Sessualità e infertilità sono correlate? La WHO World Health Organization definisce la sessualità come un aspetto centrale dell’essere umano, che abbraccia il sesso, l’identità di genere, i ruoli, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità, la riproduzione. Inoltre, la sessualità si esprime attraverso i pensieri, le fantasie, i desideri, ma anche con le credenze, le attitudini, i valori, i comportamenti, la pratica, i ruoli e le relazioni.
D’altro lato, sappiamo che l’infertilità è definita come la difficoltà a concepire dopo oltre 12 mesi di rapporti sessuali non protetti.
Abbiamo parlato di sessualità e infertilità con la Dottoressa Giulia Bertapelle, ginecologa e sessuologa clinica, impegnata nel campo della medicina della riproduzione presso l’Instituto Bernabeu di Venezia. Le abbiamo chiesto come sono correlate e quali possono essere le implicazioni all’interno della vita sessuale di una coppia quando si riceve una diagnosi di infertilità.
Qual è il rapporto tra sessualità e infertilità?
Se dovessimo rappresentare graficamente il rapporto tra sessualità ed infertilità, potremmo disegnare una freccia che collega queste due parole in ambo i versi: esistono infatti delle disfunzioni sessuali che possono ostacolare la coppia nell’avere rapporti sessuali completi, come ad esempio condizioni o patologie che determinano un dolore alla penetrazione o alcuni casi di disfunzione erettile e/o eiaculatoria, ma esiste anche un rapporto inverso che molto spesso non viene considerato e del quale si parla davvero troppo poco.
Per alcune coppie infatti avviene già una prima modifica nella frequenza e nella qualità dei rapporti, prima ancora di arrivare ad una diagnosi di infertilità, già nel momento in cui il rapporto diventa finalizzato al concepimento.
Se per alcune coppie l’aspetto prettamente ludico del rapporto viene mantenuto anche durante il periodo di ricerca di un figlio, per altre questo viene progressivamente a scemare, fino, a volte, a perdersi completamente.
Cosa cambia con dopo una diagnosi di infertilità?
Con l’arrivo di una diagnosi di infertilità la sessualità della coppia può modificarsi ulteriormente ed in modalità diverse anche in base al tipo di causa riscontrata durante la fase diagnostica.
In alcuni casi l’impatto sulla sfera sessuale può diventare così importante da determinare delle disfunzioni vere e proprie che prima non erano presenti e che purtroppo tendono ad essere messe in secondo piano dalla coppia stessa che durante l’iter di procreazione assistita è portata a concentrare tutte le energie nel percorso, mettendo in secondo piano altri aspetti della vita, tra cui quello legato alla sfera sessuale.
Esistono dei “momenti” nell’iter della PMA che possono incidere sulla vita sessuale della coppia?
Esistono poi dei momenti nell’iter della procreazione medicalmente assistita, sia diagnostici che terapeutici, nei quali il medico di medicina della riproduzione darà delle prescrizioni alla coppia che inevitabilmente potranno avere delle implicazioni sulla vita sessuale dei pazienti.
Pensiamo ad esempio quanto può essere difficile per un uomo anche solo fare uno spermiogramma, in un ambiente asettico nel quale evidentemente ginecologo, biologo, segretarie, infermiere ed ostetriche sanno cosa sta succedendo all’interno di quella stanza, o pensiamo a quanto può essere faticoso per la coppia avere dei rapporti programmati “oggi sì, domani no”, “oggi sì”, anche se magari non c’è desiderio, “domani no” anche se magari la coppia ne ha voglia.
Queste prescrizioni sono spesso necessarie per massimizzare le possibilità di successo e quindi di nato vivo, ma possono involontariamente implementare un meccanismo secondo il quale il rapporto o la masturbazione nel caso del partner maschili diventano più delle prestazioni che degli atti naturali e fisiologici all’interno della coppia.
Quali sono i suoi suggerimenti?
È molto importante che i professionisti della medicina della riproduzione siano sensibilizzati a prendersi carico anche della salute sessuale della coppia, oltre che di quella riproduttiva, in modo da identificare precocemente alcuni segnali d’allarme e lavorare prima di tutto sulla prevenzione o, quando siano già evidenziate al colloquio delle disfunzioni sessuali vere e proprie, indirizzare la coppia a specialisti di riferimento del settore.
L’ormone antimulleriano (AMH) è un importante indicatore della riserva ovarica che, a sua volta, è indicatore di fertilità della donna. Ha un ruolo fondamentale, perché regola la crescita e lo sviluppo dei follicoli nelle ovaie e impedisce che si sviluppino follicoli non ancora maturi.
Ci spiega bene il suo ruolo la Dottoressa Alessandra Tiezzi, ginecologa, Responsabile del Centro di Fecondazione assistita della CLINICA NUOVA RICERCA di Rimini.
