Oggi la possibilità di preservare la propria fertilità è una scelta sempre più consapevole. Per capire meglio come funziona la crioconservazione degli ovociti, ne abbiamo parlato con il Dottor Andrea Maccolini, specialista in Ginecologia e Ostetricia presso il Centro di Medicina della Riproduzione Tecnobios Procreazione, oggi 9.baby Family and Fertility Center a Bologna
L’autoconservazione degli ovociti
L’autoconservazione degli ovociti è una tecnica che permette di prelevare, congelare e conservare gli ovociti per un utilizzo futuro. Questa pratica consente alle donne di preservare la propria fertilità in vista di trattamenti medici, o semplicemente per motivi personali e sociali legati al rinvio della maternità.
Negli ultimi due decenni lo sviluppo di nuove tecniche di vitrificazione (congelamento ultra-rapido) ha notevolmente aumentato le possibilità di successo, riducendo i danni cellulari e di conseguenza migliorando la percentuale di fecondazione degli ovociti e sviluppo embrionale.
Motivazioni per l’autoconservazione
Le motivazioni che spingono una donna a conservare ovociti possono essere suddivise in due categorie:
1 – Ragioni mediche
- Donne che devono sottoporsi a trattamenti oncologici (chemioterapia, radioterapia) potenzialmente dannosi per l’apparato riproduttivo
- Interventi chirurgici che possono compromettere la riserva ovarica
- Condizioni genetiche che anticipano la menopausa
2 – Ragioni sociali (social freezing)
- Posticipazione della maternità per motivi professionali, economici o di stabilità relazionale
- Desiderio di autonomia e controllo sul proprio progetto di vita
Aspetti scientifici e tecnici
Il programma di autoconservazione ovocitaria può essere diviso in più fasi. Prima di avviare il ciclo di stimolazione viene effettuata una valutazione completa della salute riproduttiva della donna che include:
- Un’ecografia pelvica per verificare la salute dell’utero e delle ovaie.
- Un’analisi del sangue per valutare i livelli ormonali come il FSH (ormone follicolo-stimolante), estradiolo, e il livello di AMH (ormone anti-mülleriano) che forniscono informazioni sulla riserva ovarica.
- Una valutazione dell’età della donna, poiché la qualità degli ovociti diminuisce con l’età.
Stimolazione ormonale e monitoraggio della crescita follicolare
La stimolazione ovarica per la crescita follicolare inizia con la somministrazione di farmaci ormonali. I principali farmaci utilizzati sono:
Gonadotropine (FSH e LH): Questi ormoni stimolano la crescita di più follicoli nelle ovaie. La stimolazione dura generalmente da 10 a 14 giorni, durante i quali la donna è monitorata regolarmente tramite ecografie e analisi del sangue. L’ecografia transvaginale è utilizzata per misurare la dimensione dei follicoli in crescita mentre il prelievo di sangue serve a monitorare i livelli degli ormoni coinvolti nella maturazione dei follicoli. La valutazione di questi parametri è inoltre utile regolare il dosaggio dei farmaci.
Durante la stimolazione ovarica l’obiettivo è far crescere più follicoli contemporaneamente; tuttavia, se il livello dell’LH aumenta e raggiunge un picco precocemente si corre il rischio di ovulazione spontanea prima del prelievo ovocitario.
Per evitare questa evenienza vengono utilizzati farmaci (agonisti o antagonisti del GnRH) che bloccano o modulano il rilascio di LH dall’ipofisi. Quando i follicoli raggiungono una dimensione adeguata (generalmente tra i 18 e i 22 mm di diametro medio), viene somministrato un farmaco chiamato hCG (gonadotropina corionica umana) o in alternativa un analogo del GnRH per indurre la maturazione finale degli ovociti. Questo innesca il processo di maturazione degli ovociti rendendoli pronti per il prelievo.
Prelievo degli ovociti (aspirazione follicolare)
Circa 36 ore dopo l’iniezione di hCG, viene eseguito il prelievo ecoguidato degli ovociti in sedazione o anestesia leggera. Per via ecoguidata mediante l’utilizzo di un sottile ago inserito attraverso la parete vaginale vengono aspirati gli ovociti maturi dai follicoli di entrambe le ovaie. La procedura dura generalmente 20-30 minuti. Dopo il prelievo follicolare, gli ovociti vengono esaminati e classificati dal biologo al microscopio. Solo quelli maturi — cioè allo stadio metafase II (MII) — sono idonei alla vitrificazione, perché sono quelli che hanno una probabilità più alta di essere fecondati in futuro, mentre gli ovociti immaturi vengono ritenuti non idonei e generalmente scartati.
