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Secondo un recente rapporto OMS una persona adulta su sei nel mondo soffre di infertilità nel corso della vita. L’enorme percentuale di persone colpite mostra la necessità di ampliare l’accesso alle cure per la fertilità.

Una persona su sei nel mondo, circa il 17,5% della popolazione adulta, soffre di infertilità nel corso della vita: è quanto emerge dal rapporto “Infertility prevalence estimates”, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Il report

L’obiettivo del report è di fornire delle stime sulla prevalenza regionale e globale dell’infertilità attraverso l’analisi di tutti gli studi di rilievo prodotti tra il 1990 e il 2021.

“Questo rapporto è il primo del suo genere in un decennio e rivela un’importante verità: l’infertilità non discrimina.” Questo il commento del direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, che aggiunge: “Per milioni di persone in tutto il mondo “il percorso verso la genitorialità può essere difficile, se non impossibile” e questo “indipendentemente da dove vivono e dalle risorse di cui dispongono. L’enorme percentuale di persone colpite – aggiunge – mostra la necessità di ampliare l’accesso alle cure per la fertilità e garantire che questo problema non sia più messo da parte nella ricerca e nella politica sanitaria”.

Infertilità e accesso alle cure

L’infertilità, definita dall’OMS come la mancata gravidanza dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari non protetti, “può causare un disagio significativo, stigma e difficoltà finanziarie, influenzando il benessere mentale e psicosociale delle persone“ – si precisa nel rapporto.

Dai dati emerge che circa il 17,5% della popolazione adulta mondiale soffre di infertilità, con una variazione limitata nella prevalenza tra le Regioni, stimata al 17,8% nei Paesi ad alto reddito e al 16,5% nei Paesi a basso e medio reddito. Il rapporto evidenzia inoltre una mancanza di dati in molti Paesi ed esorta una maggiore disponibilità di cifre nazionali.

Nonostante l’entità del problema, le soluzioni per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dell’infertilità, comprese le tecnologie di riproduzione assistita come la fecondazione in vitro, rimangono sottofinanziate e inaccessibili per molte persone.

“Migliori politiche e finanziamenti pubblici possono migliorare significativamente l’accesso alle cure” – afferma l’OMS.

 

Fonti:

ANSAOms: una persona su 6 nel mondo soffre di infertilità.

WHO – World Health Organization, Infertility Prevalence Estimates, 1990-2021. Disponibille al link: https://www.who.int/publications/i/item/978920068315 

 

Il fallimento della PMA può innescare reazioni molto diverse, sia nella coppia sia nei componenti della stessa. Quali sono le più comuni e quali sono i consigli dello psicologo per superare la situazione, singolarmente e insieme?

Ce ne parla la Dottoressa Elena Bagalà, psicologa psicoterapeuta.

Il vuoto da superare

Il vuoto che si genera dall’impossibilità di donare la vita è una ferita che colpisce prima l’individuo e poi la coppia. È un lutto difficile da elaborare, in quanto viene vissuto come una mancata proiezione di sé nel futuro.

È un dolore forte e profondo, difficile da gestire, in quanto il fallimento del trattamento conduce ad una rivisitazione dell’immagine di sé come genitori e del bambino idealizzato. La coppia accusa fortemente il colpo: calano i livelli di speranza, ci si chiude rispetto alla relazione e agli affetti; l’entusiasmo cede il posto alla passività e all’insicurezza, calano così i livelli d’autostima.

Il supporto dello psicologo

Confrontarsi con il fallimento successivo al tentativo della Fivet, è per molte coppie fonte di sofferenza, angoscia e sconforto, a maggior ragione se questo è l’ennesimo da dover affrontare.

