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Quali sono i vantaggi della maturazione in vitro degli ovociti e a chi e’ rivolta?

La maturazione in vitro degli ovociti è una tecnica di (PMA) di secondo livello, cioè un metodo ad alta tecnologia per la terapia dell’infertilità.

In natura ogni mese in media un solo follicolo arriva a maturazione e scoppia durante l’ovulazione per liberare l’ovocita nella tuba e permettergli di essere fecondato. In un ciclo di fecondazione in vitro invece si cerca di ottenere il maggior numero possibile di ovociti maturi per selezionare quelli con le caratteristiche migliori per l’inseminazione. Per ottenere questo, la donna deve essere sottoposta ad una stimolazione ormonale adeguata.

Vi sono dei casi in cui la stimolazione ormonale non è possibile, allora si può ricorrere alla maturazione in vitro degli ovociti (IVM), con successiva ICSI degli ovociti maturati. Tale tecnica minimizza il rischio di incorrere in iperstimolazione ovarica OHSS ed è inoltre rivolta alle donne che soffrono di sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS).

La maturazione in vitro degli ovociti è inoltre una tecnica consigliata alle donne che devono preservare la loro fertilità, prima di sottoporsi ad un trattamento oncologico farmacologico, o chirurgico di asportazione di ovaie. La procedura consiste nel sottoporre la donna a dosi di farmaci minime o nulle e ad un paio di ecografie a 8-9 giorni dall’inizio delle mestruazioni così da valutare il momento adatto al prelievo degli ovociti immaturi. Tali ovociti vengono poi fatti maturare in vitro, all’interno di un terreno specifico addizionato di specifici ormoni, lasciati in incubatori appositi per circa 30 ore. Una volta ottenuti gli ovociti maturi essi vengono utilizzati per la iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI).

Sebbene i tassi di gravidanza in seguito maturazione in vitro degli ovociti siano leggermente inferiori a quelli della fecondazione in vitro classica, gli esperti stanno trovando delle soluzioni promettenti andando a migliorare i protocolli clinici e le condizioni di coltura degli ovociti immaturi.

Dott.ssa Stefania Luppi

Cos’è la IMSI?

Per metodica ICSI si intende iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, mentre per metodica IMSI si intende iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo morfologicamente selezionato. La differenza principale tra le due metodiche consiste nell’ingrandimento a cui vengono selezionati gli spermatozoi al microscopio prima della fecondazione in vitro. La ICSI si basa su una valutazione morfologica da parte del biologo che, per mezzo di un ingrandimento di 200-400 volte, può scegliere con cura gli spermatozoi da utilizzare; la IMSI invece prevede l’utilizzo di un microscopio che permette di osservare gli spermatozoi ad un ingrandimento circa 15 volte superiore a quello della classica ICSI, fino a raggiungere un ingrandimento dello spermatozoo di circa 6000 volte. Tale ingrandimento permette di analizzare in tempo reale la struttura interna degli spermatozoi e quindi di non selezionare per l’iniezione intracitoplasmatica quelli con anomalie che potrebbero compromettere la buona riuscita del trattamento di fecondazione assistita.

Quali sono i principali vantaggi della IMSI

Il vantaggio principale della tecnica di IMSI è che durante l’osservazione vengono mantenute la vitalità e l’integrità degli spermatozoi, così che una volta selezionati, possono essere utilizzati per inseminare gli ovociti. Si è notato un miglioramento dei risultati soprattutto nei pazienti in cui si ha un alto indice di frammentazione del DNA, in quanto l’alterazione di tale parametro è nella maggior parte dei casi associato ad anomalie nella struttura degli spermatozoi, che a sua volta influenza negativamente il corretto sviluppo dell’embrione.

A chi è consigliata?

La IMSI è particolarmente consigliata per la selezione degli spermatozoi di pazienti con severe alterazioni dei parametri base del liquido seminale (concentrazione, motilità e morfologia), in casi di aborti ripetuti e di ripetuti fallimenti di cicli di fecondazione in vitro.

Dott.ssa Stefania Luppi

In cosa consiste?

