Lo screening ha rappresentato la terza fase di un ampio progetto di prevenzione e sensibilizzazione sul tema dell’infertilità nei giovani.
La fertilità non è scontata
Le infezioni sessualmente trasmesse, insieme ad alcuni disturbi del sistema riproduttivo, sono tra gli elementi – spesso asintomatici – che possono avere un impatto anche importante sulla fertilità e sulla salute riproduttiva e impedire la realizzazione dei sogni di molti ragazzi.
“L’infertilità è un problema ancora troppo sottovalutato che riguarda uomini e donne – ha commentato la Dr.ssa Maxia – intorno al quale non esiste ancora una vera cultura della prevenzione.”
I risultati
“L’adesione alla prima fase di screening è stata ampia, hanno partecipato 116 tra ragazzi e ragazze.” Ha commentato la Dr.ssa Maxia. “Il loro interesse per una tematica così “da grandi” e importante come la fertilità è andato oltre le nostre aspettative ed è segno della necessità di parlarne ancora in futuro. I nostri giovani sono disposti ad imparare, a formarsi, ad assumersi delle responsabilità sul proprio futuro, molto più di quanto si pensi.
“I primi risultati emersi dallo screening, confermano l’importanza di mettere in atto campagne di screening precoce della fertilità”, sottolinea la Dottoressa Maxia
Il 56% dei ragazzi tra i 16 e i 25 anni presenta una morfologia degli spermatozoi inferiore alla media, mentre nelle ragazze della stessa età il 54% non ha mai effettuato un pap test.
I risultati dello screening maschile
“Il 56% dei ragazzi presenta una morfologia degli spermatozoi inferiore alla media, ma non solo: nel 58% dei casi anche l’integrità del DNA spermatico è borderline, quindi non scevra da frammentazione, in alcuni casi anche ridotta e compromessa – spiega la dr.ssa Maxia.
Si tratta di percentuali importanti, considerata la giovane età del campione. Sono dovute probabilmente a fattori ambientali, ma anche e soprattutto a stili di vita che prevalgono nei giovani di tale fascia d’età (fumo, droghe, alcool, alimentazione non equilibrata, sedentarietà, ecc…). Queste cattive abitudini potrebbero avere un impatto anche molto significativo sia sulla salute riproduttiva dei giovani sia sulla natalità del futuro, già particolarmente bassa nel nostro Paese”.
Infatti, le due condizioni emerse possono compromettere la fertilità, quindi la possibilità di diventare genitori. “In molti casi, tuttavia, se individuate precocemente, possono essere migliorate e talvolta, qualora siano causate da patologie specifiche come il varicocele o infezioni e/o infiammazioni, anche risolte.
Altri dati emersi
Lo screening maschile è stato effettuato attraverso spermiogramma con capacitazione e test di frammentazione del DNA tramite l’utilizzo di acido ialuronico (secondo le linee guida WHO 2021) e visita uro-andrologica. Tra gli altri dati emersi si osserva che:
il 46% presenta delle agglutinazioni degli spermatozoi nel liquido seminale.
il 30% dei ragazzi presenta un volume di liquido seminale anomalo (o inferiore a 1,4 ml o superiore a 4,5 ml).
il 34% ha una viscosità del liquido seminale aumentata.
“Tutti i parametri presi in considerazione, ovvero morfologia e DNA degli spermatozoi, presenza di agglutinazioni, volume e viscosità del liquido seminale sono cruciali per determinare sia il livello di fertilità, sia la qualità degli spermatozoi – continua la dottoressa Maxia -.
Fare prevenzione, curando questi parametri del liquido seminale alterati, vuol dire riabilitare il ragazzo alla ‘via del ripristino della fertilità’”.
I risultati dello screening femminile
Per quanto riguarda le ragazze, per le quali lo screening è consistito in una visita ginecologica con ecografia, i dati più significativi emersi sono caratterizzati da luci e ombre:
il 54% non ha mai eseguito un pap test;
solo il 54% ha effettuato il vaccino per l’HPV;
l’81% utilizza un contraccettivo durante i rapporti sessuali dimostrando consapevolezza rispetto alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, uno dei fattori di rischio di infertilità femminile in età giovanile.
