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Le tecniche di PGT (Preimplantation Genetic Testing, Diagnosi Genetica Preimpianto) devono essere utilizzate seguendo dei criteri condivisi dalla comunità scientifica e contenuti nelle Linee Guida Internazionali (ad esempio, quelle della ESHRE, European Society of Human Reproduction and Embryology).

Ne parliamo con il Dottor Antonio Mangiacasale, ginecologo, Responsabile Clinico del CRA – Centro Riproduzione Assistita di Catania.

Le indicazioni alla PGT-A

Senza dubbio la PGT-A è un’indagine molto utile e con un alto profilo di sicurezza. A differenza della PGT-M e della PGT-SR, indicate in coppie e pazienti portartici di patologie o anomalie cromosomiche, la PGT-A non è riferita ad alcuna patologia specifica. Questo non deve indurre a utilizzarla indistintamente su tutte le donne che si affidano alla procreazione medicalmente assistita, va comunque impiegata secondo delle indicazioni ben precise.

La diagnosi preimpianto è comunque un’indagine invasiva per l’embrione, seppure a basso rischio; quindi, il suo utilizzo non va generalizzato. Le Linee Guida ESHRE puntualizzano quali siano le categorie di pazienti per le quali è indicato l’utilizzo della PGT-A.

Pensiamo ad esempio alle pazienti over 38, nelle quali il rischio di aneuploidie è aumentato per l’abbassamento fisiologico della qualità ovocitaria; o alle pazienti con ripetuti fallimenti o con aborto ricorrente; o ancora a uomini con una situazione seminale gravemente compromessa, che aumenta il rischio di aneuploidie.

La ESHRE, Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia, indirizza ai decisori politici otto raccomandazioni per tutelare la salute riproduttiva (e non solo) della popolazione.

L’inquinamento danneggia anche la fertilità, sia maschile che femminile: sono sempre più numerosi gli studi che confermano questa correlazione.
Gli studi indagano, ad esempio, gli effetti ambientali sull’attività ovarica e sull’ampiezza della finestra riproduttiva nelle donne, ma anche sulla qualità dello sperma maschile.
Più in generale, i ricercatori studiano i legami con l’infertilità, le malformazioni dei feti, e con patologie dell’apparato riproduttivo e tumori.

Le 8 raccomandazioni della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia

Anche la Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) condivide le preoccupazioni sull’impatto dei fattori ambientali sulla salute riproduttiva e sul calo del tasso di fertilità degli ultimi anni. Per questo, ha formulato otto raccomandazioni su inquinamento e fertilità.

L’ESHRE chiede:

  1. Un’urgente azione politica e legislativa in risposta al collegamento ormai assodato tra fattori ambientali e calo del tasso di fertilità.
  2. Che l’Unione europea aggiorni rapidamente i pertinenti regolamenti Reach e Clp nella direzione di minimizzare l’esposizione al rischio chimico per lavoratori e consumatori, in favore anche dell’ambiente.
  3. Strategie di prevenzione rivolte a donne e uomini ancora prima del concepimento.
  4. Che la popolazione sia correttamente informata sui potenziali alti rischi di esposizione dovuta allo svolgimento di alcuni lavori.
  5. Lo sviluppo di una piattaforma digitale per raccogliere dati in modo da monitorare l’esposizione ambientale e i suoi effetti sulla salute riproduttiva e generale.
  6. Di procedere con sempre più forza verso la decarbonizzazione per prevenire i danni riproduttivi e creare un pianeta più sano per tutti.
  7. Di aumentare la consapevolezza della popolazione sui rischi dell’esposizione ambientale per la salute riproduttiva attraverso campagne di salute pubblica ed educative.
  8. Che i test delle aziende farmaceutiche e industriali, attualmente focalizzati sulla gravidanza, valutino gli effetti anche sulla fertilità e sui gameti, diventando lo standard nei test prima dell’immissione del prodotto nel mercato europeo.