Un passo importante da effettuare davanti un esito negativo, è richiedere una consulenza psicologica. La coppia, durante il percorso di PMA, attraversa alcune fasi fondamentali. Per questo motivo la consulenza psicologica pone l’attenzione alla tutela dell’assetto psicologico già prima dell’inizio del trattamento. Come? Sostenendo e supportando tutti i risvolti emotivi e relazionali paralleli alle tecniche mediche della fecondazione assistita. In questo modo, la coppia sarà tutelata sin da subito, a far fronte alle legittime emozioni negative, conseguenti sia alla diagnosi d’infertilità e sia all’eventualità di un fallimento del trattamento.

Dunque, aiutare la coppia ad accettare la diagnosi, sostenerla nel percorso, ma soprattutto, accompagnarla nell’elaborazione del lutto in caso di insuccesso, è ciò che avviene durante la consulenza con le coppie. Viene spontaneo, dunque, chiedersi cosa sia necessario ed importante fare per cercare di far fronte ad una situazione del genere.

È importante condividere il dolore

Condividere il dolore è fondamentale. La verbalizzazione delle proprie emozioni è molto importante, sia attraverso il confronto con lo psicologo in sedute individuali o di coppia, sia all’interno di sedute di gruppi d’incontro. Questi incontri sono mirati alla partecipazione di coppie che vivono la stessa condizione. Ascoltare le esperienze altrui, condividere pensieri e sentimenti, prendersi cura dei loro vissuti, permette innanzitutto di sentirsi capiti ed accettati. Inoltre, con il confronto altrui ci si accorge che anche altre persone hanno dolori simili.

Nel condurre il gruppo d’incontro, il ruolo dello psicologo è quello di favorire l’interazione tra i partecipanti, al fine di facilitare un vissuto di universalità delle varie esperienze, rispettandone contemporaneamente, le loro unicità. La verbalizzazione delle proprie emozioni facilita una comunicazione empatica tra chi sta vivendo un’esperienza di fallimento.

L’importanza dell’approccio multidisciplinare

Inoltre, è importante per la coppia valutare insieme all’équipe del centro, gli aspetti che hanno potuto incidere sul fallimento; questo confronto è produttivo, in quanto permette di comprendere quali siano le indicazioni possibili su cui lavorare e migliorare così le probabilità di successo. La presenza dell’équipe multidisciplinare, in un momento così delicato e triste, rassicura lo stato d’animo dei pazienti ed aumenta in questo modo i livelli di benessere psicofisico grazie all’ascolto attivo e alla comunicazione empatica dell’équipe.

 

Renzo Poli

Responsabile centro PMA III° livello “Diagnostica Pavanello”, Padova

 

Lo spermiogramma è l’esame fondamentale per lo studio del partner maschile nell’iter diagnostico della coppia infertile ma è caratterizzato da scarsa riproducibilità. Di conseguenza, spesso, presenta incerta attendibilità, anche perché molte delle caratteristiche funzionali che contribuiscono a definire la fertilità non sono ancora oggi ben conosciute.

Per ridurre questo gap e rendere lo spermiogramma maggiormente attendibile il laboratorio di andrologia può avvalersi dell’ausilio dello SCA, un software per l’analisi computerizzata del seme che che rientra nei metodi di indagine validati dall’Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization, WHO). Questo software permette di introdurre nell’analisi del seme altri parametri non diversamente valutabili con oggettività.

L’esame seminale così eseguito diventa strumento efficace di valutazione del trattamento terapeutico

 

L’infertilità, un problema comune e complesso

Alcuni numeri: si calcola che ogni anno 60.000-80.000 nuove coppie si trovino a dover affrontare problematiche di infertilità, le cui cause sono da ricondurre per un buon 40% a un deficit della componente maschile, mentre per un altro 20% circa alla sovrapposizione di fattori maschili e femminili.

L’esame del liquido seminale, o spermiogramma, è il caposaldo dell’attività del laboratorio di andrologia, dal momento che rappresenta il punto di partenza dello studio della capacità fecondante di un uomo. Da una sua corretta esecuzione si possono avere indicazioni per indagini più approfondite e specifiche e, addirittura, per interventi terapeutici.