Cos’è l’ormone antimulleriano
L’ormone antimulleriano è un importante indicatore di riserva ovarica, prodotto dalle cellule della granulosa che rivestono i follicoli nella fase iniziale del loro sviluppo. È un ormone importante, perché regola la crescita e lo sviluppo dei follicoli nelle ovaie e impedisce che si sviluppino follicoli non ancora maturi, evitando che questi ultimi crescano in maniera intempestiva e quindi causino alterazioni dell’ovulazione.
Qual è il suo ruolo?
L’ormone antimulleriano AMH svolge un ruolo molto importante nella fertilità.
Innanzitutto, è un ormone che non è influenzato dalle fluttuazioni cicliche, come invece lo sono l’FSH l’estradiolo; quindi, è un dato più costante della riserva ovarica e può essere utilizzato anche per predire la risposta alla stimolazione ovarica.
Spesso nei centri di PMA viene utilizzato per stabilire la dose iniziale di gonadotropine per stimolare la paziente, in quanto predice la risposta a questo tipo di stimolazione.
Se il valore di AMH e più alto, di solito si ha una miglior risposta e un maggior numero di ovociti: queste sono condizioni sicuramente positive, ma bisogna prestare attenzione per gestire l’aumentato rischio di iperstimolazione ovarica. Questo ci aiuta a capire qual è la dose migliore per gestire anche eventuali complicanze.
L’ormone antimulleriano ci aiuta anche a predire certe patologie: ad esempio, risulta molto più alto nelle donne con la sindrome della policistosi ovarica, e molto più basso in donne con un’insufficienza ovarica precoce o in menopausa precoce.
AMH ed età della donna
L’AMH ha valori diversi nelle varie età della vita e i valori normali di questo ormone sono compresi tra 1 e 4 nanogrammi su millilitro. In questo caso le pazienti hanno una buona riserva ovarica e, se sottoposte trattamenti di fondazione assistita, di solito hanno un recupero di un buon numero di ovociti.
Un valore superiore a 4 nanogrammi su millilitro è considerato elevato e di solito implica una buona riserva ovarica e un maggior numero di ovociti recuperati con i trattamenti di fecondazione assistita. Valori di molto superiori, invece, parliamo di 10-15 nanogrammi su millilitro, si trovano in patologie come la policistosi ovarica.
I valori che possiamo considerare bassi sono quelli compresi tra 0,5 e 1 nanogrammo su millilitro: in questi casi possiamo dire che la riserva ovarica della paziente è ridotta. Infine, valori molto molto bassi, inferiori a 0,5 nanogrammi su millilitro si rilevano nelle donne che di solito sono in premenopausa o in menopausa, o che hanno un fallimento ovarico precoce.
Come si dosa l’AMH
L’ormone antimulleriano AMH viene dosato con un prelievo di sangue, in qualsiasi momento del ciclo mestruale. Questo perché, come detto sopra, non è influenzato dalla ciclicità dalle fluttuazioni.
Quali sono i limiti dell’AMH?
Innanzitutto, è un valore che non predice in maniera assoluta la fertilità: questo perché la fertilità è influenzata da diversi fattori. Inoltre, non sostituisce altri test, ad esempio l’ecografia transvaginale per la conta dei follicoli antrali, ma anche test che riguardano la parte maschile. Infatti, dobbiamo sempre valutare anche la qualità del liquido seminale.
Come interpretare i valori
I valori di ormone antimulleriano vanno interpretati in un contesto clinico ampio ed è necessario fare sempre riferimento a uno specialista esperto in fertilità.
È comunque un ormone che può essere utilizzato anche ai fini della pianificazione familiare, quindi va tenuto sotto controllo, ad esempio, nelle donne che desiderano posticipare la gravidanza.
Inoltre, va monitorato nelle donne che già si stanno sottoponendo ai trattamenti di fecondazione assistita perché è importante per valutare la dose iniziale di farmaco, per valutare le possibilità di successo del trattamento.
Infine, è importante nei casi di diagnosi di insufficienza ovarica precoce o di menopausa precoce.
Per concludere, possiamo dire che l’ormone antimulleriano è soltanto una parte della valutazione complessiva della fertilità va sicuramente interpretato insieme ad altri valori e ad altri fattori, come l’età della donna, lo stile di vita, le sue abitudini, i fattori ambientali, il fumo.
Per questo, è importante che la donna si affidi non soltanto al risultato di questo esame, ma che consulti sempre un esperto in fertilità.
L’infertilità è un problema che riguarda milioni di persone e ha effetti significativi non solo sulla salute fisica ma anche su quella emotiva, sociale ed economica. L’infertilità è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come l’assenza di concepimento dopo 12-24 mesi di rapporti mirati non protetti. In Italia è un fenomeno in crescita, che coinvolge circa il 15-20% delle coppie, mentre a livello globale il 10-12%.
L’indagine
I dati emersi dall’indagine ‘Il fenomeno dell’infertilità: percezioni e vissuti degli italiani’ condotta dall’Istituto Piepoli, e presentati durante il Congresso Nazionale 2024 della Società Italiana della Riproduzione (Sidr), sono un campanello d’allarme.
