Nella PMA, la ricettività endometriale e l’impianto dell’embrione sono due aspetti fondamentali. Una delle prospettive meno conosciute è il punto di vista del biologo.
Abbiamo chiesto di parlarcene alla Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, embriologa da 30 anni, specializzata in Genetica Medica.
PMA e ricerca scientifica
Uno degli aspetti più interessanti e nevralgici nel percorso della procreazione medicalmente assistita (PMA) è sempre stato quello dell’impianto dell’embrione che viene trasferito nell’utero materno.
Per un team di professionisti che si occupa di pma, oltre alla pratica clinica quotidiana dovrebbe essere al pari importante anche la ricerca. L’impianto dell’embrione, infatti, andrebbe trattato come oggetto di studio, soprattutto personalizzandolo.
Studio della ricettività endometriale
Alcuni studi di citomorfologia all’università di Cagliari sono stati determinanti per comprendere meglio la morfologia endometriale durante le fasi del ciclo mestruale della donna. Tali studi sono stati condotti analizzando il tessuto d’impianto con la tecnica della microscopia elettronica (SEM).
In base a tale esperienza di ricerca è mia opinione che nel gruppo di pazienti con ripetuti fallimenti bisognerebbe studiare e personalizzare il timing o finestra d’impianto. Ritengo, infatti, che sia preferibile trasferire gli embrioni solo dopo aver determinato le 48 h circa o comunque avvicinarsi al migliore stadio di ricettività per la singola paziente.
Nel 2013 tali studi hanno portato alla realizzazione di un brevetto di cui sono inventrice.[1]
Il ruolo dei pinopodi
I pinopodi sono particolari “formazioni” cellulari che rivestono la superficie più esterna dell’endometrio. Lo studio dei pinopodi è un valido metodo biologico per la valutazione della recettività uterina: in che modo? Determinandone il grado di sviluppo (estroflessione) e la quantità presente.[2]
Dall’analisi dei pinopodi, la letteratura suggerisce che ci sia una correlazione fra:
numerosità dei pinopodi, massima estroflessione e maggiori gravidanze ottenute
viceversa, pazienti con ripetuti fallimenti e incapacità dell’endometrio a produrre i pinopodi.
La mia esperienza biologica consiste nello studio citomorfologico del ciclo ovarico femminile, attraverso sia un microscopio elettronico sia un invertoscopio a forti ingrandimenti a fresco (6600x).
Le fasi
Dalla fase follicolare all’ovulazione e successivamente la preparazione all’impianto con la fase luteale si caratterizzano attraverso lo sviluppo dei pinopodi.
Inizialmente, l’endometrio si presenta con un’esplosione di numerosi microvilli più o meno sviluppati. I microvilli creano delle “infiorescenze”.
Man mano che si arriva al momento ovulatorio, tali microvilli si retraggono facendo affiorare delle strutture tondeggianti (pinopodi iniziali. Ultimata l’ovulazione, i pinopodi aumentano maggiormente di numero ed estroflessione, fino a raggiungere un “PLATEAU” che definisce la migliore finestra d’impianto dell’embrione all’utero materno.
Da questo momento in poi, i pinopodi iniziano una debole involuzione fino ad andare in apoptosi. Ciò determina la rottura apicale delle cellule esitando successivamente in ciclo mestruale se la gravidanza non si è instaurata.
Le immagini
Queste foto di microscopia elettronica (SEM) mostrano la ciclicità uterina endometriale
L’inizio del ciclo
L’inizio della fase follicolare
La massima espressione dei pinopodi (migliore finestra di impianto)
Come calcolare il giorno del pick-up ovocitario?
Dal punto di vista biologico, l’analisi dei pinopodi consente di calcolare il giorno del pick-up ovocitario. Attraverso il prelievo di endometrio (leggera pipelle) effettuato il giorno del pick-up (mentre la paziente dorme, sotto anestesia) si stabilisce in che fase si trova e quale sarebbe il timing più idoneo per il transfer dell’embrione mantenuto in coltura.
Questa analisi è fondamentale nei casi di ripetuti fallimenti nell’impianto ma può essere proposta anche in un ciclo spontaneo (in occasione di un transfer da embrione crioconservato) non stimolato. In questo caso, la pipelle viene eseguita in fase ovulatoria. Naturalmente va esclusa la possibilità di una gravidanza possibile in atto.
Ogni paziente ha la sua migliore finestra di impianto
La valutazione della migliore finestra d’impianto va assolutamente fatta per la singola paziente. Occorre tenere presente che se si volesse trasferire per la stessa paziente su un ciclo stimolato, bisognerebbe anticipare di 24 h ore la finestra d’impianto e quindi il trasferimento dell’embrione (dati di letteratura).
In aggiunta, si potrebbe anche unire la valutazione del dosaggio del progesterone dal punto di vista endocrinologico.
Quanto descritto potrebbe essere considerato un valido metodo per stabilire con maggiore attendibilità la giusta “implantation window”, per poter trasferire l’embrione nell’utero materno nel momento di massima recettività.
L’obiettivo, naturalmente, anche per il biologo, è aumentare la percentuale di gravidanza attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Nella PMA operano figure professionali estremamente specializzate. Alcune svolgono un ruolo che, fino a un po’ di tempo, fa era meno noto ma nel tempo è diventato sempre più di primo piano. È il caso del biologo clinico, un biotecnologo che svolge un ruolo chiave nel percorso della procreazione medicalmente assistita.