Investire sulla preservazione della fertilità
Formare ed educare le giovani generazioni a prendersi cura della propria salute significa crescere donne e uomini responsabili e consapevoli del fatto che il tempo dedicato alla prevenzione non è perso, anzi, è tempo investito sul proprio futuro.
Non si può perdere nemmeno un’occasione per andare loro incontro in questo senso. Per questo, stiamo definendo nuove attività per il futuro, che siano anche occasioni di confronto per parlare di tutte le tematiche inerenti alla prevenzione dell’infertilità, in particolare sull’impatto dello stile di vita, che non è solo alimentazione e attività fisica, ma è anche abitudini sessuali, uso di integratori, abuso dei device elettronici.
“Salvaguardare la fertilità significa anche favorire la natalità e tutelare il futuro stesso della nostra società. Per questo è importante continuare a sensibilizzare e informare su questo tema a partire dai ragazzi più giovani, così da individuare eventuali problemi il prima possibile e, se presenti già in modo importante, il rivolgersi a un centro PMA per il così detto ‘social freezing’ – consiglia la dottoressa Maxia.
Il social freezing consiste nel congelare i propri gameti, sia per prevenzione sia se già compromessi (oligo-asteno-teratozoospermia, azospermia, ridotta riserva ovarica, endometriosi, ecc.), in modo da avere una piccola scorta in caso di bisogno futuro.
Come saranno i giovani del futuro? Sanno già cosa vogliono dalla vita, non solo dalla professione? E conoscono l’importanza della prevenzione e della preservazione della propria salute riproduttiva?
I giovani: futuro in coppia, con figli
Al 1° gennaio 2024 i residenti in Italia con età tra gli 11 e i 19 anni erano oltre 5 milioni 140 mila. Nonostante le proiezioni demografiche dicano che il numero dei giovanissimi nei prossimi decenni è destinato a diminuire, dalle intenzioni espresse dai ragazzi intervistati una ripresa demografica non sembrerebbe impossibile. Infatti, i giovani vedono il loro futuro in coppia (74,5%) e molti pensano al matrimonio (72,5%). Inoltre, tra i giovanissimi desidera avere figli il 69,4%; di questi soltanto l’8,8% è per il figlio unico, mentre il 18,2% pensa a tre o più figli. È quanto emerge dall’Indagine Bambini e Ragazzi Anno 2023”, condotta da ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica.
Anche per i figli il calendario che i giovanissimi hanno in mente è anticipato rispetto a quello attuale delle nascite. In Italia, nel 2022 l’età media delle madri al primo figlio è di 31,6 anni. Il 65% dei giovanissimi pensa di avere un figlio entro i 30 anni (il 14,6% prima dei 26 anni). Solo il 2,6% colloca la nascita del primo figlio dopo i 35 anni. Per le ragazze la quota di coloro che pensa di avere il primo figlio entro i 30 anni raggiunge il 71,6%.
Questi risultati potrebbero essere motivo di ottimismo, perché indicano che una ripresa della natalità nel nostro Paese è possibile. Tuttavia, i dati resi noti nel corso dell’ultima edizione dell’ICAR, International Conference on Aids and Antiviral Research, relativi all’aumento esponenziale dei casi di infezioni sessualmente trasmesse (gonorrea, sifilide, clamidia) proprio nei giovani, sono a dir poco allarmanti.
La fertilità non è scontata
Le infezioni sessualmente trasmesse, infatti, insieme ad alcuni disturbi del sistema riproduttivo, sono tra gli elementi – spesso asintomatici – che possono avere un impatto anche importante sulla fertilità e sulla salute riproduttiva e impedire la realizzazione dei sogni di molti ragazzi.
Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Nicoletta Maxia, Responsabile per la parte biologica degli interventi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Policlinico San Marco di Bergamo, Presidente dell’Associazione ProcreARTE Onlus.