L’ovocita al momento del prelievo ovocitario è circondato da un insieme di cellule dette cellule della granulosa e del cumulo ooforo. Prima di effettuare la ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) è necessario denudare l’ovocita, eliminando questo gruppo di cellule con un processo che si chiama “decumulazione”. Al termine di tale procedura, l’ovocita si presenta come una sfera contornata da una pellicola protettiva detta “zona pellucida” che rimarrà anche successivamente alla fecondazione fino al quinto-sesto giorno di vita dell’embrione. Tra il quinto e il sesto giorno dopo la fecondazione ha inizio infatti il processo di annidamento dell’embrione, durante il quale la zona pellucida si assottiglia sempre di più fino a permettere all’embrione al suo interno (in questa fase detto blastocisti) di sgusciare al di fuori di tale barriera (processo che avviene spontaneamente anche in vitro) e prendere contatto diretto con le cellule della mucosa uterina.

Tra le cause di ripetuti fallimenti di impianto in coppie sottoposte a fecondazione assistita ritroviamo l’incapacità dell’embrione di sgusciare spontaneamente dalla zona pellucida o l’alterazione della pellicola stessa (la zona si può presentare spessa e indurita).

Questo processo si aiuta assottigliando o bucando con il laser o con un ago speciale o con determinate sostanze proprio il guscio dell’embrione (assisted hatching o hatching assistito) poco prima del transfer per facilitare l’impianto dell’embrione alla parete uterina.

Quando può essere utile?

L’hatching assistito è dunque consigliabile nei casi di ripetuti fallimenti di impianto embrionario, nelle donne più mature i cui ovociti presentano una zona pellucida più spessa, negli embrioni scongelati o ottenuti da ovociti scongelati in quanto il processo di congelamento può provocare un’irrigidimento della zona pellucida.

Dott.ssa Stefania Luppi

Che cosa sono la FIVET e la ICSI?

Dott. Fulvio Cappiello: La Fivet e la ICSI sono entrambe delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

  • La FIVET (fertilization in vitro/embryo transfer) è una tecnica con la quale si mette in coltura ogni singolo ovocita e lo si mette in contatto con un certo numero di spermatozoi che in maniera spontanea dovranno fecondarlo e formare l’embrione.Viene eseguita nei casi di sterilità da ostruzione tubarica femminile con un buon numero di ovociti e  lievi patologie al liquido seminale.
  • La ICSI (intracytoplasmatic sperm injection) si esegue in casi di grosse patologie del liquido seminale e quando ci sono pochi ovociti. Questo perché tale procedura consente una migliore fertilizzazione e cioè un potenziale buon numero di embrioni formati.Consiste nell’iniettare il singolo spermatozoo nel singolo ovocita  per determinare la formazione dell’embrione.

Dott. Fulvio Cappiello

Il Ministro Lorenzin firma le nuove linee guida per la procreazione assistita: via libera all’eterologa, più tutele per aspirante madre e feto, più dettagli in cartella clinica sul numero di embrioni e la crioconservazione

 

Con la firma del Ministro Lorenzin alle nuove linee guida per la procreazione medicalmente assistita (PMA) si completa un ulteriore tassello nell’iter, che ha portato alla quasi totale modifica della Legge 40/2004. Le nuove linee guida sulla procreazione aggiornano più di un punto, a iniziare dal via libera ufficiale (si attende soltanto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) alla fecondazione eterologa che, tra l’altro, sarà inserita anche nei Lea (Livelli essenziali di assistenza).
L’approvazione delle nuove linee guida per la procreazione medicalmente assistita è il secondo step, dopo l’Istituzione del Registro dei donatori. A questo dovranno seguire i decreti dedicati al consenso informato, ai cosiddetti embrioni abbandonati (embrioni non utilizzati dopo la crioconservazione), al recepimento delle direttive europee sulla donazione di gameti.
Nelle nuove linee guida per la procreazione si richiede anche maggiore dettaglio nella compilazione della cartella clinica: sarà obbligatorio specificare le motivazioni che portano alla determinazione del numero di embrioni da generare e, di conseguenza, a quelli che non vengono trasferiti e che sono quindi da crioconservare.
Non solo: per l’accesso ai trattamenti di PMA (omologa ed eterologa) le linee guida 2015 richiedono una più attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici per la salute sia dell’aspirante madre sia del feto/neonato.
Il testo delle nuove linee guida per la procreazione regolamenta anche l’accesso delle coppie sierodiscordanti, vale a dire quelle nelle quali uno dei due è portatore di virus sessualmente trasmissibili (Hiv; Hbv; Hcv): anche questa è una novità, perché nelle linee guida precedenti si considerava soltanto il caso dell’aspirante padre portatore di tali malattie, mentre la versione 2015 ammette anche la donna.

