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La salute riproduttiva inizia da bambini. Nel periodo tra l’infanzia e l’adolescenza, infatti, si verificano numerose trasformazioni sia fisiche sia psicologiche prima di giungere alla maturità sessuale.

Tali cambiamenti possono favorire disturbi del sistema riproduttivo e determinare, in età adulta, difficoltà di concepimento se non addirittura infertilità, soprattutto se associati a stili di vita scorretti (ad esempio il fumo di sigaretta, il consumo di alcool, un regime alimentare non equilibrato, il sovrappeso, la sedentarietà).

I maschi, tuttavia, a differenza delle femmine, non hanno l’abitudine di sottoporsi a visite specialistiche periodiche a scopo preventivo e spesso si trovano ad affrontare un problema di salute riproduttiva quando, da adulti, decidono di avere dei figli e incontrano difficoltà di concepimento.

Da anni la Società Italiana di Andrologia (SIA) ha lanciato l’allarme, sottolineando che le cause maschili di infertilità sono troppo spesso trascurate e che negli ultimi trent’anni l’infertilità maschile è raddoppiata.

Il primo passo è rivolgersi all’andrologo e ne abbiamo parlato con il Dottor Emilio Italiano, Specialista Urologo, Andrologo, Consulente Sessuologo.

Chi è l’andrologo?

L’Andrologia deriva dalla parola greca aner (uomo) e logos (discorso) ed è la branca della medicina che focalizza i propri studi sulla salute maschile, con particolare riferimento alle disfunzioni dell’apparato riproduttore e urogenitale. Rappresenta pertanto lo specialista del maschio e l’analogo del ginecologo per la donna.

Negli anni, grazie a campagne di sensibilizzazione dedicate e all’attualità dei temi che tratta, l’Andrologia si è ritagliata uno spazio sempre più adeguato ed i giovani, ma spesso anche i genitori, sono sempre più attenti alla valutazione delle problematiche andrologiche e ad effettuare visite di prevenzione.

Il benessere del maschio per l’OMS

Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’infertilità maschile rappresenta un’autentica patologia e come tale richiede di essere diagnosticata ed affrontata in maniera scrupolosa e tempestiva (1). Tuttavia, la mancanza, anche nei Paesi industrializzati, di politiche di prevenzione andrologica e di valutazione della salute riproduttiva, specie negli adolescenti e nei giovani-adulti, è frequentemente responsabile di una diagnosi tardiva o inappropriata di infertilità da fattore maschile, potenzialmente reversibile se adeguatamente e precocemente riconosciuta.

Infertilità di coppia

Quando parliamo d’infertilità di coppia definiamo l’assenza di concepimento dopo un anno di rapporti non protetti. A questo punto, come è correttamente indicato nelle Linee Guida delle Società Scientifiche, ognuno dei due partner comincia un iter di studio separato che mira a identificare eventuali problematiche. Per il maschio la visita andrologica è la base dello studio e solo in un secondo tempo si effettuerà un esame seminologico (o spermiogramma) che valuta la ‘qualità del seme’ (numero, motilità, morfologia) e ogni altro accertamento necessario.

La visita andrologica

La visita andrologica, come per ogni altra visita specialistica, comincia da una corretta anamnesi per indagare poi su eventuali anomalie alla nascita o nel percorso di sviluppo del maschio. Successivamente, si esplorerà sulla presenza di eventuali anomalie nella fase della pubertà e nel periodo successivo.

Così come per le femmine è ben noto il menarca, allo stesso modo per il maschio esiste lo spermarca definito come l’inizio dello sviluppo della spermatogenesi nei testicoli dei maschi a partire dalla pubertà. Essa sancisce il passaggio all’età adulta e ne inizia la possibilità di riprodursi.

Da un punto di vista fisiologico è dovuto alla ripresa della produzione del testosterone da parte delle cellule di Leydig dei testicoli, cellule che erano rimaste ‘addormentate’ dopo i primi mesi dalla nascita e che riprendono la loro funzione. Compaiono pertanto anche i caratteri sessuali secondari: la crescita dei peli pubici, di quelli ascellari e del volto, il cambio del tono della voce, l’aumento del volume testicolare e del pene e altro ancora.

L’esame obiettivo completerà la parte più importante dell’inquadramento del maschio.

Possibili patologie

La visita spesso può identificare una causa molto comune di riduzione della fertilità del maschio: il varicocele, che altro non è che la presenza di vene varicose del plesso pampiniforme. Circa il 10-15% di tutti gli uomini hanno un varicocele, la maggior parte sono asintomatici e molti non sono associati a sterilità o sintomi. Altre volte è possibile che il varicocele dia una chiara sintomatologia dolorosa o di “pesantezza” nell’emiscroto sinistro, specie dopo prolungata stazione eretta o attività sportiva intensa.

La diagnosi è clinica (basta cioè un corretto esame obiettivo) e valuta il varicocele in tre gradi: quello di I grado è palpabile solo con manovra di Valsalva (spingere con l’addome l’aria verso il basso), il II grado è palpabile senza Valsalva e il grado III è un varicocele di grandi dimensioni che è visibile ad occhio nudo anche senza palpazione.