Ne parliamo con la Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, embriologa da 30 anni, specializzata in Genetica Medica.
Il ruolo del biologo clinico nella procreazione medicalmente assistita
Nella procreazione medicalmente assistita il biologo, seminologo ed embriologo clinico è la figura professionale che si prende cura di gameti femminili, maschili e degli embrioni.
Negli ultimi 30 anni la ricerca nell’ambito della biologia della riproduzione ha permesso di mettere a punto una serie di procedure finalizzate alla risoluzione di alcune cause note d’infertilità.
Le mansioni del biologo nel laboratorio di PMA
Le mansioni del biologo nel laboratorio di PMA non sono note a tutti. Alcune riguardano l’impostazione e la gestione del laboratorio stesso, altre riguardano le tecniche di PMA.
Quelle di gestione:
Tecnico di laboratorio
Controllo della qualità e della correttezza di alcuni parametri del laboratorio definito “ideale”: la qualità dell’aria (filtrazione), l’illuminazione, la temperatura
Controllo degli incubatori trigas, dei terreni di coltura e allestimento delle piastre
Approvvigionamento e controllo della sterilità (sterilizzazione incubatori e pulizia degli ambienti)
Quelle che riguardano le tecniche di PMA:
Recupero degli ovociti durante il pick-up ovocitario
Tecniche di fertilizzazione dei gameti (Fivet, icsi, imsi, picsi)
Controllo delle fertilizzazioni (2pn)
Controllo del clivaggio embrionale con eventuale cambio dei terreni.
Selezione degli embrioni da trasferire in utero
Trasferimento degli embrioni in utero
Crioconservazione degli embrioni sovrannumerari ed eventualmente scongelamento degli stessi e trasferimento in utero
Questo elenco di mansioni, però, è limitante e porta ad una standardizzazione della figura del biologo della riproduzione. Alcuni biologi, infatti, sono preposti ad alcune di queste mansioni singolarmente e molte volte non si occupano di tutto. Il rischio è che a volte si perda la visione d’insieme.
L’importanza dell’approccio multidisciplinare
In un Centro di PMA l’embriologo clinico NON incontra quasi mai le coppie che chiedono una consulenza per iniziare un percorso di PMA. Io ritengo, invece, che il primo colloquio conoscitivo della coppia che accede ad un centro PMA dovrebbe essere multidisciplinare.
La coppia incontra per primo il ginecologo che effettua una prima anamnesi, con la compilazione della cartella clinica. Il partner maschile esegue uno spermiogramma con referto dopo 1 ora.
Successivamente, la coppia incontrerà il biologo che, con il referto dello spermiogramma con la capacitazione in mano, spiegherà alla coppia la tipologia della tecnica da utilizzare, consigliando la più appropriata per loro.
Infatti, è proprio a seconda dell’andamento dello spermiogramma che si propone la tecnica più consona alla storia della coppia, considerando anche gli anni di infertilità trascorsi, i pregressi trattamenti, la condizione seminale, la riserva ovarica e l’età della donna.
Quando arrivano domande e paure: conoscere il percorso di PMA, rassicura
A questo punto tutte le domande e le paure che la coppia manifesta potranno essere esaudite, creando un feeling fra la coppia e chi avrà cura dei loro gameti ed embrioni.
Il dialogo con la coppia è fondamentale. Spiegare ai pazienti cosa accadrà durante il percorso di PMA e soprattutto che tutto ciò che si farà in laboratorio sarà condiviso e spiegato nei dettagli è molto rassicurante.
La maggior parte delle volte le coppie vengono identificate con un colore e/o un codice coppia, ma prima di tutto queste sono persone, hanno un nome e cognome e da qui inizia la loro storia.
Se la coppia ha già eseguito altri cicli di PMA spesso chiede che venga spiegato loro cosa sia accaduto, in quanto non gli è stato spiegato. Tali persone non avrebbero mai voluto essere infertili ma siccome il progetto di “vita” è molto importante per l’unità della coppia, dovranno ricorrere ad un supporto medico per arrivare al loro traguardo. Il percorso, infatti, sarà ricco di eventi forti quali terapie iniettive, paure, cambio di umore e varie fasi da superare.
Raccontare ciò che avviene fra i gameti
È vero: la figura più competente per un sostegno alla coppia è quella dello psicoterapeuta. Tuttavia, anche il biologo, per il ruolo che svolge, può avere un’influenza importante nella serenità dei pazienti. Sarà accanto alla coppia con grande umanità, pazienza e rassicurazione in ogni fase del loro percorso.
Interagirà con loro in prima persona e non demandando ad altre figure (segretaria, infermiera, ostetrica e/o medico ginecologo) tutte le spiegazioni che derivano dal loro percorso, dal primo spermiogramma, al prelievo ovocitario, alle fertilizzazioni e all’embrio-transfer.
Biologo: bios=vita + logos=discorso
La figura professionale del Biologo, dall’etimologia della parola bios=vita e logos=discorso, deve raccontare ciò che avviene fra i gameti delle coppie trattate. In futuro, il Biologo dovrà avere sempre di più un ruolo chiave non solo per un consiglio e commento sulle procedure. Anche e soprattutto deve creare l’empatia con i suoi interlocutori, prendendoli per mano e suscitando in loro una serenità che deriva dall’aver compreso che cosa sia accaduto durante il loro percorso di procreazione medicalmente assistita!