I fattori ambientali in causa

Tra i fattori ambientali sul ‘banco degli imputati’, ci sono in prima linea gli interferenti endocrini: un gruppo di sostanze chimiche che può alterare il funzionamento degli ormoni con effetti negativi per la salute dell’adulto e del feto. Possono provocare infertilità nella vita adulta, ma anche essere la causa di alcune patologie andrologiche e ginecologiche e di alcuni tumori.
Secondo alcune stime, potrebbero essere responsabili per almeno il 20% dell’incidenza di malattie come l’endometriosi, l’infertilità maschile e il criptorchidismo.

L’elenco comprende pesticidi, antiparassitari, diossine, additivi e preservanti di prodotti industriali e di consumo, alcuni metalli pesanti, polifenoli (alcuni noti come fitoestrogeni) nonché alcuni farmaci. Queste sostanze si diffondono nell’ambiente attraverso l’inquinamento atmosferico e quello delle acque e del suolo, ma si trovano anche nell’urina e negli alimenti: molte sono presenti in oggetti di plastica e metallo di uso quotidiano, oltre che nei cosmetici e nei prodotti per l’igiene personale.

Anche l’esposizione prolungata alle sostanze tossiche e alle radiazioni può influire negativamente sulla fertilità. Un rischio che riguarda alcune tipologie di lavoratori, dagli agricoltori ai lavoratori nel settore edile, dal personale militare a quello medico-infermieristico fino a chi lavora nell’ industria chimica, petrolchimica o mineraria.

Ci sono inoltre prove scientifiche sul fatto che le particelle inquinanti di fuliggine possono attraversare la placenta e arrivare al feto, che le donne che vivono vicino alle autostrade trafficate hanno una maggiore infertilità e che molti prodotti farmaceutici potenzialmente rischiosi per la fertilità non sono regolamentati da questo punto di vista.

Fonte: Agenzia ADNkronos

Endometriosi e gravidanza: un binomio che sembra impossibile. Cos’è l’endometriosi? Quali sono i sintomi e quali le terapie? Chi soffre di questa patologia può realizzare il sogno di diventare mamma?

Ne abbiamo parlato con la Dr.ssa Sara Scandroglio, specialista in ginecologia e ostetricia.

Cos’è l’endometriosi

L’endometriosi viene definita come la presenza di tessuto simil-endometriale funzionale (epitelio, ghiandole e stroma) al di fuori della cavità uterina. Le cellule che compongono i focolai endometriosici, infatti, sono estremamente simili a quelle che compongono l’endometrio (la mucosa che riveste la superficie interna dell’utero) dal punto di vista strutturale e funzionale: il tessuto endometriosico si trova perciò in sede “ectopica” (dove normalmente non dovrebbe essere), ma risponde agli stimoli ormonali ciclici femminili esattamente come farebbe l’endometrio. Lo stimolo ormonale di natura estrogenica stimola la proliferazione delle cellule endometriosiche e, conseguentemente, determina la sintomatologia clinica [1].

La causa dell’endometriosi

Sebbene la causa dell’endometriosi non sia a tutt’oggi chiaramente definita, sono state sviluppate diverse ipotesi: secondo alcuni autori, le cellule endometriali sfaldate durante la mestruazione arriverebbero in cavità peritoneale attraverso le tube di Falloppio, mediante un processo definito “mestruazione retrograda”, e si impianterebbero; altre teorie ipotizzano che le cellule endometriosiche derivino da cellule staminali dislocate in sede ectopica durante il processo di organogenesi in fase embrionale, le quali rimarrebbero quiescenti durante la fase pre-puberale e si riattiverebbero durante la fase fertile della vita, in seguito agli stimoli ormonali [2].

A prescindere dalla modalità con la quale le cellule endometriosiche arrivano e si impianto in cavità pelvica, queste ultime in condizioni fisiologiche dovrebbero venire attaccate ed eliminate dal sistema immunitario (linfociti T, cellule Natural Killer e macrofagi) della paziente: nelle pazienti affette da endometriosi è stato osservato in numerosi studi che questo “controllo immunitario” a livello peritoneale appare limitato, per cui le cellule endometriosiche “evadono la sorveglianza” da parte del sistema immunitario e si impiantano e proliferano in cavità pelvica [3]. Appare chiaro perciò che la genesi della patologia sia riconducibile a diversi aspetti, non mutuamente esclusivi, di natura genetica, epigenetica ed immunologica.