“L’infertilità è un problema ancora troppo sottovalutato che riguarda uomini e donne, intorno al quale non esiste ancora una vera cultura della prevenzione. Per vincere questo tabù, l’associazione ProcrearTe Onlus, in collaborazione con ATS Bergamo e con il patrocinio dell’Ordine dei Biologi della Lombardia, ha offerto uno screening precoce gratuito della fertilità rivolto a tutti i ragazzi e ragazze, dai 16 ai 25 anni. “
Lo screening
Lo screening ha rappresentato la terza fase di un ampio progetto di prevenzione e sensibilizzazione sul tema dell’infertilità nei giovani di cui si è parlato nel corso del recente convegno dal titolo “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”. Il convegno è stata un’occasione importante di confronto tra specialisti ed esperti, per un approccio multidisciplinare a queste tematiche. “È importantissimo che la fertilità venga tenuta monitorata fin dalla giovane età: questo consente di mettere in atto eventuali strategie risolutive il prima possibile. Preservare la fertilità significa preservare il futuro!” ha commentato la D.ssa Maxia.
Era rivolto a tutti i ragazzi e ragazze di età 16-25 anni residenti a Bergamo e provincia e si è svolto presso il Centro PMA del Policlinico San Marco di Zingonia.
I giovani che hanno partecipato si sono sottoposti ad accertamenti diagnostici che includevano:
Per i ragazzi:
Visita uro-andrologica e colloquio anamnestico
Spermiogramma con capacitazione e test di frammentazione del DNA (Linee guida WHO 2021) e valutazione del referto da parte di biologi e medici
Eventuali esami di approfondimento, se necessari e richiesti dall’urologo/andrologo e/o dallo specialista in medicina della riproduzione
Attuazione di eventuali strategie per preservare la fertilità (crioconservazione del liquido seminale)
Per le ragazze:
Visita ginecologica e colloquio anamnestico
Eventuali esami di approfondimento, se necessari e richiesti dallo specialista in medicina della riproduzione
Ecografia transvaginale (se possibile) per studiare utero e ovaie con ecografo di ultima generazione
Attuazione di eventuali strategie per preservare la fertilità (crioconservazione degli ovociti)
La diagnosi precoce ha consentito di svolgere approfondimenti e di intervenire tempestivamente su disturbi asintomatici che, se trascurati, avrebbero certamente avuto un impatto sulla fertilità futura.
Ai risultati dello screening abbiamo dedicato un articolo, che puoi trovare a questo LINK.
Quando si è giovani, l’ipotesi di avere dei figli, di diventare genitori, sembra molto lontana nel futuro. Non c’è tempo per pensarci, l’obiettivo prioritario, quando si parla di creare una famiglia, è “trovare la persona giusta”, con la quale investire in un progetto di vita che includa anche l’avere dei figli.
Tra gli ultimi pensieri c’è la fertilità che, troppo spesso, viene data per scontata. Ma prima o poi la fertilità richiama l’attenzione su di sé: ad esempio da adulti quando, dopo mesi di tentativi alla ricerca di un figlio, ci si rende conto di avere difficoltà di concepimento.
La prevenzione primaria della salute, inclusa quella riproduttiva, è fondamentale e l’informazione ha un ruolo chiave, soprattutto sui giovani. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, Responsabile per la parte biologica degli interventi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Policlinico San Marco di Bergamo.
I giovani e la fertilità
L’Istituto Superiore di Sanità ha reso noti i risultati del Progetto «Studio Nazionale Fertilità», che ha indagato le conoscenze, i comportamenti e gli atteggiamenti in ambito sessuale e riproduttivo di adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile.1
Quasi l’80% dei ragazzi immagina un proprio futuro con figli, percentuale che diminuisce notevolmente negli adulti. L’età “giusta” indicata per diventare genitori è tra i 26 e i 30 anni. Tuttavia, non c’è una conoscenza corretta dei tempi della fertilità che governano l’orologio biologico. La consapevolezza del ruolo giocato dall’età sulla fertilità, sia femminile sia maschile, è molto bassa. Le aspettative, dunque, sono di poter concepire un figlio anche ad età molto avanzata. A ciò si aggiunge che, l’85% dei maschi e il 67% delle femmine non sono mai andati da uno specialista (ginecologo o andrologo) ma 1 su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi.