Lo spermiogramma, tra gli esami di laboratorio, si distingue per il significato particolare che si associa ai “valori normali” dei vari parametri che misurano la qualità dello sperma. Infatti, “normalità” non implica necessariamente “fertilità”, dal momento che molte delle caratteristiche funzionali che contribuiscono a definire la fertilità non sono ancora oggi ben conosciute. Ecco perché si possono avere gravidanze con liquidi seminali definiti patologici, e non averne con eiaculati definiti normali.

A questo, poi, si deve aggiungere il contributo della componente femminile alla fertilità di coppia: una partner con un elevato potenziale di fertilità, infatti, può compensare deficit seminali considerevoli.

La complessità dello spermiogramma è cresciuta a tal punto da indurre l’Organizzazione mondiale della salute (World Health Organization) a promuovere alcune linee guida per la standardizzazione delle indagini per lo studio di base del liquido seminale e per la descrizione e interpretazione dei risultati ottenuti. Tali linee guida periodicamente vengono tenute al passo dei progressi nel settore, attraverso aggiornamenti successivi (1987, 1992, 2010).

 

L’esecuzione dello spermiogramma: le informazioni per il paziente

I parametri di standardizzazione:

  • il campione di liquido seminale deve essere raccolto dopo un’astinenza da eiaculazione compresa tra 2 e 5 giorni
  • Lavare bene le mani e i genitali prima di effettuare la raccolta nel contenitore sterile per le urine
  • Il campione viene raccolto in una stanza dedicata, vicino al laboratorio di andrologia, per limitare l’esposizione del liquido seminale agli insulti ambientali e rendere tempestiva l’analisi
  • Il campione va raccolto in maniera completa, facendo attenzione anche alla prima parte che è ricca di spermatozoi. Se il campione non è raccolto completamente andrà annotato nell’apposita scheda di autocertificazione.

 

L’analisi del campione
Esame macroscopico – aspetti chimico/fisici del liquido seminale
  • Liquefazione
  • Aspetto
  • Volume
  • Viscosità (o consistenza)
  • Ph

 

Esame microscopico – quantità e qualità degli spermatozoi
  • Concentrazione
  • Motilità
  • Morfologia

 

Elementi cellulari diversi dagli spermatozoi – quantità e qualità delle altre cellule del liquido seminale
  • Leucociti
  • Emazie
  • Cellule epiteliali
  • Cellule della spermatogenesi

 

Sistema SCA – Sperm Class Analyzer

Il Laboratorio andrologico del Centro di PMA può dunque avvalersi del sistema SCA (Sperm Class Analyzer), un software per l’analisi computerizzata degli spermatozoi che rientra nell’ambito tecnologico dei sistemi CASA (Computer Aided Sperm Analysis) associato a un sistema di rilevazione microscopica di ultima generazione. Questa combinazione agevola così la standardizzazione di un esame il cui esito è notoriamente operatore-dipendente.

 

Studio del movimento degli spermatozoi

Il sistema SCA effettua un rilevamento elettronico sequenziale di immagini digitalizzate attraverso il quale vengono calcolate la concentrazione nemaspermica e le percentuali di mobilità facendo particolare attenzione ai parametri cinetici di ogni singolo spermatozoo. Infatti vengono rilevate con la massima precisione (vedi immagini sotto riportate):

  • la velocità curvilinea (VCL)
  • la velocità media della traiettoria (VAP)
  • l’ampiezza dello spostamento laterale della testa (ALH)
  • la velocità lineare (VSL)
  • la frequenza dei battiti della coda (BCF).

 

Successivamente, dalle tre misure di velocità (VCL, VAP e VSL) vengono calcolati i rapporti di progressione della cellula, ovvero la linearità (LIN), rettilinearità (STR) e l’oscillazione (WOB).

Lo studio accurato di questi parametri cinetici permette l’individuazione di una sottopopolazione di spermatozoi adatti, in modo ideale, a penetrare il muco cervicale.