Tra le altre cause ricordiamo:

  • Prostatiti: un processo infiammatorio della ghiandola prostatica che altera la qualità del secreto prostatico e la produzione degli spermatozoi.
  • Malattie a trasmissione sessuale: i microrganismi possono interferire con la vitalità e la produzione degli spermatozoi, nonché con la qualità del secreto prostatico e vescicolare.
  • Criptorchidismo: la mancata discesa nello scroto dei testicoli che induce la perdita della funzione produttiva degli spermatozoi.
  • Disfunzioni ormonali: i disordini della regolazione ipotalamico-ipofisario-testicolare altera gli equilibri necessari alla stimolazione ormonale degli organi produttori; tali disordini possono essere dovuti a fattori endogeni e talvolta all’azione di alcuni farmaci.
  • Farmaci: oltre quelli interferenti con la regolazione ormonale, altri farmaci hanno azioni tossiche più o meno dirette, soprattutto nelle assunzioni a medio-lungo periodo.
  • ed altro.
Conclusioni

Un fattore maschile, tra cause maschili dirette e quelle miste, è ormai presente nel 60% circa delle coppie infertili. È quindi importante iniziare precocemente l’analisi del partner di sesso maschile, nell’ambito di una valutazione di coppia, per evitare inutili o inappropriate terapie o indagini invasive nella donna.

La maggior parte degli interventi terapeutici si basa sullo stato di fertilità di entrambi i partner, e non può essere intrapreso un adeguato counseling di una coppia infertile finché entrambi i partner non siano stati valutati approfonditamente.

Dr Emilio Italiano
Urologo-Andrologo

 

Bibliografia

  1. Rowe P.J., Comhaire F.H., Hargreave T.B., et al. WHO manual for the standardized investigation, diagnosis and management of the infertile male. World Health Organization, Geneva, 2000.
  1. Emanuele Jannini, Andrea Lenzi e Mario Maggi, Sessuologia medica II ed.: Trattato di Psicosessuologia, medicina della sessualità e salute della coppia, Edra, 16 gennaio 2017.

 

 

Aumentano i casi di diabete in gravidanza: è quanto emerge da una ricerca presentata dai ricercatori della SID – Società Italiana di Diabetologia al 56mo congresso della EASD, Associazione Europea per lo Studio del Diabete. Sembra, infatti, che le donne che presentano diabete gestazionale (GDM) in gravidanza siano sempre più numerose. La conseguenza è strettamente connessa all’aumento dell’obesità, anche in età riproduttiva, e alla prevalenza del diabete tipo 2.

La ricerca

I ricercatori hanno studiato una casistica di oltre 600 pazienti con diabete gestazionale. Nella ricerca, hanno considerato questi parametri: le caratteristiche metaboliche delle madri, gli esiti materno-neonatali e la salute delle donne dopo il parto. La ricerca si è svolta presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia e ha considerato donne trattate nel triennio 2013-2015, rispetto a quelle gestite nel periodo 2016-2018. Intervistata da Repubblica, la dottoressa Sara Parrettini, della Struttura Complessa di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Azienda Ospedaliera di Perugia, ha commentato: “Ma le caratteristiche metaboliche delle gestanti – afferma – negli ultimi anni si stanno modificando. Aumentano le donne con insulino-resistenza e i risultati della curva da carico glucidico sono diversi da quelli delle donne che sviluppavano diabete in gravidanza fino a qualche anno fa”.

La gestione personalizzata della gravidanza

Nella stesa intervista, la dottoressa Parrettini ha concluso: “Le caratteristiche metaboliche delle donne in gravidanza devono essere considerate sin dall’inizio della cura della paziente. E’ necessario gestire in maniera personalizzata la gravidanza complicata dal GDM”. L’obiettivo di questo approccio è raggiungere “esiti neonatali sovrapponibili a quelli di una gravidanza fisiologica”. Inoltre, consentirebbe di “predisporre strategie di protezione per la salute futura, mirate a ridurre il rischio di progressione verso qualsiasi forma di iperglicemia post-gravidanza”.

Anche la dottoressa Elisabetta Torlone, responsabile Servizio di Diabete e Nutrizione in Gravidanza della stessa struttura ospedaliera ha commentato i risultati. “La gravidanza rappresenta un momento fondamentale nella vita di una donna.  La diagnosi di diabete gestazionale pone un grave problema di salute globale a causa delle relative complicanze micro e macro-vascolari, del successivo diabete di tipo 2 e dell’impatto sulla salute futura delle giovani generazioni. La nostra casistica suggerisce di porre attenzione alle modifiche dell’OGTT sia in gravidanza che nel follow up post parto, per definire delle strategie sempre più specifiche per la prevenzione del diabete di tipo 2 e delle patologie metaboliche”.

Il commento della SID

Il Presidente eletto della SID Agostino Consoli ha commentato i risultati della ricerca. “Il diabete gestazionale è in aumento e diventa un problema sempre più importante anche perché maggiormente prevalente in etnie che sono sempre più rappresentate nel nostro Paese grazie all’aumento dell’immigrazione e perché più prevalente in donne che giungono alla gestazione in età meno giovane, come sempre più accade nelle società occidentali. Per fortuna in molti dei nostri Servizi di Diabetologia esistono ambulatori dedicati a questa condizione, che si avvalgono della collaborazione di diabetologi, ginecologi e neonatologi.”
Da anni è in atto una stretta collaborazione tra SID ed AMD. Le due Società Scientifiche hanno costituito, insieme, un gruppo di studio dedicato alle problematiche del diabete gestazionale. Questa collaborazione ha prodotto e continua a produrre lavori scientifici molto rilevanti di livello internazionale.

Fonte: Repubblica.it