La FIVET come non l’avete mai vista: mostra fotografica

Le ultime stime ISTAT segnano in crescita le coppie che affrontano problematiche di infertilità: in Italia sono ogni anno tra le 60.000 e le 80.000 (il 20-25% delle 300.000 nuove unioni).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attesta il fenomeno in circa il 15-20% di coppie nei paesi industriali avanzati: tra questi, aumentano le persone che scelgono di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita.

La biologa cagliaritana, Nicoletta Maxia, responsabile del centro di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) della clinica San Carlo a Paderno Dugnano (Milano) ha pensato di cogliere da un punto di vista diverso, la tecnica della fecondazione in vitro.

Procrearte è il nome della “personale”  allestita per la prima volta in Sardegna.

Trenta immagini catturate grazie al microscopio e rielaborate utilizzando sofisticate tecniche per amplificarne gli effetti cromatici.

Un modo nuovo per raccontare le fasi di una vita che si forma grazie al procedimento in laboratorio di Fivet, Icsi e Imsi.

I soggetti che troviamo in primo piano sono scatti che segnano il passaggio dalla fecondazione dei gameti al preimpianto dell’embrione: si parte così dagli spermatozoi utilizzati per l’iniezione intracitoplasmatica nell’ovulo, per arrivare all’endometrio e allo stadio di impianto dell’embrione nell’utero materno.

Un modo colorato e fantasioso per raccontare l’esperienza della fecondazione in vitro, che si contrappone ai rapporti troppo spesso freddi e schematici, raccolti nelle schede dei pazienti.

Dalla Sardegna le opere della biologa-artista dedicate alla Fivet arriveranno presto in Lombardia.

 

 

 

 

Sappiamo quanto l’endometriosi sia tra le principali malattie femminili che causano infertilità. Circa il 30-40% delle donne affette da questa patologia è sterile e spesso arriva alla diagnosi definitiva quando cerca di rimanere incinta. Per dare alcuni dati sulla situazione italiana e le prospettive di cura, il numero di diagnosi supera i 3 milioni e l’intervallo di tempo medio che intercorre dalla prima comparsa dei sintomi all’attestazione clinica della malattia, supera i 10 anni.

Altamente sottovalutato dal pubblico femminile, il problema di salute ha un grado di diffusione sempre maggiore per via di un atteggiamento che deriva dalla sottovalutazione, da parte delle donne, del danno che deriva dall’avere uno stile di vita altamente stressante o dall’essere esposte a numerosi inquinanti (forte è la correlazione con il Bisfenolo A, presente in molte materie plastiche), al fumo e alle radiazioni.

I controlli preventivi per la salute di una donna sono portati avanti, in media, dopo i 40 anni e comprendono lo screening al collo dell’utero, la mammografia per il tumore al seno, il pap test. Tenendo presente l’età d’incidenza più bassa del disturbo in questione i suddetti screening dovrebbero essere anticipati nelle donne di età inferiore poiché hanno un carico ormonale maggiore rispetto a quelle adulte, condizione che le pone più a rischio di essere colpite dalla malattia.

Partendo dalle considerazioni fatte sta prendendo corpo una forte esigenza d’informazione volta a farne conoscere cause e risvolti al pubblico, ma anche a livello della comunità medica affinché il confronto sulle terapie e gli approcci chirurgici rimanga alto. A questo proposito ci teniamo a segnalare due esempi, uno per categoria, che riteniamo importanti.