 

Studio della forma degli spermatozoi

Lo studio morfologico degli spermatozoi permette di calcolare la percentuale di forme tipiche e atipiche, nonché i dettagli delle alterazioni presenti. È opinione comune che la valutazione della morfologia spermatica sia vincolata all’interpretazione soggettiva dell’operatore, ed è ancora difficile ottenere un accordo generalizzato sul ruolo predittivo dei risultati ottenuti con uno spermiocitogramma standard.

Lo studio computerizzato aiuta a ottenere un risultato estremamente preciso, oggettivo, riproducibile e difficilmente influenzato dall’operatore.

 

L’analisi si basa sulla misurazione microscopica delle componenti fondamentali dello spermatozoo:

  • la testa (area, perimetro, lunghezza, larghezza, acrosoma, ellitticità, rotondità, elongazione, regolarità)
  • il collo o segmento intermedio (area, distanza, angolo, larghezza)
  • la coda (lunghezza, presenza di angolazioni e avvolgimenti)
  • la presenza del residuo citoplasmatico

 

Gli indici morfologici

La determinazione qualitativa e quantitativa delle alterazioni rilevate a questi livelli permette di calcolare accuratamente i cosiddetti indici morfologici, e in particolare:

  • Indice di teratozoospermia (TZI), che rappresenta il rapporto tra il totale delle anomalie rilevate e il numero di spermatozoi atipici.
  • Indice di deformità (SDI), che rappresenta il rapporto delle anomalie sul totale di spermatozoi analizzati.

Il valore dell’indice di teratozoospermia deve variare tra 1,00 (ogni spermatozoo atipico ha una sola anomalia) e 3,00 (ogni spermatozoo atipico ha anomalie della testa, del tratto intermedio e della coda). L’importanza diagnostica e prognostica di questo esame è dettata dall’evidenza che le alterazioni morfologiche degli spermatozoi sono direttamente connesse a condizioni patologiche sottostanti che possono interessare le vie seminali e la maturazione stessa degli spermatozoi. Inoltre, così come riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un elevato TZI è associato a un basso tasso di fecondazione in coppie infertili non trattate, così come un SDI aumentato è considerato incompatibile con la fecondazione in vitro. Al termine dell’esame del liquido seminale, si può parlare di:

  • Oligozoospermia se il numero di spermatozoi è inferiore a 15 milioni/ml
  • Astenozoospermia se la motilità progressiva è inferiore al 32%
  • Teratozoospermia quando la percentuale di spermatozoi con morfologia tipica è inferiore al 4%
  • azoospermia quando non sono presenti spermatozoi nell’eiaculato e nel centrifugato

 

Test di capacitazione

La definizione più precisa di questa indagine è il “test di preparazione in vitro del liquido seminale”. Si tratta di un esame che riproduce in vitro le modificazioni (capacitazione) a cui va incontro lo spermatozoo mentre attraversa le vie genitali femminili che gli donano una particolare motilità e lo rendono idoneo a fecondare l’ovocita. Perciò tale test consente di selezionare tra tutta la popolazione di spermatozoi quelli con la motilità e morfologia migliori e di attivarne la capacitazione.

Esistono diverse procedure per ottenere tale selezione e in particolare:

  • Swim-up (migrazione ascendente)
  • Separazione su gradiente di densità

Il risultato del test di capacitazione è fondamentale per verificare direttamente quale sia la reale frazione di spermatozoi di un campione in grado di attivarsi e di partecipare al processo della fertilizzazione vero e proprio, in vivo e in vitro. Si tratta di un indicatore fondamentale del potenziale fertilizzante maschile ed è adiuvante nella scelta del tipo di tecnica di inseminazione da utilizzare in un ciclo PMA (Fivet convenzionale o ICSI).

Sovrappeso e PMA: è noto da tempo che i chili di troppo minano la fertilità, ma la riproduzione assistita può venire in aiuto anche in questi casi, con alcuni accorgimenti.