Le caratteristiche della patologia

L’endometriosi si caratterizza come una patologia dell’età riproduttiva. Secondo le ultime linee guida dell’European Society of Human Reproduction and Embryology, la patologia colpisce circa una donna su dieci, ed è associata all’infertilità in circa il 50% dei casi [4]. Le sedi dove si sviluppano più frequente le lesioni endometriosiche sono: le ovaie, il peritoneo che riveste la cavità pelvica, il cavo di Douglas ed il setto-retto-vaginale ed i legamenti dell’utero. In una percentuale minore di casi viene interessato l’intestino e/o l’apparato urinario (soprattutto vescica ed ureteri. In casi estremamente rari la patologia può interessare sedi molto lontane dalla cavità pelvica, quali gli organi toracici o l’encefalo.

I sintomi

La sintomatologia è riconducibile principalmente al dolore pelvico acuto (usualmente in concomitanza della fase mestruale) e cronico, dispareunia (dolore durante i rapporti), sterilità/infertilità, sanguinamenti intermestruali. A questi si possono aggiungere alcuni sintomi specifici, quali dolore alla defecazione e sanguinamento rettale (in caso di interessamento intestinale) o ematuria (in caso di interessamento uretero-vescicale). Chiaramente la sintomatologia può presentare notevoli ripercussioni invalidanti sulla vita della paziente: basti solo pensare all’impatto che il dolore pelvico cronico può avere sul lavoro della donna o, parimenti, la presenza di dispareunia e l’infertilità sul rapporto di coppia [5]. Per questo motivo è assolutamente fondamentale avere un approccio multidisciplinare alla paziente, con professionisti di diverse discipline, possibilmente in centri di riferimento per il management della patologia [6].

La classificazione

Usualmente l’endometriosi viene classificata in 4 stadi secondo il “revised American Fertility Society score”, a seconda della gravità della patologia [7]. È importantissimo sottolineare, però, che non sempre lo stadio di malattia è correlato alla gravità della sintomatologia: anche pazienti al I-II stadio possono presentare elevati livelli di dolore pelvico o essere infertili. Dal punto di vista prettamente clinico, si distinguono tre tipi principali di lesioni endometriosiche: lesioni peritoneali superficiali, endometriomi (cisti endometriosiche) ovarici ed endometriosi profonda infiltrante (“Deep Infiltrating Endometriosis”). Quest’ultimo tipo è quello più difficile da trattare dal punto vista chirurgico e farmacologico, e che può comportare esiti invalidanti [8].

La diagnosi

Il sospetto diagnostico per endometriosi viene posto innanzitutto sulla base di un’accurata raccolta della storia clinica della paziente e della visita ginecologica (o rettale, in caso di paziente virgo), a cui segue usualmente il supporto ecografico, utile nella diagnosi di endometriomi e di focolai di endometriosi profonda infiltranti [9]; in casi selezionati si potranno utilizzare anche altre metodiche, quali la Risonanza Magnetica Nucleare o la cistoscopia per escludere la presenza di cistite interstiziale, che spesso si associa ad endometriosi. Sebbene ci sia anche la possibilità di utilizzare marcatori sierologici come il CA-125, le ultime linee guida dell’European Society of Human Reproduction and Embryology raccomandano di escluderli data la loro bassissima sensibilità e specificità (non è raro infatti avere valori di CA-125 nel range di normalità anche in caso di diagnosi accertata!) [4]. Una volta posto il sospetto diagnostico, il “gold standard” per la diagnosi è rappresentato dalla laparoscopia, cui deve seguire necessariamente conferma istologica dei campioni prelevati dai focolai visualizzati.