Ad oggi sembra che i giovani scelgano maggiormente internet per informarsi, anche su ciò che riguarda la salute. C’è una richiesta di informazioni chiare, autorevoli, verificate, anche attraverso la scuola, ma che provenga da professionisti della ricerca, della medicina, della scienza.
Dati interessanti emergono anche da un recente rapporto AGCOM: «L’informazione alla prova dei giovani».
Le nuove generazioni non si sentono rappresentate dall’informazione tradizionale, sia per la tipologia di contenuti (i giovani richiedono ad esempio molta più scienza e tecnologia di quanto sia oggi presente nei media tradizionali), sia per punti di vista e per stili di comunicazione.2
Non è mai troppo presto per parlare di salute riproduttiva
Dai dati, dunque, emerge che c’è un ampio gap da colmare, dal punto di vista informativo, formativo e culturale sulla salute sessuale e riproduttiva dei giovani in Italia. L’accesso a informazioni chiare, provenienti da fonti autorevoli ha un ruolo chiave: non solo in termini di prevenzione e salvaguardia della salute, anche riproduttiva, ma anche nella formazione ed educazione a uno stile di vita virtuoso.
I fattori che possono avere un impatto sulla fertilità, soprattutto su persone giovani, che sono organismi viventi in crescita, sono numerosi.3
Comportamenti negativi che facilmente diventano cattive abitudini (sedentarietà, ma anche eccessiva attività fisica, e alimentazione disordinata, che porta al sovrappeso o all’eccessiva magrezza, fumo, assunzione di alcool, …)
Infezioni sessualmente trasmesse (le cause più frequenti di infertilità, maschile e femminile)
Sostanze ambientali (derivati dalle plastiche e degli idrocarburi, …)
Anche a livello di Sanità Pubblica si può intervenire con azioni che favoriscano la tutela della salute riproduttiva, considerando anche la necessità di contrastare la denatalità.
Ad esempio, la Delibera XII/1141 di Regione Lombardia4 prevede, tra le altre attività:
Possibilità di crioconservazione dei gameti per le giovani coppie
Sorveglianza e promozione della salute nelle scuole, secondarie e di II grado, sul tema della fertilità
Di elaborare materiale informativo multilingue sui fattori che incidono sulla fertilità
di incentivare l’adesione al programma di consultazione specialistica ginecologica presso i consultori per le ragazze di 18 anni
di incentivare l’adesione al programma di richiamo dei giovani ragazzi tra i 17 e i 18 anni per una visita andrologica (tramite il Medico di Medicina Generale e il Pediatra di Famiglia).
Il convegno “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”
La necessità di sensibilizzare i giovani sul tema della salute riproduttiva è stata protagonista di un recente convegno dal titolo “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”, un’occasione importante di confronto tra specialisti ed esperti, per un approccio multidisciplinare a queste tematiche. L’obiettivo comune è di prevenire l’infertilità attraverso screening precoci e tempestivi. In diverse sedi sanitarie di Bergamo e provincia verranno promosse iniziative aperte al pubblico, al fine di offrire servizi di visita andrologica e ginecologica, compresi di test della fertilità.
“Dal laboratorio all’ambulatorio all’Aula, la ricerca fa cultura e parla di prevenzione, prende a bordo i Medici di Medicina Generale, insieme ai Pediatri di libera scelta, ginecologi, andrologi, biologi, ostetriche, infermieri e tutti gli operatori sociosanitari, indispensabili attori di un gioco di squadra volto ad accompagnare i nostri ragazzi a diventare ‘protagonisti’ della prevenzione e protezione della loro salute e fertilità”.
La fertilità è fragile e va tutelata, sin da bambini
Formare ed educare le giovani generazioni a prendersi cura della propria salute significa trasferire loro la consapevolezza che il tempo impiegato nella prevenzione è tempo investito sul proprio futuro. “Gli Adulti” in generale (genitori, familiari, docenti, amici, medici, istruttori sportivi, …) possono e devono fare molto.