Un recente studio ha infatti evidenziato che, nelle pazienti sovrappeso e obese, risulterebbe preferibile utilizzare il transfer da blastocisti congelata. Questo perché questa metodica, in tale categoria di persone, pare consentire maggiori probabilità di ottenere una gravidanza clinica, rispetto all’uso di blastocisti fresche.

A dimostrarlo i risultati di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility.

 

Obesità e sovrappeso, un problema comune

In Italia il 46% della popolazione è sovrappeso (dati 1° Italian Obesity Barometer Report, IBDO Foundation). Non si tratta dunque di un problema marginale. Ad essere colpiti sia uomini che donne.

Rispetto alle pazienti normopeso, quelle obese hanno più probabilità di essere sterili e hanno meno probabilità di ottenere una gravidanza clinica con FIVET, forse a causa di un’associazione negativa tra obesità e ricettività endometriale.

È stato dimostrato che l’Embryo Transfer (ET) congelato migliora i risultati della FIV determinando maggiori ricettività endometriale e sincronia embrio-endometriale.

 

Lo studio

Lo studio ha voluto approfondire il rapporto tra sovrappeso e PMA, esaminando l’effetto dell’indice di massa corporea (BMI) sui tassi di gravidanza clinica nei cicli di ET freschi rispetto a quelli congelati.

I ricercatori hanno dunque condotto uno studio di coorte retrospettivo. Sono state confrontate donne di peso normale (BMI: 18,5-24,9 kg/m2), sovrappeso (BMI: 25,0-29,9 kg/m2) e obese (BMI superiori o uguali 30,0 kg/m2).

Lo studio ha preso in considerazione persone di età media, BMI e razza/etnicità simili. Sono stati presi in considerazione 527 cicli di trasferimento di blastocisti, di questi 247 (46,9%) sono stati freschi e 280 (53,1%) congelati. In particolare, oltre il 41% dei transfer sono stati effettuati in donne normopeso, circa 26% in quelle sovrappeso e circa il 32% in quelle obese.

 

I risultati

I risultati sottolineano un chiaro rapporto tra sovrappeso e PMA.

In particolare, nelle pazienti in sovrappeso, i tassi di impianto e di gravidanza clinica erano significativamente più alti nel caso di ET congelati. Anche nelle donne obese i tassi di gravidanza clinica sono risultati significativamente più alti con quest’ultima metodica.

Al contrario, nel gruppo di peso normale, dai dati non emerge alcuna differenza nei tassi di impianto o di gravidanza clinica tra la metodica che prevede la blastocisti fresca e quella con l’ET congelato.

Una curiosità, le pazienti in sovrappeso che hanno avuto un ET fresco hanno avuto un numero significativamente maggiore di gravidanze gemellari.

 

Bibliografia

Schointuch M et al. Clinical pregnancy outcomes of fresh versus frozen blastocyst transfers by body mass index. 2019;111(4):Se54–e55

Disturbi endocrini come diabete, disturbi alla tiroide e all’ipofisi possono essere tra le cause che portano ben il 15% delle coppie ad avere difficoltà nel concepimento.

Il rapporto tra i disturbi endocrini e l’infertilità ha rappresentato uno degli argomenti trattati nel corso del 17° Congresso Nazionale AME, Associazione Medici Endocrinologi, recentemente svoltosi a Roma.

 

La fertilità maschile e femminile in caso di diabete

“La fertilità negli uomini con diabete mellito è generalmente ridotta rispetto alla popolazione generale”, spiega Olga Disoteo, Gruppo di lavoro Diabete AME – S.S.D. Diabetologia A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano, “infatti, la motilità spermatica è significativamente più bassa e sono più frequenti difetti e immaturità rispetto allo sperma degli uomini senza diabete.

Nelle donne con diabete, a meno di altri disturbi come l’ovaio policistico, non vi è evidenza di fertilità ridotta: esse hanno circa il 95% della probabilità di avere un bambino a patto che controllino bene il diabete prima e durante la gravidanza.

