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Agopuntura e fertilità possono essere collegate in diversi modi sia per la donna che per l’uomo, e può aiutare anche prima e durante i trattamenti di procreazione assistita.

Sono ancora necessari studi di approfondimento, ma ci sono ricerche che hanno dimostrato che l’agopuntura possa essere utile nel trattamento dei problemi di fertilità. In particolare, i fautori dell’agopuntura la hanno raccomandata per una varietà di condizioni mediche che influenzano la fertilità. Queste includono la sindrome dell’ovaio policistico, i fibromi, l’endometriosi e i problemi di riserva ovarica e di qualità dello sperma. L’agopuntura può inoltre aiutare ad alleviare alcuni degli effetti collaterali associati ai farmaci per la fertilità (come gonfiore e nausea). Infine, particolarmente importante, l’agopuntura ha dimostrato di promuovere il rilassamento. Questo rappresenta un aiuto concreto per le coppie che desiderano concepire e per quelle che fanno ricorso alle tecniche di procreazione assistita, talvolta possibili cause di ansia.

 

Che cos’è l’agopuntura?

L’agopuntura è un trattamento medico alternativo che comporta la collocazione di aghi molto sottili in diversi punti del corpo. Si ritiene che sia nata in Cina circa 2.000 anni fa, anche se molti sostengono che la pratica sia iniziata tra i 3.000-4.000 anni fa.

Ne esistono diversi stili e tecniche; gli aghi possono essere differenti, anche nelle dimensioni.

 

Quando iniziare il trattamento di agopuntura?

Alle donne si consiglia di iniziare l’agopuntura 3 mesi prima di iniziare trattamenti come la fecondazione in vitro (FIVET) o l’inseminazione intrauterina (IUI). Tuttavia, può essere utile anche iniziare l’agopuntura insieme alla terapia di fertilità consigliata dal medico.

 

Cosa aspettarsi alla prima visita con l’agopuntore?

Alla prima visita, l’agopuntore farà domande sullo stile di vita (dieta, livelli di stress, esercizio fisico, abitudini di sonno) e sulle preoccupazioni per la fertilità. Potrà fare anche delle valutazioni più approfondite, come sentire il polso e guardare la lingua.

La sessione di agopuntura che prevede l’uso degli aghi può quindi durare da circa 30 minuti a un’ora.

 

Quale frequenza si consiglia per l’agopuntura?

Si consiglia una frequenza di 1-3 volte alla settimana, anche se sarà l’agopuntore a decidere le modalità di trattamento più adatte.

 

Gli aghi faranno male?

La maggior parte dei pazienti prova poco o nessun dolore. Alcuni potrebbero provare la sensazione di un pizzicotto. Occasionalmente, possono verificarsi ecchimosi nei punti in cui sono inseriti gli aghi. È importante mettere l’agopuntore nelle condizioni di svolgere al meglio il suo lavoro, ecco perché è consigliabile non dimenticarsi di avvisarlo se si sta assumendo aspirina o altri anticoagulanti (fluidificanti del sangue).

Infine, va ricordato che gli agopuntori qualificati usano aghi monouso, in modo da minimizzare il rischio di infezione.

 

Cosa fare o evitare prima dell’agopuntura?

In genere, è consigliato integrare il lavoro dell’agopuntore con una dieta corretta e uno stile di vita sano. Inoltre, è meglio evitare attività fisiche intense, come corsa o palestra, subito dopo una sessione, visto che l’obiettivo dell’agopuntura è anche quello di aiutare il rilassamento.

Perplessità e dubbi sullo spermiogramma: tutto quello che non si ha il coraggio di chiedere.

Cosa succede se il giorno della raccolta il paziente non riesce a produrre liquido seminale?