La ricerca ha rivelato che la maggior parte degli italiani riconosce l’infertilità come una difficoltà reale e trasversale, che non riguarda solo le donne ma coinvolge anche gli uomini in misura significativa. Sebbene ci sia una crescente consapevolezza del fenomeno, persiste una scarsissima conoscenza delle soluzioni disponibili e, soprattutto, dei costi e delle barriere che le persone devono affrontare per poter accedere alle cure.
Con il 74% degli italiani che considera la fecondazione assistita come uno strumento utile a contrastare il calo demografico, la domanda di un’azione concreta e di un maggior supporto da parte delle istituzioni è sempre più forte. Non si tratta semplicemente di una questione medica, ma di una vera e propria emergenza sociale.
In Italia, la natalità è in continuo calo, e le previsioni per il 2024 parlano di ben 200mila bambini in meno, un dato che segna un futuro sempre più incerto per il Paese. Questo fenomeno, che colpisce in modo crescente le nuove generazioni, è legato a una molteplicità di fattori: dall’età avanzata alla scarsa informazione, passando per gli stili di vita dannosi e l’inquinamento ambientale.
Si stima che solo il 25% della popolazione italiana abbia consapevolezza delle opzioni terapeutiche esistenti e, ancor di più, di come queste possano realmente supportare chi è colpito da infertilità. Le terapie, per quanto efficaci, rimangono un miraggio per tanti, spesso frenato da barriere economiche o culturali: le disuguaglianze nell’accesso ai trattamenti, che sono ancora condizionati da costi elevati e da una disparità regionale significativa, peggiorano ulteriormente la situazione.
Le cause percepite dell’infertilità
L’indagine condotta dall’Istituto Piepoli ha anche evidenziato come la maggior parte degli italiani (69%) percepisca l’infertilità come un problema diffuso e in continua espansione, che coinvolge entrambi i sessi. Questo dato, già significativo, assume contorni ancora più preoccupanti quando si analizzano le cause identificate dalla popolazione.
Se la causa principale è rappresentata dall’età avanzata, con il 39% degli italiani che la considera un fattore determinante, altre motivazioni non sono meno rilevanti. Gli squilibri ormonali (34%) e le malattie pregresse (29%) sono altre cause ritenute cruciali. A queste si aggiungono i fattori legati allo stile di vita, come il fumo (26%) e l’abuso di alcol (23%), ma anche fattori psicologici ed emotivi (24%), inquinamento e stress (23%).
Questo quadro suggerisce una crescente consapevolezza dei legami tra le abitudini quotidiane e la fertilità, ma al contempo evidenzia una grande difficoltà nel prevenire il problema. Si parla di infertilità come di un “problema moderno”, legato all’incapacità di modificare comportamenti dannosi, spesso legati alla frenesia della vita urbana o al peggioramento delle condizioni ambientali.
Ciò che emerge con chiarezza dall’indagine è l’urgenza di una maggiore informazione e sensibilizzazione, in modo da ridurre il divario tra consapevolezza e azione. La consapevolezza sulle cause dell’infertilità, infatti, non basta: è fondamentale che i cittadini ricevano un supporto concreto, non solo in termini di accesso a trattamenti ma anche in termini di educazione alla salute riproduttiva.
Il futuro della fertilità in Italia
In un contesto così complesso e frammentato, le aspettative degli italiani sono chiare e forti. Secondo l’indagine, la maggior parte della popolazione ritiene che la risposta al calo demografico e alle difficoltà legate all’infertilità debba passare anche da un’azione concreta sul fronte dell’accessibilità e della sensibilizzazione.
Ben il 36% degli intervistati ha indicato la necessità di facilitare l’accesso ai trattamenti attraverso il Sistema Sanitario Nazionale, mentre il 34% sottolinea l’importanza di formare i medici per affrontare al meglio la patologia. Altri suggeriscono di incrementare il numero di centri specializzati e di destinare più risorse alla ricerca medica (29%), elementi tutti imprescindibili per garantire un reale miglioramento.
L’infertilità non può essere più vista come una questione privata o una difficoltà da affrontare in solitudine. Occorre un’educazione alla fertilità che parta dalle scuole e che prosegua nelle campagne di sensibilizzazione. Il tema deve essere affrontato in modo aperto e informato, per ridurre lo stigma e la vergogna che spesso circondano chi non riesce ad avere figli.
Come saranno i giovani del futuro? Sanno già cosa vogliono dalla vita, non solo dalla professione? E conoscono l’importanza della prevenzione e della preservazione della propria salute riproduttiva?