Programmare la gravidanza in un periodo di ottimale controllo metabolico è indispensabile per minimizzare possibili malformazioni nell’embrione che, con un diabete fuori controllo, si presentano con una frequenza di 4-5 volte superiore rispetto alla popolazione generale. L’ottimale equilibrio metabolico prima e durante la gravidanza riduce inoltre la frequenza delle gravi e possibili complicanze che possono insorgere con frequenza maggiore nella donna diabetica durante la gestazione”.

 

Infertilità e disturbi alla tiroide 

“Le disfunzioni alla tiroide”, spiega Rinaldo Guglielmi, Past President AME – Direttore Struttura Complessa Endocrinologia e Malattie Del Metabolismo, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale, “portano a una riduzione della fertilità sia nelle donne che negli uomini ed è quindi consigliabile una valutazione della funzionalità tiroidea in caso di infertilità della coppia.

Nelle donne, benché gli ormoni tiroidei influenzino direttamente l’attività degli ovociti e la recettività dell’endometrio nell’utero, l’interferenza maggiore con la fertilità avviene tramite le alterazioni dell’ormone prolattina in caso di ipotiroidismo che, anche se lieve, porta quasi sempre a una riduzione della funzione riproduttiva. Sia in caso di ridotta o aumentata funzionalità della tiroide, ipotiroidismo e ipertiroidismo, si hanno più frequenti interruzioni di gravidanza, malformazioni e complicanze.

Negli uomini sia l’ipotiroidismo che l’ipertiroidismo si associano a una riduzione della produzione del testosterone. Questo influenza la funzione sessuale portando a una condizione di eiaculazione precoce e raramente ritardata, alterazioni della libido fino a una vera e propria disfunzione erettile. La minor quantità di testosterone porta anche a una riduzione del numero degli spermatozoi prodotti e della loro qualità con più frequenti difetti della mobilità e immaturità che influenzano il potenziale di fertilità maschile”.

 

I disturbi all’ipofisi e la fertilità

“I disturbi all’ipofisi sia che siano di natura genetica, tumorale o infiammatoria portano frequentemente a sterilità in entrambi i sessi”, chiarisce Renato Cozzi, Coordinatore Attività Editoriale AME, Direttore Struttura Complessa Endocrinologia, A.S.S.T. “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” Milano.

“Il motivo è che questa ghiandola ha l’importante funzione di produrre le gonadotropine come l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), ossia gli ormoni che controllano il regolare funzionamento delle ovaie e della produzione degli spermatozoi nei testicoli.

Nell’infanzia l’ipopituitarismo, ossia l’insufficiente produzione di tutti gli ormoni ipofisari, può essere di natura genetica o da trauma da parto e la conseguente infertilità si manifesterà alla pubertà. In questo caso il trattamento è una terapia sostitutiva con gonadotropine.

Nelle malattie ipofisarie con iperproduzione ormonale, come l’acromegalia e la malattia di Cushing, l’eccessiva produzione dei vari ormoni responsabili di queste sindromi determina una ridotta fertilità. Nella maggior parte dei casi una terapia specifica per la malattia può risolvere il problema”.

 

Consigli pratici

In caso di difficoltà nel concepimento, la coppia dovrebbe prendere in considerazione anche la possibile presenza di disturbi endocrini. Una visita specialistica da un endocrinologo potrebbe fugare questa ipotesi o, in alternativa, capire l’origine del problema. Questo permetterebbe di impostare una terapia adeguata e, non di rado, di risolvere il problema.

 

L’Intelligenza Artificiale compie passi avanti contro l’infertilità e le attuali App per smartphone, ne rappresentano solo un’anticipazione. Tra le molteplici possibilità vi sono la possibilità di prevedere ovulazione e fertilità, basandosi sui cicli mestruali e i sintomi, per scegliere il periodo migliore della propria ‘finestra fertile’, e poi ancora usare algoritmi per apprendere i cambiamenti dei modelli ormonali per una previsione dell’ovulazione altamente personalizzata e specifica per ogni donna.