Può succedere che il giorno della raccolta del liquido seminale, il paziente non riesca ad effettuarla per le più disparate motivazioni, prime tra tutte l’ansia della prestazione e, non da meno, lo stress che tutto il percorso della Procreazione assistita provoca. In questi casi, sono possibili le seguenti soluzioni:

Se l’esame del liquido seminale viene effettuato a scopo diagnostico, ovvero non durante una stimolazione ovarica della partner in corso, si può annullare l’appuntamento e prenotarne un altro. Se il paziente teme di non riuscire al nuovo appuntamento ad effettuare la raccolta presso il Centro, gli si può consegnare il contenitore, debitamente contrassegnato con il suo nome e cognome, in modo tale che possa provare presso la propria abitazione. Si deve far presente però che necessariamente il campione deve essere con­segnato al laboratorio del Centro entro 1 ora dalla raccolta, e deve essere mantenuta nel percorso una temperatura il più possibile vicino ai 37 °C.

Se l’esame del liquido seminale viene effettuato durante un trattamento di stimolazione ovarica, il paziente può tornare presso la propria abitazione, qualora la distanza non sia eccessiva, ovvero che permetta di portare il campione prodotto entro un’ora al Centro; può essere aiutato dalla partner ed infine, nell’ipotesi in cui proprio non si riesca a produrre il campione, il Laboratorio dovrà congelare gli ovociti della partner e procedere alla loro inseminazione in un successivo momento.

Durante la raccolta viene accidentalmente persa una parte dell’eiaculato: come ci si deve comportare?

Può succedere che durante la raccolta una parte dell’eiaculato possa venire persa accidentalmente. E’ necessario comunicare il fatto agli operatori e soprattutto indicare se la frazione persa è la prima, l’intermedia o l’ultima. Il liquido seminale infatti, per le sue caratteristiche risulta suddivisibile in più frazioni ognuna caratterizzate dalla presenza di secrezioni specifiche prostatiche o vescicolari. E’ interessante sapere che la maggior quantità di spermatozoi è presente nella prima frazione dell’eiaculato ed è dunque fondamentale segnalare l’eventuale perdita di tale frazione.

Gli spermatozoi sono “lenti”: quali sono le possibili cause e soluzioni?

Si definiscono “lenti” gli spermatozoi che presentano una motilità progressiva < 32%. Il termine tecnico per indicare tale caratteristica degli spermatozoi è “astenozoospermia”. Le possibili cause possono essere: un’aumentata viscosità del liquido seminale, infezioni acute delle vie seminali, la presenza di anticorpi antispermatozoo e la presenza di alterazioni strutturali e/o metaboliche degli spermatozoi. Possono essere consigliati integratori specifici che contengono: Vitamina E, Selenio, Zinco, L-arginina, L-carnitina, Citrullina, Myoinositolo, Acido folico, Coenzima Q10, Acido Aspartico, N-AcetilCisteina. Il consiglio è di chiedere sempre il parere del medico prima di assumere qualsiasi integratore e di ripetere l’esame del liquido seminale a distanza di 2 3 mesi, dopo la corretta assunzione degli stessi.

Nell’ultima raccolta di liquido seminale si teme che il campione prodotto sia troppo poco: sarà sufficiente per fecondare gli ovociti della mia partner?

L’ipospermia, ovvero la produzione di un volume di liquido seminale inferiore a 1,5 ml, viene comunemente associata a problemi di sterilità: avere un basso volume seminale, infatti, viene collegato a difetti nell’apparato riproduttore maschile, associati ad alterazioni di altri fattori che intervengono sulla qualità e sulla quantità degli spermatozoi.

Bisogna ugualmente tenere presente che spesso ci si trova di fronte a casi in cui un uomo con un volume normale di liquido seminale, ma con una cattiva mobilità e/o morfologia degli spermatozoi, abbia le stesse possibilità di ottenere una gravidanza di un uomo con ipospermia, i cui spermatozoi invece, siano mobili, normoconformati e mostrino un’elevata capacità di fecondazione.

Quindi, essenzialmente gli spermatozoi all’interno del liquido seminale devono essere di buona qualità perché solo così saranno in grado di fecondare gli ovociti della partner.

 

Non è sufficiente allora un esame per essere sicuri della proprio fertilità? Spermiogrammi fatti a distanza di mesi possono essere tanto differenti l’uno dall’altro?

