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Sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove “Linee Guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita“, come richiesto dalla Legge numero 40 del 2004.

Cosa cambia

Fra le previsioni del Decreto Ministeriale c’è quella che dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla P.M.A. non può essere revocato. Quindi, la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner è deceduto o se è cessato il loro rapporto. Risultano accolte le indicazioni della Corte di Cassazione (2019) e della Consulta (2023) ed è previsto un canone per la crioconservazione degli embrioni.

Le nuove Linee Guida sostituiscono quelle emanate nel 2015 e hanno lo scopo di ““fornire chiare indicazioni agli operatori delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge”.

Cosa dice il Decreto

Una delle principali novità è che dopo la fecondazione dell’ovocita il consenso non è più revocabile e la donna può chiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner è deceduto o se il rapporto è finito.

Nel Decreto, il Ministero accoglie quanto indicato da due sentenze della corte di Cassazione, datate 2019 e 2023, che hanno reso possibile la richiesta dell’impianto degli embrioni da parte della donna anche quando è venuto meno l’originario progetto di coppia o in caso di decesso del coniuge.

La nuova indicazione ministeriale si basa sul valore del consenso informato. “Ai richiedenti – riporta il decreto – al momento di accedere alle tecniche di Pma, devono essere esplicitate, con chiarezza e per iscritto, le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della Legge 40/2004. Con le medesime modalità deve essere rappresentato che, dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla Pma non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto ovvero sia cessato il loro rapporto”.

L’impianto, potenzialmente, può avvenire anche dopo anni: per la legge italiana, infatti, gli embrioni creati con la procreazione medicalmente assistita non possono essere distrutti, salvo alcune eccezioni.

Conservazione a pagamento dopo il primo anno

Le nuove linee guida prevedono anche che le coppie paghino un canone per la conservazione degli embrioni non utilizzati. Pratica finora gratuita nei centri privati.
“Tutti gli embrioni non immediatamente trasferiti vengono crioconservati e mantenuti presso i centri dove le tecniche sono state effettuate e i relativi oneri sono a carico dei medesimi centri per il primo anno successivo alla fecondazione e/o alla gravidanza e al parto. I costi saranno a carico della coppia in caso la stessa decida di procrastinare oltre il primo anno il transfer degli embrioni crioconservati”, si legge del decreto.

Più attenzione alla preservazione della fertilità

Il documento indica anche che “le coppie portatrici di patologie genetiche hanno diritto alla diagnosi genetica preimpianto e che è possibile scegliere di non impiantare gli embrioni con difetti genetici patologici”. Lo ha riferito all’Ansa la responsabile del Centro Operativo Adempimenti legge 40 dell’Istituto Superiore di Sanità, Giulia Scaravelli. Si tratta, ha aggiunto “di due punti importanti che permettono di evitare che nascano bambini con patologie a volte incompatibili con la vita“. “Queste linee guida sono le benvenute. Recepiscono infatti tutte le sentenze della Corte Costituzionale sulla Pma e aggiungono elementi importanti per quanto riguarda la preservazione della fertilità”, ha poi sottolineato. “La precedente edizione risale al 2015. Da allora ci sono state importanti pronunciamenti della Corte Costituzionale che ora sono finalmente esplicitati nel documento”.

Tra le novità delle nuove linee guida, anche un forte accento alla preservazione della fertilità, sia per gli uomini sia per le donne. “Interventi che non sono limitati soltanto solo a patologie oncologiche ma a tutte quelle condizioni che espongono al rischio di perdita precoce della fertilità“, ha concluso.

Fonti:

Il Ministero della Salute ha pubblicato il report annuale sul Certificato di Assistenza al Parto (Cedap) relativo al 2021. Sono numerosi i punti interessanti che emergono, su alcune delle tematiche più attuali del nostro Paese. Vediamo quali.

L’ 89,0% dei parti nel 2022 è avvenuto in Istituti di cura pubblici, il 62,2% dei parti in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Il 20,0% delle madri sono straniere. L’età media al primo figlio è per le donne italiane superiore a 32 anni.

È quanto risulta dal Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’Ufficio di Statistica del Ministero. Nel Rapporto sono presentate le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP) dell’anno 2022.

La rilevazione – istituita dal Decreto del Ministro della sanità 16 luglio 2001, n. 349  – costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita e rappresenta uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale, con un livello di copertura pressoché totale.

I trend 2012 – 2022

Nel Rapporto sulle nascite in Italia anno 2022 sono stati introdotti alcuni elementi innovativi, relativi agli andamenti di tendenza, dall’anno 2012 all’anno 2022 (sia in veste di rappresentazioni grafiche che di tabelle), delle principali variabili osservate: il luogo del parto, le caratteristiche delle madri, la gravidanza, il parto, il neonato e le tecniche di procreazione medicalmente assistita.

La percentuale dei parti pretermine (<37 settimane) passa da circa 7 parti pre-termine ogni 100 parti a 6; aumenta l’età media delle madri al primo figlio (sia per le italiane che per le straniere); l’età media al primo figlio per le donne italiane passa da 31,5 del 2012 a 32,2 del 2022. Per le donne straniere l’età media al primo figlio passa da 27,7 a 29,2 anni.

Nel Rapporto sulle nascite emerge un aumento notevole del numero di visite di controllo effettuate in gravidanza, così come le ecografie; nel 91,9% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 76,7% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. Per l’amniocentesi invece la percentuale delle madri con più di 40 anni, che ricorre a questa tecnica diagnostica, passa dal 33% del 2012 al 6% del 2022 (e si riduce drasticamente per tutte le classi di età analizzate).

