction, and Research (SIERR). J Endocrinol Invest. 2022 May;45(5):1085-1113. doi: 10.1007/s40618-022-01741-6. Epub 2022 Jan 24. PMID: 35075609.

Santi D, Crépieux P, Reiter E, Spaggiari G, Brigante G, Casarini L, Rochira V, Simoni M. Follicle-stimulating Hormone (FSH) Action on Spermatogenesis: A Focus on Physiological and Therapeutic Roles. J Clin Med. 2020 Apr 3;9(4):1014. doi: 10.3390/jcm9041014. PMID: 32260182; PMCID: PMC7230878.

Simoni M, Brigante G, Rochira V, Santi D, Casarini L. Prospects for FSH Treatment of Male Infertility. J Clin Endocrinol Metab. 2020 Jul 1;105(7):dgaa243. doi: 10.1210/clinem/dgaa243. PMID: 32374828.

WHO Laboratory Manual for the Examination and Processing of Human Semen, Sixth ed. 2021

Una volta eseguita correttamente la diagnosi di ipogonadismo (vedi l’articolo: “Ipogonadismo nel maschio: diagnosi e principali cause”), il passo successivo riguarda la decisione in merito all’inizio di una terapia sostitutiva, che ha lo scopo di migliorare i segni e i sintomi legati alla carenza ormonale.
I dubbi e le preoccupazioni dei pazienti in merito a questo argomento sono molti: facciamo il punto con il Dr. Emanuele Ferrante, Endocrinologo.

Quale terapia?

Solo nei casi in cui ci sia desiderio da parte del paziente di mantenere la fertilità, si opterà per una terapia a base di gonadotropine (vedi articolo “Infertilità maschile: le terapie”).

Nella maggior parte dei casi, la terapia si basa invece sulla somministrazione di testosterone, ossia l’ormone prodotto dal testicolo sotto stimolo delle gonadotropine (LH e FSH) rilasciate dall’ipofisi.

Prima di cominciare una terapia a base di testosterone, andranno tenuti in considerazione e presentati con chiarezza al paziente quelli che sono i possibili benefici e i rischi connessi alla terapia sostitutiva.

Cosa raccomandano le Linee Guida

Secondo le attuali linee guida, è opportuno valutare e riconoscere quelle condizioni che rappresentano una controindicazione alla terapia con testosterone:

  • Tumore della prostata e della mammella: la presenza di una patologia neoplastica già in atto al momento della diagnosi preclude la possibilità di iniziare la terapia con testosterone. In tutti gli altri casi, è opportuna una valutazione basale [esplorazione rettale, palpazione della mammella, dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico)] prima di iniziare la terapia per escludere la presenza di fattori di rischio significativi (noduli palpabili, elevati valori di PSA) che richiedono ulteriori approfondimenti.
  • Elevazione dell’ematocrito: l’ematocrito è un esame del sangue che misura la percentuale del volume sanguigno occupata dai globuli rossi e può essere facilmente valutato con un prelievo del sangue (emocromo). La terapia sostitutiva con testosterone è controindicata quando elevati livelli di ematocrito (compresi tra il 50 e il 54%) sono presenti prima dell’inizio della terapia stessa e non deve essere proseguita se i livelli di ematocrito salgono oltre il 54%.
  • Insufficienza cardiaca: la terapia non va iniziata in presenza di una insufficienza cardiaca cronica di grado severo o in caso di infarto del miocardio avvenuto nei 6 mesi precedenti.
  • Sintomi da ostruzione delle basse vie urinarie: in modo analogo, in presenza di sintomi severi ostruttivi delle basse vie urinarie (disturbi del riempimento e dello svuotamento vescicale, disturbi post-minzionali) la terapia è controindicata dalla maggior parte delle linee guida, sebbene non sia dimostrato che la somministrazione di testosterone peggiori questi sintomi.
  • Sindrome delle apnee notturne: la terapia non deve essere iniziata in presenza di sindrome delle apnee notturne di grado severo non in trattamento.
Le terapie utilizzate in Italia

Eseguite le valutazioni basali ed esclusa la presenza di controindicazioni, è quindi possibile iniziare la terapia sostitutiva. In Italia si utilizzano preparati iniettabili intramuscolo a breve o lunga durata d’azione (fiale, da somministrare ogni 2-4 settimane oppure ogni 10-14 settimane, rispettivamente), oppure formulazioni in gel da applicare per via transdermica tutti i giorni, preferibilmente al mattino.

Rispetto ai preparati iniettabili a breve durata d’azione, con i quali i livelli di testosterone risultano molto variabili nelle diverse settimane successive all’esecuzione della terapia, le altre formulazioni garantiscono livelli più stabili del testosterone nel sangue.

I parametri da monitorare nel corso della terapia

Dopo l’inizio della terapia, è ovviamente necessario monitorare i livelli di testosterone totale nel sangue, con modalità che differiscono a seconda della preparazione farmaceutica scelta (in linea generale, al termine del periodo di intervallo tra due fiale oppure 2-4 ore dopo l’applicazione del gel).