Bisogna tener conto che i valori che derivano dell’analisi del liquido seminale di un uomo sono soggetti a oscillazioni frequenti nel corso della vita. E’ dunque possibile che uno stesso paziente a distanza di pochi mesi, 2 o 3, si trovi con valori refertati differenti. Questo accade perché la spermatogenesi può essere influenzata da molteplici fattori riassunti di seguito:

  • Malattie infettive, ad esempio parotite e tubercolosi;
  • Malattie sessualmente trasmesse;
  • Malattie croniche (diabete, aterosclerosi, insufficienza renale, lupus eritematoso, ipertensione..);
  • Farmaci;
  • Alcol, fumo, droghe;
  • Aumentata temperatura testicolare;
  • Esposizione a metalli pesanti (cadmio, mercurio, boro) e pesticidi;
  • Stress;
  • Varicocele;
  • Anomalie genetiche;
Cosa sono gli anticorpi antispermatozoo?

Uno dei possibili test di approfondimento diagnostico che può essere effettuato su di un campione di liquido seminale è la ricerca di anticorpi antispermatozoo. L’eventuale presenza sta ad indicare una produzione di anticorpi che vanno a legarsi agli spermatozoi stessi. Si parla di infertilità immunologica: gli anticorpi non riconoscono gli spermatozoi come cellule normali dell’organismo, si legano ad essi alterandone il movimento ed altre funzioni. Nonostante non siano del tutto chiariti i meccanismi con cui gli anticorpi possano danneggiare la fertilità, gli esperti di procreazione assistita hanno dimostrato come questi anticorpi possano:

  • agire sul movimento, provocando una parziale immobilizzazione degli spermatozoi, rendendo sempre più difficile la loro progressione; gli anticorpi infatti possono legarsi a livello del flagello (coda) degli spermatozoi riducendone la motilità;
  • favorire la comparsa di zone di agglutinazione e di adesione di spermatozoi,
  • interferire nell’interazione con gli ovociti, ovvero con la penetrazione degli spermatozoi e la successiva fecondazione, legandosi a livello della testa degli spermatozoi.

La presenza di anticorpi può essere causata da:

  • traumi testicolari;
  • pregressi interventi chirurgici.;
  • Infiammazioni (orchiti, flogosi locali testicolari);
  • Varicocele;
  • Torsione testicolare;
  • Infezione dell’apparato genitale;
  • Tumori maligni;
  • Ostruzioni delle vie seminali.

Il test più frequentemente utilizzato è il MAR test, eseguito direttamente su di un campione di liquido seminale: si considera positivo quando sono presenti una quantità di anticorpi antispermatozoo superiore al 50%. Inoltre se la quantità supera il 90%, viene esclusa la possibilità di una gravidanza spontanea.

Quando si può sapere se un ovocita è stato fecondato dallo spermatozoo?

Uno dei primi dubbi sullo spermiogramma ad invadere gli uomini avviene il giorno dopo l’inseminazione, dopo 16/18 ore, quando viene effettuato il controllo delle fecondazioni.

Gli ovociti che presentano due pronuclei, due strutture circolari una di origine materna e una paterna contenenti il materiale genetico, e due globuli polari, sono fecondati regolarmente e sono definiti zigoti. Si distinguono dagli ovociti non fecondati, che non presentano i pronuclei e dagli ovociti fecondati in modo anomalo, che presentano 3 o più pronuclei. Verificata la fecondazione, gli zigoti sono nuovamente riposti negli incubatori.

La probabilità di gravidanza nel percorso di Procreazione Assistita aumenta se il campione di liquido seminale risulta normospermico?

Non è possibile dare una risposta positiva a tale domanda, poiché anche se il campione è normospermico, i risultati dello spermiogramma non sono gli unici determinanti all’ottenimento della gravidanza. L’età della partner, la qualità degli ovociti, la risposta alla stimolazione sono solo alcuni esempi di fattori che contribuiscono o meno al raggiungimento dell’obiettivo. Certo è che il campione non normospermico porta ad una tendenziale diminuzione della probabilità di gravidanza, ma può essere vero anche il contrario! Inoltre non è detto che un campione normospermico dia la certezza assoluta che il percorso si concluderà positivamente con una gravidanza. Concludendo, lo spermiogramma dunque è uno strumento utile a capire quali strade prendere per cercare di aumentare il più possibile la probabilità di ottenere una gravidanza.