La terapia medica

La terapia medica si avvale dell’utilizzo di diversi preparati ad azione ormonale [10], quali i progestinici o gli estroprogestinici in regime continuativo (senza interruzione, al fine di evitare il sanguinamento pseudo-mestruale), somministrabili per via orale, vaginale, intrauterina (intrauterine device – IUD, cosiddetta “spirale”), transdermica o ancora mediante impianti sottocutanei. Qualora queste terapie dovessero risultare non sufficienti, c’è la possibilità di prescrivere gli analoghi del Gonadotropin-releasing hormone (GnRH), da riservare esclusivamente per brevi periodi di tempo (massimo 6 mesi), possibilmente con l’utilizzo contemporaneo di un estroprogestinico (cosiddetta “add-back therapy”) ed escludendo le pazienti adolescenti, considerando i deleteri effetti di questo farmaco sulla massa ossea.

La terapia chirurgica

La terapia chirurgia attualmente è principalmente laparoscopica [11], per il ridotto rischio di emorragia nel corso dell’intervento, la minore incidenza di aderenze post-operatorie, la riduzione della degenza e della convalescenza, il minimo danno estetico. Una delle nuove prospettive della chirurgia mini-invasiva è rappresentata altresì dalla chirurgia robotica. Qualunque sia la tecnica chirurgica utilizzata, è fondamentale l’eradicazione di tutto il tessuto patologico, l’elettrocoagulazione dei focolai peritoneali, e, per quanto possibile, il ripristino della normale anatomia e la preservazione del parenchima ovarico indenne. In ogni caso, chirurgia per endometriosi dovrebbe essere riservata a centri di riferimento [6], specialmente nel caso di endometriosi profonda infiltrante.

Il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita

L’endometriosi nei suoi diversi stadi può comportare infertilità e in questo caso risulta fondamentale il ricorso precoce da parte della coppia a tecniche di Procreazione Medicalmente assistita. Il medico specialista ha il compito di informare la coppia e di avviarla ad un percorso specialistico volto all’ottenimento della gravidanza.

Secondo le ultime linee guida ESHRE solo in caso di coppia giovane con endometriosi stadio primo è possibile proporre un percorso di I livello con 3 cicli di inseminazione intrauterina, in tutti gli altri stadi di malattia, tenendo conto sia della componente infiammatoria della patologia che della riduzione della riserva ovarica che della distorsione della anatomia pelvica è indicato un percorso di IVF di II livello (FIVET o ICSI).

Ottenere la gravidanza risulta dunque possibile e la gravidanza stessa, con l’allattamento successivo potranno costituire fattori protettivi per tutto il periodo dalla sintomatologia dolorosa e dal peggioramento del quadro endometriosico.

Dr.ssa Sara Scandroglio, Specialista in Ginecologia e Ostetricia

 

Riferimenti bibliografici:

