Da un nuovo studio emerge che gli ovociti scelgono gli spermatozoi da cui farsi fecondare. Questo dato potrebbe rivelarsi utile in medicina della riproduzione, per individuare le cause d’infertilità finora non spiegate in alcune coppie.
La selezione del partner è alla base del meccanismo di riproduzione degli animali. Lo scopo è assicurare alla prole il più grande vantaggio genetico possibile. Anche gli esseri umani investono tempo ed energie alla ricerca del partner con cui condividere la propria vita e avere figli. I requisiti per la scelta del compagno “giusto” possono essere molto diversi e anche il valore che attribuiamo loro.
Sembra, però, che ci sia una selezione ancora più accurata, che sfugge a ogni strategia di corteggiamento.
Lo studio
Da un nuovo studio pubblicato su “Proceedings of the Royal Society B” emerge che gli ovociti umani selezionano attentamente, mediante segnali chimici, gli spermatozoi da cui lasciarsi fecondare.
I gameti si riconoscono reciprocamente come i più idonei alla fecondazione, grazie a una sorta di attrazione chimica. Gli ovociti, quindi, attirano solamente alcuni spermatozoi e non altri, e non necessariamente quelli del proprio partner.
I ricercatori hanno analizzato il liquido follicolare che circonda gli ovociti durante la fase di maturazione. Questo liquido contiene sostanze chimiche dette chemioattrattori, che hanno la funzione di attirare gli spermatozoi presenti nelle vicinanze. L’obiettivo dello studio era capire se gli ovociti si servissero di queste sostanze per scegliere lo spermatozoo da attrarre, favorendo un determinato sperma rispetto ad altri.
I risultati
La selezione, come emerge dai dati, sembra essere molto specifica. “Il liquido follicolare di una donna era più abile nell’attrarre lo sperma di un certo uomo, mentre il liquido follicolare di un’altra donna lo sperma di un altro uomo”, ha spiegato John Fitzpatrick, professore dell’Università di Stoccolma e coautore dello studio. “Ciò dimostra che negli esseri umani le interazioni tra ovociti e spermatozoi dipendono dall’identità specifica delle donne e degli uomini coinvolti”. Inoltre, dalla sperimentazione è emerso che non sempre gli ovociti di una donna attraggono gli spermatozoi del suo partner più di quelli di altri uomini.
“L’idea che gli ovuli scelgano gli spermatozoi è davvero nuova nella scienza della fertilità umana”, ha commentato Daniel Brison, direttore scientifico del Dipartimento di medicina della riproduzione del Saint Marys’ Hospital di Manchester e autore principale dello studio. “La ricerca sul modo in cui ovuli e spermatozoi interagiscono potrà far avanzare ulteriormente i trattamenti per la fecondazione assistita e potrebbe permettere d’individuare le cause d’infertilità finora non spiegate in alcune coppie”.
Fonti:
Fitzpatrick John L. et al., 2020. Chemical signals from eggs facilitate cryptic female choice in humans, Proc. R. Soc. B., 287:202008505. Disponibile al link: https://doi.org/10.1098/rspb.2020.0805
Oggi sono molte le donne che hanno difficoltà a rimanere incinte. Le ragioni sono varie: in primis, sicuramente, rispetto a una volta, l’età anagrafica più alta in cui si decide di avere un figlio. Ecco, allora, che prima di parlare d’infertilità o di ricorrere a tecniche più sofisticate, il ginecologo può consigliare, come primo tentativo, di provare con una stimolazione ovarica semplice.
Andiamo a vedere, allora, come funziona questa procedura.
Per una-due settimane si assumono ormoni che inducono la produzione follicolare
La stimolazione ovarica semplice consiste nell’assunzione di farmaci – per la precisione gli ormoni FSH (follicolo stimolante) e LH (luteinizzante) – atti a indurre un’ovulazione di modo che l’ovaio produca follicoli maturi di almeno 18 millimetri di diametro contenenti un ovocita da fecondare.
La terapia è dunque finalizzata a scegliere gli spermatozoi idonei a sbloccare le tube uterine in modo da permettere il passaggio degli ovociti. In questo senso la stimolazione ovarica semplice si rivela particolarmente adatta alle donne sopra i 40 anni che faticano ad avere figli.