Gli avanzamenti delle conoscenze in tema di Intelligenza Artificiale (IA) sono stati alcuni dei temi principali del sesto European Fertility Meeting, una due giorni di grandi novità scientifiche, recentemente conclusosi a Roma.

 

La fecondazione in vitro: dall’esperienza personale al metodo oggettivo dell’intelligenza artificiale

Nella fecondazione in vitro, l’intelligenza artificiale si può usare per la valutazione e selezione degli embrioni, l’ottimizzazione della valutazione dei parametri della riserva ovarica e la selezione degli spermatozoi. Al momento tutto ciò dipende spesso dalla conoscenza degli esperti e quindi le risposte possono essere molto soggettive. L’Intelligenza Artificiale, invece, può fornire un metodo oggettivo per la valutazione.

Si è recentemente osservato che l’Intelligenza Artificiale (IA) può imparare a riconoscere quali embrioni sono migliori per l’impianto. I ricercatori hanno mostrato all’IA decine di migliaia di immagini e indicato quelle legate a una gravidanza di successo. In seguito hanno mostrato all’IA le immagini di embrioni trasferiti e questa è riuscita a riconoscere correttamente la loro vitalità nel 70% dei casi.

“Grazie alle nuove tecniche di indagine sulla qualità embrionaria, da quelle cinetiche a quelle cromosomiche, aiutate anche dall’Intelligenza Artificiale (big data), si possono offrire alle coppie la migliore possibilità di successo, basandosi sempre su un percorso di personalizzazione” spiega il professor Ermanno Greco, Presidente dell’evento e specialista in Medicina della Riproduzione.

“Attraverso parametri ben definiti e algoritmi matematici si può scegliere l’embrione migliore con quelle precise caratteristiche idonee all’impianto migliore. In uno studio di pochi mesi fa, pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility,ad esempio, è stato sviluppato un albero decisionale. Questo consente di migliorare le capacità predittive per l’impianto dell’embrione, utilizzando la valutazione della blastocisti insieme all’età materna, in quanto è uno dei fattori più significativi che influenzano il raggiungimento della gravidanza. Con questo sistema, è stata dimostrata la capacità di prevedere lapossibilità di impianto all’interno di ogni fascia d’età. Questo approccio, basato sull’intelligenza artificiale, sembra valutare oggettivamente l’embrione, consentendo la previsione del potenziale di impianto e gettando le basi per un futuro di trattamento IVF personalizzato”.

 

Intelligenza Artificiale nell’infertilità: ancora in fase sperimentale ma sempre più vicina

Attualmente il ricorso all’Intelligenza Artificiale è in fase di sperimentazione in diverse aree della medicina riproduttiva, tra cui:

  • l’identificazione e la morfologia degli spermatozoi,
  • l’automazione della conta dei follicoli,
  • la previsione automatica dello stadio delle cellule embrionali,
  • la valutazione degli embrioni
  • la previsione della nascita dal vivo,
  • lo sviluppo di migliori protocolli di stimolazione.

I ricercatori sono fiduciosi di un utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in un futuro non lontano.

 

Tra le altre novità del Meeting: più importanza alla recettività dell’endometrio e agli stili di vita

Il calendario dell’European Fertility Meeting è stato molto ricco. In particolare, prosegue lo specialista “si è voluto fornire una sorta di cambio di direzione. Fino a oggi ci eravamo concentrati solo sugli embrioni. Ora si è invece scoperto che la recettività dell’endometrio è fondamentale per far sì che anche un embrione perfetto possa esser un bimbo in futuro”.

 

Un corretto stile di vita, inoltre, è estremamente importante a ogni età, anche per l’impatto negativo che ha l’obesità. “Non si tratta solamente di esser attenti quando si decide di aver un figlio” sottolinea il prof. Greco “ma di approfittare di questo vantaggio già da più giovani. È un tassello in più verso la fertilità, che va utilizzato subito. Quindi al bando sia obesità e sia anoressia e spazio a una dieta ricca di antiossidanti, selenio, vitamine e poi frutta e verdura. Inoltre, niente fumo e diminuire al massimo l’alcol, che interferisce con la produzione di ormoni sessuali. E il consiglio è di dedicarsi fin da giovani all’attività fisica anche leggera, non usare sostanze stupefacenti, compreso il doping, e abbassare il più possibile i livelli di stress”.