Insieme ai livelli di testosterone, bisogna periodicamente raccogliere alcuni parametri già descritti in precedenza (livelli di ematocrito dopo 3, 6, 12 mesi dall’inizio della terapia e quindi ogni 12 mesi; PSA ed esplorazione rettale tra i 3 e i 12 mesi dall’inizio della terapia, quindi secondo linee guida per lo screening della popolazione maschile) per verificare l’eventuale comparsa di effetti collaterali che rappresentano una controindicazione alla prosecuzione del trattamento.

Profilo di sicurezza ed efficacia della terapia sostitutiva

Se correttamente prescritta e monitorata, la terapia sostitutiva con testosterone è sicura ed efficace e si è dimostrata in grado di migliorare i segni/sintomi tipici della carenza ormonale, sia dal punto di vista sessuale che dal punto di vista fisico e psicologico. La comparsa dei benefici varia da poche settimane (miglioramento del desiderio sessuale) a molti mesi (miglioramento della disfunzione erettile e della composizione corporea, aumento della densità minerale ossea), motivo per il quale la risposta alla terapia va valutata con tempistiche appropriate e con un’ottica di lungo periodo.

 

Bibliografia di riferimento

Bhasin S, Brito JP, Cunningham GR, Hayes FJ, Hodis HN, Matsumoto AM, Snyder PJ, Swerdloff RS, Wu FC, Yialamas MA. Testosterone Therapy in Men With Hypogonadism: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2018 May 1;103(5):1715-1744. doi: 10.1210/jc.2018-00229. PMID: 29562364.

Lunenfeld B, Mskhalaya G, Zitzmann M, Corona G, Arver S, Kalinchenko S, Tishova Y, Morgentaler A. Recommendations on the diagnosis, treatment and monitoring of testosterone deficiency in men. Aging Male. 2021 Dec;24(1):119-138. doi: 10.1080/13685538.2021.1962840. PMID: 34396893.

Barbonetti A, D’Andrea S, Francavilla S. Testosterone replacement therapy. Andrology. 2020 Nov;8(6):1551-1566. doi: 10.1111/andr.12774. Epub 2020 Mar 9. PMID: 32068334.

Salonia A, Bettocchi C, Boeri L, Capogrosso P, Carvalho J, Cilesiz NC, Cocci A, Corona G, Dimitropoulos K, Gül M, Hatzichristodoulou G, Jones TH, Kadioglu A, Martínez Salamanca JI, Milenkovic U, Modgil V, Russo GI, Serefoglu EC, Tharakan T, Verze P, Minhas S; EAU Working Group on Male Sexual and Reproductive Health. European Association of Urology Guidelines on Sexual and Reproductive Health-2021 Update: Male Sexual Dysfunction. Eur Urol. 2021 Sep;80(3):333-357. doi: 10.1016/j.eururo.2021.06.007. Epub 2021 Jun 26. PMID: 34183196.

Jayasena CN, Anderson RA, Llahana S, Barth JH, MacKenzie F, Wilkes S, Smith N, Sooriakumaran P, Minhas S, Wu FCW, Tomlinson J, Quinton R. Society for Endocrinology guidelines for testosterone replacement therapy in male hypogonadism. Clin Endocrinol (Oxf). 2022 Feb;96(2):200-219. doi: 10.1111/cen.14633. Epub 2021 Nov 22. PMID: 34811785.

 

La diagnosi di ipogonadismo maschile è ancora oggi un momento molto delicato, ma assolutamente fondamentale per le implicazioni terapeutiche, di follow-up e di carico emotivo sul paziente. Cerchiamo quindi di fare chiarezza su quelle che sono le attuali indicazioni che sono fornite dalle linee guida al fine di arrivare ad una diagnosi corretta di questa patologia.

Ne parliamo con il Dr. Emanuele Ferrante, Endocrinologo.

L’ipogonadismo maschile

L’ipogonadismo maschile è una sindrome clinica e biochimica caratterizzata da bassi livelli di testosterone (l’ormone sessuale maschile), che può influire negativamente su molte funzioni dell’organismo e sulla qualità della vita.

Quando si approccia alla diagnosi di ipogonadismo maschile, bisognerà pertanto tenere in considerazione sia gli aspetti clinici che quelli biochimici, che devono essere sempre entrambi valutati.

I principali segni e sintomi

Dal punto di vista clinico, i principali segni e sintomi legati all’ipogonadismo sono i seguenti:

  • Disordini della sfera sessuale:
    • Calo del desiderio sessuale
    • Disfunzione erettile
    • Riduzione delle erezioni spontanee mattutine
  • Disordini fisici e psicologici:
    • Astenia (stanchezza)
    • Facile affaticabilità muscolare
    • Ridotta capacità di eseguire attività fisica
    • Deflessione del tono dell’umore

Tuttavia, la presenza di sintomi che possono ricondurre ad un sospetto di ipogonadismo non è sufficiente a confermare la diagnosi e a indicare la necessità di un trattamento sostitutivo.

È invece necessario confermare la contestuale presenza di un’alterazioni biochimica.