  1. Zondervan KT, Becker CM, Missmer SA. N Engl J Med. 2020;382(13):1244-1256.
  2. Laganà AS, Vitale SG, Salmeri FM, Triolo O, Ban Frangež H, Vrtačnik-Bokal E, Stojanovska L, Apostolopoulos V, Granese R, Sofo V. Unus pro omnibus, omnes pro uno: A novel, evidence-based, unifying theory for the pathogenesis of endometriosis. Med Hypotheses. 2017;103:10-20.
  3. Laganà AS, Garzon S, Götte M, Viganò P, Franchi M, Ghezzi F, Martin DC. The Pathogenesis of Endometriosis: Molecular and Cell Biology Insights. Int J Mol Sci. 2019;20(22):5615.
  4. Dunselman GA, Vermeulen N, Becker C, Calhaz-Jorge C, D’Hooghe T, De Bie B, Heikinheimo O, Horne AW, Kiesel L, Nap A, Prentice A, Saridogan E, Soriano D, Nelen W; European Society of Human Reproduction and Embryology. ESHRE guideline: management of women with endometriosis. Hum Reprod. 2014;29(3):400-12.
  5. Vitale SG, La Rosa VL, Rapisarda AMC, Laganà AS. Impact of endometriosis on quality of life and psychological well-being. J Psychosom Obstet Gynaecol. 2017;38(4):317-319.
  6. Laganà AS, La Rosa VL. Multidisciplinary management of endometriosis: current strategies and future challenges. Minerva Med. 2020;111(1):18-20.
  7. Johnson NP, Hummelshoj L, Adamson GD, Keckstein J, Taylor HS, Abrao MS, Bush D, Kiesel L, Tamimi R, Sharpe-Timms KL, Rombauts L, Giudice LC; World Endometriosis Society Sao Paulo Consortium. World Endometriosis Society consensus on the classification of endometriosis. Hum Reprod. 2017;32(2):315-324.
  8. Raffaelli R, Garzon S, Baggio S, Genna M, Pomini P, Laganà AS, Ghezzi F, Franchi M. Mesenteric vascular and nerve sparing surgery in laparoscopic segmental intestinal resection for deep infiltrating endometriosis. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol. 2018;231:214-219.
  9. Noventa M, Scioscia M, Schincariol M, et al. Imaging Modalities for Diagnosis of Deep Pelvic Endometriosis: Comparison between Trans-Vaginal Sonography, Rectal Endoscopy Sonography and Magnetic Resonance Imaging. A Head-to-Head Meta-Analysis. Diagnostics (Basel). 2019;9(4):225.
  10. Vercellini P, Viganò P, Somigliana E, Fedele L. Endometriosis: pathogenesis and treatment. Nat Rev Endocrinol. 2014;10(5):261-75.
  11. Laganà AS, Vitale SG, Trovato MA, Palmara VI, Rapisarda AM, Granese R, Sturlese E, De Dominici R, Alecci S, Padula F, Chiofalo B, Grasso R, Cignini P, D’Amico P, Triolo O. Full-Thickness Excision versus Shaving by Laparoscopy for Intestinal Deep Infiltrating Endometriosis: Rationale and Potential Treatment Options. Biomed Res Int. 2016;2016:3617179.

 

I dati del registro globale dello ICMART (International Committee for Monitoring Assisted Reproductive Technologies) riguardano la riproduzione assistita nel mondo. Recentemente anche la Cina ha comunicato i propri dati, posizionandosi in cima alla classifica delle Nazioni al mondo in cui si effettuano trattamenti di PMA. In Cina, infatti, si effettua un numero di cicli analogo a quelli di tutta Europa. I nuovi dati sono stati presentati al congresso ESHRE 2020.

I dati presentati all’ESHRE

I nuovi dati (relativi al 2016) sono stati presentati nel corso dell’ESHRE 2020, il congresso annuale della European Society of Human Reproduction and EmbryologyIl mondo della PMA ha preso una forma differente rispetto a come appariva prima di includere anche i dati dalla Cina.

Negli anni precedenti l’Europa è sempre stata leader mondiale con circa 1 milione di cicli l’anno, circa il 50% del numero complessivo. Ora la Cina è la Nazione al mondo in cui si effettuano più procedure di PMA. In realtà la Cina non comunica formalmente le sue statistiche all’ICMART e lo spaccato globale è in parte una stima. Tuttavia, numeri così importanti sono molto significativi e danno l’idea di “uno sviluppo emozionante”, come ha commentato David Adamson presentando il Rapporto nel corso dell’ESHRE.

Nel 2016 il numero di cicli di fecondazione assistita effettuati nel mondo è stato di oltre 3,3 milioni. Di questi, più di 1,8 milioni in Cina, ovvero il 27% di tutti i cicli di PMA, come l’intera Europa. Cina, Giappone,USA, Spagna, Russia, Francia, Germania, Italia, Australia e UK sono le 10 Nazioni in cui viene effettuato l’80% dei cicli di fecondazione assistita. Nello specifico, l’Italia ha comunicato 73.442 cicli effettuati nelle cliniche di PMA.

Il Rapporto è ora più completo

Adamson ha concluso la sua relazione all’ESHRE definendo “eccellente” il report dei dati condiviso dalla Cina: con queste ulteriori informazioni “il Rapporto globale ICMART sarà significativamente più completo”.

Fonti:

ESHRE News: A new world picture of ART activity.