“La prevenzione delle cause di infertilità e la protezione della fertilità, soprattutto maschile, sono le grandi assenti dai programmi di screening e, in molti casi, i problemi vengono identificati solo in età adulta o quando la coppia cerca di avere una gravidanza. Sensibilizzare e informare sul tema è fondamentale, per salvaguardare la fertilità: questo significa anche favorire la natalità e tutelare il futuro stesso della nostra società”.
Note:
1 – ISS, Progetto «Studio Nazionale Fertilità». Il campione, statisticamente rappresentativo, era composto da oltre 16.000 adolescenti (16-17 anni), circa 14.000 studenti universitari (età media 22 anni) e oltre 21.000 adulti (18-49 anni).
4 – Regione Lombardia. DELIBERA N.1141– (DL) LINEE DI INTERVENTO PER LO SVILUPPO ED EFFICIENTAMENTO DEL PERCORSO NASCITA IN LOMBARDIA FINALIZZATO A FAVORIRE LA NATALITA’ E LA TUTELA DELLA SALUTE RIPRODUTTIVA.
Nella PMA, la ricettività endometriale e l’impianto dell’embrione sono due aspetti fondamentali. Una delle prospettive meno conosciute è il punto di vista del biologo.
Abbiamo chiesto di parlarcene alla Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, embriologa da 30 anni, specializzata in Genetica Medica.
PMA e ricerca scientifica
Uno degli aspetti più interessanti e nevralgici nel percorso della procreazione medicalmente assistita (PMA) è sempre stato quello dell’impianto dell’embrione che viene trasferito nell’utero materno.
Per un team di professionisti che si occupa di pma, oltre alla pratica clinica quotidiana dovrebbe essere al pari importante anche la ricerca. L’impianto dell’embrione, infatti, andrebbe trattato come oggetto di studio, soprattutto personalizzandolo.
Studio della ricettività endometriale
Alcuni studi di citomorfologia all’università di Cagliari sono stati determinanti per comprendere meglio la morfologia endometriale durante le fasi del ciclo mestruale della donna. Tali studi sono stati condotti analizzando il tessuto d’impianto con la tecnica della microscopia elettronica (SEM).
In base a tale esperienza di ricerca è mia opinione che nel gruppo di pazienti con ripetuti fallimenti bisognerebbe studiare e personalizzare il timing o finestra d’impianto. Ritengo, infatti, che sia preferibile trasferire gli embrioni solo dopo aver determinato le 48 h circa o comunque avvicinarsi al migliore stadio di ricettività per la singola paziente.
Nel 2013 tali studi hanno portato alla realizzazione di un brevetto di cui sono inventrice.[1]
Il ruolo dei pinopodi
I pinopodi sono particolari “formazioni” cellulari che rivestono la superficie più esterna dell’endometrio. Lo studio dei pinopodi è un valido metodo biologico per la valutazione della recettività uterina: in che modo? Determinandone il grado di sviluppo (estroflessione) e la quantità presente.[2]
Dall’analisi dei pinopodi, la letteratura suggerisce che ci sia una correlazione fra:
numerosità dei pinopodi, massima estroflessione e maggiori gravidanze ottenute
viceversa, pazienti con ripetuti fallimenti e incapacità dell’endometrio a produrre i pinopodi.
La mia esperienza biologica consiste nello studio citomorfologico del ciclo ovarico femminile, attraverso sia un microscopio elettronico sia un invertoscopio a forti ingrandimenti a fresco (6600x).
Le fasi
Dalla fase follicolare all’ovulazione e successivamente la preparazione all’impianto con la fase luteale si caratterizzano attraverso lo sviluppo dei pinopodi.
Inizialmente, l’endometrio si presenta con un’esplosione di numerosi microvilli più o meno sviluppati. I microvilli creano delle “infiorescenze”.