Il primo è la riprogrammazione in televisione di uno spot sull’endometriosi che vede come testimonial Nancy Brilli. Realizzato nel 2011 per volontà della Fondazione Italiana Endometriosi (FIE), dimostra il notevole impegno dell’associazione facendo parte di un percorso di sensibilizzazione presente sul sito web del Ministero della Salute.
La campagna citata si inserisce in un impegno da parte della FIE molto più ampio che va dal sostegno alla ricerca scientifica verso nuovi percorsi di prevenzione, diagnosi e cura della patologia. Insieme all’ ONLUS a essa assimilata, l’Associazione Italiana Endometriosi (AIE), ha dato vita a due importanti realtà:

il Centro Italiano di Endometriosi dove si procede alla diagnosi approfondita delle patologie ginecologiche, al trattamento del dolore pelvico e alla ricerca traslazionale che riguarda l’endometriosi (da applicarsi a livello del Centro di Fecondazione),

il Centro di Fecondazione che si occupa in modo specifico di ripristinare la fertilità e di elaborare nuovi protocolli di fecondazione assistita dedicati alle pazienti con endometriosi (Procreazione Naturalmente Assistita o PNA).

Il secondo, invece, è un esempio di evento (nella cui promozione e realizzazione è presente ancora una volta l’AIE) che ha visto la partecipazione delle migliori professionalità mediche del settore. Intitolato “Nuove proposte terapeutiche mediche e chirurgiche sul dolore nella donna”, è stato caratterizzato dalla presa di conoscenza di quanto sia cruciale approcciare la patologia come una malattia cronica e di complessa gestione. L’endometriosi è una malattia che, spesso, necessita di una attenzione bilanciata verso il versante fisico così come verso quello emotivo e psicologico.

All’incontro hanno partecipato specialisti, biologi, psicologi, paramedici e volontari dell’associazione ribadendo l’esigenza di predisporre un’equipe multidisciplinare di specialisti, capaci di individuare il distinguo tra l’aspetto biologico e quello psico-sociale della patologia. La parte di sofferenza nascosta che trova origine nella grande capacità di sopportazione della donna, risulta, però, sconosciuta ai più.

Non esistendo una vera e propria cura, è prioritario dare sollievo alle donne la cui realtà quotidiana è fatta di dolori spesso così forti da impedirle di svolgere le normali attività di studio, lavoro e relazioni sociali. Occasioni d’incontro e sostegno reciproco tra donne affette da endometriosi o eventi come quelli organizzati dall’AIE, risultano preziosi per la raccolta e diffusione di informazioni e la creazione di una comunità di persone in grado di diffonderle all’esterno.

Uno dei cambiamenti di prospettiva più positivi nell’approccio clinico è la volontà della medicina di orientarsi verso l’uso di meno chirurgia e l’impiego farmacologico d’integratori che arrivi a una cura sempre più personalizzata.

I principali accorgimenti in questo senso sono:

  • limitare l’uso di pillole anticoncezionali che rilasciano degli ormoni che spesso favoriscono patologie come l’endometriosi;
  • seguire una dieta specifica che aiuti la digestione e il buon funzionamento dell’intestino (l’aumento di fibre nella dieta determina una riduzione degli estrogeni circolanti nel sangue, con un minore impatto sui tessuti estrogeno dipendenti). Scegliere quindi tra le varianti come frumento o riso integrale, frutta e vegetali e legumi;
  • assumere alimenti ricchi in Omega 3 (tonno, pesce azzurro, olio di oliva, oli vegetali e noci) utili a ridurre il livello d’infiammazione addominale determinato dall’endometriosi;
  • ridurre l’apporto di latte e derivati che alimentano i processi infiammativi delle muscose gastro-intestinali, di caffeina e cioccolato, nonché di tutti i prodotti di soia (poiché contengono fito-estrogeni).

Il 4 luglio scorso, il Ministro della Salute ha inviato al Parlamento la Relazione sull’applicazione della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, che regola la procreazione medicalmente assistita, relativa all’anno 2012. 

La Relazione conferma la tendenza a un aumento del numero dei centri PMA privati – 218 nel 2012, erano 185 al 31 gennaio 2009 – e a una diminuzione di quelli pubblici e privati convenzionati– 137 nel 2012, erano 156 al 31 gennaio 2009. Viceversa i cicli di trattamento aumentano in tutti i centri, anche se vi sono ancora molti centri PMA che svolgono un numero ridotto di procedure nell’arco dell’anno. 