La procedura è semplice: la paziente dovrà seguire la cura a base di ormoni per un periodo che varia da una a due settimane iniettandosi, per via sottocutanea o intramuscolare, i farmaci. Tutto questo avverrà con la supervisione di un medico che terrà sotto controllo l’andamento della terapia e la risposta della donna mediante monitoraggio e controlli ormonali.
Durante l’ecografia, eseguita con una sonda transvaginale, il ginecologo, già a distanza di 2-3 giorni dalla prima iniezione, valuta la risposta ovarica.
La procedura di stimolazione ovarica semplice può essere ripetuta più volte
Ormai diffusi da tempo, i ginecologi considerano sicuri questi trattamenti di stimolazione ovarica semplice, tanto che, se non andassero subito a buon fine, possono essere ripetuti anche fino a 8-9 volte senza rischi per la salute futura della donna.
Potrebbero esserci, però, degli inconvenienti legati ai principali effetti secondari derivanti dall’assunzione di ormoni: tensione addominale, gonfiori, difficoltà digestive, nausea, diarrea, aumento di peso, pelle e capelli più secchi, urina più scura.
Dott. Placido Borzì.
In cosa consiste?
L’ovocita al momento del prelievo ovocitario è circondato da un insieme di cellule dette cellule della granulosa e del cumulo ooforo. Prima di effettuare la ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) è necessario denudare l’ovocita, eliminando questo gruppo di cellule con un processo che si chiama “decumulazione”. Al termine di tale procedura, l’ovocita si presenta come una sfera contornata da una pellicola protettiva detta “zona pellucida” che rimarrà anche successivamente alla fecondazione fino al quinto-sesto giorno di vita dell’embrione. Tra il quinto e il sesto giorno dopo la fecondazione ha inizio infatti il processo di annidamento dell’embrione, durante il quale la zona pellucida si assottiglia sempre di più fino a permettere all’embrione al suo interno (in questa fase detto blastocisti) di sgusciare al di fuori di tale barriera (processo che avviene spontaneamente anche in vitro) e prendere contatto diretto con le cellule della mucosa uterina.
Tra le cause di ripetuti fallimenti di impianto in coppie sottoposte a fecondazione assistita ritroviamo l’incapacità dell’embrione di sgusciare spontaneamente dalla zona pellucida o l’alterazione della pellicola stessa (la zona si può presentare spessa e indurita).
Questo processo si aiuta assottigliando o bucando con il laser o con un ago speciale o con determinate sostanze proprio il guscio dell’embrione (assisted hatching o hatching assistito) poco prima del transfer per facilitare l’impianto dell’embrione alla parete uterina.
Quando può essere utile?
L’hatching assistito è dunque consigliabile nei casi di ripetuti fallimenti di impianto embrionario, nelle donne più mature i cui ovociti presentano una zona pellucida più spessa, negli embrioni scongelati o ottenuti da ovociti scongelati in quanto il processo di congelamento può provocare un’irrigidimento della zona pellucida.
Dott.ssa Stefania Luppi
Il ringiovanimento degli ovociti è alla prova, privatamente, anche in Italia, per ottimizzare le tecniche di PMA omologa
È alla prova in Italia, dopo i successi spagnoli, il cosiddetto ringiovanimento degli ovociti, anche se per ora viene proposto solo nel privato. Lo scorso maggio, a Toronto (Canada) era nato il primo bambino concepito grazie a questa tecnica d’avanguardia, una vera sferzata di nuova energia, resa possibile dalla microiniezione di mitocondri (estratti dalle staminali ovariche della madre stessa), effettuata contemporaneamente a una tecnica di PMA omologa.
Ma il ringiovanimento degli ovociti non è la sola tecnica d’avanguardia per realizzare il desiderio di maternità di donne che, per età (dai 35 anni in poi), o per decadimento della qualità o della quantità di ovociti, non riescono ad avviare una gravidanza. Le cause più frequenti: una menopausa precoce, naturale o successiva a terapie, o un’inadeguata risposta all’iperstimolazione ovarica con gonadotropine, preparazione necessaria per affrontare una PMA omologa.
