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La fecondazione in vitro può essere più efficace grazie alla stampa 3D? La risposta l’hanno trovata i ricercatori del dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari guidati da Maria Elena Dell’Aquila. Il loro studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One.

Lo studio

Grazie all’utilizzo della stampa 3D, i ricercatori hanno ottenuto ottimi risultati sia per la fecondazione assistita nell’uomo, sia per la tutela delle specie animali in via di estinzione. Lo studio, condotto interamente da ricercatori italiani, apre la strada verso interventi di procreazione assistita più efficaci.

I ricercatori hanno utilizzato un approccio bioingegneristico innovativo. Come? Hanno preso le cellule di un modello animale e le hanno incapsulate in microsfere di idrogel, una sostanza composta per la maggior parte di acqua. Questo processo l’hanno condotto mediante tecnologia di stampa 3D, per ottenere strutture per la coltura in vitro. La procedura ha permesso di migliorare la vitalità e il potenziale di sviluppo delle cellule uovo microincapsulate rispetto a quelle coltivate con i metodi convenzionali, che sono in 2D.

Il commento dell’Università di Bari

“Lo studio interdisciplinare ha importanti applicazioni e ricadute nella produzione di embrioni in vitro per la procreazione medicalmente assistita, per l’industria delle produzioni animali, per la propagazione di specie a rischio di estinzione e per la valutazione del rischio da agenti chimici sulla fertilità femminile”, spiega l’Università di Bari in una nota.

La stampa 3D

La stampa 3D è una tecnologia relativamente recente, scoperta alla fine degli anni ’80. Con la stampa 3D solitamente si realizzano oggetti tridimensionali, partendo da un modello digitale. Il modello digitale è a sua volta prodotto con software dedicati e poi elaborato, per poi essere realizzato con tecnologie che possono essere anche molto diverse.

Di solito si sente parlare dell’utilizzo della stampa 3D per la realizzazione di oggetti. Con questo studio, una tecnologia apparentemente fredda e materiale ci mostra quanto possa essere utile anche nella ricerca biomedica. Infatti, l’idrogel utilizzato dai ricercatori è una sostanza composta per la maggior parte di acqua e le microsfere utilizzate nello studio sono state ottenute con la stampa 3D. Quindi, nnon escludiamo che in un futuro prossimo la fecondazione in vitro sia più efficace grazie alla stampa 3D.

Fonti:

Agenzia ANSA

Plos One