La diagnosi biochimica

La diagnosi biochimica si fonda sul dosaggio dei livelli di testosterone totale, che va eseguito al mattino a digiuno, tra le ore 7 e le ore 11. Tuttavia, è importante confermare la presenza di bassi livelli di questo ormone in una seconda occasione, poiché le variazioni giornaliere del testosterone sono tali che non rendono sufficientemente attendibile la diagnosi eseguita su un singolo prelievo.

Inoltre, è giusto ricordare che il testosterone totale rappresenta la somma del testosterone libero e di quello legato alle proteine di trasporto (in particolare SHBG – sex hormone binding globulin – e albumina). Rispetto al totale, solo il 2-4% del testosterone circolante è presente nella forma libera. Nei casi in cui i livelli di testosterone totale risultino incerti o nei casi in cui siano presenti delle altre condizioni che possano ridurre (obesità, diabete mellito tipo 2, ipotiroidismo) o aumentare (età avanzata, infezione da HIV, uso di farmaci antiepilettici, ipertiroidismo) le concentrazioni di SHBG, è opportuno completare la diagnosi biochimica dosando il testosterone libero.

In quest’ambito, tutte le linee guida sono concordi nello sconsigliare il dosaggio diretto del Testosterone libero, in quanto i dosaggi oggi disponibili sono inaccurati. Piuttosto, è opportuno utilizzare un algoritmo matematico, liberamente accessibile, che stima la concentrazione libera dell’ormone a partire dai livelli di testosterone totale, SHBG e albumina.

Capire l’origine dell’ipogonadismo

Una volta confermata la presenza di bassi livelli di testosterone (totale e/o libero), un altro passo fondamentale è capire l’origine dell’ipogonadismo. In linea generale, bassi livelli di testosterone possono essere associati ad elevati livelli di gonadotropine (LH e FSH), due ormoni prodotti da una ghiandola che si chiama ipofisi, in un quadro che richiama un danno del testicolo e che viene classificato come ipogonadismo ipergonadotropo o ipogonadismo primario. Oppure, possono essere associati a ridotti livelli di gonadotropine, che indicano un danno a livello dell’ipofisi e che caratterizzano il quadro di ipogonadismo ipogonadotropo (o ipogonadismo secondario).

Questa prima classificazione deve poi guidare alla successiva esecuzione degli esami necessari a condurre ad una definitiva caratterizzazione della causa dell’ipogonadismo.

Le principali cause

Le principali cause di ipogonadismo sono le seguenti:

  • Ipogonadismo primario:
    • Sindrome di Klinefelter
    • Criptorchidismo
    • Traumi/infezioni/interventi testicolari
    • Età avanzata
  • Ipogonadismo secondario:
    • Tumori o malattie infiltrative dell’area ipotalamo/ipofisaria
    • Iperprolattinemia
    • Malattie sistemiche (obesità, insufficienza d’organo)
    • Terapia steroidea cronica
    • Forme idiopatiche

Da questo rapido excursus, risulta chiaro che la diagnosi di ipogonadismo è tutt’altro che semplice e che il maschio che presenta uno o più sintomi riferibili a questa patologia debba rivolgersi ad uno specialista che possa guidarlo ad un adeguato iter diagnostico, al fine di inquadrare e riconoscere correttamente un disordine che ha una così importante influenza sulla salute del maschio.

 

Bibliografia di riferimento

Bhasin S, Brito JP, Cunningham GR, Hayes FJ, Hodis HN, Matsumoto AM, Snyder PJ, Swerdloff RS, Wu FC, Yialamas MA. Testosterone Therapy in Men With Hypogonadism: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2018 May 1;103(5):1715-1744. doi: 10.1210/jc.2018-00229. PMID: 29562364.

Barbonetti A, D’Andrea S, Francavilla S. Testosterone replacement therapy. Andrology. 2020 Nov;8(6):1551-1566. doi: 10.1111/andr.12774. Epub 2020 Mar 9. PMID: 32068334.

Lunenfeld B, Mskhalaya G, Zitzmann M, Corona G, Arver S, Kalinchenko S, Tishova Y, Morgentaler A. Recommendations on the diagnosis, treatment and monitoring of testosterone deficiency in men. Aging Male. 2021 Dec;24(1):119-138. doi: 10.1080/13685538.2021.1962840. PMID: 34396893.

Salonia A, Bettocchi C, Boeri L, Capogrosso P, Carvalho J, Cilesiz NC, Cocci A, Corona G, Dimitropoulos K, Gül M, Hatzichristodoulou G, Jones TH, Kadioglu A, Martínez Salamanca JI, Milenkovic U, Modgil V, Russo GI, Serefoglu EC, Tharakan T, Verze P, Minhas S; EAU Working Group on Male Sexual and Reproductive Health. European Association of Urology Guidelines on Sexual and Reproductive Health-2021 Update: Male Sexual Dysfunction. Eur Urol. 2021 Sep;80(3):333-357. doi: 10.1016/j.eururo.2021.06.007. Epub 2021 Jun 26. PMID: 34183196.