I giovani: futuro in coppia, con figli
Al 1° gennaio 2024 i residenti in Italia con età tra gli 11 e i 19 anni erano oltre 5 milioni 140 mila. Nonostante le proiezioni demografiche dicano che il numero dei giovanissimi nei prossimi decenni è destinato a diminuire, dalle intenzioni espresse dai ragazzi intervistati una ripresa demografica non sembrerebbe impossibile. Infatti, i giovani vedono il loro futuro in coppia (74,5%) e molti pensano al matrimonio (72,5%). Inoltre, tra i giovanissimi desidera avere figli il 69,4%; di questi soltanto l’8,8% è per il figlio unico, mentre il 18,2% pensa a tre o più figli. È quanto emerge dall’Indagine Bambini e Ragazzi Anno 2023”, condotta da ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica.
Anche per i figli il calendario che i giovanissimi hanno in mente è anticipato rispetto a quello attuale delle nascite. In Italia, nel 2022 l’età media delle madri al primo figlio è di 31,6 anni. Il 65% dei giovanissimi pensa di avere un figlio entro i 30 anni (il 14,6% prima dei 26 anni). Solo il 2,6% colloca la nascita del primo figlio dopo i 35 anni. Per le ragazze la quota di coloro che pensa di avere il primo figlio entro i 30 anni raggiunge il 71,6%.
Questi risultati potrebbero essere motivo di ottimismo, perché indicano che una ripresa della natalità nel nostro Paese è possibile. Tuttavia, i dati resi noti nel corso dell’ultima edizione dell’ICAR, International Conference on Aids and Antiviral Research, relativi all’aumento esponenziale dei casi di infezioni sessualmente trasmesse (gonorrea, sifilide, clamidia) proprio nei giovani, sono a dir poco allarmanti.
La fertilità non è scontata
Le infezioni sessualmente trasmesse, infatti, insieme ad alcuni disturbi del sistema riproduttivo, sono tra gli elementi – spesso asintomatici – che possono avere un impatto anche importante sulla fertilità e sulla salute riproduttiva e impedire la realizzazione dei sogni di molti ragazzi.
Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Nicoletta Maxia, Responsabile per la parte biologica degli interventi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Policlinico San Marco di Bergamo, Presidente dell’Associazione ProcreARTE Onlus.
“L’infertilità è un problema ancora troppo sottovalutato che riguarda uomini e donne, intorno al quale non esiste ancora una vera cultura della prevenzione. Per vincere questo tabù, l’associazione ProcrearTe Onlus, in collaborazione con ATS Bergamo e con il patrocinio dell’Ordine dei Biologi della Lombardia, ha offerto uno screening precoce gratuito della fertilità rivolto a tutti i ragazzi e ragazze, dai 16 ai 25 anni. “
Lo screening
Lo screening ha rappresentato la terza fase di un ampio progetto di prevenzione e sensibilizzazione sul tema dell’infertilità nei giovani di cui si è parlato nel corso del recente convegno dal titolo “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”. Il convegno è stata un’occasione importante di confronto tra specialisti ed esperti, per un approccio multidisciplinare a queste tematiche. “È importantissimo che la fertilità venga tenuta monitorata fin dalla giovane età: questo consente di mettere in atto eventuali strategie risolutive il prima possibile. Preservare la fertilità significa preservare il futuro!” ha commentato la D.ssa Maxia.
Era rivolto a tutti i ragazzi e ragazze di età 16-25 anni residenti a Bergamo e provincia e si è svolto presso il Centro PMA del Policlinico San Marco di Zingonia.
I giovani che hanno partecipato si sono sottoposti ad accertamenti diagnostici che includevano:
Per i ragazzi:
Visita uro-andrologica e colloquio anamnestico
Spermiogramma con capacitazione e test di frammentazione del DNA (Linee guida WHO 2021) e valutazione del referto da parte di biologi e medici
Eventuali esami di approfondimento, se necessari e richiesti dall’urologo/andrologo e/o dallo specialista in medicina della riproduzione
Attuazione di eventuali strategie per preservare la fertilità (crioconservazione del liquido seminale)
Per le ragazze:
Visita ginecologica e colloquio anamnestico
Eventuali esami di approfondimento, se necessari e richiesti dallo specialista in medicina della riproduzione
Ecografia transvaginale (se possibile) per studiare utero e ovaie con ecografo di ultima generazione
Attuazione di eventuali strategie per preservare la fertilità (crioconservazione degli ovociti)
La diagnosi precoce ha consentito di svolgere approfondimenti e di intervenire tempestivamente su disturbi asintomatici che, se trascurati, avrebbero certamente avuto un impatto sulla fertilità futura.
Ai risultati dello screening abbiamo dedicato un articolo, che puoi trovare a questo LINK.
L’inositolo è una sostanza naturale appartenente alla famiglia delle vitamine del gruppo B, anche se tecnicamente non è una vitamina. È disponibile in molte forme, ma le più note sono il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo. Questi composti giocano un ruolo cruciale in diverse funzioni cellulari e sembra che abbiano un impatto sulla fertilità sia nell’uomo sia nella donna.
Facciamo chiarezza con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
L’inositolo
L’inositolo è un isomero appartenente al gruppo delle vitamine B, noto a molti ginecologi anche di quelli che non si occupano di infertilità grazie alle sue proprietà. Infatti, sembra che l’inositolo possa svolgere un’azione benefica sull’ovulazione, sulla formazione e sulla qualità degli ovociti e sulla qualità degli embrioni.