Man mano che si arriva al momento ovulatorio, tali microvilli si retraggono facendo affiorare delle strutture tondeggianti (pinopodi iniziali. Ultimata l’ovulazione, i pinopodi aumentano maggiormente di numero ed estroflessione, fino a raggiungere un “PLATEAU” che definisce la migliore finestra d’impianto dell’embrione all’utero materno.
Da questo momento in poi, i pinopodi iniziano una debole involuzione fino ad andare in apoptosi. Ciò determina la rottura apicale delle cellule esitando successivamente in ciclo mestruale se la gravidanza non si è instaurata.
Le immagini
Queste foto di microscopia elettronica (SEM) mostrano la ciclicità uterina endometriale
L’inizio del ciclo
L’inizio della fase follicolare
La massima espressione dei pinopodi (migliore finestra di impianto)
Come calcolare il giorno del pick-up ovocitario?
Dal punto di vista biologico, l’analisi dei pinopodi consente di calcolare il giorno del pick-up ovocitario. Attraverso il prelievo di endometrio (leggera pipelle) effettuato il giorno del pick-up (mentre la paziente dorme, sotto anestesia) si stabilisce in che fase si trova e quale sarebbe il timing più idoneo per il transfer dell’embrione mantenuto in coltura.
Questa analisi è fondamentale nei casi di ripetuti fallimenti nell’impianto ma può essere proposta anche in un ciclo spontaneo (in occasione di un transfer da embrione crioconservato) non stimolato. In questo caso, la pipelle viene eseguita in fase ovulatoria. Naturalmente va esclusa la possibilità di una gravidanza possibile in atto.
Ogni paziente ha la sua migliore finestra di impianto
La valutazione della migliore finestra d’impianto va assolutamente fatta per la singola paziente. Occorre tenere presente che se si volesse trasferire per la stessa paziente su un ciclo stimolato, bisognerebbe anticipare di 24 h ore la finestra d’impianto e quindi il trasferimento dell’embrione (dati di letteratura).
In aggiunta, si potrebbe anche unire la valutazione del dosaggio del progesterone dal punto di vista endocrinologico.
Quanto descritto potrebbe essere considerato un valido metodo per stabilire con maggiore attendibilità la giusta “implantation window”, per poter trasferire l’embrione nell’utero materno nel momento di massima recettività.
L’obiettivo, naturalmente, anche per il biologo, è aumentare la percentuale di gravidanza attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Nella PMA operano figure professionali estremamente specializzate. Alcune svolgono un ruolo che, fino a un po’ di tempo, fa era meno noto ma nel tempo è diventato sempre più di primo piano. È il caso del biologo clinico, un biotecnologo che svolge un ruolo chiave nel percorso della procreazione medicalmente assistita.
Ne parliamo con la Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, embriologa da 30 anni, specializzata in Genetica Medica.
Il ruolo del biologo clinico nella procreazione medicalmente assistita
Nella procreazione medicalmente assistita il biologo, seminologo ed embriologo clinico è la figura professionale che si prende cura di gameti femminili, maschili e degli embrioni.
Negli ultimi 30 anni la ricerca nell’ambito della biologia della riproduzione ha permesso di mettere a punto una serie di procedure finalizzate alla risoluzione di alcune cause note d’infertilità.
Le mansioni del biologo nel laboratorio di PMA
Le mansioni del biologo nel laboratorio di PMA non sono note a tutti. Alcune riguardano l’impostazione e la gestione del laboratorio stesso, altre riguardano le tecniche di PMA.
Quelle di gestione:
Tecnico di laboratorio
Controllo della qualità e della correttezza di alcuni parametri del laboratorio definito “ideale”: la qualità dell’aria (filtrazione), l’illuminazione, la temperatura
Controllo degli incubatori trigas, dei terreni di coltura e allestimento delle piastre
Approvvigionamento e controllo della sterilità (sterilizzazione incubatori e pulizia degli ambienti)
Quelle che riguardano le tecniche di PMA:
Recupero degli ovociti durante il pick-up ovocitario
Tecniche di fertilizzazione dei gameti (Fivet, icsi, imsi, picsi)
Controllo delle fertilizzazioni (2pn)
Controllo del clivaggio embrionale con eventuale cambio dei terreni.