 

Una volta utilizzato il liquido seminale per la fecondazione degli ovociti, il restante materiale che fine fa?

Nell’ambito delle tecniche di II livello della Procreazione Assistita, ovvero quelle tecniche che prevedono la fecondazione degli ovociti con gli spermatozoi in Laboratorio, all’esterno dell’apparato riproduttivo femminile, il liquido seminale viene processato in modo tale da ottenere la quantità sufficiente di spermatozoi necessari alla fecondazione. L’eventuale materiale restante, una volta che si è proceduto all’inseminazione degli ovociti, viene smaltito e non può essere utilizzato per nessun’altro scopo o fecondazione.

Dott.ssa Zicchina

 

Quando avviene il trasferimento degli embrioni in cavità uterina?

Il trasferimento degli embrioni in cavità uterina può essere effettuato dal giorno dopo l’inseminazione fino allo stadio di blastocisti.

La decisione relativa al giorno in cui effettuare il trasferimento è dettata da diversi fattori che riguardano sia la paziente che gli embrioni. Per quanto riguarda la paziente viene valutata la sua storia clinica, il tipo di stimolazione che ha effettuato, la risposta alla suddetta stimolazione e l’età. Per quanto riguarda gli embrioni si considerano il numero e la qualità degli stessi: non tutti gli embrioni che si ottengono dall’inseminazione, infatti, riescono a crescere fino allo stadio di blastocisti.

Il trasferimento degli embrioni è una pratica dolorosa?

Il trasferimento degli embrioni in cavità uterina non è una pratica dolorosa: non prevede anestesia e dura pochi minuti. Posizionato lo speculum, tamponato leggermente il collo dell’utero con dell’acqua sterile, il ginecologo procede con l’inserimento degli embrioni attraverso un apposito catetere.

Esistono dei modi non invasivi di selezionare gli embrioni “migliori”?

La scienza che si occupa di ricercare metodi non invasivi di selezione degli embrioni è la metabolomica che studia le variazioni metaboliche delle cellule degli organismi viventi. Gli embrioni sono formati da cellule che, durante la coltura nei terreni specifici, utilizzano le sostanze nutritive rilasciando come prodotto finale i cosiddetti metaboliti.

Questo processo di rilascio porta come conseguenza delle variazioni nella composizione dei terreni stessi. Quello che ci si aspetta dunque è che analizzando i metaboliti prodotti, si possano ricavare informazioni preziose sulla vitalità, sulle potenzialità e non da meno sulle possibilità di impianto degli embrioni. I cambiamenti nel terreno sono lo specchio dunque dell’attività e dell’efficienza del metabolismo degli embrioni. Ad oggi la metabolomica rappresenta una promettente prospettiva futura, anche se sono ancora necessari studi per sviluppare un sistema standardizzato che la rendano una tecnica valida  ed applicabile sul piano clinico.

Dott.ssa Zicchina

Inibiscono l’ovulazione e riducono il progesterone. Ecco perché tra farmaci antinfiammatori e infertilità femminile c’è un rapporto diretto

Si potrebbe definire una “relazione pericolosa” quella esistente tra farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) e infertilità femminile.A confermarlo uno studio condotto dall’Università di Baghdad e presentato lo scorso anno in occasione di un congresso dell’European League Against Rheumatism.

Lo studio: assegnazione ai gruppi di trattamento con Fans e valutazione dei parametri di fertilità

La ricerca ha preso in esame un campione di 39 giovani donne in età fertile affette da mal di schiena e normalmente curate con Fans, quali molecole di naprossene, diclofenac ed etoricoxib. Le donne sono state assegnate ai quattro regimi di trattamento incluso il gruppo di controllo placebo e, prima d’iniziare la terapia, sono state sottoposte a un’ecografia per valutare diametro del follicolo dominante, spessore endometriale e dimensioni dell’ovaio. Sono stati controllati anche i livelli di progesterone che, con l’assunzione di Fans, si abbassano, ma che sono fondamentali affinché avvenga l’ovulazione e l’impianto di un embrione fecondato.