L’inositolo ha anche mostrato effetti positivi sulla fertilità maschile: può migliorare la qualità dello sperma, aumentando la motilità e la morfologia degli spermatozoi.
Gli inositoli più rilevanti per la salute umana sono il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo.
I meccanismi di azione
Il mio-inositolo e il D-chiro-inositolo influenzano diversi percorsi biologici che possono migliorare la fertilità. Questi includono la modulazione dei recettori insulinici, che aiuta a migliorare l’uso del glucosio e ridurre l’insulino-resistenza. Inoltre, l’inositolo agisce come secondo messaggero per diversi ormoni e neurotrasmettitori, contribuendo così alla regolazione del ciclo mestruale e dell’ovulazione.
Nella donna, il mio-inositolo ripristina una ovulazione spontanea direttamente, con la riduzione dei livelli di insulina, quindi degli androgeni, stimolando la produzione dell’FSH.
Inositolo e Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS)
Una delle principali applicazioni dell’inositolo nella medicina riproduttiva riguarda il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una delle cause più comuni di infertilità nelle donne.
La PCOS è spesso caratterizzata da insulino-resistenza, iperandrogenismo e disfunzioni ovulatorie. Studi clinici hanno dimostrato che l’inositolo, specialmente in combinazione con l’acido folico, può migliorare la sensibilità all’insulina, ridurre i livelli di androgeni e ristabilire l’ovulazione regolare nelle donne affette da PCOS.
Benefici dell’inositolo nella fertilità maschile
L’inositolo ha anche mostrato effetti positivi sulla fertilità maschile. L’utilizzo del mio- o del D-chiro-inositolo nell’uomo crea essenzialmente un rimodellamento dei dosaggi di FSH che, come sappiamo, sono responsabili della spermatogenesi. È soprattutto è un agente antiossidante, per cui migliora complessivamente l’ambiente spermatico, determinando un miglioramento del numero, motilità e morfologia degli spermatozoi.
Le fonti alimentari di inositolo
L’inositolo è presente in vari alimenti di origine sia vegetale sia animale. Alcune delle fonti alimentari più ricche di inositolo sono:
Frutta: melone, arance, kiwi
Verdure: cavoli, carote e piselli
Cereali integrali: riso integrale, avena e grani intero (specialmente nella parte esterna, la crusca)
Noci e semi: noci, mandorle, semi di girasole
Legumi: piselli, fagioli, lenticchie
Per chi ha bisogno di una quantità di inositolo superiore al normale, specialmente in contesti terapeutici come il trattamento della PCOS o il miglioramento della qualità dello sperma, gli integratori possono essere una soluzione efficace. Come per tutti gli integratori, è sempre consigliabile consultare un medico prima di iniziare qualsiasi trattamento.
Sono molte le cattive abitudini che riducono la fertilità e non sempre le coppie ne sono consapevoli.
L’anamnesi completa di una coppia che decide di intraprendere un percorso di procreazione medicalmente assistita non può prescindere dalla conoscenza delle abitudini e del cosiddetto stile di vita dei partner.
Ne parliamo con il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Il peso del… peso
Una prima valutazione importante da fare sulle coppie che hanno problemi di fertilità riguarda il peso e le abitudini alimentari. Spesso si sottovaluta l’impatto che il sovrappeso può avere sulla fertilità, sia nell’uomo sia nella donna. Nella donna, un eccessivo aumento di peso crea difficoltà a livello ovarico, di ovulazione, per l’aumento degli ormoni androgeni, e una minore qualità ovocitaria. Nell’uomo, l’aumento di peso determina un aumento degli estrogeni, quindi un problema a livello di testosterone e di spermatogenesi.
No al fumo sempre, non solo in gravidanza
Il fumo, sia nell’uomo che nella donna, può portare a conseguenze davvero importanti sulla fertilità.
Si pensa che per la donna sia sufficiente sospendere il fumo soltanto quando inizia una gravidanza. In realtà, da numerosi studi clinici condotti su pazienti fumatrici per valutare la flussimetria dell’arteria uterina emerge che il fumo determina una riduzione sensibile del flusso sanguigno. Di conseguenza, anche le chance di gravidanza si riducono e aumenta il rischio di aborto. Inoltre, i bambini nati da donne fumatrici, hanno placente piccole e hanno un aumentato rischio di allergie.
Negli uomini la motilità degli spermatozoi si riduce a causa del fumo, a causa dell’aumento dei fattori tossici che contiene.
L’uso di anabolizzanti
L’uso del testosterone, molto spesso utilizzato soprattutto dagli uomini a scopo puramente anabolizzante, può avere effetti collaterali seri sulla fertilità. Si verifica un’azione di feedback negativo a livello dell’ipotalamo ipofisario con riduzione dell’FSH che porta ad azoospermia e calo del testosterone endogeno. Questi pazienti hanno un aumento della massa muscolare a discapito invece della massa testicolare: in genere presentano azoospermia con una ipotrofia testicolare molto importante.