La Relazione evidenzia anche una modifica nell’applicazione delle procedure di PMA da parte degli operatori rispetto al periodo antecedente alla sentenza della Corte Costituzionale 151/2009 con un aumento dei cicli da tecniche di scongelamento insieme ad una diminuzione dei cicli delle tecniche a fresco.

fonte

Ferring: corso di formazione Comunicazione Medico Paziente

Come comunicare con la coppia desiderosa di avere un figlio e sapere quando consigliare di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita – PMA

Procreazione medicalmente assistita: un corso per lo sviluppo e l’incremento di capacità comunicativo-relazionali dei medici.

Il giorno 7 febbraio presso lo Starhotel Echo di Milano si è svolto il corso di formazione promosso dall’Azienda Farmaceutica Ferring sulla comunicazione medico-paziente nell’ambito della procreazione medicalmente assistita. Il corso, animato dal Prof. Egidio Moja, Professore di Psicologia Generale e Direttore Scientifico del progetto C.U.R.A. dell’Università di Milano, è stato frequentato dai più noti infertivologi italiani e si proponeva come obiettivo lo sviluppo e l’incremento di capacità comunicativo-relazionali dei partecipanti-medici.

Tramite l’organizzazione di giochi di ruolo e simulazioni di colloqui, si è voluto richiamare l’attenzione sul vissuto emotivo delle coppie che si apprestano a ricorrere alle tecniche di PMA, coppie che spesso sono investite e stravolte da una forte crisi di vita marcata dal pullulare di sofferenze, incertezze, timori e dubbi.

L’incertezza e la forte emotività spesso rendono il colloquio coppia–medico complesso e contorto, i medici riscontrano delle difficoltà a trasmettere la corretta informazione e a gestire il consenso informato della coppia alla PMA. Quante informazioni vengono recepite dalla coppia durante il colloquio? Quanta consapevolezza e comprensione c’è nell’accettazione volontaria da parte della coppia al trattamento proposto dal medico?

Per evidenziare tutte le problematicità relazionali e comunicative, è stato proposto agli infertivologi presenti in sala di assistere ad un colloquio simulato tra un medico di PMA e una coppia che da due anni tentava di avere un figlio naturalmente senza successo. La coppia, mostrati i risultati degli esami diagnostici al medico, chiedeva un parere sulla possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Il medico, dopo aver esaminato gli esami – che inesorabilmente denotavano un quadro clinico di difficoltà, sia per la bassa riserva ovarica della donna a causa dell’età avanzata, sia per gli esiti dello spermiogramma del compagno, doveva commentare i risultati degli esami alla coppia e consigliare cosa fare.

Dopo aver assistito alla simulazione di colloquio, il Prof Moja ha animato il dibattito tra gli infertivologi sollevando le seguenti domande:Come dire ad una coppia desiderosa di avere un figlio che ha oggettivamente scarse possibilità di riuscire a procrearlo? Il medico dovrebbe infondere fiducia, far sperare in un esito positivo di tale tecniche o limitarsi a riferire ed informare la coppia sulle procedure di PMA da tentare e sulle percentuali di successo/insuccesso delle tecniche?”

D’altra parte, la mancata gravidanza nella vita di una donna ha un effetto così destabilizzante da minare l’intero equilibrio psico-fisico, così come l’immagine e la rappresentazione di sé, soprattutto se la cultura e l’educazione ricevute sono state incentrate alla trasmissione dei valori della famiglia. Laddove queste “proiezioni” e “rappresentazioni” non siano soddisfatte ed appagate, ecco subentrare lentamente l’incertezza, l’insicurezza, il disorientamento, l’avvio di una fase di ricerca e di rimessa in discussione di se stessi.

Alcune simulazioni di colloquio hanno messo in evidenza come sia fondamentale per il medico prestare la massima attenzione alla scelta delle parole da utilizzare per commentare certi esiti o risultati di esami, il comportamento da assumere verso il paziente, se paternalistico, dettato dalla beneficialità, o informativo, guidato dal principio dell’autonomia.

Il corso è stato valutato molto positivamente dagli infertivologi ed è stato considerato un’iniziativa innovativa ad alto contenuto formativo ed un’occasione di dibattito e di confronto sulla gestione di casi concreti.