L’esito: c’è una relazione diretta tra assunzione di farmaci antinfiammatori e infertilità femminile

A distanza di dieci giorni dall’inizio del trattamento è stata riscontrata una significativa riduzione del progesterone, per le donne che assumevano diclofenac l’ovulazione si è ridotta fino al 93%, del 75% per gli altri due gruppi di farmaci.

Per quanto riguarda il follicolo dominante, non è scoppiato nel 75% delle donne nel gruppo diclofenac, nel 25% nel gruppo naprossene, nel 33% nel gruppo etoricoxib e 0% nel gruppo di controllo placebo.

Conclusioni: è un processo reversibile ma serve più informazione e cautela sull’uso dei Fans

Dopo l’interruzione del trattamento, il mese successivo tutte le donne hanno regolarmente ovulato, a dimostrazione che è vero che esiste un legame tra assunzione di farmaci antinfiammatori e infertilità femminile, ma anche che – fortunatamente – si tratta di un fenomeno reversibile.

Si tratta a ogni modo di dati allarmanti che dovrebbero indurre a una riflessione seria sul tema. Come è possibile che nella stragrande maggioranza dei casi, dato i problemi che possono creare, i Fans siano farmaci da banco? Gli effetti collaterali sulla fertilità femminile non dovrebbero essere divulgati in maniera più capillare ed efficace dai medici curanti oltre che dalle stesse case farmaceutiche? È perciò necessario che si lavori in modo tale da spezzare il legame attualmente esistente tra farmaci antinfiammatori e infertilità femminile.

Quali sono i vantaggi della maturazione in vitro degli ovociti e a chi e’ rivolta?

La maturazione in vitro degli ovociti è una tecnica di (PMA) di secondo livello, cioè un metodo ad alta tecnologia per la terapia dell’infertilità.

In natura ogni mese in media un solo follicolo arriva a maturazione e scoppia durante l’ovulazione per liberare l’ovocita nella tuba e permettergli di essere fecondato. In un ciclo di fecondazione in vitro invece si cerca di ottenere il maggior numero possibile di ovociti maturi per selezionare quelli con le caratteristiche migliori per l’inseminazione. Per ottenere questo, la donna deve essere sottoposta ad una stimolazione ormonale adeguata.

Vi sono dei casi in cui la stimolazione ormonale non è possibile, allora si può ricorrere alla maturazione in vitro degli ovociti (IVM), con successiva ICSI degli ovociti maturati. Tale tecnica minimizza il rischio di incorrere in iperstimolazione ovarica OHSS ed è inoltre rivolta alle donne che soffrono di sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS).

La maturazione in vitro degli ovociti è inoltre una tecnica consigliata alle donne che devono preservare la loro fertilità, prima di sottoporsi ad un trattamento oncologico farmacologico, o chirurgico di asportazione di ovaie. La procedura consiste nel sottoporre la donna a dosi di farmaci minime o nulle e ad un paio di ecografie a 8-9 giorni dall’inizio delle mestruazioni così da valutare il momento adatto al prelievo degli ovociti immaturi. Tali ovociti vengono poi fatti maturare in vitro, all’interno di un terreno specifico addizionato di specifici ormoni, lasciati in incubatori appositi per circa 30 ore. Una volta ottenuti gli ovociti maturi essi vengono utilizzati per la iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI).

Sebbene i tassi di gravidanza in seguito maturazione in vitro degli ovociti siano leggermente inferiori a quelli della fecondazione in vitro classica, gli esperti stanno trovando delle soluzioni promettenti andando a migliorare i protocolli clinici e le condizioni di coltura degli ovociti immaturi.

Dott.ssa Stefania Luppi