L’uso di droghe
Non meno importante è l’impatto che l’uso di droghe ha sulla fertilità. La Marijuana, utilizzata regolarmente da moltissime persone, determina nell’uomo una diminuzione della conta spermatica e della motilità degli spermatozoi. La cocaina ha un’azione negativa soprattutto a livello spermatico e riduce le capacità dell’embrione di impiantarsi.
Altri fattori
Altri fattori, non voluttuari, possono avere conseguenze negative sulla fertilità.
Ad esempio, uno sport come il ciclismo comporta una stimolazione importante a livello della prostata e può determinare una anomala produzione di spermatozoi legata a una anomala produzione di sostanze “accessorie” (come il fruttosio) ma importanti per la mobilità spermatica.
Anche alcune infezioni hanno un impatto diretto sulla fertilità. Ad esempio, l’HPV, o una disbiosi vaginale, che possono predisporre l’ambiente vaginale a infezioni ricorrenti anche gravi.
I fattori che possono determinare una difficoltà di concepimento anche temporanea sono numerosi. Un’anamnesi approfondita con i partner aiuta ad identificare tutti i fattori potenzialmente in gioco, per trovare un rimedio più opportuno.
Secondo i dati di un recente studio dell’Hme, Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington, in tre quarti del mondo nel 2050 il tasso di fertilità sarà inferiore a 2,1 figli per donna. In Italia si arriverà a 1,09 figli nel 2100, con ripercussioni sulla società che i ricercatori definiscono immense.
Lo studio
“Un mondo demograficamente diviso” è quello che, secondo i dati del programma di ricerca Grb (Global Burden of Disease, Injuries, and Risk Factors), ci aspetta entro il 2100. Dallo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet, emerge uno scenario preoccupante, che avrà un impatto significativo su economia e società in tutto il mondo.
Sembra, infatti, che il tasso di fertilità si ridurrà a tal punto che in quasi la totalità del mondo (il 97%, cioè 198 Paesi su 204) la popolazione crollerà. Nei Paesi più ricchi il numero delle nascite crollerà, mentre raddoppierà in quelli a basso reddito. Infatti, il tasso di fertilità si è più che dimezzato negli ultimi 70 anni, passando da circa 5 figli per donna del 1950 a 2,2 nel 2021. I segni più importanti di questo declino sono attesi entro il 2050, quando più di tre quarti dei Paesi del mondo (155 su 204) avrà un tasso di fertilità inferiore a 2,1 figli per donna e il 97% dei Paesi del mondo vedrà declinare la sua popolazione.
I dati relativi all’Italia
L’Italia non farà eccezione, con un tasso di fertilità che nel 2100 supererà di poco 1. Nel nostro Paese il tasso di fertilità è diminuito progressivamente dai 2,45 figli per donna del 1950 a 1,63 del 1980, all’1,21 del 2021. I ricercatori stimano che questo trend prosegua e che il tasso di fertilità scenda a 1,18 nel 2050 e a 1,09 nel 2100. sempre in Italia il numero dei neonati è diminuito di conseguenza: dagli 885 del 1950 ai 640 del 1980 e ai 398 del 2021, con un calo ulteriore previsto a 285 nel 2050 fino a 136 nel 2100.
Il commento dei ricercatori
“Ci troviamo di fronte a cambiamenti sociali sconcertanti nel XXI secolo“, ha osservato Vollset, “Per molti versi, il crollo dei tassi di fertilità è una storia di successo, che riflette non solo una contraccezione migliore e facilmente disponibile, ma anche la scelta di molte donne di ritardare o avere meno figli, oltre a maggiori opportunità di istruzione e occupazione“. E aggiunge: “il mondo si troverà ad affrontare contemporaneamente un baby boom in alcuni Paesi e un baby bust in altri. Mentre la maggior parte dei Paesi si confronterà con le sfide economiche di una forza lavoro in calo e l’assistenza a una popolazione sempre più anziana, molti dei Paesi più poveri di risorse dell’Africa sub-sahariana – ha aggiunto – si troveranno ad affrontare il problema di come sostenere la popolazione più giovane e in più rapida crescita del pianeta in alcuni dei luoghi più instabili dal punto di vista politico ed economico, sottoposti a stress termico e con sistemi sanitari in tilt“.
Fonti:
AA.VV – Global fertility in 204 countries and territories, 1950–2021, with forecasts to 2100: a comprehensive demographic analysis for the Global Burden of Disease Study 2021. Published:March 20, 2024. DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(24)00550-6
Quando si è giovani, l’ipotesi di avere dei figli, di diventare genitori, sembra molto lontana nel futuro. Non c’è tempo per pensarci, l’obiettivo prioritario, quando si parla di creare una famiglia, è “trovare la persona giusta”, con la quale investire in un progetto di vita che includa anche l’avere dei figli.