Vitrificazione ovocitaria
Gli ovociti sono cellule grandi e ricche d’acqua, il rapporto di grandezza tra ovociti e spermatozoi è enorme perché l’ovocita è una delle cellule più grandi del corpo umano (≈ 100–120 µm), mentre lo spermatozoo è una delle più piccole (≈ 5 µm (testa) + ≈ 50 µm (coda), pertanto gli ovociti sono particolarmente sensibili ai danni da congelamento. Per questo motivo, vengono esposti gradualmente a soluzioni crioprotettrici. Queste molecole sostituiscono parte dell’acqua intracellulare riducendo il rischio di formazione di cristalli di ghiaccio durante il congelamento. Una volta trattati con i crioprotettori, gli ovociti vengono rapidamente immersi in azoto liquido (−196 °C) utilizzando strumenti dedicati (come Cryotop, Cryolock, o Cryotip) che permettono di:
- Esporre la cellula a un volume minimo di liquido (per aumentare la velocità di raffreddamento)
- Raggiungere in pochi millisecondi la temperatura dell’azoto liquido.
L’acqua residua nelle cellule passa così direttamente dallo stato liquido a quello vetroso, senza cristallizzarsi.
Conservazione:
Gli ovociti vitrificati vengono poi conservati in azoto liquido, in contenitori appositi che mantengono la temperatura costante a −196 °C, a questa temperatura il metabolismo cellulare è completamente arrestato. Gli ovociti in questo stato possono essere conservati per decenni senza subire danni o invecchiamento biologico.
Successivo utilizzo degli ovociti:
Lo scongelamento degli ovociti crioconservati, chiamato anche devitrificazione, è una procedura che permette di riportare gli ovociti dalla temperatura di conservazione in azoto liquido (–196 °C) alle condizioni fisiologiche, mantenendone la vitalità. Gli ovociti vengono estratti dall’azoto liquido e immersi subito in una soluzione riscaldata a 37 °C, per passare dallo stato vetroso a quello liquido senza danni strutturali.
Successivamente sono trasferiti in soluzioni con concentrazioni decrescenti di crioprotettori e saccarosio, che servono a rimuovere gradualmente le sostanze protettive e a reidratare la cellula senza provocare shock osmotici.
Al termine gli ovociti vengono posti in un mezzo di coltura fisiologico e osservati al microscopio per valutarne integrità e vitalità e quelli che risultano intatti possono essere fecondati (di solito mediante ICSI) poche ore dopo lo scongelamento.
Grazie alle moderne tecniche di vitrificazione e devitrificazione, oltre il 90% degli ovociti sopravvive al processo, mantenendo una buona capacità di fecondazione e sviluppo embrionale, comparabile a quella degli ovociti freschi. Le percentuali di successo dipendono dall’età della donna al momento del prelievo: più giovane è l’età, maggiori sono le probabilità di ottenere ovociti di buona qualità e, quindi, di gravidanza futura.
Aspetti etici e sociali
In Italia, la maternità è ancora spesso vista come un elemento fondamentale nella vita di una donna e la scelta di non avere figli o di posticipare la maternità può talvolta essere vista sotto una luce negativa, soprattutto in alcune aree del paese. Tuttavia, negli ultimi anni, c’è stata una crescente consapevolezza dei diritti delle donne di scegliere quando e se diventare madri; pertanto, la crioconservazione degli ovociti è diventata una soluzione scelta per gestire la propria fertilità in modo autonomo, indipendente dalle pressioni sociali. Le donne si trovano spesso davanti a una scelta difficile tra realizzazione professionale e maternità.
Il mercato del lavoro è ancora poco flessibile rispetto alle esigenze familiari per vari motivi:
- la carenza di servizi di supporto (asili nido, congedi parentali paritari, orari flessibili);
- la precarietà lavorativa e la lentezza nella progressione di carriera;
- la persistenza di stereotipi di genere che considerano la maternità come un ostacolo professionale.
In questo contesto, molte donne posticipano la maternità ad età più avanzate, quando però la fertilità naturale è fisiologicamente diminuita.
L’autoconservazione degli ovociti diventa allora una strategia di autonomia e autoconservazione biologica, un modo per “guadagnare tempo” rispetto ai limiti imposti dalla biologia e dalle strutture sociali.
Motivazioni e significato
Congelare gli ovociti per motivi di carriera non è solo una scelta tecnica, ma anche una scelta esistenziale e simbolica.
Le motivazioni più comuni includono:
- la volontà di dedicarsi pienamente alla carriera prima della maternità;
- la mancanza di un partner stabile nel momento biologicamente più fertile;
- il desiderio di ridurre la pressione del “tempo biologico” e pianificare la genitorialità in modo più consapevole.
Negli Stati Uniti l’approccio al “social freezing” è più liberale e pragmatica. Non esiste una legge federale specifica: la disciplina è demandata agli Stati e alle linee guida professionali (ASRM – American Society for Reproductive Medicine).
Il “social egg freezing” è considerato una scelta legittima di fertility empowerment, parte integrante del diritto individuale alla pianificazione riproduttiva. Culturalmente, il congelamento degli ovociti è spesso narrato come strumento di emancipazione femminile, simbolo di una società che valorizza l’autonomia e il merito individuale.
In Italia il Servizio Sanitario Nazionale copre le spese mediche dell’autoconservazione ovocitaria solo per le pazienti che devono sottoporsi a trattamenti farmacologici che possono avere un impatto sulla fertilità, ma non per chi decide di posticipare la gravidanza, al contrario degli Stati Uniti dove la spesa è spesso coperta da assicurazioni o benefit aziendali.
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