Oltre al ringiovanimento degli ovociti sono due gli ulteriori approcci alla prova, che mirano proprio a incrementare la risposta ovarica alle gonadotropine, vale a dire le probabilità che una delle tecniche di PMA omologa possano avere successo. Il primo approccio sfrutta il trapianto di cellule staminali (Scot), il secondo invece si basa sulla frammentazione ovarica che “risveglia” gli ovociti “dormienti” grazie a una vera a propria attivazione dei follicoli (Offa).
Dopo una Scot o una Offa, viene accertato che la risposta ovarica sia davvero incrementata. Il passo successivo prevede l’intervento del biologo, per decidere se ci si può affidare a una tecnica PMA omologa di primo livello , o di secondo livello, così da ottenere la tanto sospirata gravidanza.
Il congelamento degli ovociti non è una moda, ma una tecnica utile in vista di una riduzione della fertilità, per accedere in seguito a una PMA
All’egg-freezing, il congelamento degli ovociti in vista di una futura gravidanza medicalmente assistita (PMA), il settimanale statunitense “Time” ha dedicato, a partire dall’estate, ben quattro pagine, seguite da più uscite nella versione online. Negli Stati Uniti infati la tecnica sta guadagnando consensi tra le donne più giovani, che si sono affacciate da poco al lavoro dopo i duri anni dell’Università e sono convinte che il congelamento degli ovociti possa essere il metodo più sicuro per poter rimandare la gravidanza al raggiungimento di una posizione lavorativa e di una situazione sentimentale più stabili.
Ma la crioconservazione dei gameti (compresi quindi gli spermatozoi) non è stata certo messa a punto con questo obiettivo. Piuttosto, il congelamento degli ovociti (così come del liquido seminale) è indicato in tutte le condizioni che portano a una progressiva riduzione della fertilità. La principale è la necessità di sottoporsi a trattamenti sicuramente lesivi, come la chemioterapia oncologica. Ma ci sono anche patologie in grado di compromettere la fertilità, perché colpiscono direttamente gli organi della riproduzione, come un’endometriosi severa, o l’esaurimento ovaricoprecoce, oppure perché sovvertono la salute dell’organismo in toto, come le malattie autoimmuni.
L’egg-freezing non è certo una procedura semplice: bisogna affrontare cicli di gonadotropine, di durata variabile da donna a donna, in grado di assicurare una stimolazione follicolare, destinata a ottenere un numero sufficiente di ovociti adatti alla crioconservazione e in grado di poter essere fecondati una volta scongelati. Ogni procedura di PMA con ovociti congelati prevede infatti l’impiego di cinque-sei ovociti, che in media permettono di ottenere tre-quattro embrioni impiantabili.
Sono tutti passaggi che, inevitabilmente, riducono la possibilità di avviare una PMA con successo. Tanto più se l’aspirante mamma utilizzerà gli ovociticongelati attorno ai 40 anni: anche se vengono utilizzati gameti prelevati e crioconservati negli anni “migliori”, cioè attorno al trentesimo compleanno, l’età della futura mamma resta un fattore cruciale per portare a termine i nove mesi di gestazione. a
Ecco perché il congelamento degli ovociti è un percorso senz’altro utile in specifiche condizioni di compromissione della fertilità, per poter procedere in seguito una PMA, ma deve essere affrontato in presenza di una necessità impellente e in seguito a una motivazione attentamente meditata, se possibile, con un buon sostegno psicologico.
Alcuni dati sulla Fecondazione In Vitro Embryo Transfer
Inizialmente la Fecondazione In VitroEmbryo Transfer (FIVET) è stata utilizzata in pazienti con patologie tubariche, per poi trovare anche altre indicazioni. Ovviamente un requisito essenziale alla penetrazione della zona pellucida ovocitaria da parte dello spermatozoo è avere a disposizione un campione di liquido seminale con una buona qualità spermatica.
La Fecondazione In VitroEmbryo Transfer (FIVET) viene eseguita mettendo a contatto gli ovociti, recuperati mediante pick up, con 100mila -300mila spermatozoi mobili, selezionati dopo trattamento del liquido seminale. I fattori che condizionano le probabilità di successo sono gli stessi della ICSI. Anche in questo caso, grande importanza va data all’età della paziente, con notevolissime differenze per un’età inferiore ai 35 anni, in cui il tasso di gravidanza è superiore al 35%, rispetto alle ultraquarantenni, nelle quali non si supera il 5-10 %.