Tra gli ultimi pensieri c’è la fertilità che, troppo spesso, viene data per scontata. Ma prima o poi la fertilità richiama l’attenzione su di sé: ad esempio da adulti quando, dopo mesi di tentativi alla ricerca di un figlio, ci si rende conto di avere difficoltà di concepimento.
La prevenzione primaria della salute, inclusa quella riproduttiva, è fondamentale e l’informazione ha un ruolo chiave, soprattutto sui giovani. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Nicoletta Maxia, biologa, Responsabile per la parte biologica degli interventi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Policlinico San Marco di Bergamo.
I giovani e la fertilità
L’Istituto Superiore di Sanità ha reso noti i risultati del Progetto «Studio Nazionale Fertilità», che ha indagato le conoscenze, i comportamenti e gli atteggiamenti in ambito sessuale e riproduttivo di adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile.1
Quasi l’80% dei ragazzi immagina un proprio futuro con figli, percentuale che diminuisce notevolmente negli adulti. L’età “giusta” indicata per diventare genitori è tra i 26 e i 30 anni. Tuttavia, non c’è una conoscenza corretta dei tempi della fertilità che governano l’orologio biologico. La consapevolezza del ruolo giocato dall’età sulla fertilità, sia femminile sia maschile, è molto bassa. Le aspettative, dunque, sono di poter concepire un figlio anche ad età molto avanzata. A ciò si aggiunge che, l’85% dei maschi e il 67% delle femmine non sono mai andati da uno specialista (ginecologo o andrologo) ma 1 su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi.
Ad oggi sembra che i giovani scelgano maggiormente internet per informarsi, anche su ciò che riguarda la salute. C’è una richiesta di informazioni chiare, autorevoli, verificate, anche attraverso la scuola, ma che provenga da professionisti della ricerca, della medicina, della scienza.
Dati interessanti emergono anche da un recente rapporto AGCOM: «L’informazione alla prova dei giovani».
Le nuove generazioni non si sentono rappresentate dall’informazione tradizionale, sia per la tipologia di contenuti (i giovani richiedono ad esempio molta più scienza e tecnologia di quanto sia oggi presente nei media tradizionali), sia per punti di vista e per stili di comunicazione.2
Non è mai troppo presto per parlare di salute riproduttiva
Dai dati, dunque, emerge che c’è un ampio gap da colmare, dal punto di vista informativo, formativo e culturale sulla salute sessuale e riproduttiva dei giovani in Italia. L’accesso a informazioni chiare, provenienti da fonti autorevoli ha un ruolo chiave: non solo in termini di prevenzione e salvaguardia della salute, anche riproduttiva, ma anche nella formazione ed educazione a uno stile di vita virtuoso.
I fattori che possono avere un impatto sulla fertilità, soprattutto su persone giovani, che sono organismi viventi in crescita, sono numerosi.3
Comportamenti negativi che facilmente diventano cattive abitudini (sedentarietà, ma anche eccessiva attività fisica, e alimentazione disordinata, che porta al sovrappeso o all’eccessiva magrezza, fumo, assunzione di alcool, …)
Infezioni sessualmente trasmesse (le cause più frequenti di infertilità, maschile e femminile)
Sostanze ambientali (derivati dalle plastiche e degli idrocarburi, …)
Anche a livello di Sanità Pubblica si può intervenire con azioni che favoriscano la tutela della salute riproduttiva, considerando anche la necessità di contrastare la denatalità.
Ad esempio, la Delibera XII/1141 di Regione Lombardia4 prevede, tra le altre attività:
Possibilità di crioconservazione dei gameti per le giovani coppie
Sorveglianza e promozione della salute nelle scuole, secondarie e di II grado, sul tema della fertilità
Di elaborare materiale informativo multilingue sui fattori che incidono sulla fertilità
di incentivare l’adesione al programma di consultazione specialistica ginecologica presso i consultori per le ragazze di 18 anni
di incentivare l’adesione al programma di richiamo dei giovani ragazzi tra i 17 e i 18 anni per una visita andrologica (tramite il Medico di Medicina Generale e il Pediatra di Famiglia).
Il convegno “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”
La necessità di sensibilizzare i giovani sul tema della salute riproduttiva è stata protagonista di un recente convegno dal titolo “Preservare la fertilità per coltivare il futuro. Prevenzione e rimedi”, un’occasione importante di confronto tra specialisti ed esperti, per un approccio multidisciplinare a queste tematiche. L’obiettivo comune è di prevenire l’infertilità attraverso screening precoci e tempestivi. In diverse sedi sanitarie di Bergamo e provincia verranno promosse iniziative aperte al pubblico, al fine di offrire servizi di visita andrologica e ginecologica, compresi di test della fertilità.
“Dal laboratorio all’ambulatorio all’Aula, la ricerca fa cultura e parla di prevenzione, prende a bordo i Medici di Medicina Generale, insieme ai Pediatri di libera scelta, ginecologi, andrologi, biologi, ostetriche, infermieri e tutti gli operatori sociosanitari, indispensabili attori di un gioco di squadra volto ad accompagnare i nostri ragazzi a diventare ‘protagonisti’ della prevenzione e protezione della loro salute e fertilità”.