 

La fertilità maschile e la sessualità sono temi particolarmente “delicati” per gli uomini, in particolare quelli italiani, che tendono a rivolgersi all’andrologo troppo poco, affidandosi invece con eccessiva facilità al web e al passaparola, con il rischio di credere a falsi miti.

Sulla salute sessuale e sulla riproduzione, in generale, le bufale sono purtroppo numerose. Eccone alcune.

 

Il ciclismo causa problemi di erezione e infiammazione alla prostata

Fortunatamente il ciclismo pare non causare problemi di erezione né di infiammazione alla prostata, a tranquillizzare gli amanti delle due ruote un recente studio pubblicato sul Journal of Urology. Non è emersa nessuna differenza tra ciclisti e non ciclisti, neppure tra chi praticava questo sport ad alta intensità, ovvero oltre 3 volte a settimana per almeno 40 km al giorno.

 

Le terapie ormonali a base di testosterone aumentano il rischio di infarto

In realtà no, anzi, è piuttosto vero il contrario. Un uomo con bassi livelli di testosterone va incontro a un maggior rischio di infarti e ictus, quindi assumerlo in questi casi aiuta a prevenirli. Attenzione però: assumerlo non per effettiva necessità ma per aumentare i muscoli può mettere a rischio la fertilità maschile.

 

L’inquinamento ambientale danneggia prevalentemente la fertilità femminile

Purtroppo l’inquinamento ambientale ha un impatto considerevole sulla fertilità maschile, oltre che su quella femminile. Anzi a esserne danneggiato è pure il sistema riproduttivo.

 

Il papilloma virus infetta solo le donne

Molti ragazzi e uomini pensano che l’infezione da papilloma virus (HPV) sia un problema esclusivamente femminile. Non è così: si stima che fino al 65-70% dei maschi contragga l’infezione durante la vita. A differenza delle donne, che hanno un picco di infezione attorno ai 20-25 anni, non pare vi sia un’età maggiormente colpita nel genere maschile. Per anni l’attenzione si è focalizzata sulla popolazione femminile in quanto l’HPV causa il tumore della cervice uterina, e questo ha portato alla erronea sensazione di sicurezza per il genere maschile. Tuttavia, il papilloma virus si trasmette in entrambi i generi, in genere attraverso rapporti non protetti.

Negli uomini i condilomi ano-genitali sono la manifestazione più frequente dell’infezione da HPV. Tale infezione può essere responsabile anche di altre patologie, fortunatamente ben più rare: è infatti causa dell’80-95% dei tumori anali, di almeno il 50% dei tumori del pene e del 45-90% dei tumori della testa e del collo. Purtroppo, le terapie oncologiche, come noto, possono causare infertilità maschile.

Proteggersi è possibile, sia grazie al preservativo, in caso di rapporti con un partner che non abbia fatto il test per l’HPV, e con il vaccino. Quest’ultimo, nel nostro Paese, è gratuito per ragazze e ragazzi di 12 anni.

 

La monogamia aumenta il rischio di infiammazioni della prostata

Ovviamente no. Avere numerose partner espone a un maggiore rischio di infezioni intime e di conseguenza a un maggior rischio di infiammazione alla prostata.

 

Avere molti rapporti aumenta il rischio di cancro alla prostata

No, pare invece vero il contrario: avere molti rapporti pare proteggere dal cancro alla prostata, anche se sono necessari ulteriori conferme dalla ricerca scientifica. Pare che eiaculare poco frequentemente possa essere associato al tumore prostatico perché favorisce l’accumulo di fluidi che possono contenere sostanze cancerogeniche