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La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) colpisce il 5-10% delle donne in età riproduttiva ed è caratterizzata da oligomenorrea (alterazione del ciclo mestruale che arriva dopo 32-35 giorni), eccesso di ormoni androgeni (ormoni presenti anche nella donna ma normalmente in numero nettamente inferiore rispetto agli uomini), insulino-resistenza e alterazioni dell’aspetto morfologico dell’ovaio (follicoli molto piccoli sparsi sulla superficie ma praticamente assenti al centro dell’ovaio).

 

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è la prima causa d’infertilità femminile

La sindrome dell’ovaio policistico è la causa più comune d’infertilità femminile. A oggi l’origine precisa non è ancora stata individuata, ma si pensa che dipenda da una multifattorialità.
Proprio perché la causa della PCOS non è ancora stata definita, non esiste un trattamento specifico e risolutivo della stessa, anche se oggi si sperimentano, con un buon grado di efficacia, diversi approcci terapeutici.

 

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e l’inositolo

Per esempio i cosiddetti “composti insulino-sensibilizzanti” (ricordiamoci, infatti, che tale sindrome si manifesta anche con un’insulino-resistenza) sono stati studiati come efficace trattamento della sindrome dell’ovaio policistico. Vediamo di conoscerli più da vicino. Innanzitutto l’inositolo, una vitamina del complesso B che, somministrata nelle pazienti affette da sindrome dell’ovaio policistico, ha dimostrato di migliorare non solo i parametri metabolici e ormonali, ma anche la funzione ovarica e la risposta ai cicli di fecondazione assistita (PMA).
In più, evidenze scientifiche hanno mostrato che l’inositolo è anche in grado di migliorare la qualità degli embrioni e la follicologenesi (maturazione dei follicoli), aumentando il numero di ovociti maturi dopo stimolazione ovarica in donne con PCOS.
Gli inositoli ei loro derivati sono polialcoli che appartengono alla famiglia della vitamina B. Si tratta di molecole chimicamente stabili che possono essere ingerite con la dieta. L’inositolo è contenuto nella frutta, in particolare nei meloni e nelle arance, nei prodotti ad alto contenuto di crusca e di cereali, nelle noci e nei fagioli. Frutta e verdura fresca hanno un più alto contenuto di inositolo rispetto ai congelati, ai cibi salati o ai prodotti in scatola.
C’è da dire che gli inositoli non sono considerati nutrienti essenziali poiché possono essere prodotti in modo endogeno (dall’organismo) dal glucosio.

 

Il trattamento della PCOS con agenti insulino-sensibilizzanti

Nella sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) la nota associazione tra iperinsulinemia (eccesso di insulina nel sangue), iperandrogenismo (eccessiva presenza di ormoni androgeni e quindi tratti di mascolinità evidenziati dall’irsutismo, ovvero peli in eccesso) e disfunzione ovulatoria ha costituito la base per il trattamento con agenti insulino-sensibilizzanti, come il mio-inositolo, la metformina (farmaco che normalmente si usa per curare il diabete di tipo 2), e i tiazolidinedioni (farmaci che aumentano la sensibilità all’insulina nei tessuti), che si sono dimostrati efficaci nel migliorare la resistenza all’insulina e le funzioni ovariche in donne affette da sindrome dell’ovaio policistico.
Myo-inositolo (MYO) e D-chiro-inositolo (DCI) sono derivati dell’inositolo: il primo è la forma maggiormente presente a livello cellulare, comprendente fino al 99% della quantità inositolo totale. Il Myo-inositolo viene convertito in DCI da un enzima (epimerasi) insulino-dipendente che influenza fortemente il rapporto intracellulare tra queste due molecole nelle cellule adipose, epatiche e muscolari.
Studi in materia evidenziano che le donne colpite da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) hanno una cattiva regolazione del metabolismo dell’inositolo. Ciò significa che esiste un collegamento tra carenza d’inositolo e resistenza all’insulina (IR) nella PCOS.
È ampiamente noto che la resistenza all’insulina giochi un ruolo importante nel determinare la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) in un gran numero di donne ed è una caratteristica comune alle donne con PCOS sia in sovrappeso sia normopeso, ovvero indipendentemente dal loro indice di massa corporea (BMI).

 

I benefici di basse dosi di DCI: meno resistenza all’insulina e miglior frequenza ovulatoria

L’iperinsulinemia (eccesso d’insulina nel sangue) può alterare il rapporto tra MYO e DCI e, paradossalmente, aumentare la concentrazione DCI all’interno dell’ovaio con conseguenze dannose per la funzione ovarica. Ciò spiegherebbe perché non si registrino benefici clinici nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico.
È importante, invece, quando si somministrano inositoli che sia mantenuta una corretta proporzione tra MYO e DCI. Si è infatti osservato che il D-chiro-inositolo (DCI) a basso dosaggio diminuisce la resistenza all’insulina e il contenuto degli ormoni androgeni e, contemporaneamente, migliora la frequenza ovulatoria nelle donne con PCOS.
Integrazione di Myo-inositolo: favorisce produzione di ovociti e stimolazione ovarica per PMA
Inoltre, diversi studi dimostrano che la supplementazione di Myo-inositolo procura benefici in donne affette da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) in termini di produzione di ovociti ed embrioni di migliore qualità, oltre a migliorare la regolarità mestruale, l’insulino-resistenza, e la qualità dell’ovulazione.
È poi dimostrato che per le donne che accedono a trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA), la somministrazione di MYO prima della stimolazione ormonale aumenta la qualità di ovociti ed embrioni e riduce la dose di FSH (ormone follicolo stimolante) e i giorni necessari per la stimolazione.

Dott. Antonio Castelli

Uno studio californiano, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, apre la via al riconoscimento dell’ovocita migliore per portare a termine una gravidanza post fecondazione

Selezionare l’ovocita (cellula uovo) migliore per portare a termine, con le maggiori possibilità di successo, una gravidanza avviata a seguito di una fecondazione assistita. Questo l’obiettivo di una ricerca condotta dalla University of California (Usa) in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano: sviluppare test non invasivi che permettano di riconoscere l’ovocita migliore, ovvero quello in grado di portare a termine una gravidanza avvenuta dopo fecondazione assistita.

Riuscire a sviluppare screening non invasivi è infatti fondamentale per assicurare sistemi di fecondazione assistita più sicuri ed efficaci per la salute sia della donna sia degli embrioni.

La selezione dell’ovocita migliore avviene grazie a “molecole segnale”

In pratica, il gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano, ha dimostrato che la cellula uovo è capace di comunicare con l’ambiente circostante, modificandolo mediante la secrezione di “molecole segnale”. Per esempio, nelle ore immediatamente precedenti all’ovulazione, lo schema di secrezione dell’ovocita muta completamente. Questo cambiamento viene percepito dalle cellule circostanti, la cui azione è determinante perché avvengano ovulazione e fecondazione. Se la cellula uovo è sana e sviluppata, le “molecole segnale” possono essere facilmente individuate eseguendo dei test non invasivi per la cellula uovo e per il futuro embrione. Sfruttando questa proprietà per i medici sarà possibile selezionare l’ovocita migliore per sostenere lo sviluppo dell’embrione.