La fertilità è fragile e va tutelata, sin da bambini
Formare ed educare le giovani generazioni a prendersi cura della propria salute significa trasferire loro la consapevolezza che il tempo impiegato nella prevenzione è tempo investito sul proprio futuro. “Gli Adulti” in generale (genitori, familiari, docenti, amici, medici, istruttori sportivi, …) possono e devono fare molto.
“La prevenzione delle cause di infertilità e la protezione della fertilità, soprattutto maschile, sono le grandi assenti dai programmi di screening e, in molti casi, i problemi vengono identificati solo in età adulta o quando la coppia cerca di avere una gravidanza. Sensibilizzare e informare sul tema è fondamentale, per salvaguardare la fertilità: questo significa anche favorire la natalità e tutelare il futuro stesso della nostra società”.
Note:
1 – ISS, Progetto «Studio Nazionale Fertilità». Il campione, statisticamente rappresentativo, era composto da oltre 16.000 adolescenti (16-17 anni), circa 14.000 studenti universitari (età media 22 anni) e oltre 21.000 adulti (18-49 anni).
4 – Regione Lombardia. DELIBERA N.1141– (DL) LINEE DI INTERVENTO PER LO SVILUPPO ED EFFICIENTAMENTO DEL PERCORSO NASCITA IN LOMBARDIA FINALIZZATO A FAVORIRE LA NATALITA’ E LA TUTELA DELLA SALUTE RIPRODUTTIVA.
Quando una coppia si rivolge a un centro di Procreazione Medicalmente Assistita deve sottoporsi a un’accurata anamnesi per indagare quali siano le cause di infertilità. Tali cause possono essere sia maschili che femminili.
Ce ne parla il Dottor Carlo Torrisi, ginecologo, responsabile clinico e Direttore Sanitario del Centro di Medicina della Riproduzione e Infertilità di Catania.
Quali sono le cause di infertilità femminili?
Le cause di infertilità femminili si distinguono in:
cause flogistiche, ad esempio, esiti di gravidanza extrauterina che portano a danni tubarici che, a loro volta, creano un ostacolo – in parte o completamente – alla risalita degli spermatozoi e al raggiungimento degli ovociti. Questa è stata la prima vera indicazione a tecniche di PMA.
cause legate alle conseguenze di endometriosi. L’endometriosi come sappiamo può colpire le ovaie con riduzione della riserva ovarica, può colpire le tube con alterazione del transito E comunque diciamo crea una uno stato di diminuita riserva ovarica. Una delle conseguenze è la POF, Premature Ovarian Failure. Si riscontrano una riduzione dei valori di MH, il dosaggio ormonale che consente di valutare la riserva ovarica, o un aumento dell’FSH, che porta a una riduzione della qualità e del numero degli ovociti.
cause di infertilità legate al sistema immunitario. Alterazioni del sistema della coagulazione o malattie autoimmuni quali la sclerosi multipla o l’artrite reumatoide possono aumentare le percentuali di aborti inspiegati e poliabortività.
Va ricordata anche l’infertilità idiopatica, ovvero senza una causa ben identificata. L’infertilità idiopatica in realtà è tale finché restiamo all’esterno della coppia. Nel momento in cui facciamo un pick-up ovocitario ci rendiamo conto che l’infertilità è data da una cattiva qualità ovocitaria, dalla diminuzione dei recettori, una insufficiente risposta alla stimolazione con FSH o a carenza di fattori di crescita, interleuchina eccetera e che possono comunque e dare problematiche difficilmente spiegabili.
Quali sono e cause di infertilità maschile?
Per quanto riguarda le cause di infertilità maschile dobbiamo distinguere:
un ipogonadismo ipogonadotropo, cioè con livelli di FSH molto bassi e una riduzione del volume testicolare in genere. Queste sono anomalie congenite, e c’è la possibilità di intervenire utilizzando FSH esogeno
un ipogonadismo ipergonadotropo, che crea dei danni testicolari conseguenti a cause iatrogene, quindi caldo, freddo, fattori tossici, idrocarburi eccetera
varicocele non diagnosticato tempestivamente
criptorchidismo, cioè una mancata discesa del testicolo. Questo in genere non è possibile curare terapeuticamente
Sertoli Cell-Only Syndrome è una situazione in cui manca la linea spermatogenetica
A queste vanno aggiunte le infertilità che provocano azoospermia, tra le quali la più frequente è l’aplasia congenita bilaterale dei vasi deferenti (CBAVD, Congenital Bilateral Absence of the Vas Deference). In questo caso i vasi deferenti sono assenti, perciò manca la connessione tra il tra il testicolo e l’esterno. In questo caso, tecniche di PMA come PESA, TESE e TESA possono risolvere, o quantomeno ovviare, a questa problematica.