Selezione degli embrioni da trasferire in utero
Trasferimento degli embrioni in utero
Crioconservazione degli embrioni sovrannumerari ed eventualmente scongelamento degli stessi e trasferimento in utero
Questo elenco di mansioni, però, è limitante e porta ad una standardizzazione della figura del biologo della riproduzione. Alcuni biologi, infatti, sono preposti ad alcune di queste mansioni singolarmente e molte volte non si occupano di tutto. Il rischio è che a volte si perda la visione d’insieme.
L’importanza dell’approccio multidisciplinare
In un Centro di PMA l’embriologo clinico NON incontra quasi mai le coppie che chiedono una consulenza per iniziare un percorso di PMA. Io ritengo, invece, che il primo colloquio conoscitivo della coppia che accede ad un centro PMA dovrebbe essere multidisciplinare.
La coppia incontra per primo il ginecologo che effettua una prima anamnesi, con la compilazione della cartella clinica. Il partner maschile esegue uno spermiogramma con referto dopo 1 ora.
Successivamente, la coppia incontrerà il biologo che, con il referto dello spermiogramma con la capacitazione in mano, spiegherà alla coppia la tipologia della tecnica da utilizzare, consigliando la più appropriata per loro.
Infatti, è proprio a seconda dell’andamento dello spermiogramma che si propone la tecnica più consona alla storia della coppia, considerando anche gli anni di infertilità trascorsi, i pregressi trattamenti, la condizione seminale, la riserva ovarica e l’età della donna.
Quando arrivano domande e paure: conoscere il percorso di PMA, rassicura
A questo punto tutte le domande e le paure che la coppia manifesta potranno essere esaudite, creando un feeling fra la coppia e chi avrà cura dei loro gameti ed embrioni.
Il dialogo con la coppia è fondamentale. Spiegare ai pazienti cosa accadrà durante il percorso di PMA e soprattutto che tutto ciò che si farà in laboratorio sarà condiviso e spiegato nei dettagli è molto rassicurante.
La maggior parte delle volte le coppie vengono identificate con un colore e/o un codice coppia, ma prima di tutto queste sono persone, hanno un nome e cognome e da qui inizia la loro storia.
Se la coppia ha già eseguito altri cicli di PMA spesso chiede che venga spiegato loro cosa sia accaduto, in quanto non gli è stato spiegato. Tali persone non avrebbero mai voluto essere infertili ma siccome il progetto di “vita” è molto importante per l’unità della coppia, dovranno ricorrere ad un supporto medico per arrivare al loro traguardo. Il percorso, infatti, sarà ricco di eventi forti quali terapie iniettive, paure, cambio di umore e varie fasi da superare.
Raccontare ciò che avviene fra i gameti
È vero: la figura più competente per un sostegno alla coppia è quella dello psicoterapeuta. Tuttavia, anche il biologo, per il ruolo che svolge, può avere un’influenza importante nella serenità dei pazienti. Sarà accanto alla coppia con grande umanità, pazienza e rassicurazione in ogni fase del loro percorso.
Interagirà con loro in prima persona e non demandando ad altre figure (segretaria, infermiera, ostetrica e/o medico ginecologo) tutte le spiegazioni che derivano dal loro percorso, dal primo spermiogramma, al prelievo ovocitario, alle fertilizzazioni e all’embrio-transfer.
Biologo: bios=vita + logos=discorso
La figura professionale del Biologo, dall’etimologia della parola bios=vita e logos=discorso, deve raccontare ciò che avviene fra i gameti delle coppie trattate. In futuro, il Biologo dovrà avere sempre di più un ruolo chiave non solo per un consiglio e commento sulle procedure. Anche e soprattutto deve creare l’empatia con i suoi interlocutori, prendendoli per mano e suscitando in loro una serenità che deriva dall’aver compreso che cosa sia accaduto durante il loro percorso di procreazione medicalmente assistita!