Anche la percentuale di parti cesarei si riduce, passando dal 36% del 2012 al 31% circa del 2022, effetto diversificato a seconda della tipologia di struttura ospedaliera dove essi avvengono, di conseguenza si assiste ad un aumento della percentuale di parti vaginali.

Continua il fenomeno della denatalità (535.428 nati totali nel 2012, 393.997 nel 2022), ma diminuisce (seppur lievemente) la percentuale di nati morti.

I dati sulla PMA

La percentuale di donne che ricorre alla fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET) passa dal 37% del 2012 al 48% dell’anno 2022 e continua ad essere la tecnica più utilizzata; aumenta invece solo lievemente la percentuale di chi ricorre al metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).

Nel complesso i parti con procreazione medicalmente assistita PMA aumentano del 73% nel periodo considerato, ma diminuisce notevolmente la percentuale di parti plurimi in gravidanza con PMA (21% nel 2012, 9% nel 2022).

Dove partoriscono le donne in Italia

L’ 89,0% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,8% nelle case di cura e solo lo 0,15% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, etc.). Nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 62,2% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui.

Le caratteristiche delle madri: cittadinanza, grado di istruzione e professione

Nel 2022, circa il 20,0% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, ovvero al Centro-Nord, dove più del 26% dei parti avviene da madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (28,7%) e dell’Unione Europea (19,6%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 19,3% e il 7,9% delle madri straniere.

Delle donne che hanno partorito nell’anno 2022 il 42,5% ha una scolarità medio alta, il 22,7% medio bassa e il 34,8% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (41,3%).

L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 58,6% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 24,7% sono casalinghe e il 14,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione.

I neonati

Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,2% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,5% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.

Sono stati rilevati 994 nati morti corrispondenti a un tasso di natimortalità, pari a 2,40 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.332 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita.

Fonte:

Sono stati resi noti gli ultimi dati della PMA in Italia. Il Ministero della Salute, infatti, ha pubblicato la Relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 40/2004. I dati si riferiscono al 2018, ultimo anno per cui sono disponibili. 

I nati sono oltre 14mila

In Italia, nel 2018, sono nati oltre 14mila bimbi grazie alla Procreazione medicalmente assistita (Pma), 12.137 senza donazione di gameti e 2.002 con donazione di gameti. Si tratta del 3,2% del totale dei bambini nati nel 2018 (439.747, dati Istat).
Il numero dei nati è aumentato, da 13.973 del 2017 a 14.139.

Le coppie trattate e il numero di trattamenti

La Relazione al Parlamento sottolinea che “Considerando l’applicazione di tutte le tecniche di PMA sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro) con o senza donazione di gameti, dal 2017 al 2018, si è riscontrata una lieve diminuzione delle coppie trattate (da 78.366 a 77.509), una stabilità nel numero dei cicli effettuati (da 97.888 a 97.509), con un aumento dei bambini nati vivi (da 13.973 a 14.139)”.

Centri PMA pubblici e privati

In generale, il 69,2% dei cicli di trattamenti di II e III Livello a fresco senza donazione di gameti si effettua all’interno del SSN (in centri pubblici e privati convenzionati). I centri PMA privati sono in numero superiore a quelli pubblici (104 vs 67), ma svolgono meno cicli di trattamento. Infatti il 35,6% dei centri è pubblico ed effettua il 41,1% dei cicli; il 9,0% è privato convenzionato ed effettua il 28,1% dei cicli; il 55,3% è privato ed effettua il 30,8% dei cicli.

Le differenze tra le Regioni rimangono. La diversa distribuzione dei centri pubblici e privati convenzionati vede “una maggiore concentrazione al nord del Paese”. Questo riflette “la diversità dell’offerta ai cittadini, tra le Regioni”.

Dai dati emerge, inoltre, che l’indicatore di attività della PMA, che misura l’offerta di cicli totali di trattamenti per tutte le tecniche di II e III livello per milione di donne in età fertile (cioè compresa tra i 15 ed i 45 anni) residenti in Italia, è pari a 7.341, in aumento rispetto al 2017, quando era pari a 7.106. Il dato italiano è però inferiore rispetto alla media europea di 7.795 cicli, relativa al 2015 (ultimo dato disponibile).

In generale, il 69,2% dei cicli di trattamenti di II e III Livello a fresco senza donazione di gameti si effettua all’interno del Ssn. Rimane, però, la diversa distribuzione dei centri pubblici e privati convenzionati che vede una maggiore concentrazione al nord del Paese, e che riflette – si evidenzia nella Relazione – la diversità dell’offerta ai cittadini, tra le Regioni.

La donazione dei gameti

La Relazione registra anche un significativo aumento delle tecniche con donazione di gameti: aumentano le coppie (+12,2%), aumentano i cicli (da 7.514 a 8.434, +12,2%) e aumentano i nati (da 1.737 a 2.002, +15,3%).

Le differenze tra Regioni

Quanto alle differenze regionali, il documento rileva che “anche nel 2018 più del 50% dei cicli iniziati con tecniche a fresco di II-III Livello sono stati effettuati in regioni del Nord Italia. In particolare, nei centri della Lombardia viene svolto il 29,6% di tutta l’attività nazionale” (era il 29,2% nel 2017). La seconda regione per mole di attività è la Toscana in cui sono stati effettuati il 12,2% di tutti i cicli a fresco (12% nel 2017).

 

Fonti: ANSA , ADNKRONOS